Azzardi e tattiche. La moviola del Fiandre con Ballan

03.04.2023
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Il day-after del Giro delle Fiandre consente sempre a tutti di riavvolgere il nastro della corsa e rivivere con più calma tutte le emozioni. Perché se le emozioni sono connaturate alla “Ronde” solo per definizione, la gara di ieri non ci ha lasciato davvero tranquilli un minuto.

Una successione di eventi che hanno caratterizzato il Fiandre nel bene e nel male senza paura di essere banali. Prendendo spunto da una curiosa azione corale del Team DSM sul Kortekeer (in apertura immagini tv), abbiamo estrapolato alcuni momenti della gara e li abbiamo sottoposti ad Alessandro Ballan, uno che se ne intende parecchio di quel tipo di gare. Messo davanti ad una sorta di moviola, il vincitore del Fiandre 2007 ci ha dato il suo parere, trovando delle similitudini con le edizione dei suoi tempi.

Alessandro Ballan ha vinto il Fiandre nel 2007, ottenendo altri quattro piazzamenti nei primi sei
Alessandro Ballan ha vinto il Fiandre nel 2007, ottenendo altri quattro piazzamenti nei primi sei
Alessandro innanzitutto, ti è piaciuta la corsa?

Sì, tantissimo. E’ stato il Fiandre più veloce della storia (media oraria di oltre 44 km/h, ndr) e farlo su 273 chilometri di quel genere non è poca cosa. E’ stata una gara spettacolare che ti teneva sveglio. Un po’ per gli scatti dei campioni quando mancava tanto alla fine oppure per il salto di catena di Van der Poel sul Taaienberg. E anche un po’ per le cadute. Purtroppo quelle, che fanno parte del gioco, rendono viva una corsa.

A proposito della velocità, la prima ora di gara l’hanno fatta a quasi 50 di media. Incide questo sull’economia della corsa per chi resta impigliato nella rete?

Bisogna dire che su più di sei ore di gara, c’è il tempo per recuperare e smaltire alcuni sforzi. Però al Fiandre tutto può contare alla fine, dipende quanto consumi in situazioni simili. Van der Poel, Van Aert, Sagan e tanti altri si sono fatti sorprendere da qualche ventaglio in avvio e hanno dovuto usare subito la squadra per rientrare. Forse sprechi più energie nervose che fisiche e quello può penalizzarti. Non è mai bello quando succede, perché non sai se riuscirai a rientrare in fretta. E’ capitato anche a me. Ricordo che in alcune strade vallonate potevi vedere ad occhio la situazione. Tra la testa del gruppo allungatissima e la coda c’erano più di trenta secondi. Facevi fatica a farli diminuire.

Alaphilippe è stato uno dei tanti coinvolti nella caduta innescata dalla manovra assurda di Maciejuk
Alaphilippe è stato uno dei tanti coinvolti nella caduta innescata dalla manovra assurda di Maciejuk
Torniamo alle cadute. Quella provocata da Maciejuk è stata scioccante. Davide Ballerini, caduto più volte, sul traguardo si è toccato con Theuns per un piazzamento attorno alla quarantesima posizione. Poi ce ne sono state tante altre. Non si rischia un po’ troppo?

Al Fiandre si fa di tutto per guadagnare posizioni. Alcune sono le classiche cadute per limare e stare davanti. Come quella in cui è rimasto coinvolto Girmay. Altre sono davvero incomprensibili. Io credo che il polacco della Bahrain Victorious non l’abbia fatto apposta. Sono certo che quando si è reso conto di quello che aveva combinato, avrebbe voluto sprofondare. Poi non so se è ancora valido nel regolamento il divieto di usare le piste ciclabili, perché ne ho visti tanti utilizzarle. Sulla caduta di Ballerini all’arrivo posso dire che a volte succede di fare uno sprint solo per un tuo orgoglio personale. Dopo che hai fatto tanta fatica, cerchi di prenderti una tua soddisfazione e onorare la gara.

A più di 120 chilometri dalla fine abbiamo assistito al Team DSM che ha affrontato un muro quasi in surplace, facendo da tappo, per poi accelerare poco prima dello scollinamento. Sono stati anche attaccati su twitter. Una mossa però che non ti è nuova, giusto?

Esatto. E’ una manovra che facevano già ai miei tempi. Ricordo che quando sono passato pro’ e andavo in Belgio a correre, mi avevano messo in guardia. «Se vedi dei team belgi assieme davanti, preoccupati», era stato l’avvertimento. In effetti è stato così tante volte. Si mettevano d’accordo gli squadroni tipo Quick Step e Lotto e facevano quello che ha fatto la DSM. Salivano pianissimo, tu restavi intrappolato dietro, eri costretto mettere piede a terra. Poi quando loro ripartivano a tutta,non ti restava che farti aiutare a ripartire dal pubblico oppure ti facevi il muro a piedi, con le tacchette che non fanno aderenza. Comunque guardando l’ordine d’arrivo dei DSM (Degenkolb 19° a più di 6′, ndr) direi che è stata una tattica della disperazione perché al Fiandre provi davvero il tutto per tutto.

I Jumbo-Visma sono i grandi sconfitti di giornata. La loro tattica invece come la giudichi?

Potevano vincere la corsa o comunque giocarsi meglio le fasi salienti. Potevano fermare prima Van Hooydonck per Van Aert, ma può darsi che la radio non avesse la giusta copertura. Tuttavia per me il loro vero sbaglio è stato quello di non riuscire a mettere Laporte in una fuga così ben assortita, oltre allo stesso Van Hooydonck. A parte i tre fenomeni, il francese era quello più in forma delle cosiddette seconde linee e dava parecchie garanzie perché è molto veloce. Mancavano cento chilometri e la gara era già entrata nel vivo.

Ultimamente le azioni da lontano spesso arrivano in fondo. Pedersen ha ottenuto così i suoi due podi al Fiandre. Sono tattiche che possono continuare a dare frutti?

Personalmente penso di sì. In corse del genere dove dietro si va a scatti, rischiando di pagare, è meglio andare in fuga dove invece vai molto più regolare. Pedersen è un ottimo corridore ed è andato fortissimo. Lui ha queste azioni nelle sue corde e infatti ha colto un bel terzo posto. Avevo fatto anche io una cosa simile nel 2005. Avevo attaccato a 90 chilometri dalla fine riprendendo la fuga. Poi quando sono stato raggiunto dai più forti, sono rimasto agganciato a loro chiudendo sesto. Questo consiglio l’avevo dato a Pasqualon pochi giorni prima del via, perché so che è in forma e che va bene in queste corse.

Trentin in avanscoperta, menata della squadra all’imbocco dell’Oude Kwaremont e le stoccate di Pogacar. Il Fiandre della UAE si può riassumere così?

Hanno fatto una grande corsa. Hanno inserito nella fuga un uomo di esperienza come Matteo che avrebbe potuto giocarsi le sue carte qualora dietro non fossero rientrati. Tatticamente erano tranquilli. Poi ovvio che se in squadra hai uno come Pogacar che sta bene, allora è giusto fare gara dura da lontano e sfruttare Trentin come appoggio. Per vincere dovevano fare solo così e così hanno fatto.

Tu spesso sei stato uno dei terzi incomodi nel dualismo Boonen-Cancellara. Rispetto al tuo periodo vedi qualche affinità con i grossi calibri di adesso?

Naturalmente sono tempi diversi. Noi avevamo molte fasi di studio, di attesa, mentre le generazioni di adesso attaccano. Ma intendo tutti i corridori. Ora sai che su 200 partenti ce ne sono 4-5 che possono vincere sempre a mani basse, quindi gli altri devono inventarsi qualcosa per poterli battere. Abbiamo visto che partire da lontano può essere una soluzione, ma ieri contro un Pogacar così si poteva fare poco.

Puglia bike destination, una nuova meta per il cicloturismo

25.03.2023
6 min
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La Puglia, cuore del Mediterraneo, è stata culla di numerose civiltà antiche, oggi è custode di patrimoni dell’Unesco e secoli di tradizione. Uno scrigno d’arte, storia e natura pronto ad accogliere le due ruote a pedali nella sua lunga costa bagnata dal limpido Adriatico. Il traguardo è definito, chiaro e raggiungibile: la Regione Puglia ha come obiettivo l’immersione nel settore del cicloturismo, con la mission di diventare in tempi brevi, e a tutti gli effetti, una nuova “bike destination”.

Colori, natura, cultura e le due ruote

Unione d’intenti

Si è svolto il 17 e il 18 marzo un’incontro organizzato presso la Fiera del Levante di Bari da Regione Puglia e da Pugliapromozione, al quale hanno partecipato le Istituzioni, gli operatori del settore, alcuni esperti di marketing turistico e di “bike economy”. Un’appuntamento necessario per fare il punto sullo stato di avanzamento di questo percorso evolutivo, intrapreso dalla stessa regione per poter essere presto considerata una nuova ed ambita meta cicloturistica.

Il turismo su due ruote ha un’importanza ed un valore assolutamente di primo piano. Non a caso, il cicloturismo si distingue per una propria funzione complementare che lega più turismi e settori. La sua versatilità lo rende un terreno fertile su cui gettare i semi di una nuova economia sostenibile e amica dell’ambiente. Un turismo in grado di fare interagire Comuni e turisti e decongestionare e destagionalizzare i flussi. 

Ad aprire i lavori sono stati l’Assessore a Turismo, Sviluppo e Impresa Turistica della Regione Puglia, Gianfranco Lopane, Anna Grazia Maraschio, Assessore regionale ad Ambiente, Assetto del territorio, Paesaggio e Urbanistica. L’Assessore ai Trasporti e alla Mobilità Sostenibile Anita Maurodinoia, il direttore generale di Puglia Promozione Luca Scandale e Tommaso Depalma. Quest’ultimo organizzatore dell’evento e delegato ANCI per la mobilità sostenibile e i corretti stili di vita nonché consigliere del Presidente regionale Michele Emiliano per il coordinamento dei progetti connessi al “Puglia Bike Destination: Puglia meta del Turismo sportivo”. 

Amici della bici

Una macchina organizzativa che si sta muovendo all’unisono facendo collimare intenti e forze lavoro rigorosamente rivolte alle due ruote.

«La Regione Puglia punta sui prodotti legati all’outdoor e alla sostenibilità – ha dichiarato l’Assessore al Turismo Gianfranco Lopane – e dopo il lavoro già avviato sulla rete dei cammini, proseguiamo ora con le azioni sul turismo in bicicletta. Il nostro obiettivo è molto chiaro, vogliamo diventare una vera bike destination. Coordinata, ben organizzata e ricca di offerte in grado di attrarre turisti in bici, sia italiani che stranieri. E per poterci preparare al meglio, per capire bene che cosa vorremo diventare abbiamo voluto organizzare questa due giorni di confronto con gli operatori, con la rete dell’ospitalità e con le associazioni pugliesi. 

«Non un momento celebrativo, dunque, ma un focus estremamente concreto, con tavoli di lavoro tematici e di confronto con esperti del settore ed operatori. Riteniamo che l’offerta cicloturistica della Puglia debba partire dalle indicazioni che provengono dai territori. Che sia necessario dettagliare tutti gli aspetti che possano permettere di costruire una meta realmente bike friendly per i turisti che sceglieranno la nostra regione per poterla conoscere pedalando.

«Le progettualità che promuoveremo nei prossimi mesi, a cui destineremo nuove risorse, saranno focalizzate proprio sul cicloturismo e sui relativi servizi. La Puglia, da nord a sud, può regalare emozioni e scenari incantevoli: ed attraversarli in bicicletta offrirà sicuramente a chi lo potrà fare delle emozioni uniche».

Da sinistra, Luca Scandale, Tommaso Depalma, Gianfranco Lopane e Alessandro Ballan
Gianfranco Lopane, Assessore a Turismo, Sviluppo e Impresa Turistica della Regione Puglia, e Alessandro Ballan

Opportunità turistica

Assieme alla Regione Puglia, rappresentata da ben quattro Assessori, co-organizzatrice dell’incontro barese è stata come già anticipato anche l’agenzia Pugliapromozione.

«Questi due giorni di incontri – ha commentato il direttore di Pugliapromozione Luca Scandale – rappresentano un momento molto importante di confronto relativamente il tema del turismo in bicicletta. Un cluster che, assieme a enogastronomia e wedding, rappresenta un prodotto importantissimo per noi, già per la stagione 2023. Chi decide di programmare le proprie vacanze in bicicletta movimenta risorse importanti. Siamo convinti che questa che stiamo percorrendo sia la strada giusta per fare in modo che i turisti scelgano di venire in Puglia anche per viverla ed assaporarla in sella». 

«L’incontro che abbiamo organizzato – ha aggiunto Tommaso Depalma – mi piace vederlo ed inquadrarlo come una progressione rispetto a quanto fatto a fine 2021. Quando con il Patto di Mattinata partimmo a sensibilizzare i Comuni Pugliesi sulla validità del nostro progetto. Quello che abbiamo appena archiviato con successo è stato un momento necessario per verificare quanto abbiamo realizzato e che dobbiamo ancora fare. Abbiamo avuto presente la parte istituzionale, con gli Assessori e i dipartimenti, le agenzie, ANCI Puglia, che mi piace definire come la cinghia di trasmissione di questo bellissimo progetto, oltre naturalmente agli operatori sul territorio».

Nel corso di questa intensa due giorni di lavori, il Direttore Generale di ASSET Elio Sannicandro ha avuto modo di presentare la realizzazione di una guida cicloturistica in doppia lingua, italiano ed inglese. Lo scopo è la conoscenza in bici di alcune meravigliose aree regionali come il Gargano, la Daunia, Bari e la Murgia e il Sud della Puglia.

Azzurri presenti

I primi ad assaporarne l’etusiasmo e a mettere una metaforica spunta blu su questa nuova meta turistica sono state le giovani promesse azzurre U23 guidate da Marino Amadori.

I ragazzi sono arrivati in Puglia per il ritiro in vista delle prossime corse di inizio stagione: una conferma del rapporto forte che anche in prospettiva Regione Puglia e Pugliapromozione hanno intrecciato con la Federazione Ciclistica Italiana. Non a caso tutti i giovani azzurri riportavano sulla propria maglia l’hashtag #weareinpuglia. 

Invitato d’onore a Bari è stato Alessandro Ballan: ultimo professionista italiano a vestire la maglia iridata di campione del mondo. Il quale ha espresso grande apprezzamento relativamente quanto si stia organizzando in Puglia per quanto riguarda la promozione in chiave ciclo turistica del territorio. Un doppio in bocca al lupo pronto a sostenere una regione che ha già iniziato a rimboccarsi le maniche per portare il ciclismo in questa terra unica e rara.

Modolo: la nuova vita e i ricordi di una carriera

05.02.2023
8 min
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Quando qualcosa finisce, lascia un senso di vuoto dentro di noi. Ci si ritrova un po’ spaesati davanti a situazioni che prima non avremmo immaginato. Se la tua vita è sempre ruotata intorno alla bici e due pedali, quando te li tolgono fai fatica a ricalibrare il tempo. Sacha Modolo si è trovato in questa situazione: l’ultima gara è stato il Giro del Veneto e poi da lì è iniziata una nuova vita. 

«Devo ancora abituarmi ai nuovi ritmi – ci racconta – sono cambiati e parecchio. La vita dello sportivo aveva un obiettivo, ti alzavi per allenarti e tutte le mattine andavi a guardare il meteo fuori dalla finestra per capire se potevi uscire in bici o meno. Avevo una spinta motivazionale, ora ne sto cercando una nuova. La mattina non ho più la bici, ma porto la bambina all’asilo. Poi torno e do una mano a mia moglie in casa».

Il trevigiano ha chiuso la sua carriera a fine 2022 in maglia Bardiani dopo 13 stagioni tra i professionisti
Il trevigiano ha chiuso la sua carriera a fine 2022 in maglia Bardiani dopo 13 stagioni tra i professionisti

Hobby e passioni

In questi primi giorni di febbraio, dove la primavera ha fatto incursione riscaldando le giornate, si respira un clima diverso, quasi investiti da un’inaspettata vitalità. Nel frattempo Modolo cerca di ritagliarsi il suo spazio in questo mondo senza bici. 

«Ho un piccolo garage, dove tengo delle Lambrette e delle Vespe d’epoca – mentre Modolo parla sua figlia sotto si fa sentire – ogni tanto mi metto al lavoro su qualche motore. Il mio migliore amico, che è anche il mio testimone di nozze, ha già un’attività avviata e pensavamo di fare qualcosa insieme con le moto e le auto d’epoca. E’ un mercato che ha tanta richiesta, soprattutto all’estero. Per il momento, però, collaboro con Marco Piccioli e Massimiliano Mori, i miei due procuratori. Mi hanno fatto una proposta e ho deciso di provare. Mi sono dato un anno di tempo per capire se questo mondo mi interessa, anche se, devo ammettere che mi piacerebbe fare qualcosa legato ai giovani ciclisti della mia zona (Conegliano, ndr). 

«Nel ciclismo moderno ci sono poche squadre italiane e i giovani fanno fatica a entrare nel mondo dei professionisti. Le WorldTour sono tutte straniere e tendono a premiare i corridori locali, come da noi ai tempi facevano Lampre e Liquigas. Pensate che nel 2010 nella sola zona di Treviso eravamo 15 professionisti, tra i quali Ballan, ultimo campione del mondo. Ora sono tre: Vendrame, Cimolai e Gandin, arrivato quest’anno in Corratec».

Nuova vita

Il ciclismo per Modolo ha rappresentato gran parte della sua vita e ora che non c’è più il trevigiano ha più tempo per dedicarsi ad altro. La passione per le due ruote rimane, anche se motorizzate.

«L’ultima uscita in bici – ci confida – l’ho fatta alla vigilia di Natale, dopo un mese che non la toccavo. E’ stata dura mentalmente, dopo una vita dedicata al professionismo mi mancava la motivazione. Si è trattata di una passeggiata praticamente. Sono uscito anche sabato scorso, ma ho fatto due orette con dei amici amatori. Siamo andati a prendere un caffè al bar. Continuo a coltivare, anche con maggiore impegno, la passione per le moto. Se ho qualche ora libera preferisco passarla così, questa passione mi ha aiutato a staccare la spina appena smesso con il ciclismo.

«Avevo una mia visione del ciclismo, quasi non vedevo l’ora di smettere, ma quando arriva il momento pensi che uno o due anni in più li avresti fatti volentieri. Sono parte di un gruppo di enduristi e mi diverto molto, dopo una vita a spingere due ruote ora sono loro che spingono me. Abbiamo in mente anche qualche gita, magari in Umbria, vedremo. L’enduro è bello, mi ritrovo a percorrere parte dei sentieri che facevo in mtb, fare qualche salita sterrata senza fars è divertente». 

Il podio della Coppa Agostoni del 2011: al centro Modolo, a sinistra Ponzi e a destra Gatto
Il podio della Coppa Agostoni del 2011: al centro Modolo, a sinistra Ponzi e a destra Gatto

Un viaggio nei ricordi

Sacha ultimamente sta rivivendo tramite foto alcune delle sue vittorie, il trevigiano è passato professionista nel 2010. Di acqua sotto i ponti ne è passata ed in tredici anni di carriera di cose ne sono successe, così Modolo ci guida nei suoi ricordi. 

«La prima vittoria me la ricordo benissimo – dice – ero in Cina, è quella che mi ha sbloccato ed è arrivata al secondo anno di professionismo. Da lì in poi in quella stagione ho vinto altre nove corse. Nel mio primo anno da corridore ero arrivato quarto alla Milano-Sanremo ed ero finito sotto i riflettori. Non ero abituato ed ho fatto un anno senza vincere, quel successo in Cina è stato davvero molto importante.

«In quella stagione (2011, ndr) ho vinto la Coppa Agostoni – continua – forse la corsa più importante che ho portato a casa quell’anno. Il percorso era molto duro con il Ghisallo e tenere su quelle rampe è stato difficile. La volata nel gruppetto me la ricordo bene: non riuscivo a trovare spazio così mi sono appoggiato ad Oscar Gatto. Secondo arrivò Simone Ponzi con il quale ho corso due anni alla Zalf. E’ bello quando cresci insieme tra i dilettanti e poi ti ritrovi a battagliare in una corsa professionistica».

Le battaglie con i big

Sacha Modolo ha avuto tra i suoi rivali grandi corridori del calibro di Cavendish e Sagan e qualche volta è riuscito a mettergli le ruote davanti. Un motivo di grande orgoglio e soddisfazione per lui che è sempre rimasto con i piedi per terra. 

«La corsa era il Tour de San Luis – ricorda Sacha – e la prima tappa arrivai secondo alle spalle di Cavendish, alla seconda volata sono riuscito ad impormi. Era uno dei primi anni che lavoravo con Rossato, mi sono trovato subito bene con lui. Quell’inverno, ricordo che andavamo due volte a settimana in pista e avevo sentito subito la differenza. La vittoria in Argentina ne è una grande testimonianza, perché mettersi dietro Cavendish ai quei tempi era difficile. Lui a fine anno era sempre in doppia cifra abbondante con le vittorie.

«La stagione successiva (il 2014, ndr) iniziai di nuovo forte con due primi posti in Spagna e una tappa alla Volta Ao Algarve. Uno dei successi più belli della stagione è arrivato alla Tre Giorni di De Panne, alla seconda tappa riuscì a battere in volata Demare e Kristoff. Mentre la vittoria più bella di quell’anno è arrivata al Giro di Svizzera, nella quinta tappa, che finiva in cima ad uno strappetto, ad esterno curva ho passato Sagan. Mi sentivo molto bene e uno degli obiettivi della stagione era provare a prendere la maglia gialla al Tour. La prima tappa, ad Harrogate, era prevista una volata. Purtroppo arrivai in Inghilterra, si partiva da lì quell’anno, con la febbre. Feci di tutto per recuperare ma al secondo giorno dovetti andare a casa».

Tra i risultati di rilievo anche un sesto posto al Giro delle Fiandre del 2017
Tra i risultati di rilievo anche un sesto posto al Giro delle Fiandre del 2017

La vittoria di “casa”

Nel palmares di Modolo si contano anche due tappe al Giro d’Italia, entrambe raccolte nel 2015. La prima al Lido di Jesolo e la seconda a Lugano. 

«L’emozione più bella – dice con una lieve flessione della voce – è quella del Lido di Jesolo (in foto di apertura, ndr). Correvo in casa e volevo fare bene, solo che la mattina mi sveglio e piove, per di più le temperature non erano nemmeno troppo bonarie. Mi ricordo che ero parecchio infastidito, io con freddo e pioggia facevo prima a rimanere in pullman – ride – però quel giorno pescai una grande prestazione. Avevo la fortuna di trovarmi nel treno due uomini come Ferrari e Richeze che mi hanno pilotato benissimo. E’ la vittoria che tutti da queste parti si ricordano. Ogni tanto quando sono in giro, qualcuno la menziona ancora».

Modolo Vuelta Espana 2021
Il cambio di mentalità e di lavoro nel mondo del ciclismo lo ha percepito nei due anni in Alpecin
Modolo Vuelta Espana 2021
Il cambio di mentalità e di lavoro nel mondo del ciclismo lo ha percepito nei due anni in Alpecin

Il grande cambiamento

Non è un caso che le vittorie raccontate dallo stesso Modolo siano arrivate tutte nello stesso periodo. Il ciclismo era molto diverso, nelle ultime stagioni c’è stato un bel cambiamento ed anche il trevigiano dice la sua

«Era un ciclismo più abbordabile – replica – avevamo molto meno stress, lo ha detto anche lo stesso Sagan pochi giorni fa quando ha annunciato il ritiro. La stagione finiva ad ottobre e per un paio di mesi potevi rimanere tranquillo. Quando sentivamo che alcune squadre facevano già i ritiri a dicembre si rimaneva un po’ perplessi. Ora è la normalità. Ricordo che nell’inverno nel quale sono passato professionista era caduta una grande nevicata e per una settimana non ero riuscito ad allenarmi. Andavo a passeggiare lungo il Piave con altri corridori, ma vivevamo la cosa senza tensione. Adesso appena fa due giorni di pioggia, i corridori prenotano per le Canarie e ci rimangono due mesi tra ritiri individuali e di squadra. Il ciclismo è cambiato, ma è anche giusto che sia così. Solo che è successo tutto quando ero già over 30 ed è difficile poi adattarsi. Noi della generazione nata tra il 1987 e il 1990 abbiamo subito tanto questa cosa.

«Personalmente mi sono accorto di questo cambiamento quando ero in Alpecin, non ero abituato ad essere monitorato tutto il giorno. I risultati arrivano perché è un metodo più efficace, ma anche molto stressante. Non mi va di fare la parte del vecchio – ride – ma qualche anno fa se ti ritiravi in corsa non lo veniva a sapere nessuno. Adesso si ha una lente puntata addosso, costantemente, e i social non aiutano. I giovani sono abituati e, a mio modo di vedere, anche per questo sono avvantaggiati. E’ un ciclismo più veloce».

Con Ballan, segreti e aneddoti delle Classiche del Nord

01.02.2023
7 min
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Al Centro Canottieri Olona c’è una saletta privata che Garmin ha utilizzato come ritrovo per i giornalisti e gli invitati all’evento di cui vi abbiamo raccontato. All’interno di questa saletta, seduto su un divanetto, c’è Alessandro Ballan. La discussione parte dai rulli che andremo a provare e il campione del mondo di Varese 2008 racconta l’evoluzione di questi sistemi. 

«Quando correvo io le Classiche del Nord – racconta Ballan – gli smart trainer non esistevano e ci si doveva allenare in ogni condizione atmosferica. Mi ero fatto fare artigianalmente dei rulli classici ma facevo una mezz’ora o quaranta minuti al massimo, senza lavori specifici. Avevo anche un “ciclomulino” con il quale riuscivo a fare potenziamento e qualche lavoro, ma mi mancava il controllo dei dati».

Con l’avvento dei nuovi sistemi di allenamento cambierà anche il metodo di preparazione alle Classiche del Nord
Con l’avvento dei nuovi sistemi di allenamento cambierà anche il metodo di preparazione alle Classiche del Nord

Le prime esperienze

Nell’intervista fatta con Filippo Ganna era emerso il tema dell’esperienza nelle Classiche del Nord. Approfittando della presenza di Ballan, affrontiamo il discorso anche con lui. Alessandro racconta proprio di quanto le sue esperienze lo abbiano aiutato ad emergere. 

«In questo genere di corse – dice Ballan – ce ne vuole proprio tanta di esperienza: conoscere i percorsi ed i punti cruciali è fondamentale. Sapere dove avverrà la selezione o il tratto nel quale un corridore potrebbe scattare. Se in quei frangenti ti fai trovare in trentesima posizione, non sei tagliato fuori, ma sprechi un casino di energie.

«Errori così li ho pagati tanto in tutte le gare del Nord, ma soprattutto alla Roubaix. Per me quella è stata una corsa sfortunata. Nelle prime tre edizioni che ho disputato sono caduto ben sei volte. All’inizio l’ho odiata, non mi piaceva, ma quando è arrivato il primo terzo posto (nel 2006, ndr) ho capito che poteva essere per me. Purtroppo ho avuto degli episodi durante la mia carriera che mi hanno impedito di correrla con continuità e non sono mai riuscito a trovare il ritmo. E’ vero anche che nel corso delle ultime stagioni abbiamo avuto delle “mosche bianche” come Colbrelli che alla prima edizione è riuscito a vincerla. Io questo non me lo spiego – dice con una risata – se guardo a quel risultato mi dico che è impossibile».

La vittoria all’esordio alla Roubaix di Colbrelli ha stupito in positivo Ballan
La vittoria all’esordio alla Roubaix di Colbrelli ha stupito in positivo Ballan

Tanti fenomeni

I fenomeni, o comunque grandi campioni, che hanno ottenuto risultati importanti alla prima partecipazione nelle Classiche del Nord, esistono. Basti pensare a Pogacar, lo sloveno l’anno scorso ha fatto il diavolo a quattro e per poco non vinceva il Giro delle Fiandre.

«Sono corridori, in particolare Sonny – parla Ballan – che arrivano con una grande condizione. Anche se, devo essere sincero, se fossi arrivato alla mia prima Roubaix con la condizione di Varese 2008 non avrei mai pensato di poter vincere.

«Sono gare che necessitano di conoscenza del percorso e di fortuna. Perché non è solo un punto ma sono tanti, devi essere sempre concentrato. Fare le gare prima ti aiuta a conoscere il percorso. Il Fiandre  va a riprendere i percorsi dell’ E3 Harelbeke, di De Panne, di Waregem (ora Dwars Door Vlaanderen, ndr). Si prendono i muri da altri lati ma fare quelle gare aiuta molto. Aiuta a conoscere gli avversari, a capire chi sta bene. Puoi studiarli».

I punti di riferimento

Quando le strade sulle quali corri sono larghe due metri e una curva fatta dalla parte sbagliata ti potrebbe tagliare fuori dalla lotta per la vittoria, allora devi trovare dei punti di riferimento.

«Quelli sono importantissimi – precisa l’ex campione del mondo – sapere dove sei aiuta. Sul manubrio hai la lista dei muri e quando leggi un nome hai un riferimento. Per esempio sai che alla fine di quel muro ci sarà la stazione del treno».

«Le differenze tra Fiandre e Roubaix non sono poi così ampie. Dovete pensare ai tratti di pavé della Roubaix come a dei muri. Arrivi lanciato, cali di velocità ed esci dal settore che vai davvero piano. Se sei bravo riesci a “galleggiare” sulle pietre e a non perdere velocità.

«I tratti più difficili della Roubaix sono la Foresta di Arenberg e il Carrefour de l’Arbre. La foresta è dritta ma sale, anche solo dell’uno o due per cento ma si sente e lì per non “piantarti” devi essere forte. Il secondo, invece, ha delle curve che sono micidiali. E per non cadere devi saper guidare la bici benissimo».

L’occhio attento di Lefevere è in grado di capire quali atleti che possono vincere la Roubaix da come affrontano il pavé (foto Sigrid Eggers)
L’occhio attento di Lefevere è in grado di capire quali atleti che possono vincere la Roubaix da come affrontano il pavé (foto Sigrid Eggers)

Il regno dei belgi

Le Fiandre sono il regno dei corridori belgi. Loro che nascono e crescono su queste strade ne hanno una conoscenza ineguagliabile. E’ difficile competere con corridori del genere, soprattutto se mettono in campo anche l’astuzia.

«Sull’Oude Kwaremont – spiega ancora Alessandro – i corridori della Lotto e della Quick Step mettevano in atto il loro piano. Ai piedi del muro le indicazioni che i corridori hanno alla radiolina sono uguali per tutti: stare davanti. Così ti trovi duecento corridori che fanno la volata per arrivare davanti alla curva prima del muro. Poi normalmente i cinque o sei corridori davanti abbassavano la velocità (quelli della Lotto e della Quick Step, ndr) e una volta che si saliva sul pavé rallentavano ancora di più. Quando gli ultimi mettevano giù il piede per la velocità troppo bassa partivano a tutta, così dietro erano costretti a fare uno sforzo disumano per stare al passo». 

Ballan ha vinto il Giro delle Fiandre nel 2007, battendo Hoste in una volata a due
Ballan ha vinto il Giro delle Fiandre nel 2007, battendo Hoste in una volata a due

La capacità di guida

Questo particolare, che proprio di particolare non si tratta, non va sottovalutato. La capacità di guidare la bici è fondamentale per emergere dai tratti difficili e dalle situazioni che si vengono a creare

«Mi viene in mente Dario Pieri – dice Ballan – lui aveva una capacità di guidare sul pavé incredibile. Come lui ne ho visti pochi: Franco Ballerini, Tafi, Museeuw, Boonen. Sono corridori che riuscivano a galleggiare.

«C’è un’aneddoto su Lefevere, ai tempi di quando correvo io. Ad ogni Roubaix si metteva sul terzo tratto di pavé e guardava i primi quaranta corridori uscire. A seconda del movimento delle spalle e delle braccia riusciva a capire quali erano corridori che stavano bene e che fossero in grado di fare la differenza nel finale. Questo per far capire che è uno stile».

«Un altro dettaglio: ho sempre visto che chi arriva da altre discipline, che sia pista, BMX, ciclocross o mtb, ha un’altra capacità di guidare la bici. Quando c’è una caduta riescono a gestire la bici in maniera diversa rispetto a chi, come il sottoscritto, ha solo corso su strada. Hanno coraggio ed una dimestichezza diversa, Van Der Poel e Van Aert sono un esempio».

Ballan Varese 2008
L’anno successivo a Varese vinse il mondiale, è l’ultimo italiano ad aver indossato la maglia iridata
Ballan Varese 2008
L’anno successivo a Varese vinse il mondiale, è l’ultimo italiano ad aver indossato la maglia iridata

Quanto conta la mente

In corse del genere la testa fa tanto la differenza, la mente gioca un ruolo chiave tra la vittoria e la sconfitta. 

«E’ vero – afferma Ballan – quando alle prime partecipazioni prendi le batoste non devi arrenderti. Questa è già una prima selezione, ci sono corridori che dopo la prima Roubaix o il primo Fiandre, gettano la spugna. Io ho fatto l’ultima parte della mia carriera coinvolto nell’indagine (Lampre, ndr) che mi ha tenuto in ballo per sei anni. Da dopo Varese mentalmente parlando non ero libero, il mio pensiero era costantemente occupato da tribunale, avvocato… Non ho potuto fare gli ultimi anni della mia carriera come avrei voluto, Ballan c’era ma non era a posto con la testa».

«Dopo essere stato assolto, feci una dichiarazione nella quale dissi: “Mi basterebbe avere indietro le ore di sonno che ho perso in questi sei anni”. Io capisco Pantani, perché mi sono trovato nella stessa situazione. Per fortuna ero già sposato, avevo le bambine e dei punti fissi sui quali andare avanti. Se in quel momento avessi trovato una qualsiasi cosa che non mi avesse fatto pensare ai miei problemi l’avrei presa. La mia famiglia mi ha salvato».

Garmin: una serata sui Navigli a pedalare con Ballan

31.01.2023
5 min
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Nella sala del centro Canottieri Olona dedicata al test dei rulli di Garmin: Tacx Neo Bike Plus e Tacx Neo 2T si vede scorrere il Naviglio Grande. In realtà le vetrate permettono di guardare ben più in là: persone, tram e negozi che fanno da sfondo alla nostra fatica. A guidare il ritmo delle nostre gambe c’è Alessandro Ballan, ed il test prende subito un altro sapore.

Il centro Canottieri Olona si affaccia sul Naviglio Grande
Il centro Canottieri Olona si affaccia sul Naviglio Grande

Un allenamento per tutti

I rulli e il conseguente allenamento indoor sono nati come sostitutivo di quello su strada, prendendo sempre più piede nel periodo della pandemia. L’idea di Garmin, come spiega bene Alberto Villata, brand manager di Garmin Italia, è stata quella di ampliare il mondo dell’allenamento smart.

In Canottieri Olona, partner di Garmin, è stata creata quella che si può definire una “sala di allenamento”. Il tutto è possibile grazie ad un’applicazione che permette al coach di riferimento di gestire il livello di fatica che si andrà a fare. Il tutto proporzionato alle capacità dei singoli.

«La cosa bella di avere una sala del genere – spiega Villata – è che permette di allenarsi comodamente anche in gruppo. Che sia la mattina prima di andare al lavoro, in pausa pranzo, o dopo il lavoro».

I giornalisti presenti all’evento hanno avuto la possibilità di pedalare sui rulli Tacx Neo 2T
I giornalisti presenti all’evento hanno avuto la possibilità di pedalare sui rulli Tacx Neo 2T

A “ruota” di Ballan

La nostra pedalata virtuale viene fatta, grazie alla tecnologia che vi abbiamo spiegato sopra, in relazione allo sforzo di Alessandro Ballan. In più l’ex professionista veneto ha deciso di accompagnarci su uno dei percorsi che conosce meglio: il Giro delle Fiandre, che ha vinto nel 2007

Lasciamo a Villata le parole giuste per spiegare ciò che siamo stati chiamati a fare.

«Il coach Federico deciderà la fatica che andrete a fare per seguire Alessandro Ballan. Ovviamente lo sforzo sarà proporzionato a seconda dei valori. Il modo è estremamente semplice: si prende la FTP di ognuno dei presenti e nel momento in cui Ballan deciderà di fare un tratto del percorso al 200% della sua soglia, ognuno di voi sarà chiamato ad arrivare alla stessa percentuale della propria FTP». 

La nostra guida d’eccezione sulle strade virtuali del Giro delle Fiandre è stata Alessandro Ballan
La nostra guida d’eccezione sulle strade virtuali del Giro delle Fiandre è stata Alessandro Ballan

Realismo estremo

Il campione del mondo di Varese 2008 ha pedalato sulla smart bike Tacx Neo Bike Plus. Un prodotto che permette di vivere appieno l’esperienza dell’allenamento, come se si fosse realmente sulle pietre delle Fiandre. 

«La Neo Bike Plus – spiega ancora Alberto Villata – ha un motore che la fa vibrare quando si affrontano tratti di percorso sconnessi, come il pavé. La cosa particolare è che questo sistema è estremamente sensibile, il tipo di vibrazione cambia a seconda del tratto che si affronta, che sia sterrato o pavè appunto.

«Inoltre, la Neo Bike Plus è personalizzabile dall’utilizzatore, infatti si può settare il comando cambio a seconda di quello che si è abituati ad utilizzare. Passando comodamente da Campagnolo a Sram o Shimano, c’è la possibilità di usare la scala di rapporti che meglio preferite».

Eccoci all’attacco dell’Oude Kwaremont, la pendenza anche se virtuale si sente!
Eccoci all’attacco dell’Oude Kwaremont, la pendenza anche se virtuale si sente!

Tutti al Fiandre

L’applicazione Tacx permette di pedalare su tanti percorsi differenti, da quelli solcati dalle ruote dei professionisti fino a paesaggi inediti e suggestivi: come il Lungo Senna o le coste della Nuova Zelanda. Pedalare sui muri delle Fiandre in compagnia di chi l’ha vinto è divertente ed ascoltare qualche aneddoto fa scorrere via la fatica senza troppi pensieri.

«E’ la prima volta che vedo queste strade – dice ridendo Ballan – in corsa c’era ben poco tempo per guardarsi intorno. Molta gente quando mi incontra mi dice che sono stato fortunato perché ho visto tanti luoghi. Io rispondo che in realtà ho visto ben poco, qualche piazza, dei municipi e soprattutto tanti hotel (conclude con un’altra risata, ndr).

«Questo sistema (il Tacx Neo Bike Plus, ndr) se fossi un corridore lo utilizzerei perché è molto realistico ed in più ti aiuta a visionare i percorsi. Chiaramente non può sostituire una ricognizione reale, ma se uno vuole visionare più volte dei tratti con questo sistema può studiarlo comodamente anche da casa».

Ballan ha pedalato sulla Tacx Neo Bike Plus
Ballan ha pedalato sulla Tacx Neo Bike Plus

Un’ultima curiosità

Alberto Villata, nel presentare il progetto Garmin, ci racconta un’ultima curiosità che fa capire l’importanza del progetto avviato. 

«I mondiali di e-sport di ciclismo – racconta – sono corsi su piattaforma Zwift e rulli Neo 2T, perché sono gli unici che hanno il “tiraggio in discesa”. Si tratta di un sistema che simula il peso dell’atleta sulla bici e permette di avere differenti velocità quando la strada scende. Questo permette a chi pesa qualche chilo in meno di fare meno fatica in salita ma di perdere qualcosa in discesa e viceversa».

Garmin

Ballan e Abus: siglata una collaborazione importante

30.01.2023
3 min
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Alessandro Ballan è ufficialmente un nuovo ambassador, tester e collaboratore tecnico di Abus, brand tedesco di vertice per quanto riguarda la produzione di sistemi di protezione e di caschi per il ciclismo.

Una collaborazione allargata, quella definita tra Ballan e Abus, “forte” di un’intesa pluriennale che vedrà l’ex campione del mondo di Varese 2008 – l’ultimo italiano a vestire la maglia iridata – assumere un ruolo che andrà ben oltre a quello di semplice testimonial. Non a caso, nelle intenzioni di Abus e nello specifico della rappresentanza diretta italiana con sede a Imola, la presenza di Ballan al fianco del marchio sarà strategica anche per quanto riguarda una fase cruciale del processo produttivo, ovvero quella dello sviluppo e del miglioramento futuro di nuovi modelli.

«Tecnologia, qualità e altissima professionalità – ha dichiarato a margine della propria presentazione Alessandro Ballan – rappresentano il mix ideale di competenze e di valori propri di Abus, una realtà storica che da quasi cento anni si caratterizza per essere un vero e proprio sinonimo in termini di sicurezza ed affidabilità. Sono estremamente felice di poter ufficializzare l’avvio di questa mia nuova partnership con Abus, brand tra l’altro ben presente nel WorldTour in virtù della oramai consolidata sponsorizzazione del Team Movistar. Non da ultimo, per me sarà poi speciale collaborare con un’azienda tedesca che ha scelto però di produrre alcune linee di grande qualità dei propri caschi in Italia, nello stabilimento produttivo di Camisano Vicentino, a pochissimi passi da casa mia… Non vedo davvero l’ora di poter mettere la mia esperienza al servizio della tecnologia Abus più avanzata».

Abus e Ballan hanno siglato una collaborazione pluriennale
Abus e Ballan hanno siglato una collaborazione pluriennale

Sicurezza prima di tutto

L’attività sul mercato di Abus è orientata ad offrire caschi, sia road che Mtb, ma anche Urban e per i più piccoli, caratterizzati da un’altissima qualità a da un’eccellente rapporto qualità/prezzo. Tutte le esperienze acquisite nel mondo delle competizioni del grande ciclismo professionistico – occorre anche ricordare oltre alla Movistar, quest’anno sono Abus anche i caschi del Team Tudor di Fabian Cancellara – confluiscono direttamente nello sviluppo del prodotto, contribuendo così alla creazione di articoli di serie di alta qualità e perfettamente adatti a qualsiasi tipologia di ciclista.

Alessandro Ballan, che sta già pedalando con il modello AirBreaker, sarà inoltre presente anche in molti eventi outdoor ai quali è prevista la partecipazione di Abus: tra questi, sicuramente l’Italian Bike Festival di Misano Adriatico e L’Eroica di Gaiole in Chianti, evento quest’ultimo che coinvolge Abus con un ruolo di partner importante.

Abus potrà contare sulla grande esperienza di Alessandro Ballan

Dal 1924 Abus provvede a fornire ai ciclisti di tutto il mondo, ma non solamente a loro, un reale senso di sicurezza. In qualità di produttore che rispetta standard qualitativi elevatissimi, Abus ha come obiettivo che i propri prodotti si possano contraddistinguere per una elevata affidabilità, per una durata nel tempo, e per il loro facile impiego. 

Del gruppo ABUS fanno parte le aziende ABUS August Bremicker Söhne KG, ABUS Security-Center GmbH & Co. KG e ABUS Pfaffenhain GmbH, in grado di “contare” tutte assieme oltre 4.000 collaboratori nel mondo.

Abus

A tu per tu con Ballan ed il suo sguardo sul mondiale

11.09.2022
6 min
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A poche ore dalla prima lista, ancora lunga, di Bennati, dei convocati per il mondiale di Wollongong, l’attesa cresce. Il debutto iridato per il cittì sarà tosto, l’Italia manca dal gradino più alto del podio dal 2008 di Varese. Giorno nel quale, ad indossare la maglia più famosa del ciclismo fu Alessandro Ballan. Lo incontriamo allo stand di BMC, all’Italian Bike Festival, dove ieri (ed anche oggi) c’era Evans. I due scherzano, pedalano e parlano con la gente. 

«Il bello delle fiere e del ciclismo – inizia a dirci Ballan – è che le persone ci vedono, facciamo foto, interviste. Il nostro è uno sport bello e la passione dei tifosi è coinvolgente, arrivo a fine giornata stravolto, ma è così che deve essere».

Siamo a pochi giorni dal via della settimana iridata, che mondiale vedi?

Credo che questo mondiale si stia vivendo in maniera diversa dagli anni passati. Soprattutto perché si disputerà in Australia, quindi un Paese molto lontano da noi, non se ne è parlato così tanto. Sarà sicuramente insidioso, alla fine si tratta della corsa più importante dell’anno, ogni percorso porta i suoi problemi. 

Anche questo non ne è esente…

Saranno 4.000 metri di dislivello, ne deduco che sarà duro e ne uscirà un campione del mondo di fondo, ma soprattutto veloce. Gli ultimi 9 chilometri saranno totalmente piatti, questo darà la possibilità a vari corridori di rientrare nel finale. Potrebbe finire tranquillamente in una volata ristretta. 

Tanti favoriti quindi?

Il favorito numero uno è Van Aert, come lo poteva essere lo scorso anno. C’è da aggiungere la presenza di Girmay, che è stato capace di vincere proprio contro il belga quest’anno alla Gand-Wevelgem. Mancherà Alaphilippe, con grande probabilità, vincitore delle ultime due edizioni. E non escluderei assolutamente Evenepoel, però il Belgio a questo punto deve capire che strategia può mettere in atto…

Secondo te?

Penso che l’unica chance di Remco sia quella di arrivare da solo al traguardo, un po’ come ha fatto a San Sebastian e meno recentemente alla Liegi-Bastogne-Liegi. Dovrebbe cercare di fare una selezione simile a quella che fece all’europeo di Trento. Evenepoel in volata parte battuto rispetto agli altri corridori, la sua carta il Belgio potrebbe essere una scelta da giocarsi per far muovere anche le altre squadre. 

Non dovrebbe però portare via un gruppo ma andare da solo?

Certo, se si dovesse creare un gruppetto con lui davanti insieme ad altri corridori non avrebbe senso collaborare. Rischierebbe di arrivare al traguardo e di perdere, al mondiale non conta il piazzamento, ma solo chi vince. Il secondo posto conta molto poco alla fine. 

La nostra nazionale arriva con qualche difficoltà, tu su chi punteresti?

Non ci sono molti nomi tra cui scegliere, negli ultimi anni tirare fuori i 9 convocati non è assolutamente facile. La squadra con Ballerini, negli anni dove correvo anche io, era molto difficile da fare. Franco era costretto a lasciare fuori molti nomi di spessore. 

Bettiol capitano unico quindi?

La scelta di Bennati di portarlo come capitano (non ancora confermata ma manca solo l’ufficialità, ndr) è giusta. Alberto è un corridore di fondo, molto particolare, ma se riesce a cogliere la giornata giusta è in grado di cogliere il risultato pieno, come ha fatto al Fiandre. 

Al suo fianco chi metteresti?

Trentin, come uomo di esperienza e guida in gara non può mancare, il suo apporto potrebbe diventare fondamentale. Per il resto punterei su una squadra di giovani interessanti: da Bagioli a Battistella e molti altri. Quest’anno non potranno dire la loro ma il mondiale australiano sarà una bella scuola. 

Battistella ha fatto due bei podi alla Vuelta, poi è tornato a casa con la febbre…

E’ un corridore che mi piace molto, è tornato a casa dalla Spagna con un po’ di febbre, spero non abbia compromesso totalmente la condizione. Vive dalle mie parti. Mi piace perché è completo e tiene la distanza. Lo abbiamo visto spesso davanti, anche al campionato italiano vinto da Nizzolo ed è arrivato terzo quest’anno. Lo vediamo spesso davanti in chilometraggi al di sopra dei 250 chilometri, e questo è fondamentale per un corridore. 

Quel chilometraggio è una barriera naturale… 

Sì, per farvi un esempio: io in carriera ho vinto poco, però quel poco l’ho sempre ottenuto sopra i 250 chilometri. Questo vuol dire che le mie prestazioni rimanevano costanti, mentre quelle degli altri calavano. E’ una caratteristica che crea già delle differenze in gruppo. 

Il fatto che l’Italia non sarà protagonista come la vedi, come potrebbe agire?

Arrivare lì e non avere pressione ti dà quel qualcosa in più di tranquillità nel gestire la corsa. Sei più sereno e, banalmente, riesci a dormire senza ansie la notte prima. E’ logico che la nostra nazionale sia una delle più importanti. Storicamente, negli ultimi anni, non avere un corridore di spicco ha sempre un po’ condizionato la gara. Mi aspetto che Bennati faccia vedere la maglia nelle prime file lo stesso, non sarà facile ma ci deve provare.

Dopo i ricordi, punti di forza e debolezze dei big sulle pietre

27.06.2022
6 min
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Abbiamo appena rivissuto l’inizio del cammino trionfante di Nibali, ma cosa riserverà ai campioni attuali la Lille-Arenberg Porte du Hainaut? La quinta tappa del Tour de France è lunga 157 chilometri e con 11 settori di pavè si annuncia come una Roubaix in miniatura. Alessandro Ballan di Roubaix ne ha corse molte e anche una tappa sulle pietre molto simile a questa all’interno di una Grande Boucle.

«Era il 2012 – racconta Ballan – e si correva per Cadel Evans. Ricordo che c’era un grande nervosismo in gruppo e in squadra quel giorno». Una tappa così particolare in un contesto, quello di una grande corsa a tappe che è del tutto diverso, può creare grossi scompigli.

Alessandro Ballan sulle pietre della Roubaix, da notare come pedala sulla “schiena d’asino” (foto Instagram)
Alessandro Ballan sulle pietre della Roubaix, da notare come pedala sulla “schiena d’asino” (foto Instagram)
Alessandro, quanto peserà questa tappa e cosa ci si potrà attendere?

Sarà una frazione molto delicata, temuta da tutti, soprattutto dagli uomini di classifica. Bisogna considerare che rispetto alla Parigi-Roubaix i corridori sono diversi e tre quarti del gruppo che ci sarà non sa andare sul pavé. Non sa tenere linee e posizioni, non sa limare su quelle strade. Si sprecheranno ancora più energie. Energie che poi serviranno ancora fresche, visto che siamo solo alla quinta tappa. Dalle ammiraglie diranno a tutti di stare davanti e ci saranno “199 corridori” intorno a te che vogliono andare in testa.

Il nervosismo dominerà la scena quindi?

Sì, perché come ho detto ci sono energie fresche e col fatto che la prima salita è alla settima tappa mi aspetto una classifica molto corta. Una classifica nella quale anche i velocisti, nonostante la crono iniziale, possono ancora prendere la maglia gialla. Al Tour già ce n’è tanto di nervosismo, quel giorno sarà ancora di più. E sarà un bel problema per i corridori più piccoli e leggeri come gli uomini di classifica.

Ecco hai toccato il punto. Analizziamoli questi uomini e cerchiamo di capire come affronteranno questa tappa: i loro punti di forza e le loro debolezze. Partiamo da Primoz Roglic…

Lo sloveno si adatta un po’ a tutti i percorsi e raramente si fa cogliere in castagna quando la corsa entra nel vivo. Non si è mai misurato su una Roubaix vera e propria e ha scarsa esperienza sulle pietre. Avrà tanta paura e soprattutto lui ha “l’obbligo” di vincere. Ma il suo punto di forza è la squadra. La Jumbo-Visma è costituita per il 60% per la salita, ma ha dei nomi molto forti per il piano e il pavè. Uno su tutti: Van Aert.

Pogacar (qui con Trentin) ha voluto “assaggiare” le pietre questa primavera partecipando alle classiche del Nord
Pogacar (qui con Trentin) ha voluto “assaggiare” le pietre questa primavera partecipando alle classiche del Nord
Pensi che Wout dovrà piegarsi agli ordini di squadra?

In partenza sì. Poi se la tappa si dovesse mettere bene, se non ci saranno rischi, nel finale potrebbe avere carta bianca.

Pogacar: punti di vantaggio e svantaggio?

Rispetto a Roglic ha una squadra meno forte, però lui quest’inverno ha fatto le classiche del Nord ed ha accumulato un minimo di esperienza, senza contare che un bel po’ di cross lo ha fatto. In più Tadej è sempre rilassato e rispetto a Roglic non ha l’obbligo di vincere. Inoltre Pogacar ha la consapevolezza che se anche dovesse perdere un po’ di terreno ha la possibilità di recuperare.

C’è poi la schiera dei francesi: Pinot, Gaudu e anche Bardet…

Sono tutti molto bravi in salita e leggerini e già questo non li avvantaggia. Senza contare che non mi sembra abbiano squadre super attrezzate per questi percorsi. Certo è un po’ surreale che i francesi non abbiano gli uomini da pavè. Però non dimentichiamoci che hanno buoni corridori nel complesso e che per dieci anni hanno avuto un bel “vuoto”. Un po’ come noi adesso.

Però, Alessandro, rispetto ai nomi fatti Bardet ha un ottimo passato nella Mtb, magari certi attitudini gli restano addosso…

Vero, tra loro tre è quello che si difende meglio e tutto sommato la sua Dsm non è male su certi percorsi.

Soprattutto i big, dovranno pensare a preservarsi, anche per quel riguarda calli e vesciche a mani e fondoschiena
Soprattutto i big, dovranno pensare a preservarsi, anche per quel riguarda calli e vesciche a mani e fondoschiena
E poi c’è Enric Mas: uno spagnolo, con squadra spagnola sul pavé… Se fossi il suo direttore sportivo cosa gli diresti?

Ah, ah – ride Ballan – andrei nel panico anche io! Gli direi di seguire gli uomini di classifica e soprattutto quelli che hanno una buona squadra. Ma questa indicazione arriverà a molti e per lui non sarà facile. Mas potrebbe pagare parecchio: non ha esperienza sul pavé ed è in una squadra che non ha certe corse nelle corde.

Ci sono poi gli Ineos-Grenadiers, con Martinez e Thomas: come li vedi?

In teoria come squadra non dovrebbero avere problemi. Di sicuro Martinez avrà più difficoltà di Geraint. Io Thomas me lo ricordo che correva sempre le classiche del Nord. Tra gli uomini di classifica è il più avvantaggiato. Però sono curioso di vedere per chi correranno. Lui può aiutare Martinez.

Secondo te con un Tour vinto e gli ottimi segnali dati al Giro di Svizzera si metterà a disposizione di Martinez?

Thomas potrà anche cercare di avvantaggiarsi su Martinez in questa tappa, ma ormai ha una certa età e non so quanto potrà tenere sulle tre settimane. Non dimentichiamo che dalla vittoria del suo Tour sono passati un bel po’ di anni (era il 2018, ndr). Alla fine rischia di essere un boomerang per loro. Potrebbero trovarsi cn entrambi gli uomini fuori classifica se non fanno subito certe scelte.

Altri outsider?

Mi viene in mente O’Connor. Un buon giovane, interessante, ma credo che pagherà dazio. Poteva aiutarlo, e tanto, Greg Van Avermaet, ma non ci sarà in quanto non al meglio.

Colbrelli lo scorso anno ha usato i tubeless sulle pietre. Solo a fine gara, misurando la pressione delle gomme, si è accorto di aver forato
Colbrelli lo scorso anno ha usato i tubeless. Solo a fine gara, misurando la pressione delle gomme, si è accorto di aver forato
Riguardo ai materiali invece ci sono differenze tra una Roubaix e una “Roubaix tappa del Tour”?

Una volta ce ne erano di più. Spesso si cambiavano i telai e si usavano telai più morbidi e con carri più lunghi. Oggi si sostituiscono le ruote nella maggior parte dei casi. Ruote più larghe con gomme più larghe e soprattutto tubeless. La presenza del liquido conta moltissimo. Io che testo anche i materiali, ho notato che i fori più piccoli neanche li senti e anche con quelli più grandi te la cavi. Una volta sono incappato in un bel buco. Usciva del liquido dalla gomma. Mi sono fermato. Ho premuto il dito per 10” precisi e si è chiuso. In questo modo non dico che vai all’arrivo, ma di certo non devi attendere l’ammiraglia e all’uscita dal settore c’è il meccanico per cambiare la ruota al volo.

Tutto ciò incide molto, specie per chi non è uno specialista. E’ un piccolo vantaggio…

Sì, anche perché come detto, c’è gente meno esperta e si presuppone che fori di più. Io tra Roubaix e Fiandre credo di non aver mai forato. Bisogna anche saperlo prendere il pavè. Se stai sulla “schiena dell’asino” non fori. O almeno è difficilissimo. Se invece corri sulla striscia di terra ai lati, scorri di più, ma sotto le tue ruote ci sono anche sassi e sporco. E poi un’ultima cosa…

Cosa?

Se dovesse piovere tutto si complicherebbe tantissimo. Specie gli ingressi nei settori. io paragono il pavè bagnato al ghiaccio. In questo caso aumenterebbero le quotazioni di Van Aert e della Jumbo-Visma.

AIR, gastronomia e territorio da Castelfranco Veneto al Monte Grappa

23.05.2022
5 min
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La seconda tappa della Adriatica Ionica Race, scatterà da Castelfranco Veneto il 5 giugno, per affrontare 157,8 chilometri che potrebbero rivelarsi decisivi per le sorti della classifica generale. Ventisette chilometri di ascesa finale con un primo tratto molto impegnativo a cui seguirà una parte conclusiva che metterà alla prova gli scalatori in gara.

A raccontarci il territorio portandoci alla scoperta dei segreti del Monte Grappa ci siamo affidati al campione del mondo Alessandro Ballan. Nato e cresciuto a Castelfranco Veneto, conosce ogni centimetro delle strade che il gruppo andrà ad affontare in questa seconda frazione. 

A valorizzare il territorio e a renderlo unico c’è la gastronomia famosa per formaggi, vini e Prosecco. In particolare con lo Chef Alex De Luca andiamo a scoprire il piatto del giorno, risotto carnaroli al Piave DOP stravecchio.

A tavola con lo Chef

Il viaggio culinario all’interno delle cinque tappe prosegue e abbraccia le specialità del Veneto e le omaggia. «Il Food Project, gestito da Federico Da Re, che caratterizzerà ogni arrivo di tappa con la promozione di prodotti tipici – spiega lo Chef Alex De Luca, di Filo Eventi – è presente per il secondo appuntamento. Per questa tappa proporremo un risotto carnaroli al Piave DOP stravecchio ».

A completare il piatto della tradizione veneta ci sarà appunto il formaggio Piave DOP prodotto da Lattebusche, azienda di Busche con le radici nel territorio Bellunese. Il riso invece verrà proposto dall’azienda La Fagiana di Eraclea, l’unica realtà nella provincia di Venezia, in cui si conserva ancora oggi la coltivazione e trasformazione del riso.

Gastronomia del territorio

La gastronomia castellana mantiene ancora oggi i valori più autentici della cucina contadina del territorio, valorizzando e portando a livelli di raffinatezza prodotti tipici locali.

Tra questi spiccano i famosi grissini artigianali Bibanesi dell’azienda Da Re della provincia di Treviso. A seguire una vasta degustazione di vini proposta dall’azienda vinicola Vanzella, tenute Caldella di Treviso, e dall’azienda agricola Ai Galli della provincia di Venezia. Come dolce tipico verrà invece proposta dalla CNA Asolo, la Ghisola.

Ad arricchire l’Hospitality ci sarà la collaborazione degli studenti dell’istituto IPSSEOA “Giuseppe Maffioli” che saranno presenti allo stand per raccontare l’esperienza e la tradizione veneta. 

Alessandro Ballan è nato e cresciuto tra le strade di Castelfranco Veneto
Alessandro Ballan è nato e cresciuto tra le strade di Castelfranco Veneto

Il Monte Grappa 

Che tipo di salita è? Come potrà essere determinante per la classifica generale? Alessandro Ballan, ci ha risposto così:« Il Monte Grappa è stata la mia palestra d’allenamento. E’ una salita lunga e vicina a casa mia. La facevo spesso. Magari non tutta perché è molto lunga, ma spesso i primi pezzi li facevo anche quattro o cinque volte a settimana anche due o tre volte al giorno. Quest’anno la faranno dal versante un po’ più lontano da casa mia. La parte meno dura è quella del Cadorna, il versante che fanno loro già la lunghezza la rende dura. Va su a scalini, con tratti impegnativi. Stiamo parlando di una salita di più di 20 chilometri quindi ovviamente per scalatori puri.

«Ci saranno dei bei distacchi. Per quanto riguarda la classifica magari non così ampi perché i corridori essendo alla seconda tappa stanno freschi. E’ la classica tappa che non fa capire chi vincerà l’Adriatica Ionica Race ma sicuramante farà capire chi non sarà in grado di farlo».

Il Monte Grappa ospita l’arrivo di tappa dell’Adriatica Ionica Race per il secondo anno (foto di airace.it)
Il Monte Grappa ospita l’arrivo di tappa dell’Adriatica Ionica Race per il secondo anno (foto di airace.it)

Castelfranco Veneto

Il luogo che ospiterà la partenza della seconda tappa di questa Adriatica Ionica Race sarà Castelfranco Veneto, città da sempre famosa per la sua vicinanza al ciclismo. 

«Stiamo parlando – racconta Ballan – della provincia di Treviso, quella con più tesserati, la più ciclistica d’Italia. Ci sono tantissime aziende che lavorano all’interno del settore della bici. Dalle parti meccaniche specifiche, ai telai, al tessile tecnico e molto altro. Si respirano le due ruote in ogni angolo. Questo territorio è stato, ed è una fucina di corridori, un esempio può essere la mia generazione con Tosatto, Gatto, Bandiera e molti altri. Castelfranco si sta sviluppando molto sotto l’aspetto delle piste ciclabili, soprattutto per quanto riguarda le gravel. E’ un comune che crede molto in questa attività.

«Come tutti i paesi del circondario siamo fortunati ad avere una storia viva, per esempio il castello del 1300, dove all’interno c’è la città murata. Poi c’è la piazza, dove ogni settimana si può trovare il mercato che riempie le logge e la piazza. Per chi ama l’arte, è la città natale di Giorgione. E’possibile vedere le sue opere. In particolare uno dei suoi dipinti più caratteristici, “La Pala di Castelfranco”».