Le risposte di Massimo Ghirotto a proposito della situazione del ciclocross italiano hanno destato molto interesse nell’ambiente, ma su un aspetto è bene ritornare. Il responsabile del settore fuoristrada della Fci aveva chiarito che un progetto legato alla disciplina esiste già ed è inquadrato nel più ampio discorso relativo al Gruppo Performance, la struttura guidata da Diego Bragato. In questo ambito, sin dalla fine della sua prima stagione da cittì, Pontoni ha iniziato a svolgere test e sondare la base ciclistica per capire realmente su quali basi si potrà lavorare nel futuro.
Abbiamo quindi voluto saperne di più parlando direttamente con Bragato, diretto responsabile del progetto che segue in abbinamento con gli impegni legati alla pista. Con Villa e la nazionale in Argentina, trovare uno spazio temporale d’intervallo nel suo lavoro (è a Montichiari a seguire coloro che sono rimasti ad allenarsi in Italia) non è stato semplice, ma da ogni sua parola traspare la grande passione e impegno che ci sta mettendo.
«Siamo partiti da un programma strutturale – spiega – andando avanti per piccoli passi perché si tratta di un lavoro organico molto ampio, a lungo termine. I test voluti da Pontoni hanno rappresentato una sorta di censimento per capire su quali basi si può lavorare».


Quanti sono stati i ragazzi coinvolti?
La prima fase di test si è svolta a Gemona e ha coinvolto 35 ragazzi, la seconda a Montichiari 14. Qualcuno era presente a entrambe le sessioni e non è un caso che la seconda si sia svolta nella sede della pista perché l’idea di base è verificare le attitudini dei ragazzi in ogni disciplina. Abbiamo così iniziato a riempire il nostro database relativo al ciclocross, che andrà progressivamente allargandosi lavorando con le categorie più piccole. Ciò ha consentito di capire che cosa fare progressivamente.
Dopo i test come siete andati avanti?
Sulla base di quei dati, Pontoni ha iniziato a programmare i raduni selezionando i ragazzi che reputa già maturi per affiancarsi a quelli delle categorie giovanili Uci, ossia junior e U23. Sono appuntamenti importanti che ci servono per vedere come i ragazzi lavorano, come recuperano, quali basi tecniche hanno. Ora ad esempio faremo un ritiro nel quale lavoreremo soprattutto nella programmazione dell’allenamento tra una gara e l’altra. Vorrei sottolineare anche che nel progetto abbiamo coinvolto anche la dottoressa Elisabetta Borgia, per dare un supporto psicologico ai ragazzi nell’approccio agli eventi. Tutto ciò avviene attraverso test continui, con i quali continuiamo ad aggiornare il nostro programma.


E’ un lavoro che svolgi da solo, in continuo contatto con Pontoni?
Non ce la farei, sarebbe assurdo, anche perché come detto quella del ciclocross è solo una porzione di un progetto molto più ampio che coinvolge tutta la disciplina ciclistica. Con me ci sono Marco Decet e Marco Compri, che mi aiutano nella gestione generale.
Nel progetto relativo al ciclocross è inserito anche il discorso della multidisciplina?
Certamente, ma questo è alla base di tutta la nostra struttura. Noi esaminiamo i ragazzi e li sottoponiamo a test per verificarne quali sono le loro attitudini, nel caso indirizzarli verso quella o quelle più adatte alle sue caratteristiche. Prendiamo ad esempio il caso della Venturelli, che fa strada, pista e ciclocross: la monitoriamo costantemente, valutiamo non solo i suoi risultati ma anche la sua situazione relativa a ogni disciplina e i necessari periodi di riposo e stacco fra l’una e l’altra. Ma c’è di più…


Ossia?
Noi monitoriamo un gran numero di ragazzi per cercare talenti da far crescere mettendoli nelle condizioni migliori, ma questo non potremmo farlo senza il necessario sostegno delle società. Il confronto con loro è costante, con i vari cittì che svolgono questo compito con costanza dando e ricevendo input fondamentali. Non nascondo poi che questo lavoro va confrontato anche con quanto avviene in altre discipline.
A ben guardare il progetto del Gruppo Performance ricalca molto quanto si fa da molti anni in Gran Bretagna…
E’ verissimo, molte delle idee di base le abbiamo prese verificando il lavoro e la crescita dei colleghi britannici e anche australiani. Anche da loro lo sport è strutturato da molti anni attraverso un progetto simile. Va anche detto che noi cerchiamo di rendere questa idea applicabile al nostro settore, quindi ci rifacciamo anche a quanto avviene nelle principali squadre WorldTour, nel loro lavoro radicato nelle più giovani generazioni attraverso società satellite.


Quelli britannico e australiano sono sistemi che partono dallo sport in genere per diramarsi nelle varie discipline. Qui sembra che il cammino sia inverso…
E’ un progetto mutuabile – ammette Bragato – come detto ci confrontiamo anche con altre realtà non ciclistiche. Il nostro obiettivo è trovare talenti e stabilire una “forma mentis”, un sistema che sia virtuoso, che porti a risultati internazionali in serie e continui nel tempo. Ci vorrà tempo, nel ciclocross in particolar modo. Mi spiace molto che questa disciplina non sia olimpica, perché credo molto nella sua identità come fondamento tecnico per ogni altra specialità ciclistica.
Pontoni sottolinea spesso che è un progetto a lungo termine.
Non potrebbe essere altrimenti. Non possiamo pensare che l’enorme gap che c’è oggi con il vertice della disciplina, rappresentato da fuoriclasse come Van Aert, Van Der Poel e Pidcock venga colmato in pochi anni. Già fra le donne siamo più avanti, ma quel che conta è rendere questo movimento sempre ricco di ricambi. Io per ora ho visto una grande apertura mentale da parte dei ragazzi e grande disponibilità a collaborare sia da parte loro che delle società. Significa che già un bel pezzo di lavoro è stato fatto.