Ben O’Connor aveva deciso di smettere. La NTT Pro Cycling stava chiudendo i battenti e nessuno aveva chiesto di lui, l’australiano di 25 anni che pure nel 2020 aveva vinto una tappa all’Etoile de Besseges. Si trattava semplicemente di prendere la decisione che aveva già sfiorato in precedenza, spiazzato da un approdo forse prematuro nel WorldTour e da un inizio tardivo di carriera. Avrebbe finito il Giro e avrebbe appeso la bici al chiodo. Nessuno poteva prevedere quello che sarebbe successo proprio nei giorni in Italia…
Dubbi e domande
I dubbi gli facevano compagnia da qualche anno. Ad agosto del 2019, quando aveva 23 anni ed era sul punto di iniziare la prima Vuelta, Ben era fuggito dall’hotel svuotato di motivazioni e divorato dai dubbi.
«Ero in uno stato terribile – ha ricordato a margine del debutto alla Vuelta Andalucia – quella sera andai a nuotare e passai la serata in spiaggia, da solo. Avevo bisogno di pensare a qualcosa di diverso dalla bici. Mi sentivo davvero inutile. Non avevo più voglia».
Troppo in fretta
Al professionismo era arrivato tre anni prima, con qualche lampo interessante nel 2017 del debutto, compresa una vittoria al Giro d’Austria e poi due anni senza capo né coda.
«Invece di progredire, stavo regredendo – ha raccontato – sentivo di essere capace di cose belle, ma non riuscivo a raggiungerle».
Se è vero che la carriera di un atleta professionista richiede step progressivi, la sua storia potrebbe apparire sufficientemente scombinata da spiegarne le difficoltà nei primi tempi. I genitori, entrambi britannici, avevano lasciato Liverpool molto prima che lui nascesse per stabilirsi in Australia, alla periferia di Perth, dove Ben iniziò a pedalare seriamente a 18 anni, approdando nel WorldTour due stagioni dopo.
«Quando sono arrivato in Europa – ha spiegato – non conoscevo nessuno, il mondo del ciclismo professionistico mi era completamente sconosciuto e facevo fatica a socializzare».
Arriva Lavenu
La storia era segnata. O’Connor sarebbe stato uno dei tanti destinati a smettere dopo la prima stagione del Covid. Invece si misero di mezzo il destino e quel brav’uomo di Vincent Lavenu, team manager della Ag2R. Chi doveva dirglielo a O’Connor che il francese si era accorto di lui da un pezzo, da quando nel 2016 lo aveva visto lottare al Tour de Savoie-Mont Blanc con Enric Mas e Tao Geoghegan Hart?
E così, quando gli dissero che l’australiano era senza squadra per la stagione successiva, il francese gli offrì un anno di contratto. Parlarono la sera di San Daniele del Friuli al Giro, dopo la tappa vinta da Jan Tratnik, in cui l’australiano era arrivato secondo. Tanto fu l’entusiasmo, che il giorno dopo O’Connor vinse a Madonna di Campiglio.
Il Tour per caso
Lavenu aveva visto giusto. Il quarto posto all’ultimo Tour de France, dietro Pogacar, Vingegaard e Carapaz, lo ha confermato. Non lo avevano portato per fare classifica, ma per tutta la stagione il suo rendimento era stato costante. Sesto al Romandia, ottavo al Delfinato. E al Tour, oltre alla grande continuità, la vittoria di Tignes (foto di apertura) in cui guadagnò oltre 5 minuti fu decisiva per il bilancio finale.
«Non so cosa abbia visto in me Lavenu – disse a Parigi – ma gli sarò per sempre grato per avermi dato un’altra possibilità. E’ il manager più simpatico che abbia mai incontrato. Si dice spesso che i francesi non siano accoglienti: in AG2R, invece, ho trovato solo rispetto e gentilezza. Vado fiero del risultato del Tour, perché non è stato per fortuna né per caso. Ho avuto fortuna, ma sono certo di aver lavorato bene. Quello che mi è successo, l’ho provocato io».
Cambio di pelle
Cosa cambia ora? Il periodo dopo il Tour è stato pesante. Da vergognarsi, sorride, di essere andato così piano. Tre corse e addio. Perciò ha staccato e non potendo tornare in Australia a causa della quarantena, si è concesso una vacanza in giro per l’Europa. Ma la fiducia fa miracoli e le sue parole al rientro nei ranghi raccontano di un atleta che ha cambiato pelle e attitudine.
«Quest’anno sarò seguito di più – ha detto a L’Equipe – e questo è un bene, non mi spaventa. Credo di essere fatto per il ruolo di leader nelle classifiche generali. Ci aspiravo da quando ho iniziato a pedalare. Avevo smesso di crederci, ma la AG2R mi ha rianimato. Ora è il momento di confermarlo. Non mi tirerò indietro. Voglio rivivere quello che ho vissuto al Tour dell’anno scorso».