Ganna inventa e Pedersen conclude nell’afa di Saint Etienne…

15.07.2022
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A fugare il dubbio che Pedersen abbia fatto una furbata ad attaccare mentre cercava di prendere qualcosa dalla tasca ha pensato lo stesso Ganna, abituato a dire le cose come stanno.

«Volevamo andare in fuga anche oggi – dice il piemontese dopo l’arrivo – e fare una bella cosa per il secondo giorno consecutivo dopo la vittoria di Pidcock. Per questo sono partito, ma quando Pedersen ha attaccato, non ne avevo più tanta. Al momento del suo scatto avevo la mano in tasca per prendere un gel, ma non credo che se l’avessi avuta sul manubrio, sarei riuscito a stargli dietro».

Pippo che tira per i suoi leader alla Ineos Grenadiers. Pippo che manda giù la crono sfumata e si infila nelle fughe. Poi Pippo che punta all’ultima crono, ma forse non gli basta. Infine Pippo che nel primo Tour prende le misure e porta via la fuga con la stessa sicurezza con cui fino a ieri l’ha fatto Van Aert. Pippo che ancora non ha detto tutto.

Un Tour incredibile

E così Mads Pedersen, corridore di 26 anni in maglia Trek-Segafredo, fa sventolare la bandiera danese sul traguardo del Tour, unendosi alla maglia gialla Vingegaard. Lo fa con un’azione che ci ha ricordato i mondiali di Harrogate. Ma mentre in quell’occasione si nascose e puntò sull’effetto sorpresa, questa volta ha indossato i panni del favorito. Ha scremato la fuga. Ha rintuzzato gli allunghi di Houle e Wright e poi li ha staccati in volata. A conferma che gli arrivi ristretti sono il suo forte. Come imparammo a spese di Trentin (e anche nostre, avendoci creduto tanto) in quel mondiale fradicio di tre anni fa.

«E’ un Tour incredibile – dice il vincitore – e vincere questa tappa lo è di più. Sapevo di essere in buona forma e di aver perso alcune opportunità nella prima settimana. Non c’erano molte altre opportunità, per questo è davvero bello essere sul gradino più alto. Non solo per me, ma anche per tutta la squadra. Siamo venuti qui solo con cacciatori di tappe e ora ci siamo riusciti».

La Trek family

La squadra è il filo conduttore. Per questo nei giorni scorsi l’annuncio del rinnovo del contratto è stato celebrato quasi come una vittoria.

«Questa squadra – ha detto nei giorni scorsi – mi ha dato l’opportunità di salire al livello WorldTour. Questo è il mio sesto anno con la Trek-Segafredo e ne ho aggiunti altri tre. Stare con una squadra per nove anni è speciale e questa per me è una seconda famiglia. Ecco perché sono voluto restare. Il nostro gruppo per le classiche si rafforza ogni anno. Aiutare la squadra a migliorare è per me importante».

Partendo da Copenhagen, era lecito aspettarsi che Pedersen pensasse di lasciare il segno. Tuttavia la cifra del Tour 2022 è la follia di certi giorni e di certe andature e occasioni per lui non si sono presentate.

Ganna e Kung, due dei motori più potenti del Tour hanno portato via la fuga
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La scelta giusta

Oggi Pedersen ha approfittato del grande forcing di Ganna e Kung, poi ha chiesto a Quinn Simmons di farsi portare nel tentativo e di tirare fino a che ne avesse. E quando il ragazzone di Durango si è spento sull’ultima salita che ha tagliato definitivamente fuori le chance dei velocisti, Pedersen si è ricordato d’essere stato campione del mondo e ha fatto da sé.

«Se la fuga fosse stata composta da più di quattro persone – ha spiegato – il piano era che ci fossimo anche noi. Che ci fossi io. Non sapevamo come le altre squadre avrebbero affrontato l’ultima salita a 45 chilometri dal traguardo e se fossi stato nel gruppo con gli altri velocisti, magari sarei rimasto staccato. Per parecchi chilometri ho pensato che fosse un errore essere in fuga, perché avevamo solo due minuti, ma alla fine si è rivelata la scelta giusta».

La resa di Caleb

I poveri velocisti infatti hanno alzato presto bandiera bianca. Il solo che avrebbe potuto tenere era Caleb Ewan, che però è caduto.

«In realtà oggi mi sentivo davvero bene – dice dopo l’arrivo – avevamo mandato avanti due uomini per controllare la fuga. Poi non so cosa sia successo in quella curva. Non ho potuto evitare la caduta, quindi adesso mi fanno male il ginocchio e la spalla. Ho capito subito che non ce l’avrei fatta. Finora ci sono stati solo due sprint di gruppo, non è sicuramente un buon Tour per i velocisti. In più metteteci la sfortuna! Sono certo che mi riprenderò e speriamo che il vento cambi».

Ewan è caduto e affranto: il Tour non sorride agli uomini veloci
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La voce del padrone

Il colpo di grazia agli altri due Pedersen l’ha dato prima attaccando e poi nella volata, anche se Trentin da casa con un messaggio in risposta al nostro ha sottolineato che gli altri due non lo abbiano attaccato davvero a fondo. Forse è vero, forse semplicemente non ne avevano più.

«Non volevo arrivare con troppi corridori – dice – perché altrimenti sarebbe stato troppo difficile controllarli, quindi ho provato ad attaccare e per fortuna il gruppo di testa si è spezzato. Eppure non sono stato sicuro di vincere finché non ho tagliato la linea».

Per Pedersen all’arrivo anche il numero rosso di più combattivo
Per Pedersen all’arrivo anche il numero rosso di più combattivo

Nel segno di Jaja

E mentre nei 31 gradi di Saint Etienne si festeggia un velocista nel giorno in cui i velocisti sono usciti di scena, gli sguardi degli uomini di classifica sono puntati sulla tappa di domani, piena zeppa di salite. Con questo caldo che squaglia l’asfalto e fa scappare le ruote e dopo le fatiche alpine, il giorno di Mende promette di fare male. In quei 3 chilometri al 10 per cento di pendenza media, su cui il 14 luglio del 1995 si impose Laurent Jalabert, l’esplosività di Pogacar potrebbe vedere la prima rivincita su Vingegaard. Anche domani, ragazzi, ci sarà ben più di un motivo per seguire la Grande Boucle.