Quando lo raggiungiamo, Alberto Bettiol è su un taxi. Sta andando all’aeroporto che lo condurrà a San Sebastian, dove oggi correrà la classica basca.
Il toscano della EF Education-EasyPost è reduce dal Tour de France. Un Tour che non gli ha regalato la gioia della vittoria ma che lascia speranze, almeno secondo noi. E tutto sommato anche secondo il diretto interessato.
Il bilancio francese
«In effetti questo Tour – spiega Bettiol – mi lascia belle sensazioni e belle prestazioni. Il fatto di essere riuscito ad arrivare davanti non era così scontato.
«Di certo riparto con più fiducia in me stesso. E con più fiducia nel lavorare e nel lavoro fatto. Quando passi un anno ad allenarti e non hai risultati, credetemi, che non è facile. Posso prendere la preparazione con tutt’altro approccio».
Sin qui Alberto aveva dato piccoli segnali solo al Giro di Svizzera. La sua primavera era stata costellata nuovamente da problemi di salute, questa volta legati al Covid. Non solo è andato bene Bettiol, ma è andato bene in una grande corsa a tappe e in qualche modo lui stesso ne è sorpreso.
«Certo, perché di fatto io lo scorso anno ho smesso di correre a luglio. Agosto, settembre e ottobre non mi sono allenato e non era detto che sarei potuto essere competitivo in un grande Giro. Ti serve continuità, specie per la seconda e terza settimana. E invece ne sono uscito bene».
La svolta di Losanna
Un corridore per sentirsi al meglio deve superare dei passaggi obbligati: fare una buona preparazione, sapere di stare bene fisicamente, di essere in linea col peso… però perché tutto funzioni serve una scintilla. Quella scintilla Bettiol l’ha avuta nel giorno di Losanna, quando fu quinto.
«Credo che quello – racconta Alberto – sia stato un momento importante. Sin lì avevamo avuto Cort in maglia a pois, prima ancora non avevamo preso al maglia gialla solo perché Pogacar aveva vinto a Longwy, in più dovevo stare vicino a Uran e Powless.
«Quel giorno invece la squadra mi ha dato fiducia, i compagni avrebbero lavorato per me. Io ho risposto presente. Ho detto loro che stavo bene. Magari mi ero visto poco da fuori, ma ero andato bene. Nella tappa del pavé per esempio avevo lavorato per Uran. Poi chiaro che su quell’arrivo con Pogacar e Van Aert in quelle condizioni vincere sarebbe stato quasi impossibile».
Errori o emozioni
Due fughe, e di quelle buone, Bettiol le aveva azzeccate. Tatticamente secondo Garzelli nelle sue pagelle non era stato impeccabile. Soprattutto in occasione della vittoria di Cort, mentre lo stesso Garzelli dava più colpe al team nel giorno in cui Alberto fu secondo alle spalle di Matthews.
«Durante un grande Giro – ribatte Bettiol – è difficile essere sempre lucidi al massimo. Bisogna ritrovarcisi in corsa. Certi momenti sono fatti anche di emozioni, di voglia di vincere. In ammiraglia ci credevano più di me.
«Nel giorno di Matthews, mentalmente mi rivedevo la tappa di Stradella quando saltato Cavagna andavo a vincere. E così avevo fatto con lui. Invece ho trovato un corridore più forte di me, che ha resistito di più. Quel giorno ha vinto il più bravo, non il più forte. Ha stretto i denti, ci ha creduto. Spero di batterlo in Australia a casa sua… (il riferimento è ai mondiali di Wollongong, ndr).
«Riguardo alla tattica, non è vero che Powless non mi ha aiutato. Anzi, si era staccato, è rientrato ed è andato a tirare poco prima dell’ultimo strappo. Per quanto riguarda Uran, non è mai stato troppo bene in questo Tour e anche io certe volte, ho lavorato per lui convinto di non essere al top. Poi mi giravo ed eravamo rimasti in tre. E lo stesso Rigo mi ha detto: “Oh, ma guarda che vai forte”. E’ difficile da dentro».
Verso San Sebastian…
E la prima occasione per tornare ad esultare, Bettiol ce l’avrà questo sabato nella gara basca. Il toscano l’ha già affrontata una volta. Era il 2017 e ottenne un buon sesto posto. Anche in quella occasione veniva dal Tour.
«Un po’ l’hanno indurita – riprende Bettiol – non c’è più solo la Jaizkibel. Normalmente è più una classica per scalatori e simili, che per cacciatori di classiche vere e proprie. Però ci arrivo bene: non sono stanco, non ho malanni vari, mi sento in salute e consapevole di aver fatto un buon Tour quindi si può fare bene».
Un paio di giorni fa per esempio, Alberto è uscito con Simon Clarke, con Cataldo e Chirico. Ha fatto quattro ore e mezza e stavo benone. Poi certo, l’allenamento è una cosa, la corsa un’altra. Bisogna stare bene nel giorno della gara e azzeccare il momento giusto.
E verso il mondiale
Prima Bettiol ha detto una frase che ci ha riempito di grinta. Ci riferiamo al grido di battaglia lanciato non tanto a Matthews ma sul mondiale.
«Il mondiale un obiettivo? Certo che lo è. C’è sempre stato dentro di me e da quando Bennati è tornato dal sopralluogo ci sentiamo un giorno sì e uno no.
«A vederlo da qua sembra non perfetto per me, forse è un po’ troppo facile. Sembra un mondiale stile Bergen… però è un mondiale. Qualche strappo c’è, la corsa è lunga ed una vera classica. Ho un sacco di voglia di farlo, visto che sono due anni che manco. E poi abbiamo un bel gruppo e ci conosciamo da anni. Trentin che sta riprendendo ed è andato in fuga. Nizzolo e Ballerini che hanno vinto…».