Quando la strada spiana si fa la differenza. A lezione da Ballan

30.11.2021
6 min
Salva

In questi giorni abbiamo parlato spesso di grandi pendenze, di rapporti, di potenza… Abbiamo parlato di quando e come si può fare la differenza. E un punto particolare e che molto spesso risulta decisivo è il falsopiano. Alessandro Ballan di falsopiani se ne intende, tanto che ci ha vinto il mondiale di Varese 2008.

Pensiamo a quelle corse in cui spesso vi abbiamo visto attacchi memorabili. Il Muro di Huy alla Freccia Vallone, l’Oude Kwaremont al Fiandre, la Redoute e la Roche aux Fauçons alla Liegi. Spesso è proprio nel segmento meno duro, ma finale, che si fanno le grandi differenze. E, checché se ne dica, si fanno di rapporto.

Lo scatto decisivo di Ballan a Varese 2008 avvenne proprio su un falsopiano
Lo scatto decisivo di Ballan a Varese 2008 avvenne proprio su un falsopiano

A Varese col prototipo 

«Ai miei tempi – esordisce Ballan – c’era l’11-23 a 10 velocità e il 53 davanti. Oggi, anche se non corro più, uso un 11-33, ho 12 velocità e davanti ho un 50. E questo più o meno vale anche per i pro’.

«Da un lato è meglio perché ci sono meno tendiniti, dall’altro i distacchi calano sensibilmente. Una volta con quei rapporti quando ti piantavi… ti piantavi. Facevi vere differenze. Oggi in qualche modo ti salvi».

«I rapporti incidono anche sul tuo atteggiamento tattico. Proprio al mondiale 2008 con il meccanico Enrico Pengo facemmo una scelta particolare sui rapporti. In tutta la corsa eravamo in due ad avere un prototipo Campagnolo, l’11 velocità: Bettini ed io. Fu un esordio col botto per la casa veneta! E infatti oggi sono tutt’ora un loro testimonial e tester».

La Redoute: in cima dove spiana chi sta meglio riesce ad esprimere tanta più velocità rispetto agli avversari che non sul tratto ripido
La Redoute: in cima dove spiana chi sta meglio riesce ad esprimere tanta più velocità rispetto agli avversari che non sul tratto ripido

L’aneddoto iridato

«Quel giorno – continua Ballan – scelsi il 52 al posto del 53 e questo mi garantì una pedalata più tonda. Anche perché l’unico vero tratto di discesa in cui poteva servire il 53×11 era dritto e con la posizione aerodinamica andavi bene lo stesso. Non solo, avendo un pignone in più, il 27 finale, che per quegli anni era una vera rarità, non ho più tolto il 52 negli ultimi 45 chilometri. Nella prima parte di gara, invece, per risparmiare energie prendevo le salite davanti col 39, mi mettevo in agilità, mi lasciavo sfilare e scollinavo quasi sempre ultimo del gruppo».

«Pensate, i primi 6-7 pignoni, dall’11 in su, aumentano di un dente alla volta e la differenza è minima, ma poi si ha un salto anche di tre o quattro denti. E spesso un dente è troppo duro e uno è troppo agile. Io avevo una scala ampia ma progressiva al tempo stesso. E’ tanto. 

«Quando poi sono scattato all’uscita della salita dei Ronchi, non ho dovuto far salire la moltiplica. Ho solo buttato giù dei denti. E questo ti rende più pronto, più tranquillo nella cambiata, più sicuro. Quei rapporti furono la scelta giusta».

Un vecchio pacco pignoni Campagnolo a 10 velocità 11-23. In effetti la scala saliva molto lentamente
Un vecchio pacco pignoni Campagnolo a 10 velocità 11-23. In effetti la scala saliva molto lentamente

Assalto sul falsopiano 

Ballan piantò una vera stoccata nel falsopiano, quasi pianura, dopo la salita. Gli altri forse avevano le gambe più intossicate. Lui no. Agile o duro nei momenti giusti.

Ma perché allora il falsopiano è spesso decisivo? Perché si fa la differenza lì e non sul ripido? Perché è lì che si fanno le alte velocità. Alte ma non altissime. Su un tratto al 2-4% chi ne ha va ben oltre i 40 all’ora e chi non ne ha fa fatica ad andare a 30-35. va da sé che il baratro si apre in poco tempo.

«Però – interviene Ballan – per me più che un discorso di potenza, di watt, la differenza la fa il peso. Nel tratto ripido sicuramente lo scalatore si salva meglio, ma poi non ha la potenza del passista. C’è chi sa spingere meglio il rapporto duro e riesce a fare più selezione e chi non riesce a rendere al 100% con cadenze più basse».

Van Aert e Alaphilippe stremati a terra dopo l’infinito duello sullo strappo di Great Orme

Acido lattico “mon amour”

Però oggi vediamo atleti che anche nelle fasi calde di corsa sono in grado di andare molto agili e subito dopo di esprimere wattaggi elevati anche con rapporti lunghi. L’esempio più lampante è forse Alaphilippe, ma anche Van Aert non è da meno. E guarda caso questi sono anche tra gli atleti che meglio tollerano l’acido lattico…

«E infatti – ribatte Ballan – volevo dirlo: di chi parliamo? Perché sappiamo che ci sono quei 6-7 extraterresti che vanno oltre. Alaphilippe, Van der Poel, Van Aert, Evenepoel… anche loro vanno al di sopra delle famose 4 millimoli di acido, come tutti, ma mentre gli altri ad un certo punto “staccano” o calano, loro restano a 450 watt… per dire un numero».

E questo si è visto per filo e per segno al Tour de Bretagne proprio tra Van Aert e Loulou. L’inquadratura aerea ne fu il riassunto perfetto

Nella tappa con arrivo sul muro di Great Orme (foto in apertura, ndr) tutti scattavano, ma poi man mano arretravano e alla fine restavano solo loro due. Sembrava ne avessero all’infinito. Un duello pazzesco, un duello di rapporto (da sottolineare) solo che alla fine sono stramazzati al suolo per 5′! Quindi non è che non fossero andati in acido.

Philippe Gilbert ha sempre fatto della forza la sua arma principale, sia sul ripido che nei tratti più filanti
Philippe Gilbert ha sempre fatto della forza la sua arma principale, sia sul ripido che nei tratti più filanti

Il cambio di pendenza

Ma torniamo ai cambi di pendenza. Al passaggio dal ripido al falsopiano. Quante volte sulla Redoute abbiamo visto scattare Gilbert? Philippe magari partiva sul pezzo duro, il gruppo si sgretolava e poi andava via di passo.

Oggi un Alaphilippe, invece, sgambetta fino a poche decine di metri dal termine del ripido e poi innesta il rapporto e se ne va. E’ così per esempio che ha vinto la Freccia sul muro di Huy, anche se lì quando spiana scende di poco sotto al 10% e mettere il rapporto significa innestare un 39×15-16. Ma il concetto è lo stesso.

Lo scatto di Ballan sul Poggio nella Sanremo 2007, alle sue spalle Pozzato
Lo scatto di Ballan sul Poggio nella Sanremo 2007, alle sue spalle Pozzato

Tempistiche dell’attacco

E allora quando si capisce il momento in cui bisogna attaccare? Quando si deve innestare il rapportone? Prima che finisca il tratto duro o subito dopo? Insomma c’è una tempistica “da manuale”?

«Per me – dice Ballan – ogni corridore deve valutare in base alle sue capacità, a quanta ne ha. Non si tratta di partire prima o dopo il cambio di pendenza, ma si tratta di riuscire a dare tutto fino al momento dello scollinamento. Se parto troppo tardi significa che potevo dare di più e quindi avrei potuto avere più margine. Se parto troppo presto rischio di andare fuorigiri ed essere riacciuffato».

«Quando nel 2007 alla Sanremo sono partito sul Poggio – conclude Ballan – ho scelto il momento pensando: da qui a lì, la cima, ce la posso fare. E quindi sono scattato. La differenza pertanto non la fa tanto la pendenza, quanto la gestione dello sforzo durante l’attacco».