Parlando con Ilario Contessa, diesse del team Work Service, si è toccato, inevitabilmente, il tema degli under 23. Lo stesso Contessa nell’intervista ha detto delle parole che abbiamo voluto approfondire: «Quando io sono passato under, i corridori che entravano nel mondo del professionismo erano gli elite. Poi è arrivata la generazione tra l’85 e l’86 e anche molti di loro sono passati professionisti giovani».
Una considerazione importante in quanto lo stesso diesse ritiene che l’andare a ricercare corridori giovani sia una cosa ciclica. Tra i corridori di quegli anni c’era Oscar Gatto, ritiratosi a fine 2020 a 35 anni dopo 14 stagioni corse nei professionisti, più lo stage nel 2006 con la LPR Brakes Farnese Vini.
Oscar non segue molto il ciclismo, ci confessa, è entrato nel mondo dell’edilizia e si gode i suoi due figli (che creano una bella e rumorosa cornice alle sue parole).
«E’ un bell’argomento da approfondire – inizia Oscar – anche se non basterebbe un’intervista per sviscerarlo tutto. Quando correvo io negli under 23 si passava leggermente più tardi, solo Pozzato e Agnoli sono passati quasi da junior, ma erano delle mosche bianche».
Sembra esserci una corsa spasmodica ai giovani di talento.
Molti ragazzi passano professionisti e non lo meriterebbero perché non hanno ottenuto dei risultati degni di nota. Io sono passato pro’ con 26 vittorie nelle tre stagioni da under, questo vuol dire continuità di rendimento e risultati. Poi lo sapete meglio di me quanto è difficile confermarsi nei professionisti.
Adesso passano atleti che hanno vinto una o due corse.
E’ brutto da dire ma prima di dire: «Poverino non gli hanno dato spazio», dovremmo guardare cosa ha fatto nelle categorie precedenti… Se si vuole correre bisogna meritarselo, altrimenti è brutto da dire ma si cambia lavoro.
I ragazzi però vivono con il sogno del professionismo: lottano e ci credono per ottenerlo, forse, il problema sono le persone che li “illudono” di poterci stare?
Vero anche questo, se passano pro’ c’è qualcuno che ce li manda e bisognerebbe interrogarsi sul perché.
I procuratori spesso, come abbiamo avuto modo di leggere, mandano ragazzi che non ritengono pronti. In questi casi le squadre si trovano con atleti che non sono all’altezza, in altri casi però, sono i team che cercano addirittura tra gli junior per accaparrarsi il fenomeno. Anche se questa parola dovrebbe sottolineare che si tratta di un caso raro, di un’eccezione.
«Il mondo di oggi, non solo nel ciclismo – continua Oscar Gatto – corre a mille all’ora. Non hai il tempo di sbagliare e se lo fai sei fuori. Mi sono reso conto ancor di più di ciò ora che sono nel mondo “reale”».
Una delle grandi differenze con la tua generazione quale può essere?
La pazienza. Io sono passato professionista con la Gerolsteiner e i primi anni non avevo pressioni, nulla. Questo mi ha anche permesso di sbagliare e di fare delle sciocchezze che forse ora avrei pagato a più caro prezzo.
Un’altra differenza?
Beh i soldi. Per mettere insieme una squadra World Tour ci volevano una quindicina di milioni, ora il doppio o quasi. Le squadre sono diventate delle aziende e devono tutelare i loro investimenti, quindi, se ottieni risultati rimani, altrimenti no.
Serve fare un passo indietro
Questo modo di pensare non permette ai giovani di sbagliare ed imparare e di correre, forse, con più timore e meno spirito “avventuriero”. Si potrebbe dire che sia anche un controsenso: la categoria under 23 è fatta per imparare e sbagliare, contrariamente, se un corridore viene portato troppo presto tra i pro’ rischia di appassire. D’altronde prima di travasare una pianta in un terreno più arido bisogna prima prendersene cura e aspettare che le radici siano forti e robuste, altrimenti appassirà.
«Un secondo problema sono le squadre continental – riprende Oscar – ce ne sono davvero tante ed accelerano anche loro il processo di crescita dei giovani. Non è più possibile fare un percorso “lineare” con due o tre anni in una squadra under 23 e poi in una continental. Queste squadre ti danno la possibilità di correre delle gare con i professionisti e questo crea un grande divario. Pensate ad un ragazzo che corre il Poggiana o la San Geo ed uno che ha già corso alla Coppi e Bartali, è ovvio che il secondo ha una gamba ed un ritmo diversi. Come detto prima, è un mondo che corre veloce e non è facile stargli dietro…».
Il mondo corre sì veloce, ma chi lo fa andare così sono le persone… la Terra per fare un giro intorno al Sole ci impiega sempre lo stesso tempo, è l’uomo che vuole tutto e subito.