Dieci anni fa il poker di Boonen. Ballan ricorda quella Roubaix

16.04.2022
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Dieci anni fa, un certo Tom Boonen metteva nella sua bacheca la quarta pietra della Parigi-Roubaix. Il campionissimo belga, fu autore di un’azione spettacolare. Forse la più bella alla Roubaix. Nella polvere di un corsa secca, come tra l’altro si annuncia quella di domani, Tom sorprese tutti. Anche Alessandro Ballan.

L’iridato 2008 quel giorno fu terzo ed è proprio lui che ci racconta come andò. Che ci fa vivere da dentro quel viaggio tra pietre, pensieri, emozioni, momenti di rabbia e muscoli che potevano fare tanto, tanto di più. Parola ad Alessandro dunque.

Dieci anni fa una Roubaix polverosa e “calda”… come caldo era il tifo a bordo strada
Dieci anni fa una Roubaix polverosa e “calda”… come caldo era il tifo a bordo strada

Gambe al top

«Era una bella giornata – inizia a raccontare Ballan – c’era sole ed era caldo, anche se non come dovrebbe fare domani (prevista una punta di 20 gradi, ndr). C’erano 14-15 gradi. Io passai una buona vigilia.

«Stavo molto bene ed ero consapevole che avrei raccolto un buon risultato. Venivo dal terzo posto al Fiandre della domenica precedente proprio dietro a Boonen e Pozzato. Avevo una grande voglia di rivalsa, anche per come era andato quel finale.

«Sapevo che Boonen, e tutto sommato anche Pippo, erano gli uomini da controllare. Dentro di me non sentivo però troppa pressione. Non avevo ancora vinto quell’anno, ma avevo fatto bene. Insomma ero consapevole di ciò che avrei fatto».

La Bmc Granfondo di Ballan, quanti “memo” per il veneto. Riempito l’attacco manubrio era passato all’orizzontale
La Bmc Granfondo di Ballan, quanti “memo” per il veneto. Riempito l’attacco manubrio era passato all’orizzontale

Una Bmc speciale

Una consapevolezza in parte dovuta anche al mezzo meccanico. Fatta la ricognizione, Ballan aveva optato per la Bmc Granfondo. All’epoca iniziavano ad arrivare le prime bici “confortevoli”, quelle che oggi chiameremmo endurance. Avevano accorgimenti ideali per i fondi più rotti.

«Era una bici speciale – spiega Ballan – Sostanzialmente aveva il carro un po’ più lungo e una fibra di carbonio un po’ più morbida. In più avevo fatto inserire degli inserti in gel sotto al nastro manubrio, per attutire le vibrazioni. E sempre sul manubrio avevo fatto montare i bottoncini per il cambio posteriore».

«Avevo anche un paio di ruote in carbonio con un particolare profilo. Un profilo da 25 millimetri, se ricordo bene e soprattutto avevo scelto tubolari da 28 millimetri. La Granfondo infatti consentiva di montare questa misura, cosa impossibile sulle bici normali all’epoca».

La Foresta di Arenberg: 2,5 chilometri dritti come un fuso. E’ la porta dell’Inferno del Nord. Qui si entra a 70 all’ora
La Foresta di Arenberg: 2,5 chilometri dritti come un fuso. E’ la porta dell’Inferno del Nord. Qui si entra a 70 all’ora

Corridore e pavè

Con il fondo secco le velocità erano ancora più alte. E se il pavé non diventa più duro, arrivandoci più veloci si rimbalzava di più. 

«Il pavé – spiega Ballan – è sempre quello e la legge è: prima ne esci e meglio è! Sembra sciocco o ironico, ma è la verità. La cosa importante è mantenere alta la velocità e scegliere la via più filante, perché poi riportare su la velocità è quasi impossibile. E la via giusta è anche quella in cui davanti non ci sono rallentamenti. Per questo prima della Foresta di Arenberg c’è la volata per stare davanti».

«Un settore in pavé non è una salita, ma è come se lo fosse. Quando ci entri la prima cosa che pensi è: quanto manca? E’ più di uno strappo duro. In quel caso è solo mal di gambe, il pavé è sofferenza totale, è doloroso per tutto il corpo. Proprio all’ingresso dell’Arenberg, che si fa a 70 all’ora, nei primi 200 metri non vedi nulla, fai fatica a vedere la strada, a mantenere la visuale. Ti butti e spingi».

La forza, la potenza e l’eleganza di Boonen sul pavè. Dopo la sgasata di Terpstra, Tom percorse 53 chilometri in solitaria
La forza, la potenza e l’eleganza di Boonen sul pavè. Dopo la sgasata di Terpstra, Tom percorse 53 chilometri in solitaria

Boonen da lontano

Fantastica. La descrizione di Ballan è “poesia”. E’ tecnica applicata. Ma torniamo alla Roubaix 2012. Anche quel giorno l’ingresso nella Foresta fu tremendo.

«Fin lì – riprende Ballan – con un compagno in fuga tutto sommato passai una corsa tranquilla. Ero riuscito a stare coperto e tutto filava secondo programma. Prima dell’Arenberg ci fu la volata. Stavo bene, la presi davanti e uscii davanti.

«E questo è un momento cruciale. All’uscita capisci come affronterai il resto della gara. Se arranchi, sai già che nel finale non sarai competitivo. Io stavo benissimo invece. Ero sicuro dei miei mezzi».

La corsa quindi sembra essere delineata. I migliori sono davanti dopo la Foresta e Ballan sta bene. Boonen continua ad essere il più marcato. E non solo da Ballan. E forse anche per questo Tom gioca di astuzia, di esperienza. Agisce con l’istinto del campione. E…

«E succede che ad un certo punto Boonen scatta. Mancava moltissimo, più di 55 chilometri. Sicuro. Uno scatto prematuro. Pozzato si fiondò subito alla ruota e io non dico che fossi rilassato, ma ero in decima posizione circa. Quando ho visto muoversi Niki Terpstra e arrivare su Boonen (i due erano compagni alla Omega Pharma, ndr) capii che era un pericolo enorme».

Il buco di Pippo

«Si apre un buco. Davanti Terpstra, Pozzato e Boonen. Io dietro spingo forte. Faccio di fatto l’inseguimento e alla fine rientro. Stacco tutti e rientro, ma facendo uno sforzo enorme in cui spreco molte energie.

«Mentre rimontavo, da dietro, vedevo che Pozzato, nonostante fosse in inferiorità numerica, collaborava. Loro tre giravano regolari. Io ero da solo».

«Nel preciso momento in cui mi aggancio ai tre, Pozzato stava tornando indietro per il cambio e voleva che mi inserissi subito. Io ero davvero in apnea e non glielo diedi. Pippo pensò che volessi fare il furbo. E così fece il buco. Due metri, cinque metri, dieci…

«Io ero il meno veloce e avrei avuto meno interesse a collaborare, ma lo avrei fatto dopo aver ripreso un po’ fiato. Pozzato l’aveva vista come una mia presa di posizione, come una scelta tattica. Intanto il buco diventa di 20 metri. Terpstra si volta. Vede il buco. E inizia a dare una menata pazzesca per lanciare Boonen».

Tom parte, scappa, spinge. Guadagna secondi. Dietro provano ad organizzarsi.

«Boonen era davanti, ma in quel momento non ero del tutto preoccupato. Mancava tanto, noi dietro eravamo forti e di più, potevamo riprenderlo. Invece qualche curva dopo, in un tratto in pavé Pippo cade. In breve il vantaggio di Boonen passa da 20” a 40”. A quel punto ho capito che avrei corso per il piazzamento».

Inseguimento e beffa

Dietro regna il caos. Boonen spinge forte e regolare. Gli inseguitori vanno “a fiammate”. Intanto dopo la caduta di Pozzato altra gente si è accodata a Ballan. Alessandro spinge e ad ogni settore stacca qualcuno. 

«Ricordo che c’erano diversi corridori della Sky, tra cui Flecha. Ho pensato che con loro avrei potuto organizzare l’inseguimento, invece ogni volta che spingevo se ne staccava uno.

«Ricordo anche un francese, Sebastien Turgot, che si vide in pratica solo quel giorno. Anche lui all’uscita di ogni settore si staccava, ma poi riusciva a rientrare. A forza di fare questo tira e molla, si portò a casa il secondo posto. E per me fu un’ulteriore piccola beffa».

«Ero dispiaciuto davvero. Sapevo come stavo. Con Pippo non parlammo dopo la corsa. Avevo ancora il dente avvelenato per come era andato il finale del Fiandre della domenica precedente».

«Però – conclude Ballan – il bel ricordo di quella Roubaix, e non solo, è il tifo. In molti si lamentano della non sportività dei tifosi francesi e belgi verso alcuni corridori stranieri. Io invece ricordo che nei settori in pavé mi supportavano, mi incitavano, urlavano il mio nome. E questo mi fece, e mi fa, onore. Significa che mi volevano bene».

Buona Roubaix a tutti.

Ancora una notte e sarà Ronde. Ultime considerazioni con Ballan

02.04.2022
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Un altro Giro delle Fiandre si avvicina. E finalmente sarà una Ronde come manuale impone: gente lungo le strade, freddo e (quasi) tutti i migliori al via. Gli ingredienti per un grande spettacolo ci sono tutti. Ed è lo scenario che più piace, anche ad Alessandro Ballan. Peccato non ci sarà al via Van Aert. Tantissimi tifosi belgi ci sono rimasti male, quassù è un semi Dio, come lo fu Tom Boonen.

Si parte da Anversa, il prossimo anno da Bruges: 7 tratti in pavè, 18 muri e 273 chilometri previsti per l’edizione numero 106.

Partenza alle 10, previsti 273 chilometri (19 in più dello scorso anno) e quasi 2.500 metri di dislivello
Partenza alle 10, previsti 273 chilometri (19 in più dello scorso anno) e quasi 2.500 metri di dislivello
Alessandro, ci siamo: ecco il Fiandre…

Eh sì. Non ci sarà Van Aert, come immaginavo ha preso il Covid. In ogni caso sarà un bel Fiandre. Dei tre più forti, Alaphilippe, Van der Poel e Van Aert manca il leader con la squadra più forte, appunto Van Aert. Ma per questo credo che sarà una corsa aperta.

Anche se l’iridato è stato visto in ricognizione… Tuttavia la Quick Step-Alpha Vinyl ha comunque smentito la sua partecipazione. Il team di Lefevere non è più la squadra più forte?

Anche loro per gli standard a cui ci hanno abituato sono partiti in “sordina”, mi aspettavo qualcosina di più. Il Fiandre è la loro corsa e di certo cercheranno di fare qualcosa. Hanno comunque Asgreen. E poi è prevista pioggia. Farà freddo. Soprattutto al sabato. Penso che se domani non dovesse piovere ci sarebbero comunque i rimasugli dell’acqua del giorno prima, una corsa umida. E con queste condizioni la corsa è molto più stressante.

Capitolo Pogacar: si dice che più di qualche volta alla Dwars door Vlaanderen lo abbiano visto risalire, rimontare da dietro. Davvero credi che questi possano essere i suoi percorsi?

Siamo davanti ad un fenomeno e con lui non bisogna dare nulla di scontato. Magari proprio perché fa fatica in gruppo potrebbe partire a 50-60 chilometri dall’arrivo e abbiamo visto che con le sue doti di cronoman può andare via. Senza contare che dopo una gara molto dura e lunga risulta essere anche molto veloce, in caso di sprint. Sì, l’unica cosa che gli va contro è che non conosce bene quei percorsi. Lo avrà provato in ricognizione, ma la corsa è un’altra cosa. Non ha l’esperienza di chi ha già fatto 4-5 Fiandre. Però nel ciclismo attuale, anche questa regola va a farsi benedire.

Cosa intendi?

Guardiamo Girmay alla Gand o Colbrelli alla Roubaix: alla prima partecipazione hanno vinto. Semmai non ha una super squadra per tenerlo avanti, a parte Trentin.

Quindi Matteo lo vedi come gregario? Ieri in casa UAE Emirates hanno lasciato intendere così…

In squadra si parte sempre con la doppia punta e poi chi sta meglio fa la corsa. Noi almeno anche ai tempi della Lampre facevamo così. Anche perché non sai cosa può succedere durante la corsa. Poi certo, se hai il leader super, super forte come potrebbe essere Van der Poel per la Alpecin-Fenix il discorso cambia.

Hai parlato di Van der Poel: adesso è davvero il favorito principale di questa edizione della Ronde?

Di sicuro! Lui però può sbagliare nel suo modo di essere impulsivo. Mi viene in mente la famosa tappa dei muri fermani alla Tirreno 2021. Se ci fosse stato un altro chilometro lo avrebbero ripreso. Ogni tanto va in crisi di fame. Insomma, dovrà correrlo bene questo Fiandre. E anche se non ha una squadra fortissima intorno a lui si sa arrangiare anche da solo. Lo abbiamo visto anche a Waregem: è scattato, è andato in fuga e si è anche tirato la volata che vinto! E poi mi ha stupito alla Sanremo: terzo al rientro. Ai miei tempi sarebbe stato impossibile.

Parliamo di Pidcock, che si sta riprendendo e col bagnato ha una certa dimestichezza nella guida…

Arriva dal ciclocross (e dalla Mtb, ndr) lui e VdP sanno guidare meglio di tutti. Però anche Pogacar ultimamente ha fatto qualcosa nel cross, certo non ai loro livelli… Il limite di Pidcock è che avrà la corsa tutta sulle sue spalle perché non vedo una grande Ineos-Grenadiers (in più anche lui è al debutto, ndr).

E gli italiani? Non abbiamo lame molto affilate…

No… Aspettavo Moscon, ma nulla da fare. Non si è ripreso dopo il Covid e non credo che avverrà un miracolo per domenica. Idem Bettiol. Poi è difficile trovare un altro protagonista. Però magari proprio per questo un italiano potrebbe infilarsi nella fuga di giornata e farsi vedere e magari anche andare molto avanti. Ma sinceramente la vedo dura.

Tornerà il pubblico a bordo strada. Ci si attende ben oltre un milione di persone lungo il percorso
Tornerà il pubblico a bordo strada. Ci si attende ben oltre un milione di persone lungo il percorso
Tu Alessandro hai fatto sia il vecchio percorso, quello con il Grammont, che il nuovo, quello col circuito dell’Oude Kwaremont: c’è qualche piccola differenza nell’identikit del vincitore finale?

Ho vinto sul vecchio e sono andato a podio in quello nuovo, nel 2012 il primo anno che lo proposero (nella foto d’apertura, ndr). No, non cambia di molto, i due percorsi si rispecchiano un bel po’. Semmai il nuovo tracciato è un po’ più duro. Fare tre volte il giro con Kwaremont e Paterberg non è poco. E poi nel nuovo percorso i muri sono più vicini all’arrivo. Il Kwaremont è davvero il trampolino di lancio.

Però il più delle volte la Ronde si decide su chi svolta prima sulla curva a sinistra in cima al Paterberg. Lì chi prende una manciata di secondi poi va all’arrivo…

Arrivi lassù con le gambe in croce e con i muri più vicini all’arrivo poi è difficile recuperare. Il problema è che andando ad Oudenaarde da quella parte spesso il vento è contrario e scappare in solitaria non è facile.

Il meteo è decisamente migliorato rispetto alle previsioni di qualche giorno fa. Sarà freddo ma non dovrebbe piovere (c’è giusto un leggerissimo rischio verso le 14), tuttavia prima hai detto che con il bagnato la corsa è più stressante. E’ anche più dispendiosa a livello energetico visto che sembra farà anche molto freddo?

Si consuma sicuramente di più, perché oltre alle energie spese nello sforzo, se ne spendono altre per mantenere la temperatura del corpo a 37°. Io credo che ci serviranno 200-250 calorie di più ad ogni ora. Di solito tra un Fiandre col sole e uno con la pioggia di sono 1.000-1.500 calorie di differenza.

I big si prendono anche l’inizio di stagione. Il punto con Ballan

18.02.2022
6 min
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La stagione 2022 è praticamente nel pieno, anche se è solo febbraio, anche se non è ancora iniziato il WorldTour. Eppure se si va a vedere gli ordini di arrivo, e i vincitori soprattutto, c’è da stropicciarsi gli occhi: Nairo Quintana, Alejandro Valverde, Filippo Ganna, Tim Wellens, Remco Evenepoel, Alexey Lutsenko, David Gaudu… senza contare i velocisti da Fabio Jakobsen e Dylan Groenenwegen fino a Mark Cavendish. Ma per quest’ultima categoria è più “normale”.

Salvo eccezioni, le prime corse dell’anno erano appannaggio di gregari, atleti di seconda fascia, magari novellini che partivano forte proprio approfittando che i grandi erano ancora “ingolfati”. Un qualcosa di curioso. E ne parliamo con Alessandro Ballan. Con l’iridato 2008 facciamo un vero pezzo da opinionisti su questo primo scorcio di stagione… E un po’ su quello che verrà.

Alessandro, abbiamo elencato dei nomi da paura… Come mai ci sono stati vincitori di un tale calibro secondo te?

In effetti la stagione è partita alla grande. Nel ciclismo moderno non si può perdere tempo a quanto pare: chi ben comincia è a metà dell’opera. Chi invece parte in sordina poi fa fatica, mentre chi parte con il piede giusto tendenzialmente fa un’ottima stagione.

Ma non c’è il rischio di entrare in condizione troppo presto?

In parte sì, ma partire bene, vincere, significa anche essere consapevoli di aver lavorato bene durante l’inverno. E poi il morale è alto e questo ti dà tranquillità per le corse a venire. Se invece parti troppo piano c’è il rischio che ti ritrovi sempre ad inseguire, che parti sempre da una posizione di svantaggio.

E torniamo al discorso che più volte è emerso in questi ultimi mesi: si va alle corse preparati…

È il nuovo modo di correre. Ai miei tempi potevi presentarti non totalmente in condizione. La trovavi gara per gara. Questo perché c’erano dei momenti in cui andavi piano e dei momenti in cui andavi forte e soffrivi. Oggi invece si va sempre forte. E soffrire sempre fa più male che bene. I ciclisti sanno che devono partire pronti.

Alessandro, hai parlato dei tuoi tempi: quando è cambiato il vento?

Credo proprio dai miei anni. E’ in quel momento che sono arrivati i preparatori. Gli staff oggi sono tutti organizzati al massimo. Ci sono il coach, il nutrizionista, il cuoco… Anche ai miei tempi c’erano le tabelle, è vero, ma non eri controllato al 100%. Adesso quando premi lo stop sul computerino mentre rientri a casa, il preparatore sa ciò che hai fatto in modo istantaneo. E non solo vede quanto hai fatto, ma vede anche come lo hai fatto. Si accorge se sei stato seduto un’ora e mezza al bar! Valuta in tempo reale i tuoi miglioramenti. Una volta, nelle prime gare, di 200 corridori che partivano 40 erano competitivi, adesso sono 140. E questo obbliga tutti ad essere pronti.

Per Ballan Fausto Masnada può fare bene in classifica al Giro d’Italia
Per Ballan Fausto Masnada può fare bene in classifica al Giro d’Italia
Venendo i nomi che abbiamo elencato, chi ti ha stupito?

Stupito, ma tra virgolette, è stato Valverde, nonostante abbia solo un anno meno di me. Si sa che più passano gli anni e più è difficile trovare la condizione, ma lui ci riesce sempre. Ha una determinazione incredibile. E poi devo dire che mi ha colpito Evenepoel. Remco ha dato veramente una prova di forza staccando tutti in quel modo. Ecco, loro due sono coloro che mi hanno stupito di più. E mancano gli altri big: Van Aert, Alaphilippe, Van der Poel…

Van Aert e Van der Poel devono ancora iniziare, mentre Alaphilippe ha già ripreso ma non ancora vinto (anche se ci è andato vicino)…

Intanto parliamo di tre fenomeni e loro in qualche modo si distinguono dalle persone normali. Nel caso di Alaphilippe io credo che lui non abbia vinto per un insieme di cose. Ha impostato la sua preparazione per la seconda parte delle classiche, quindi per essere al top a fine aprile, sarà al Tour de France con la maglia iridata, in più è in una squadra con talmente tanti corridori forti che può stare un po’ più tranquillo in questa fase della stagione.

E invece chi è “mancato” secondo te?

Mah, credo nessuno almeno per le gare a cui abbiamo assistito. Se già ci fosse stata una Strade Bianche, una gara un po’ più importante e per specialisti, e qualche protagonista fosse mancato, avremmo potuto dire qualche nome. Ma per il momento aspetterei. Piuttosto sono molto contento dei nostri “nuovi” italiani. Penso a Masnada, Covi, Lonardi, Mareczko… 

Cosa pensi invece dell’Arkea-Samsic che sembra aver rinunciato al Giro d’Italia? Per Quintana sarebbe stata un’occasione ghiotta…

Concordo, sarebbe stata una bella occasione. Il problema è che il Tour è sempre più importante e gli sponsor preferiscono che si faccia un “esimo” lì, piuttosto che un podio al Giro d’Italia. Purtroppo c’è poco da dire.

Anche Damiano Caruso sarà dirottato in Francia. E lo stesso Sonny Colbrelli…

Mi aspetto molto da Colbrelli. Viene da una stagione stupefacente e non è facile confermarsi, in più ha 32 anni, non è così scontato trovare la condizione, però Sonny ha trovato consapevolezza, quella con la “C” maiuscola, e l’ha trovata non solo per la vittoria alla Roubaix, ma per l’insieme del suo 2021. E direi che lo stesso discorso possa valere per Caruso. L’anno scorso Damiano ha avuto una grande opportunità e l’ha sfruttata. Mi dispiace sapere che debba fare il gregario da un’altra parte.

Covi ha iniziato alla grande la sua stagione. Per Alessandro due vittorie: Vuelta Murcia e una tappa alla Ruta del Sol (in foto)
Covi ha iniziato alla grande la sua stagione. Per Alessandro due vittorie: Vuelta Murcia e una tappa alla Ruta del Sol (in foto)
Invece per le corse a tappe? Il “dopo Nibali” non vede terreni molto fertili, almeno per ora. Abbiamo buoni corridori, ma in prospettiva…

Fortunato, CicconeSono dei buoni nomi ma per il momento sono un po’ più piccolini. Partono per un piazzamento. Aggiungerei anche Masnada. Lui, non avendo un grande capitano in Quick Step- Alphavinyl potrebbe fare molto bene al Giro. Potrebbe cogliere un ottimo piazzamento. Sono curioso di vederlo. In Italia, l’erede di Vincenzo era Aru, ma lui ha finito prima la sua carriera. Adesso ci renderemo conto di quanto ci mancherà Nibali!

Alessandro Covi somiglia un po’ ad Alessandro Ballan?

Come struttura sì, lui è un po’ più “muscolato” rispetto a me. Ha la sparata ed è un uomo davvero interessante. In più milita in una squadra importante. Ha vicino Trentin che può aiutarlo a crescere in poco tempo. Presto lo vedremo anche a grandi vittorie. Il problema dei corridori italiani, togliendo Bettiol e Colbrelli, è che non abbiamo gente competitiva per davvero oltre i 200 chilometri. Quando si superano e si arriva ai 240 chilometri gli italiani spariscono.

In effetti, si contano sulle dita di una mano e anche meno…

Io in carriera alla fine ho vinto pochissimo, 13 gare, ma quasi tutte erano al di sopra dei 200 chilometri. Ma non perché Ballan aumentasse, ma perché calava meno degli altri. Riuscivo ad esprimermi come dopo aver fatto solo 100 chilometri.

Insomma aspettiamo Covi e Bagioli?

Sicuramente loro faranno bene, ma da qui a vincere le grandi classiche c’è una bella differenza.

Quando la strada spiana si fa la differenza. A lezione da Ballan

30.11.2021
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In questi giorni abbiamo parlato spesso di grandi pendenze, di rapporti, di potenza… Abbiamo parlato di quando e come si può fare la differenza. E un punto particolare e che molto spesso risulta decisivo è il falsopiano. Alessandro Ballan di falsopiani se ne intende, tanto che ci ha vinto il mondiale di Varese 2008.

Pensiamo a quelle corse in cui spesso vi abbiamo visto attacchi memorabili. Il Muro di Huy alla Freccia Vallone, l’Oude Kwaremont al Fiandre, la Redoute e la Roche aux Fauçons alla Liegi. Spesso è proprio nel segmento meno duro, ma finale, che si fanno le grandi differenze. E, checché se ne dica, si fanno di rapporto.

Lo scatto decisivo di Ballan a Varese 2008 avvenne proprio su un falsopiano
Lo scatto decisivo di Ballan a Varese 2008 avvenne proprio su un falsopiano

A Varese col prototipo 

«Ai miei tempi – esordisce Ballan – c’era l’11-23 a 10 velocità e il 53 davanti. Oggi, anche se non corro più, uso un 11-33, ho 12 velocità e davanti ho un 50. E questo più o meno vale anche per i pro’.

«Da un lato è meglio perché ci sono meno tendiniti, dall’altro i distacchi calano sensibilmente. Una volta con quei rapporti quando ti piantavi… ti piantavi. Facevi vere differenze. Oggi in qualche modo ti salvi».

«I rapporti incidono anche sul tuo atteggiamento tattico. Proprio al mondiale 2008 con il meccanico Enrico Pengo facemmo una scelta particolare sui rapporti. In tutta la corsa eravamo in due ad avere un prototipo Campagnolo, l’11 velocità: Bettini ed io. Fu un esordio col botto per la casa veneta! E infatti oggi sono tutt’ora un loro testimonial e tester».

La Redoute: in cima dove spiana chi sta meglio riesce ad esprimere tanta più velocità rispetto agli avversari che non sul tratto ripido
La Redoute: in cima dove spiana chi sta meglio riesce ad esprimere tanta più velocità rispetto agli avversari che non sul tratto ripido

L’aneddoto iridato

«Quel giorno – continua Ballan – scelsi il 52 al posto del 53 e questo mi garantì una pedalata più tonda. Anche perché l’unico vero tratto di discesa in cui poteva servire il 53×11 era dritto e con la posizione aerodinamica andavi bene lo stesso. Non solo, avendo un pignone in più, il 27 finale, che per quegli anni era una vera rarità, non ho più tolto il 52 negli ultimi 45 chilometri. Nella prima parte di gara, invece, per risparmiare energie prendevo le salite davanti col 39, mi mettevo in agilità, mi lasciavo sfilare e scollinavo quasi sempre ultimo del gruppo».

«Pensate, i primi 6-7 pignoni, dall’11 in su, aumentano di un dente alla volta e la differenza è minima, ma poi si ha un salto anche di tre o quattro denti. E spesso un dente è troppo duro e uno è troppo agile. Io avevo una scala ampia ma progressiva al tempo stesso. E’ tanto. 

«Quando poi sono scattato all’uscita della salita dei Ronchi, non ho dovuto far salire la moltiplica. Ho solo buttato giù dei denti. E questo ti rende più pronto, più tranquillo nella cambiata, più sicuro. Quei rapporti furono la scelta giusta».

Un vecchio pacco pignoni Campagnolo a 10 velocità 11-23. In effetti la scala saliva molto lentamente
Un vecchio pacco pignoni Campagnolo a 10 velocità 11-23. In effetti la scala saliva molto lentamente

Assalto sul falsopiano 

Ballan piantò una vera stoccata nel falsopiano, quasi pianura, dopo la salita. Gli altri forse avevano le gambe più intossicate. Lui no. Agile o duro nei momenti giusti.

Ma perché allora il falsopiano è spesso decisivo? Perché si fa la differenza lì e non sul ripido? Perché è lì che si fanno le alte velocità. Alte ma non altissime. Su un tratto al 2-4% chi ne ha va ben oltre i 40 all’ora e chi non ne ha fa fatica ad andare a 30-35. va da sé che il baratro si apre in poco tempo.

«Però – interviene Ballan – per me più che un discorso di potenza, di watt, la differenza la fa il peso. Nel tratto ripido sicuramente lo scalatore si salva meglio, ma poi non ha la potenza del passista. C’è chi sa spingere meglio il rapporto duro e riesce a fare più selezione e chi non riesce a rendere al 100% con cadenze più basse».

Van Aert e Alaphilippe stremati a terra dopo l’infinito duello sullo strappo di Great Orme

Acido lattico “mon amour”

Però oggi vediamo atleti che anche nelle fasi calde di corsa sono in grado di andare molto agili e subito dopo di esprimere wattaggi elevati anche con rapporti lunghi. L’esempio più lampante è forse Alaphilippe, ma anche Van Aert non è da meno. E guarda caso questi sono anche tra gli atleti che meglio tollerano l’acido lattico…

«E infatti – ribatte Ballan – volevo dirlo: di chi parliamo? Perché sappiamo che ci sono quei 6-7 extraterresti che vanno oltre. Alaphilippe, Van der Poel, Van Aert, Evenepoel… anche loro vanno al di sopra delle famose 4 millimoli di acido, come tutti, ma mentre gli altri ad un certo punto “staccano” o calano, loro restano a 450 watt… per dire un numero».

E questo si è visto per filo e per segno al Tour de Bretagne proprio tra Van Aert e Loulou. L’inquadratura aerea ne fu il riassunto perfetto

Nella tappa con arrivo sul muro di Great Orme (foto in apertura, ndr) tutti scattavano, ma poi man mano arretravano e alla fine restavano solo loro due. Sembrava ne avessero all’infinito. Un duello pazzesco, un duello di rapporto (da sottolineare) solo che alla fine sono stramazzati al suolo per 5′! Quindi non è che non fossero andati in acido.

Philippe Gilbert ha sempre fatto della forza la sua arma principale, sia sul ripido che nei tratti più filanti
Philippe Gilbert ha sempre fatto della forza la sua arma principale, sia sul ripido che nei tratti più filanti

Il cambio di pendenza

Ma torniamo ai cambi di pendenza. Al passaggio dal ripido al falsopiano. Quante volte sulla Redoute abbiamo visto scattare Gilbert? Philippe magari partiva sul pezzo duro, il gruppo si sgretolava e poi andava via di passo.

Oggi un Alaphilippe, invece, sgambetta fino a poche decine di metri dal termine del ripido e poi innesta il rapporto e se ne va. E’ così per esempio che ha vinto la Freccia sul muro di Huy, anche se lì quando spiana scende di poco sotto al 10% e mettere il rapporto significa innestare un 39×15-16. Ma il concetto è lo stesso.

Lo scatto di Ballan sul Poggio nella Sanremo 2007, alle sue spalle Pozzato
Lo scatto di Ballan sul Poggio nella Sanremo 2007, alle sue spalle Pozzato

Tempistiche dell’attacco

E allora quando si capisce il momento in cui bisogna attaccare? Quando si deve innestare il rapportone? Prima che finisca il tratto duro o subito dopo? Insomma c’è una tempistica “da manuale”?

«Per me – dice Ballan – ogni corridore deve valutare in base alle sue capacità, a quanta ne ha. Non si tratta di partire prima o dopo il cambio di pendenza, ma si tratta di riuscire a dare tutto fino al momento dello scollinamento. Se parto troppo tardi significa che potevo dare di più e quindi avrei potuto avere più margine. Se parto troppo presto rischio di andare fuorigiri ed essere riacciuffato».

«Quando nel 2007 alla Sanremo sono partito sul Poggio – conclude Ballan – ho scelto il momento pensando: da qui a lì, la cima, ce la posso fare. E quindi sono scattato. La differenza pertanto non la fa tanto la pendenza, quanto la gestione dello sforzo durante l’attacco».

Ballan 2021

Ballan, oggi sarebbe possibile un altro… Ballan?

21.10.2021
5 min
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Qualche giorno fa, chiacchierando nell’ambiente è rispuntato fuori un assioma: «Al giorno d’oggi Alessandro Ballan non sarebbe passato professionista, così avremmo perso un Giro delle Fiandre e un campionato del mondo». Un concetto che in sé riassume un tema che stiamo portando avanti da tempo, quello dell’eccessiva fretta che pervade il ciclismo attuale che brucia corridori in età ancor prematura e che è all’esasperante ricerca di talenti sempre più giovani.

Non potevamo non affrontare l’argomento chiamando in causa lo stesso Ballan, al quale raccontiamo il piccolo episodio trovando in lui piena conferma: «E’ verissimo, io ho fatto 6 anni da dilettante e sono passato pro’ a 25 anni, nel 2004, quando ormai non ci speravo più».

Come mai una militanza così lunga?

Ci sono varie ragioni. Nei primi due anni ebbi grandi problemi a un ginocchio, persi in pratica le stagioni dovendomi operare due volte. Poi la maturità e subito dopo arrivò il servizio militare. In due anni feci 28 gare, davvero pochine per mettersi in mostra. Quei due anni però mi avevano preservato dall’attività forsennata, iniziai a fare il corridore seriamente nel nuovo secolo, fra la Trevigiani e la Cyber Team. Il problema è che ormai mi consideravano vecchio per il passaggio.

Ballan Fiandre 2007
Alessandro Ballan in trionfo al Giro delle Fiandre 2007, battendo nello sprint a due il belga Hoste
Ballan Fiandre 2007
Alessandro Ballan in trionfo al Giro delle Fiandre 2007, battendo nello sprint a due il belga Hoste
Che cosa accadde allora?

Si interessò Wilier, il patron della squadra che provò a sondare il terreno e non gli dirò mai grazie abbastanza. Alla fine trovò un contatto con la Lampre, ma il mio approdo nel ciclismo che conta ebbe un inizio quasi grottesco.

Dai, racconta…

Io mi ero messo l’animo in pace tanto è vero che avevo iniziato a lavorare come imbianchino. Un giorno ero in cima alla scala a passare la tinta, squilla il telefono e dall’altra parte sento: «Ciao, sono Fabrizio Bontempi, della Lampre, volevo proporti un incontro per domani…». Non lo feci neanche finire: «Sì, va bene, bello scherzo…» e misi giù. Quando lo dissi al datore di lavoro, quasi mi tirò giù dalla scala. Io neanche conoscevo Fabrizio Bontempi, lui mi disse chi era. Richiamai subito e il giorno dopo firmai il contratto.

Non pensi che l’ingaggio prematuro di Remco Evenepoel abbia rivoluzionato il modo di reclutare corridori nel ciclismo attuale?

Sicuramente, il problema è che come Evenepoel o lo stesso Pogacar ce ne sono pochissimi, ma adesso ci troviamo di fronte a un’esasperazione nella ricerca del talento sempre più precoce. Il problema è che di questa esasperazione i corridori sono vittime, ma i protagonisti sono tanti: diesse, procuratori, genitori stessi. Tutti tesi a far andare i ragazzi sempre più forte col rischio di bruciarli. Quanti ottimi allievi e juniores non sono neanche arrivati al professionismo? Quanti Ballan ci siamo persi per strada?

Fabrizio Bontempi 2007
Fabrizio Bontempi, a destra, diesse della Lampre con Ballan dopo il Fiandre e in mezzo il patron Sergio Galbusera
Fabrizio Bontempi 2007
Fabrizio Bontempi, a destra, diesse della Lampre con Ballan dopo il Fiandre e in mezzo il patron Sergio Galbusera
E’ un sistema che copia tantissimo quanto avvenuto nel calcio…

Sì, ma ci sono differenze tecniche molto importanti. Faccio un esempio: Evenepoel al primo anno ha partecipato alla Clasica di San Sebastian e l’ha vinta. Perché? Se guardiamo i suoi dati non è mai andato in soglia. Un altro della sua età, se provava a fare la stessa cosa, prendeva una bastonata solenne, che gli restava dentro e magari gli avrebbe tarpato le ali. Non dobbiamo dimenticare che parliamo di un fenomeno assoluto, ma molti lo dimenticano.

Secondo te il problema è legato alla funzione dei procuratori?

Sì, ma non solo. Per me è assurdo che vadano a cercare e mettere sotto contratto corridori che sono ancora allievi. In questo modo non rendi un servizio al movimento, cerchi solo la gallina dalle uova d’oro… Il ciclismo non fa sconti e l’ho capito sulla mia pelle sin da subito…

In che modo?

Un altro esempio: quando ero junior feci abbastanza punti per accedere alla compagnia Atleti dell’Esercito. Eravamo 100 in tutto, ma almeno 70 di essi avevano punteggi migliori dei miei, il che significa che erano andati meglio di me. Di quelli passarono pro’ in 15 e solo 5 ebbero una carriera durata almeno 6 anni…

Evenepoel San Sebastian 2019
Evenepoel in fuga alla Clasica di San Sebastian 2019. Un fenomeno che ha fuorviato il movimento
Evenepoel San Sebastian 2019
Evenepoel in fuga alla Clasica di San Sebastian 2019. Un fenomeno che ha fuorviato il movimento
Era un altro ciclismo?

Probabilmente sì, ma parliamo di meno di vent’anni fa. Io da junior mi divertivo, pensavo a correre, ma con la testa di un giovane di quell’età, la mentalità professionistica venne dopo, in maniera seria. Oggi invece vedi tutti con cardiofrequenzimetro, Srm, tabelle, nutrizionista, a quell’età è sbagliato.

E’ un problema generale o italiano?

Abbiamo visto che un po’ in tutte le Nazioni c’è la ricerca del campione precoce, ma credo che in Italia sia troppo esasperata. Oggi un caso come il mio è praticamente impossibile, puoi forse accedere a una continental, ma poi è difficile progredire. Gli osservatori dei team WorldTour d’altronde non guardano neanche le gare dei team continental, vanno direttamente sugli under 23 se non addirittura gli juniores. Gli stessi under 23, dopo un paio d’anni nella categoria sono già considerati vecchi. Non c’è più la buona abitudine di aspettare la maturazione di un atleta.

Secondo te la Federazione può fare qualcosa?

La Fci può fare molto, ma molto possono fare anche le stesse società giovanili, pensando a tutelare gli atleti e a insegnargli il mestiere, non solo a cercare i campioni da far passare per avere poi immagine, sponsor, soldi. E’ un sistema che va rivisto dalle fondamenta e tutti devono metterci del loro.

Parigi-Roubaix: spiamo tra i ricordi e la startlist con Ballan

02.10.2021
5 min
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Domenica si ritorna a correre la Parigi-Roubaix, due anni e mezzo dopo l’ultima edizione, vinta dal principe Philippe Gilbert (foto di apertura). Sono cambiate tante cose in questo periodo di assenza dall’inferno del Nord, l’unica cosa che non è cambiata è la magia della corsa più particolare del calendario ciclistico. Si corre in un periodo diverso e questo ve lo abbiamo già anticipato.

Ora analizziamo le possibili situazioni che vedremo domenica in gara, con l’aiuto di uno che, nel fango del Nord, ha sempre lasciato l’impronta. Abbiamo chiesto ad Alessandro Ballan chi saranno i favoriti di questa Parigi-Roubaix, ci sono tanti corridori che si vorranno mettere in mostra: passando dal duo del ciclocross, Van Aert e Van Der Poel fino ai nostri azzurri.

Alessandro Ballan è un vero esperto di pavé, con una vittoria al Fiandre (2007) e tre terzi posti alla Roubaix (2006, 2008, 2012)
Ballan è un vero esperto di pavé, con una vittoria al Fiandre (2007) e tre terzi posti alla Roubaix (2006, 2008, 2012)

Il veneto è già al velodromo di Roubaix, oggi hanno corso le donne con la vittoria di Lizzie Deignan davanti a Marianne Vos ed Elisa Longo Borghini. Domani sarà la volta dei loro colleghi uomini a darsi battaglia sulle pietre della Roubaix. «Fa davvero freddo – incalza Alessandro – domani è prevista pioggia che continuerà tra la notte di sabato e domenica. Correre in queste condizioni diventa proibitivo, il pavé bagnato è peggio del ghiaccio. Ricordo una delle mie prime Parigi-Roubaix, pioveva molto e al primo tratto in pavé metà gruppo era già a terra.

«E’ una gara particolare – rincomincia Alessandro ripescando dai ricordi – ci vogliono gambe e tecnica ma anche tanta fortuna, io la prima volta sono caduto 6 volte. Devi sempre correre nelle prime posizioni del gruppo, se finisci dietro è difficile recuperare e tornare in gara. Se piove diventa ancora più infernale, il nervosismo cresce e gli errori sono dietro l’angolo».

Quanto conta non aver corso qui per più di due anni?

Moltissimo, c’è il rischio di disabituarsi alla corsa e di “dimenticarsi” cosa vuol dire gareggiare da queste parti. Personalmente quando sono mancato un paio di anni ho sofferto molto il rientro, però qui il discorso vale per tutti. Diciamo che chi ha già una lunga esperienza su queste strade è leggermente avvantaggiato.

Van Der Poel non l’ha mai corsa, neanche da dilettante

Lui appartiene alla categoria dei fenomeni e questo gli dà un vantaggio, poi come Van Aert viene dal ciclocross, sanno guidare la bici in situazioni complicate. L’unica pecca, che alla Roubaix lo condizionerà molto, è il suo correre in coda al gruppo, prendere i tratti di pavé nelle ultime posizioni ti lascia in balia degli eventi e non va bene.

Alla Parigi-Roubaix Van Aert e Van Der Poel potranno sfruttare la loro abilità nella guida della bici.
Alla Parigi-Roubaix Van Aert e Van Der Poel potranno sfruttare la loro abilità nella guida della bici.
Visto che lo hai nominato, Van Aert come lo vedi?

Al mondiale ha sofferto molto la pressione. La condizione ed il colpo di pedale a mio avviso ci sono, potrà fare bene. Direi che chi ha fatto il mondiale domenica ha una marcia in più, che puoi raggiungere solamente se corri queste gare, in allenamento non l’avrai mai. Per farvi capire quanto è importante correre avanti vi faccio un esempio. Nel 2019 Van Aert forò nella Foresta di Arenberg, ci mise 15 chilometri a rientrare in gruppo. Per questo dico che serve fortuna, un episodio del genere rischia di farti uscire subito di gara.

Come Hincapie nel 2012 quando arrivasti terzo dietro Boonen e Tourgot.

Esattamente, la Foresta ti inghiotte e rischi che non ti risputi più. Alla mia prima Roubaix la approcciamo a 65 all’ora davanti a me caddero 20 atleti ed anche una moto ripresa.

I nostri azzurri come li vedi?

Trentin ci sguazza in queste situazioni, quando piove e fa freddo lui va veramente forte. Non bisogna trascurare Colbrelli e Nizzolo che sono usciti bene dal mondiale. Una menzione speciale per Moscon e Ballerini: loro possono essere dei buonissimi outsider con azioni da lontano.

Trentin e Colbrelli saranno due possibili outsider, il corridore della UAE caduto al mondiale vorrà riscattarsi
Trentin e Colbrelli saranno due possibili outsider, il corridore della UAE caduto al mondiale vorrà riscattarsi
Anche se la Quick Step ha una corrazzata…

A maggior ragione Ballerini potrebbe dire la sua, magari con azioni da lontano, Stybar, Lampaert e Asgreen rischiano di rimanere intrappolati in troppi tatticismi. Lefevere avrà il suo bel da fare per decidere la tattica di gara anche se tutte le squadre portano almeno due “punte”.

Per via delle numerose incognite?

Se una squadra vuole vincere deve avere un “piano b”, non ti puoi affidare ad un solo corridore.

Esempio la Bora: Politt e Sagan, il tedesco nel 2019 ha fatto secondo.

Politt è il corridore con il fisico più adatto a questa corsa, ha sempre fatto bene sulle pietre della Parigi-Roubaix. Probabilmente lui lo useranno per provare a smuovere la situazione già da lontano, mentre Peter Sagan, che non va mai sottovalutato, cercherà di arrivare nel gruppetto finale.

Invece l’ultimo vincitore, Gilbert, ha delle possibilità?

La sua presenza la vedo più come il canto del cigno, non ha corso il mondiale e questo influisce sulla condizione. E’ venuto per indossare il numero uno e perché la sua presenza sarà utile alla squadra.

Jonathan Milan, prima apparizione alla Parigi-Roubaix per il ventunenne della Bahrain-Victorious
Jonathan Milan, prima apparizione alla Parigi-Roubaix per il ventunenne della Bahrain-Victorious
L’Italia conta anche su Jonathan Milan, anche lui ha il fisico da Roubaix.

Jonathan fisicamente mi ricorda Boonen, sono molto simili sia in altezza che peso (Milan è più alto di 2 centimetri rispetto a Boonen, il peso differisce di un chilo a favore del friulano, ndr). Un consiglio che gli darei, ripensando alle mie prime Parigi-Roubaix, è quello di provare a centrare una fuga. Magari di una decina di atleti, potrebbe arrivare alla fine.

Come Dillier nel 2018 che fu ripreso a pochi chilometri dal velodromo ed arrivò secondo dietro Sagan.

Questa situazione è successa numerose volte, in fuga si va regolari e si corrono meno rischi, poi il gruppo pian piano si assottiglia ed aumentano le possibilità di arrivare in fondo.

Bettiol Tokyo 2021

Scusa, Ballan, esistono ancora gli accordi in corsa?

31.07.2021
4 min
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I giorni passano, ma alcuni temi scaturiti dalle prove olimpiche su strada continuano a rimanere lì nella testa. Riguardando la gara maschile, ad esempio, è rimasta la sensazione che le cose potevano andare diversamente con un diverso approccio psicologico da parte di alcuni big, quando davanti è rimasta la “sporca dozzina” a giocarsi le medaglie. Abbiamo allora convocato Alessandro Ballan, che oltre ad essere l’ultimo campione del mondo in maglia azzurra è uno che le classiche le ha vissute con il cuore, vincendo e/o lottando, identificando due momenti cardine. Il primo è quando Tadej Pogacar ha lanciato la sua offensiva, trovandosi alla ruota McNulty (USA) e Woods (CAN). Lo statunitense è suo compagno all’Uae Team Emirates, eppure non si sono dati un cambio. Collaborare non sarebbe servito a entrambi?

La stessa situazione si è ripresentata poco più avanti, questa volta con protagonisti Alberto Bettiol (nella foto di apertura all’arrivo) e Rigoberto Uran, in gara per nazionali diverse, ma uniti dalla militanza per l’EF Education First. Anche qui la comunione d’intenti poteva aiutare a gestire la situazione? Parola a Ballan: «E’ un discorso interessante, ma non semplice da fare: quando indossi la maglia della nazionale, dimentichi tutto il resto della stagione e corri per essa».

Pogacar Tokyo 2021
Pogacar a sinistra, McNulty a destra, in mezzo Van Aert: lo sloveno e l’americano avrebbero potuto aiutarsi?
Pogacar Tokyo 2021
Pogacar a sinistra con van Aert all’arrivo: sul Mikuni Pass con McNulty poteva fare il vuoto?
In passato però ci sono stati esempi eclatanti in tal senso: a Sydney 2000 il podio fu tutto Telekom con due tedeschi e un kazako, quindi questi discorsi si facevano…

Il principio di per sé è giusto, tanto più in una gara come l’Olimpiade dove a vincere sono in tre. Dovrebbe venire naturale collaborare con chi è del tuo club perché salire sul podio serve a tutti. Non ci sarebbe neanche bisogno di parlare, però…

Però?

Giudicare da fuori è sempre troppo semplice. Se hai collaborato con colui che è un avversario, puoi avere problemi – sottolinea Ballan – magari non sei più convocato e alla maglia della nazionale tengono tutti tantissimo. Vanno sempre valutate quali erano le strategie singole, certamente però la corsa spesso porta a unire gli sforzi per un intento comune.

Ballan Varese 2008
Alessandro Ballan e la sua vittoria mondiale a Varese, scaturita all’ultimo giro grazie a un accordo fra azzurri
Ballan Varese 2008
Alessandro Ballan e la sua vittoria mondiale a Varese, scaturita all’ultimo giro grazie a un accordo fra azzurri
Non è però che a volte i corridori faticano a prendere l’iniziativa, quando c’è da improvvisare?

E’ parzialmente vero, si va talmente forte che si fa fatica a ragionare. Quando passai io professionista, non avevo né procuratore né preparatore atletico, oggi i ragazzi che accedono al mondo dorato dei professionisti hanno chi pensa a qualsiasi cosa per loro, quindi questa desuetudine a ragionare per proprio conto c’è ed emerge soprattutto in gare come l’Olimpiade dove le radioline erano vietate. In certe gare però prendere l’iniziativa può essere la scelta decisiva, a me accadde…

Quando?

Proprio al mondiale di Varese: tutta la squadra era votata alla causa di Paolo Bettini, quando ci disse che non aveva la gamba per vincere ci mettemmo d’accordo noi a provare qualcosa a turno nell’ultimo giro, così nacque il mio attacco vittorioso.

Van Vleuten e Van der Breggen (a destra) sul podio della crono olimpica. Il loro strapotere gli si è ritorto contro su strada
Van Vleuten e Van der Breggen (a destra) sul podio della crono. Il loro strapotere gli si è ritorto contro su strada
Un altro tema è scaturito dalla gara femminile, con le olandesi sconfitte. La cittì aveva detto alla vigilia di aver costruito un Dream Team, ma la gara ha dimostrato che non basta mettere insieme i corridori, soprattutto se hanno tutte le stesse caratteristiche e nessuna si vuole sacrificare per le altre…

La gara femminile ha dimostrato innanzitutto che il bello del ciclismo resta il fatto che non è mai scontato e che può vincere anche una che nessuno aveva considerato. Io mi sono trovato a commentare gli europei dello scorso anno e mi accorsi della tattica sconsiderata della nazionale olandese. Vinsero l’oro con la Van Vleuten, ma corsero malissimo, ognuna per sé, con attacchi sconsiderati che mandavano in crisi le proprie compagne di squadra. Quando hai molti galli nel pollaio, non sai mai chi prima scatta, ognuna cerca la vittoria. Se scegli di avere più leader è difficile creare un gioco di squadra.

D’accordo, ma allora non sarebbe stato meglio puntare su due leader, mettendo però a loro disposizione altre due atlete pronte a sostenerle mettendo da parte le proprie ambizioni?

Sicuramente, ma sarebbe stata una scelta coraggiosa e molto difficile da fare. In questo caso la mancanza di un rapporto diretto tramite la radiolina ha penalizzato non poco le olandesi. Ognuna faceva quel che voleva, sarebbe servita una voce autorevole che richiamava la squadra all’ordine quando si è capito che la fuga non si riprendeva senza un vero impegno. Certe volte le direttive esterne servono…

Giorno di Pasqua, quando Ballan si prese il Fiandre

03.04.2021
7 min
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Era Pasqua anche quel giorno, l’8 aprile del 2007. Ballan aveva vinto la Tre Giorni di La Panne ed era tra i favoriti per il Giro delle Fiandre, ma svegliandosi quel mattino non aveva le sensazioni migliori. La stagione non era cominciata bene. Nel Gp Chiasso era caduto, battendo la schiena e per qualche ora non aveva più sentito le gambe. Per fortuna era uscito dall’ospedale con la certezza che non ci fosse nulla di rotto, ma ugualmente per una settimana era stato costretto a usare le stampelle. Una maledizione per un corridore che aveva nella testa il Giro delle Fiandre sin dalla prima volta che l’aveva disputato e che alla corsa dei muri dedicava ogni pensiero sin dall’inverno. Il primo anno era arrivato 83°, ma nel 2005 e nel 2006 erano venuti un sesto e un quinto posto che avevano dato l’ispirazione. In quel giorno di Pasqua, i suoi familiari si erano dati appuntamento in venti in un ristorante vicino casa e avevano chiesto di avere accanto la televisione, per seguire la corsa.

Verso l’arrivo con Hoste sempre a ruota, spendendo forse troppo
Verso l’arrivo con Hoste sempre a ruota
Per fortuna i postumi della caduta svanirono…

Feci una gran fatica nelle corse successive, ma quando mi presentati a La Panne, stavo bene. A quel tempo era una corsa a tappe di tre giorni e la prima era quella che faceva la classifica, perché si correva sui muri. Mi trovai in fuga con Paolini, che vinse la tappa. Io poi feci meglio nella crono del terzo giorno e vinsi la classifica. A quel punto ero uno di quelli da guardare e mi venne addosso parecchia tensione.

Come si manifestava la tensione?

La notte prima non mi riuscì di prendere sonno. Ero in camera con Baldato e solo alle 4 del mattino chiamai il dottore perché mi desse qualcosa. Non volevo svegliare Fabio e così dormii solo un paio d’ore, arrivando alla partenza con brutte sensazioni. La gamba non girava, facevo fatica, tanto che ogni 20 chilometri Baldato mi veniva accanto e chiedeva come andasse. E io, sempre negativo, gli dicevo che andava male.

La volata a due con Hoste è da brivido, ma arriva la vittoria
La volata a due con Hoste è da brivido, ma arriva la vittoria

Fiandre classico

Era il Fiandre della tradizione. Si partiva dalla Markt Place di Bruges e si arrivava a Meerbeke, su quel rettilineo in leggera salita che veniva dopo il Muur e il Bosberg. Il Muur, che tutti in Italia chiamavamo Muro di Grammont, era il giudice supremo della corsa.

Quando si sbloccarono le gambe?

Nella mia testa la corsa era andata. Prima del Muur si era formata una fuga con dentro Cancellara, che non era ancora Spartacus, ma l’anno prima era arrivato sesto. Dissi a Baldato di lasciarli andare, che io non stavo bene. Invece lui prese l’iniziativa di testa sua.

Cosa fece?

Mise la squadra davanti a tirare assieme alla Lotto. In ammiraglia c’era Guidone Bontempi che alla radio sbottò, si arrabbiò parecchio. Era convinto che avessi preso io l’iniziativa e mi attaccò. «Adesso Ballan – disse – sono fatti tuoi!». La reazione fu che mi innervosii. Riprendemmo la fuga prima del Muur, affiancai Boonen che aveva vinto le due edizioni precedenti e partii.

Pasqua 2007: «Dopo l’arrivo – racconta – capii subito che la vita stava cambiando»
«Capii subito che la vita stava cambiando». Che Pasqua…
Devi dire grazie a Baldato?

Fabio mi aveva capito e me ne accorsi quando me lo trovai come direttore alla Bmc. Se voleva tirare fuori qualcosa da me, trovava sempre il modo per farmi innervosire.

Dal Grammont a Meerbeke proprio breve non era…

Infatti sul momento presi paura, anche perché dietro la Quick Step di Boonen avrebbe potuto organizzarsi per venirmi a prendere. Per fortuna mi ritrovai con Leif Hoste, che pedalava bene. Da parte mia, sapevo che in volata potevo batterlo e per questo nelle foto sono sempre davanti, mentre lui un po’ si risparmiava. E alla fine batterlo non è stato facile come pensavo, perché dopo 259 chilometri le forze si livellano. Quando lui è partito sono stato bravo a non demoralizzarmi. E così il giorno di Pasqua del 2007 ho vinto il Giro delle Fiandre. Non fu come al mondiale, in cui impiegai un po’ per capire. Quando passai per primo la riga, mi resi conto che dal quel giorno la mia vita sarebbe cambiata.

Vincesti il Fiandre stando male o alla fine le sensazioni tornarono giuste?

Una spiegazione me la sono data. A me piaceva mangiare tanto prima delle grandi corse. Ho sempre avuto paura della crisi di fame, così mi riempivo lo stomaco e nei primi chilometri ero sempre ingolfato. La situazione di solito si sbloccava nei finali di corsa. La sera prima mangiavo anche tre piatti di pasta e poi la pasta tornava anche la mattina della corsa. Ricordo una Sanremo in cui la sera prima mangiai tre piatti di pasta, un piatto di riso, una bistecca e una fetta di crostata. A colazione di solito prendevo prima latte e cereali. Poi la pasta, un panino con la Nutella e alla fine mi preparavo una baguette con Philadelphia e prosciutto che di solito mangiavo sul pullman.

Nel 2011 arriva 12° nell’ultimo Fiandre sul vecchio percorso
Nel 2011 arriva 12° nell’ultimo Fiandre sul vecchio percorso
Meglio il percorso di allora o quello di adesso?

Il percorso attuale è stato disegnato per il pubblico, per permettergli di vedere tre volte i corridori senza spostarsi. Piano piano sta entrando nel gusto e nei discorsi, però l’altro secondo me era meglio. Il passaggio sul Muur con le ali di folla e la cappella sulla cima erano un momento troppo bello. Del percorso di adesso non mi piacciono quegli ultimi 8 chilometri di pianura con il vento contrario. Qualcuno come Sagan e Bettiol è riuscito ad arrivare da solo, ma quel tratto favorisce gli inseguitori.

Quando nel 2012 arrivasti terzo dietro Boonen e Pozzato, il percorso era già quello nuovo, giusto?

Era il primo anno, ma siccome era morto mio suocero non ero riuscito ad andare su per la ricognizione. Ignoravo come fosse fatto il finale. Di quel giorno mi resta ancora il dubbio della tattica di Pippo. Rinunciò a provare e dice ancora oggi di essere stato convinto di poter battere Boonen in volata. Boonen che la settimana prima aveva vinto in volata la Gand-Wevelgem, mentre lui era finito nono.

Che cosa significa per la gente di lassù incontrare Ballan?

Si entra in una dimensione superiore. Mi riconoscono anche quando sono in giro vestito con abiti civili. Ancora oggi mi arrivano a casa cartoline da firmare. In Belgio per una vittoria come quella ti fanno sentire importante.

Nel 2012, 3° dietro Boonen e Pozzato: «Non capii la tattica di PIppo»
Nel 2012, 3° dietro Boonen e Pozzato: «Non capii la tattica di PIppo»
Ti ricordi con quale rapporto scattasti sul Muur?

Di sicuro non c’erano quelli di oggi, al massimo avevo il 25, per cui andai via quasi sicuramente con il 36×25. Rispetto a oggi erano diverse anche le ruote. Ricordo che corsi con cerchi bassi in alluminio e tubolari Vittoria da 25, quelli con la spalla verde e al centro la riga nera. Oggi usano i cerchi ad alto profilo in carbonio, da 40 o da 50.

Altre bici…

I telai erano in carbonio, non troppo diversi da quelli di adesso. E cambiata però l’aerodinamica, per il disegno dei tubi e il fatto che non ci siano più i cavi fuori. Ho ancora a casa quella bici e negli ultimi anni non c’è stato il cambiamento radicale che invece si ebbe negli anni del passaggio dai telai in metallo a quelli in fibra.

Oggi ci sono anche i freni a disco.

E io ero uno di quelli sfavorevoli, anche le vecchie bici frenavano bene. Ho sempre pensato che non ci fosse bisogno di introdurli. Poi li ho usati e ho capito la differenza tornando a quelli tradizionali. Andai a fare un sopralluogo sul Mortirolo e arrivato in cima, mi buttai giù in discesa. Mi accorsi della differenza di frenata alla prima curva. Andai per staccare e finii di sotto, perché usando i freni a disco, avevo preso l’abitudine di staccare all’ultimo…

La sera del Fiandre dormisti in Belgio oppure rientrasti a casa?

Dormimmo su e facemmo festa con la squadra. Eravamo in hotel da Luc, al Park Hotel di Courtrai. E il giorno dopo presi l’aereo per tornare a casa. Ad aspettarmi non c’era nessuno, era mattina presto di Pasquetta, immagino che avessero altro da fare.

Ci vediamo domani alla partenza?

La Rai ha preferito non mandare nessuno per evitare il rischio di quarantene al rientro. Faremo il commento da Milano. Lavorerò il giorno di Pasqua e anche stavolta sarò a casa per Pasquetta. Se volete un consiglio da vecchio vincitore del Fiandre, copritevi bene. Mi hanno mandato le previsioni per domani. Sei gradi e vento teso. Sarà un Fiandre d’autore…

I due pesi massimi e lo scugnizzo: parla Ballan

13.03.2021
3 min
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Senti Ballan, due come Van Aert e Van der Poel li abbiamo mai visti? Possiamo rivedere in loro la rivalità che ci fu di recente fra Boonen e Cancellara? Oppure fra Cancellara e Sagan, se mettiamo sul piatto anche la diversità di carattere? E Alaphilippe che ruolo può svolgere?

Sono i pensieri che ti vengono guidando dopo le tappe della Tirreno-Adriatico, avendo assistito anche ieri a un altro show del belga e dell’olandese. E così l’idea è stata di condividere tutte queste domande con uno che si è trovato a correre in mezzo a Cancellara e Boonen e che magari, vivendola da dentro da corridore e ora con la Rai, può essersi fatto un’idea.

Per Ballan, le sfide fra Boonen e Cancellara ricordano quelle fra Van Aert e VdP
Le sfide fra Boonen e Cancellara ricordano quelle fra Van Aert e VdP
Boonen e Cancellara?

Come rivalità somiglia, ma qui c’è più qualità. Boonen era nettamente più veloce, ma “Cance” era ovviamente superiore a crono. Qui la sensazione è che vadano forte allo stesso modo da tutte le parti. Anche la volata di ieri a Gualdo Tadino (foto di paertura). Ha vinto Van der Poel e Van Aert è arrivato “solo” quinto, ma prima ha dovuto chiudere il buco su Stybar. Se fossero partiti insieme, sarebbero arrivati al fotofinish.

Ti viene in mente un’altra rivalità del genere?

Non ho tutta questa storia sulle spalle. Ci sono stati fenomeni come Merckx o come Saronni, ma c’è sempre stata una differenza fra loro. Anche fra Moser e De Vlaemick.

Sono proprio uguali secondo te?

Non sovrapponibili. Van der Poel forse è più esplosivo e su un arrivo come quello di Siena ha un cambio di ritmo che l’altro non ha. Anche nel ciclocross, se ci fate caso. Van Aert prendeva la corsa in testa e magari la finiva vincendo. Ma al mondiale, mentre faceva così, l’altro da dietro gli ha mangiato terreno giro dopo giro, scattando sul ponte o in punti precisi.

Forse Van Aert va meglio in salita?

Su quelle lunghe, sì, almeno lo ha fatto vedere. Penso a quelle del Tour l’anno scorso, ma è anche vero che finora Van der Poel non lo abbiamo visto farle.

Secondo Ballan, Alaphilippe può infilarsi nel mezzo con le sue invenzioni
Alaphilippe può infilarsi nel mezzo con le sue invenzioni
Come carattere?

Qui la differenza si vede. Van Aert è molto più impulsivo, forse è quello che teme di più l’altro. Magari perché ha perso tante sfide dirette. Penso all’occhiataccia che ha dato a Pidcock quando lo ha passato alla Strade Bianche durante l’inseguimento. Era nervosissimo, non so nemmeno se gli abbia detto qualcosa. Non ho capito come abbia corso a Siena…

Cioè?

Si è staccato in un momento di non particolare selezione. Se avesse pagato il ritmo perché era alla prima corsa, avrebbe sofferto tutto il giorno. Invece ha perso 200 metri e poi è andato forte come quelli davanti. Quasi da pensare a una crisi di fame, qualcosa di passeggero. Quasi abbia voluto farli andare per dare una dimostrazione e poi non sia più riuscito a riprenderli. Forse per questo era così nervoso.

Addirittura?

Anche sullo strappo finale, se li è tolti tutti di ruota. Non lo so, un giorno sicuramente strano. Comunque a occhio, si potrebbe pensare che Van der Poel abbia più classe.

E Alaphilippe che cosa può fare lì in mezzo?

Inventarsi l’attacco a sorpresa che li possa sorprendere, come la volata di Chiusdino. Anche lui è uno che sbaglia parecchio, però è forte e riuscirà a dargli filo da torcere. Ma non nel corpo a corpo, quello con due come loro è vietato.