Serge Parsani di Belgio e di corse se ne intende. Per tanti anni è stato il diesse di grandi squadre, tra cui la mitica Mapei, fino alla Wilier Triestina di Citracca. Con lui analizziamo alcuni aspetti tattici di questo mondiale ancora effervescente.
In particolare lo chiamiamo a rispondere a Philippe Gilbert il quale ha criticato con la stampa Belga la gestione tattica dei suoi connazionali e l’utilizzo di Remco Evenepoel, che in pratica secondo lui, è stato il gregario di tutti. E a rincarare la dose ci ha pensato il giorno dopo anche Patrick Lefevere. Il team manager della Deceuninck-Quick Step ha detto: «Remco ha lavorato bene… per Alaphilippe».
Serge, come giudichi la tattica belga?
Io non so cosa avessero preventivato. Ma far muovere a 180 chilometri dall’arrivo uno come Remco è un suicidio. In un finale del genere che non è durissimo più compagni hai e meglio è. Specie un corridore come lui. E’ proprio quello che è mancato al Belgio.
Però il suo attacco ha fiaccato molte squadre…
Ha lavorato da lontano okay, ma per cosa? Sì, ha eliminato Sagan e altri corridori simili… Sarebbe stato molto più utile che quell’azione l’avesse promossa negli ultimi 50-60 chilometri. La sua azione è stata più di disturbo che altro. E non ha creato un reale aiuto alla squadra.
Però non era uno dei leader designati…
Evenepoel non è un corridore qualsiasi. E’ comunque un leader e cosa ti muovi a fare? Doveva scattare più tardi e giocarsi il mondiale. Anche perché quando è andato via non è scappato con i più forti e poi tirava sempre lui. Insomma, io non mi sarei mosso così. Dici le radioline non servono? Servono eccome. Se fossi stato il cittì del Belgio lo avrei fermato subito. Anche perché cosa sarebbe successo? Al massimo avrebbero tirato altre nazionali per rincorrere i francesi e uno come lui poteva aspettare. Poi è anche vero che è facile parlare a posteriori però… resta il però.
Quindi tu lo vedevi leader?
E’ un giovane forte e il finale era adatto alle sue caratteristiche. Correva a casa sua. E’ stato osannato e criticato. E’ stato gestito male in ogni senso, dovevano farlo stare più tranquillo. Bisognava parlarci e fargli fare un’azione che non penalizzasse Van Aert ma con la quale potesse cercare il risultato per sé stesso. E magari avrebbe davvero lavorato per il team così facendo.
Magari proprio perché è stato al centro di tante polemiche sul fatto che avrebbe corso per sé stesso, Remco ha voluto mostrare che poteva essere un uomo squadra ed è sconfinato in un eccesso di zelo…
La Deceuninck aveva non so quanti corridori in gara (17, era il team più rappresentato, ndr) e a quel punto doveva cercare alleanze con un Honorè, uno Stybar, un Senechal…
Ma Senechal era uomo di Alaphilippe…
Okay, certo lui no, ma nel finale un corridore in più, al Belgio faceva comodo. Si sa come vanno certe cose. Ragazzi, un uomo che scatta da solo a 17 chilometri dall’arrivo non si lascia andare via. C’erano quei quattro a bagnomaria e dietro giravano senza convinzione. Gli unici che potevano stare a ruota erano i francesi.
Van Aert e gli altri hanno detto che non avevano abbastanza gambe per chiudere su Alaphilippe…
Non sono del tutto d’accordo. Colbrelli quando ha forzato gli ha mangiato 15” e se quello sforzo lo avessero fatto altri due o tre corridori sarebbero andati a chiudere. Okay, Julian ha fatto uno scatto che mi ha ricordato Saronni a Goodwood, però si poteva rientrare collaborando.
Gilbert ha ragione, insomma?
Sì! Io non capisco perché un ragazzino come Remco sia stato caricato di così troppe responsabilità. Solo perché sembrava che Van Aert avesse una marcia in più.
Eppure i belgi erano “soddisfatti” della loro tattica: erano arrivati nel finale con chi volevano loro davanti: Stuyven e Van Aert…
Io il ragazzino, ripeto, lo avrei lasciato libero. Magari non gli avrei dato il completo appoggio della squadra nelle prime fasi della corsa, ma lo avrei tenuto più tranquillo.
Carta bianca a Remco: non ti sembra “pericoloso” pensando ai piani prestabiliti dalla squadra?
Ma se fa la sua corsa non disturba nessuno. Purtroppo la verità è che per me Remco ha paura di stare in gruppo. E in qualche modo cerca di “scappare”. E dovrà aspettare ancora un po’ prima di diventare un grandissimo. Deve imparare a stare davanti e a lottare nelle prime posizioni. Questo è il suo tallone d’Achille. Se guardate sta sempre all’esterno del gruppo o ha qualcuno che lo porta avanti. Non ha ancora una super dimestichezza con la bici. E in una gara importate come quella iridata stare davanti può fare la differenza. Ci sono state tante cadute e il top era stare nelle prime trenta posizioni… ma coperti.