Alaphilippe si accinge a vivere il secondo anno da campione del mondo con una flemma mai vista. Il corridore spiritato che in certi giorni era difficile da seguire anche nelle dichiarazioni ha ceduto il posto a un uomo calmo e riflessivo. Sarà la paternità oppure la serenità di non dover dimostrare altro, pensiamo che se il francese riuscirà a portare questa flemma in corsa, diventerà il cecchino che tanti aspettano. Si è visto a Leuven, in fondo, quando ha messo il naso fuori una sola volta e ha vinto. Oppure forse si tratta di semplice necessità, dovendo fronteggiare avversari più forti di lui fisicamente.
«Il risultato più bello del 2021 – dice – è stato essere diventato padre, il più grande cambiamento nella mia vita. Non si può comparare con i risultati del ciclismo, ma in qualche modo sento che vi è connesso. Sono contento dell’ultima stagione, perché ho raggiunto i miei obiettivi. Ho vinto nuovamente la Freccia Vallone. Ho provato l’emozione di vincere al Tour e prendere la maglia gialla dieci giorni dopo la nascita di mio figlio. E poi è arrivata la maglia iridata per il secondo anno consecutivo, che è stata più di un sogno. Quest’anno voglio godermela (dice toccandola con il palmo della mano, ndr) senza rincorrere traguardi troppo lontani».
Tutto sulla Liegi
Per certi versi è come se non avesse ancora metabolizzato la seconda vittoria iridata e in qualche momento di questa conversazione sarà lui per primo ad ammetterlo.
Fiandre 2020, è con Van der Poel e Van Aert, ma cade e si infortuna La beffa clamorosa alla Liegi 2020, infilzato da Roglic Al Fiandre del 2021 ha lavorato per Asgreen e poi si è spento Terza Freccia: l’abbraccio di Valverde che ne ha vinte 5 Suo figlio Nino è nato il 14 giugno (foto Instagram) Al Tour 2021 ha vinto la prima tappa e preso la maglia gialla A Leuven, un solo attacco al momento giusto e arriva il secondo mondiale
«Credo che questa mentalità – dice – possa essere la chiave della mia carriera. Vuoi vincere, ma è difficile essere sempre a livelli altissimi e questo può diventare un pensiero che ti schiaccia. Io invece voglio stare bene. Mi spiego. Ho rincorso le classiche fiamminghe, il Fiandre soprattutto. Potrebbe essere alla mia portata, ma la prima volta mi è costato una frattura e un lungo stop, mentre l’anno scorso sul Kruisberg mi si è spenta la luce. Ma soprattutto mi ha portato lontano da quelli che sono i miei obiettivi principali. Sono molto motivato per la Liegi, la corsa che più mi si addice e che finora mi è sfuggita per i miei errori e per l’arrivo di avversari nuovi».
La lezione di Valverde
I suoi errori. Impossibile dimenticare il 2020, quando proprio nel finale della Doyenne (che si corse d’ottobre) buttò via forze a profusione, poi chiuse Hirschi in volata e alla fine alzò le braccia troppo presto permettendo a Roglic di passarlo, con la squalifica come mazzata finale. Oppure il 2021, quando è arrivato a ridosso dello sprint ancora in testa al gruppetto, ha dovuto inventarsi una manovra da pistard per tornare in coda e poi ha lanciato la volata con troppo anticipo, permettendo a Pogacar di rimontarlo.
«E’ naturale a volte fare degli errori – sorride amaro – ma mi sono reso conto che alcuni di questi sono stati frutto della pressione. Il mio primo anno in maglia iridata in certi momenti è stato così e non voglio che si ripeta. Devo accettare che non posso vincere ogni corsa e devo smetterla di fare come qualche stagione fa, quando vincevo e subito guardavo alla corsa successiva. Sono sicuro che questo mi porterà a divertirmi di più. Devo imparare da Valverde. Sono certo che a 40 anni non sarò più in gruppo come lui, ma so anche che Alejandro è un esempio per il livello che riesce ad avere e la capacità di sorridere dopo ogni corsa. Che abbia vinto o che abbia perso».
Al Tour da cacciatore
Gestire la pressione e farsela scivolare addosso: proprio lo spagnolo è maestro. E questo gli ha permesso negli anni di accettare sfide pazzesche senza farsene schiacciare, vincendo classiche e conquistando podi nei tre grandi Giri.
«La sola pressione che accetto – dice Alaphilippe – è quella che metto a me stesso, nel non voler deludere la squadra e i tifosi. Una pressione da cui invece ho imparato a stare alla larga è quella del Tour. Per ora la mia presenza alla Grande Boucle sarà giorno per giorno, con l’impegno di andare a vedere le tappe in cui potrei vincere. Mi chiedono spesso se correndo in un’altra squadra, il mio atteggiamento sarebbe diverso. Forse sì, forse no. Tanti mi chiedono di fare classifica, ma io per primo so che i risultati del 2019 furono anche il frutto si situazioni e che ad oggi sarei il primo a sorprendermi se fossi capace di gestire tre settimane.
«Perciò, anche quest’anno sentite che cosa farò. Voglio il tempo per divertirmi sulla bici. Voglio portare in gruppo questa maglia, che è la più bella e tutti sognano e alla quale per certi versi devo ancora abituarmi. Ricordo quando nel 2019 mi passava accanto Valverde e io lo guardavo con ammirazione. Ecco cosa farò nel 2022. E non credo che cambierò idea».