Lo avevamo lasciato alla fine del 2020 quando, per motivi familiari, aveva salutato la carovana del ciclismo. Ma per Enrico Pengo, storico meccanico della Lampre e della nazionale, era solo un arrivederci. E’ tornato a casa sua, a Camisano Vicentino, per curare il negozio di famiglia, aperto dal padre tanti anni fa. La passione non l’ha persa Enrico, che è nato riparando bici e non vuole smettere di farlo. Tornare non lo preoccupa, come i veri campioni anche lui non perde lo smalto e le capacità tecniche (nella foto di apertura è con Damiano Cunego alla Tirreno-Adriatico del 2011).
Che anno è stato?
Lo definirei un anno di transizione, mi sono occupato della mia famiglia, in particolare di mio papà, che ha avuto un anno complicato ma ora sta meglio. Ho curato la sua attività, un’officina meccanica, nella quale ho imparato tanto all’inizio della mia attività.
Ti manca il professionismo?
Certo, sono stato in quel mondo 29 anni, è stata una fetta importante della mia vita, è logico che mi manchi. Mi sono fermato per una scelta non mia, ma assolutamente doverosa. La mia famiglia mi ha dato tanto ed è stato giusto restituire un po’ di quel tempo che ho sottratto loro negli anni.
Quindi vorresti tornare?
Sì, mi piacerebbe molto. Ho alcuni contatti, ma nulla di certo ancora. Non tornerei a pieno regime come prima, mi basterebbe fare un 40 giorni di corsa, così da non sottrarre troppo tempo agli impegni familiari. Prima ero sempre a blocco, essendo poi capomeccanico ero la figura di riferimento, sempre reperibile. Era giusto fosse così, ma ora non me la sento più di farlo.
Eri alla Bahrain quando hai lasciato, con loro sei rimasto in buoni rapporti?
Ho rescisso il mio contratto con la Bahrain-McLaren a metà 2020 dopo il ritiro sul Pordoi, prima dell’inizio del Tour. Il rapporto con il personale e i corridori è rimasto ottimo, quando Sonny ha vinto la Roubaix l’ho chiamato per complimentarmi…
Sonny ti ha chiesto di tornare?
Ride Enrico, ma non risponde. Glielo avrà chiesto sicuramente. «Tutti mi chiedono come mai io sia a casa – dice -non ho mai divulgato la notizia, sono uscito dalla porta sul retro».
Com’è passare dal WorldTour ad un’officina di paese?
Il mondo in cui ho lavorato e il modo con cui l’ho fatto mi ha dato la credibilità per lavorare serenamente. Non ho problemi, a livello regionale mi conoscono tutti. E’ strano perché anche se sono stato 16 anni in Lampre quando incontro qualcuno che segue il ciclismo mi dice: «Ecco il meccanico della nazionale».
Ti sei mai chiesto il perché?
Ho seguito i vari cittì per 15 mondiali, è la corsa più seguita del panorama ciclistico e quindi rimane nella mente dei meno appassionati.
Con i clienti che meccanico sei?
Mi piace fare questo lavoro in officina, perché entrano sempre persone nuove. Mi diverto a cercare di capire dagli occhi e da come mi presentano la bici che problema hanno e come posso aiutarli.
Aver “perso” un anno potrebbe averti creato dei problemi?
Non penso, dal punto di vista tecnico non ci sono stati molti aggiornamenti. Per esempio: il Dura Ace a 12 velocità è arrivato a fine stagione, quindi pochissimi miei colleghi ci hanno avuto a che fare. Se ci pensate nessun grande marchio (Campagnolo, Sram e Shimano, ndr) tra le stagioni 2020 e il 2021 ha lanciato novità.
Ci sarà qualche prodotto che ti ha “stupito”…
Sì, il tubeless. Sinceramente non mi aspettavo potesse raggiungere questi livelli di affidabilità, sarei curioso di usarlo in corsa.
Insomma, il lupo perde il pelo ma non il vizio.