Ci ha messo un po’ per rispondere. Perché, dice, era in giro per aziende in cerca di soldi. Filippo Pozzato in versione businessman è una macchina da guerra. E se glielo fai notare, giustamente se ne compiace. Dopo i campionati italiani del 2020, lo scorso anno ha dato vita a Ride the Dreamland: una interessantissima quattro giorni di ciclismo in Veneto. E la spinta non si è ancora esaurita.
«Negli ultimi giorni – sorride – sono stato a Monaco, poi ad Alassio per un progetto da fare forse nel 2023. Mi hanno cercato dalla Puglia. L’idea è di fare delle corse in più con la PP Sport Events, ma ai progetti bisogna stargli dietro. C’è in ballo un’altra gara gravel, però la fase delle parole a un certo punto deve cedere posto ai fatti. E per il resto, ci sono le nostre corse: Giro del Veneto, Serenissima Gravel, la gran fondo e la Veneto Classic».
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Non deve essere semplice andare in giro in cerca di risorse…
E’ complesso, infatti. Devi mettere giù un progetto credibile, con numeri dimostrabili. Io sono sempre stato onesto, non vado a vendere promesse. E anche se so che posso arrivare a 10, garantisco fino a 9 e intanto lavoro per arrivare a 11. Ma bisogna fare un passo per volta. Ho assunto due persone e vado avanti, mentre sull’altro fronte lavoro con Mazzanti e sono molto soddisfatto.
Parli del lavoro di procuratore?
Esatto, un ruolo per cui Luca ha il tempo che serve ed è molto bravo. Io sarei più aggressivo di lui, ma non ho tempo per stargli dietro. So tutto però, mi tengo aggiornato. Discutiamo sempre, peggio di moglie e marito. Mazzanti mi dice le cose in faccia e preferisco così, di uno che mi dice sempre di sì e poi semmai mi fa le cose alle spalle.
Hai il punto di vista dell’organizzatore e quello del procuratore: come sta il ciclismo?
Si trova a un livello altissimo e come organizzatore devo essere all’altezza delle grandi squadre. In Italia non ce ne sono ancora, ma ad esempio Ivan (Basso, ndr) sta facendo quello che vorrei fare io da sempre. Cioè una realtà strutturata, la filiera sin dalle giovanili, passione e buon gusto italiano. Stanno comunicando nel modo giusto, facendo passare come prima cosa l’immagine della squadra. Non lo stanno facendo con un grande budget e questo va ancora di più a loro merito.
Vedi all’orizzonte la nascita di una grande squadra?
Faccio il tifo per Cassani, che qualche giorno fa è stato qui e abbiamo parlato a lungo. Fra noi ci sono sempre stati un bel dialogo e una bella collaborazione. Se riesce a far partire il suo progetto e se riesce a costruire qualcosa di nuovo, sono convinto che si metterà in moto un movimento italiano capace di trascinare tutto il resto. Perché i corridori buoni li abbiamo, ma sono disseminati nelle squadre di tutto il mondo. Se l’Italia riparte, magari i prossimi che arrivano riusciranno a crescere in squadre italiane.
Tu hai abbandonato l’idea di fare la squadra?
Proprio no, nessuna pietra sopra. Quello resta il mio sogno. Organizzare le corse è anche il modo di coinvolgere qualche grande azienda, sperando di invogliarla a investire di più. Ma bisogna lavorarci. Ad aprile andrò al Fiandre con una decina di grandi imprenditori, con Enrico Pengo come meccanico e Michele Del Gallo come fisioterapista. Voglio che sia una cosa fatta bene. E per il resto mi divido fra Monaco, dove ha sede Montecarlo Royal Motors, e l’Italia. Ho tante cose da fare e fra queste c’è anche l’azienda di mio padre, che sta andando bene. Anche se pochi giorni fa ho dovuto litigare con una multinazionale. Io non ci sto a certi sistemi. Gli ho detto che sarò pure ignorante e vengo da Sandrigo, ma negli affari non mi faccio prendere per il collo…