L’ultimo anno da under 23, Giovanni Lonardi lo ha corso alla Zalf Fior. Per questo quando l’altro giorno fra i tanti messaggi ricevuti dopo la vittoria di Valencia ha visto atterrare quello… di “Ciano” Rui che bonariamente lo prendeva un po’ in giro, la sua risposta è stata piena di gratitudine per i bei tempi passati. Il veronese arrivava alla Zalf dopo tre stagioni alla General Store in cui aveva tirato insieme 8 vittorie. Nella squadra di Castelfranco in quel solo 2018 ne centrò 11, fra cui una tappa al Giro d’Italia.
«Ha vinto tante corse – ricorda Rui – fisicamente era pronto per passare. Forse non aveva fatto il salto mentale necessario, ma ci si aspetta che gli investimenti su un atleta vengano fatti a lungo termine e che gli si lasci il tempo per salire quel gradino. Cambiare squadra gli ha fatto bene, ha trovato nuovi stimoli. E quando parti con la vittoria, le cose vanno certamente meglio».
Bisogno di sinergie
Rui sa stare al mondo. Ricorda gli anni in cui andava a firmare i contratti con Reverberi direttamente a casa sua. E sa anche che puntare il dito non sarebbe una scelta lungimirante, ma non rinuncia a dire la sua.
«Non si tratta di dire di chi sia la colpa – sorride – semplicemente però si può far notare che negli anni precedenti la squadra e l’atleta non hanno lavorato nella stessa direzione. Con noi Giovanni stava bene, ci siamo lasciato in ottimi rapporti. Pensavo che avrebbe vinto subito perché aveva un bel potenziale, ma la considerazione è sempre la stessa. Per fare l’Università bisogna essere passati per il liceo. E questa fase di formazione ha bisogno dei suoi tempi. Per questo credo che servirebbero sinergie fra atleti, procuratori e squadre. Prima i ragazzi si affidavano al tecnico, adesso le valutazioni sono diverse. Non so se fosse meglio prima».
Al Giro U23 del 2018 vince la prima tappa beffando Huijssen (foto Extra Giro) A Marcaria nel 2018 centra l’11ª vittoria stagionale (foto Scanferla)
«Oggi si guardano solo quelli che vincono – riprende – e si perdono gli altri. Uno come Vendrame alla fine è arrivato a dimostrare quanto vale. Prima quasi non lo si conosceva, ma lui si è messo d’impegno e si è costruito. L’altro giorno si è allenato con noi, dimostrando ai ragazzi che in Spagna sarà sicuramente più caldo, ma si può lavorare bene anche facendo avanti e indietro da Asiago. I piedi per terra sono la miglior ricetta».
Un passo per volta
Si guardano quelli che vincono e si punta a farglielo fare anche da professionisti, alzando l’asticella e proponendo esperienze al limite del controproducente.
«Portare Lonardi di primo anno al Giro d’Italia – rimarca Rui – secondo me è stato un errore. Non serve a nulla ritrovarsi ancora ragazzino in mezzo a tutti quei marpioni, non ti fa crescere. Non serve neanche dirgli che tornerà a casa dopo un tot di tappe, perché i corridori non ci stanno mai a mollare. Un ragazzino lo convinci fin troppo facilmente a fare quello che vuoi. Tu lo segui ogni giorno e gli dai 700 euro al mese, poi arriva chi gliene dà 30 mila all’anno, lo lascia da solo e lui automaticamente accetta. E a noi non pagano nemmeno i punti. Giusto ieri ne ho versati per 26 mila dei ragazzi che abbiamo preso.
«Sono sempre gli stessi argomenti – annota Rui – ma non si parla per non subire danni. Vogliono essere tutti come Evenepoel e per diventarlo vanno a correre all’estero o dove trovano l’offerta migliore. Noi abbiamo i nostri 17 corridori con 5 di primo anno, fra cui Bonetto e Bruttomesso: faranno bene. Ma tornando a Lonardi, sono certo che verrà fuori. Non gli conviene pensare al Giro d’Italia, dove prevale il tatticismo. Gli consiglierei di ricavarsi una dimensione nelle corse alla sua portata. Partire forte gli servirà magari a trovare il posto in squadra per la Tirreno, va bene che si conquisti i riflettori un passetto per volta».