Belgio Tokyo 2021

Belgio: Van Aert leader, ma in serbo c’è la sorpresa

22.07.2021
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Guardano tutti a lui. Sembra strano visto che sabato a Tokyo sarà al via anche Tadej Pogacar, ossia l’ultima maglia gialla, colui che tutto vince, eppure la maggior parte degli addetti ai lavori (e non) indica in Wout Van Aert il grande favorito nella sfida per l’oro olimpico su strada e forse non potrebbe essere altrimenti mettendo insieme quello che il campione del Belgio ha fatto al Tour, vincendo in salita (la tappa del Mont Ventoux), a cronometro e in volata (queste ultime due in sequenza e a fine Grande Boucle).

Mentre Van Aert compiva le sue mirabilie, Sven Vanthourenhout, il cittì belga promosso alla strada dopo i tanti successi colti nel medesimo ruolo nel ciclocross, era già a Tokyo con Remco Evenepoel e Mauri Vansevenant, arrivati con largo anticipo e ha visionato il percorso con attenzione, studiato nei minimi particolari. Tornando in camera al villaggio olimpico belga con tanti dubbi, neanche troppo nascosti.

Vanthourenhout belgio 2021
Il cittì belga Sven Vanthourenhout, un lungo e glorioso passato nel ciclocross, ora alla strada
Vanthourenhout belgio 2021
Il cittì belga Sven Vanthourenhout, un lungo e glorioso passato nel ciclocross, ora alla strada

Van Aert e il problema del peso

«E’ un percorso estenuante – ha dichiarato ai cronisti di Standaard.be – con salite e discese senza sosta. Non è solo l’ascesa al Mikuni Pass che mi dà da pensare, perché prima ci sarà il Monte Fuji che fiaccherà le gambe a tanti. E’ un tracciato per gente leggera sui passaggi con pendenze dal 15% in su». Considerando che toccheranno punte del 22 per cento e che Van Aert non è proprio un peso piuma, i timori di Vanthourenhout sono giustificati.

E’ anche vero però che il Belgio ha costruito una squadra capace di cambiare faccia alla gara in molte maniere. Certo, Van Aert è la punta, ma con lui c’è l’esperienza di Greg Van Avermaet che è pur sempre il campione uscente, ci sono due corridori come Vansevenant e Tiesj Benoot che aiutano ma sanno anche vincere. E poi c’è un certo Remco Evenepoel…

Evenepoel campionato belga 2021
L’ultima occasione d’incontro fra Van Aert ed Evenepoel è stata al campionato nazionale, vinto dal primo
Evenepoel campionato belga 2021
L’ultima occasione d’incontro fra Van Aert ed Evenepoel è stata al campionato nazionale, vinto dal primo

Belgio già al passo col clima

Il talentino della Deceuninck Quick Step, a detta di chi era con lui negli ultimissimi giorni, è raggiante, con uno stato d’animo che non aveva da tempo. A differenza di molti altri, non solo suoi connazionali ma anche altre formazioni che hanno scelto di spostarsi con poco anticipo (una categoria della quale la nostra nazionale fa parte) Evenepoel è da tempo a Tokyo quindi sarà tra i più acclimatati, come fuso orario e come abitudine alle particolari condizioni atmosferiche. Chissà che Vanthourenhout non scelga di cambiare ruoli a poche ore dal via…

«Il recupero però mi spaventa poco – ha tenuto ad affermare il cittì – in fin dei conti chi era qui prima ha recuperato dopo un paio di giorni, quindi confido che sabato siano tutti al massimo. Io dico che è una gara che si presta a molte interpretazioni, dove può vincere anche un corridore di seconda schiera, per questo devono essere tutti pronti a recitare il ruolo del protagonista. Van Aert? Bisognerà vedere come assorbirà le pendenze del Mikuni Pass».

Van Aert Tokyo 2021
Appena chiuso il Tour, Van Aert è partito la sera stessa da Parigi per Tokyo, con Benoot e Van Avermaet
Van Aert Tokyo 2021
Appena chiuso il Tour, Van Aert è partito la sera stessa da Parigi per Tokyo, con Benoot e Van Avermaet

Van Aert fa pretattica?

E lui, il vincitore degli Champs Elysees? Arrivato a Tokyo dopo essersi imbarcato la sera stessa dell’arrivo a Parigi, ai taccuini presenti all’aeroporto ha dichiarato candidamente: «Per il momento non è rimasto molto nelle gambe, ma c’è tempo per recuperare». Intanto Vanthourenhout (che d’altronde lo conosce bene essendo stato il mentore dei suoi trionfi iridati sui prati) ha subito portato i ragazzi del Belgio a fare una prima sgambata di 70 km a 30 di media. La caccia all’oro è appena cominciata…

Campi Elisi per due. A Van Aert la tappa, a Pogacar la storia

18.07.2021
5 min
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L’ultima volata del Tour de France è come l’ultima crono: non vince il più specialista, ma quello che ha recuperato meglio. Lo sa bene Daniele Bennati, ultimo italiano a sfrecciare su Campi Elisi nel 2007.

«E’ esattamente quello che ho pensato quando ha vinto Van Aert – dice il toscano – che deve anche dire grazie a un grande Teunissen, per come l’ha lanciato. La Deceunick? Forse stavolta si sentivano troppo sicuri».

“Cav” alla frutta

Quel rettilineo è infido e lunghissimo. Prima di partire ci hanno pensato a lungo. Teunissen ha portato Van Aert fino al punto in cui far esplodere la sua volata e a quel punto dietro non sono riusciti neppure a uscirgli dalla scia. Troppo più forte il campione belga. O semplicemente il film di Cavendish era destinato ad arrestarsi davanti a due evidenze. La prima è che il britannico in maglia verde si è trascinato su tutte le salite delle ultime due settimane, cercando di stare nel tempo massimo e senza grosse occasioni per recuperare. Come ieri Kung, specialista ma sfinito. Mentre Van Aert vincendo la crono ha dimostrato di essere ancora a mille. La seconda è probabilmente più legata alla cabala che all’evidenza scientifica. E dice che forse il record di Merckx ha voluto resistere per un anno ancora e forse, chissà, resisterà per sempre.

Subito a Tokyo

«In realtà, non posso crederci – dice Van Aert subito dopo aver ripreso fiato – questo Tour de France è stato fantastico. Un ottovolante pazzesco. Finire con tre vittorie in tasca è totalmente fuori dalle mie aspettative. Una vittoria come questa non ha prezzo e adesso dovrò correre all’aeroporto a prendere il mio volo per Tokyo. Devo dire grazie alla mia piccola squadra e soprattutto a Mike Teunissen, che mi ha messo in una posizione perfetta prima dello sprint. Era fondamentale ritrovarsi in una buona posizione dopo l’ultima curva a destra. Ero sicuro che Mike potesse farcela e lo ha fatto perfettamente».

I campioni fanno così. E adesso vai a capire se sia il cross che lo ha reso grande su strada o se sia semplicemente grande dovunque lo si metta. Se riuscirà a metabolizzare bene queste fatiche e ad assorbire il passaggio in Giappone, un oro da laggiù lo porta a casa di sicuro.

Passerella in giallo per il secondo anno consecutivosui Campi Elisi: il Tour è di Pogacar
Passerella in giallo per il secondo anno consecutivo sui Campi Elisi: il Tour è di Pogacar

Un’altra verde

Cavendish prima ha esitato nel prendere la ruota giusta, infilandosi nelle tasche di Morkov, poi non ce l’ha fatta a cambiare passo. Forse si è addirittura tolto un peso. Di sicuro la maglia verde e quattro tappe vinte sono più di quanto si sarebbe mai aspettato a febbraio, quando sgomitava nelle prime volate cercando di ritrovare il feeling.

«Dieci anni dopo, di nuovo con la maglia verde – dice – è fantastico, sembra di essere ringiovanito. Il supporto del pubblico è stato incredibile durante tutto il Tour de France. Tornare a Parigi è un onore. Sono tornato ed è un sogno. Il sogno di un bambino che diventa realtà dopo un sacco di duro lavoro. Se una delle mie vittorie può ispirare dieci bambini ad affrontare il ciclismo e magari correre il Tour de France in futuro, per me sarà la cosa più importante».

A chi diceva che fosse una squadra… leggera, la risposta: tutti a Parigi
A chi diceva che fosse una squadra… leggera, la risposta: tutti a Parigi

E adesso il Re

Non ce ne vogliano i tifosi di Pogacar, la cui vittoria non si dà per scontata, anche se rispetto allo scorso anno, abbiamo avuto tutto il tempo per abituarci. Nella pazzesca cornice di pubblico del circuito sui Campi Elisi, la maglia gialla ha girato come un metronomo, irraggiando i dintorni con il suo splendore. Il Uae Team Emirates ha chiuso a pieno organico, bella risposta a chi li dipingeva come un gruppo di poco spessore.

Neppure Contador resiste alla tentazione di un selfie con Pogacar
Neppure Contador resiste alla tentazione di un selfie con Pogacar

«E’ semplicemente pazzesco essere tornati qui in giallo – dice Pogacar a margine del podio – e con una squadra incredibile. Oggi ci siamo divertiti e ora è il momento di festeggiare. Stamattina è stato bello prendersela comoda. Ci siamo divertiti a chiacchierare tra noi. Poi siamo arrivati qui sul pavé dei Campi Elisi ed è ricominciata la corsa a tutto gas, come ogni giorno. Non riesco a esprimere quanto sia felice. Rimarrò motivato nei prossimi anni, ma al futuro ci penseremo poi… L’anno scorso ho provato emozioni forti, questa volta sono ben diverse. Il nuovo Cannibale? Non mi piace paragonarmi ad altri corridori, ognuno ha il suo stile e la sua personalità. Ogni corridore è unico. E io sono Pogacar. Mi godo la vita, lavoro duro, amo andare in bicicletta. Sono queste le cose che contano».

Che speranze può avere Dumoulin contro il Van Aert del Tour?

18.07.2021
6 min
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A questo punto, dopo la prestazione di Van Aert nella crono di ieri al Tour de France e guardando al derby olimpico Jumbo Visma – con la sfida transnazionale fra Roglic, Dumoulin e Van aert – la curiosità è scattata da sé. Pur essendo certamente un campione, come farà Tom Dumoulin ad avere speranze concrete di ben figurare alle Olimpiadi? L’olandese non ha corso da ottobre a giugno. Poi è rientrato al Giro di Svizzera (foto di apertura) e a seguire ha vinto il campionato nazionale a crono, ritirandosi invece dalla prova su strada.

Come Dennis

Il tema è interessante e ancora una volta abbiamo fatto ricorso ad Adriano Malori, dato che con lui avevamo già affrontato la vigilia della crono del Tour. E Adriano riprende un concetto di cui avevamo già parlato quando venne fuori che Dumoulin sarebbe tornato in gioco per le Olimpiadi.

«Penso che stia cercando di fare come Rohan Dennis ai mondiali dello Yorkshire – ribadisce – o come Cipollini prima di Zolder. Di sicuro aveva il problema della troppa pressione e ha scelto di volersi estraniare. Ma parliamo di una crono secca, non della penultima tappa del Tour. E di certo per allenarsi è uscito dal suo Paese, altrimenti lo avrebbero visto e ogni giorno avrebbe avuto il codazzo».

Visto a Livigno

Gli diciamo che infatti lo abbiamo incontrato a Livigno, dove ha alloggiato a Trepalle, allenandosi tanto in salita e poi lungo le gallerie per i lavori in pianura. Davide Cimolai, che abbiamo incontrato ugualmente in quello spicchio di Valtellina, ha raccontato di averlo trovato molto rilassato, al punto che l’olandese lo ha invitato per un aperitivo.

«Si è ripresentato allo Svizzera – prosegue Malori – per le sue crono dure. Nella prima è stato appena fuori dai dieci, nella crono finale è entrato nei cinque. Non ci riesci in una corsa come lo Svizzera, neanche nelle speranze più audaci, se non ti sei allenato come una bestia. Se hai la grinta, la crono secca la prepari bene anche senza correre, se hai la persona adatta che ti fa dietro moto. Non devi allenare l’esplosività. Basta una strada di strappi e riesci a replicare alla grande il lavoro che faresti in gara. In altura non avrà potuto lavorare ad altissima intensità, anche se a Livigno c’è pianura a 1.800 metri e qualcosa si può fare. Per me ha mirato l’appuntamento e sparire dai radar era il solo modo per far calare le attese».

Una foto rubata in tutta fretta a Livigno: l’olandese non ha voluto saperne di fermarsi e raccontare la sua preparazione
Una foto rubata in tutta fretta a Livigno: l’olandese non ha voluto saperne di fermarsi e raccontare la sua preparazione

Tutto studiato

A questo si aggiunge il fatto che Dumoulin sia un cronoman coi fiocchi, già campione del mondo nel 2017 a Bergen, non un ragazzino alle prime armi.

«Credo che si sia trattato di una pausa pilotata – dice – per allenarsi con tranquillità verso un grande obiettivo. Qualcosa di cui erano al corrente la squadra e anche la federazione, come dimostra il fatto che nonostante il ritiro annunciato, non lo abbiano tolto dalla selezione olimpica. Certo facendo così ha compromesso la stagione e non mi meraviglierei se poi smettesse davvero. Oppure in caso di un grande risultato, potrebbe trovare lo stimolo per continuare».

Ai mondiali di Bergen del 2017, l’olandese conquistò la maglia iridata a crono
Ai mondiali di Bergen del 2017, l’olandese conquistò la maglia iridata a crono

Sul terzo gradino

Però resta aperto il discorso sulla differenza di condizione che potrebbero avere i corridori reduci dal Tour. Il percorso di Tokyo è duro e non fa sconti.

«Se si è allenato bene – dice – non ha niente meno di chi esce dal Tour. Per vincere una crono come quella non serve essere forti nelle ripartenze dalle curve. Il caldo non influirà molto. Credo che comunque il favorito numero uno sia Van Aert per quello che ha fatto vedere. C’è salita e c’è tanta discesa, che potrebbe permettere a Ganna di recuperare, mentre in salita soffrirà. Pippo ha preparato la pista che ti dà tanta brillantezza, mentre a Tokyo si tratterà di mantenere un ritmo elevato su un percorso tutt’altro che regolare. Devi essere più fluido possibile. In più Pippo pesa 15 chili più di Van Aert e mentre lui era a Montichiari, Wout spianava le Alpi. Dumoulin potrebbe arrivare terzo, giusto dopo di loro».

Quinto nella seconda crono del Giro di Svizzera, vinta da Uran su Alaphilippe: il risultato ha riacceso le speranze
Quinto nella seconda crono del Giro di Svizzera, vinta da Uran su Alaphilippe: il risultato ha riacceso le speranze

Troppo dura

Una nota sul percorso Adriano ci tiene a farla. «E’ una crono bella tosta – dice – sembra Rio e francamente non riesco a capire perché le disegnino così. La crono è velocità, qui invece la media sarà bassa. Per questo credo che se terrà la concentrazione, potrebbe essere una crono per Pogacar, mentre Roglic va osservato, ma non ho grandi certezze su di lui. Di sicuro si userà la bici da crono, magari montando davanti una ruota più leggera, profilo da 50 piuttosto che da 90, anche se per questo bisognerà vedere come sono fatte le curve. E per i rapporti, il più agile potrebbe essere un 42×27 in modo da poter usare agevolmente il 58×25».

E qui il tono cala e il ricordo va indietro.

«Sembra di rivivere la vigilia di Rio – dice a bassa voce – quando andammo con Cassani a provare il percorso. Poi sarei dovuto tornare in Italia, non c’era in programma di fare il Tour de San Luis. Invece lo proposi a Unzue e volai laggiù, dove tutto è finito. Sono passato dalle speranze e dal sogno di una medaglia per me a descrivere quelle degli altri. Possiamo farci ben poco, meglio riderci sopra. La vita tanto va avanti lo stesso».

Van Aert la crono, Pogacar il Tour. E domani si tifa Sonny

17.07.2021
5 min
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Aveva ragione Malori, su tutta la linea. La crono se la sarebbero giocata Van Aert e Pogacar, mentre Kung non ce l’avrebbe fatta perché era parso stanco anche nei giorni precedenti. Ma Pogacar a un certo punto ha tirato i remi in barca e ha fatto una crono… conservativa e Wout Van Aert ha avuto via libera, rifilando 21 secondi a un grande Asgreen, l’uomo del Fiandre, e 32 al compagno Vingegaard già terzo nella prima crono.

Malori 10 e lode

Per la Jumbo Visma sulla via di Tokyo, la cronometro promette di essere quasi una gara sociale. Con Van Aert, Roglic e Dumoulin. Vingegaard non è stato selezionato: il solo posto a disposizione per la Danimarca se l’è preso lo stesso Asgreen che oggi ha fatto meglio di lui.

«Vincere una cronometro al Tour de France – dice Van Aert – è sempre stato uno dei più grandi obiettivi della mia carriera. Negli ultimi due giorni mi sono concentrato su questa gara (Malori aveva visto bene, ndr). Sono molto felice di esserci riuscito. Rispetto alla prima cronometro, questa è stata più scorrevole e più veloce. Con il mio peso, è stata più a mio vantaggio rispetto alla prima, che era più dura».

Lavoro di squadra

Anche il direttore sportivo Merijn Zeeman parla di una cronometro perfetta: «Abbiamo investito tempo e impegno. Mathieu Heijboer (ex pro’ e tecnico del Team Jumbo Visma, ndr) ha lavorato sui materiali, la postura, la posizione e i test in galleria del vento. Tutto quel lavoro si è fuso in questa grande prestazione. Wout è andato chiaramente molto meglio che nella prima cronometro. In questo Tour è davvero cresciuto e migliorato. Me lo aspettavo. Sapevamo che era uno dei favoriti oggi e che non si sarebbe accontentato d’altro che della vittoria. Il fatto che Vingegaard sia arrivato terzo, rende questa giornata da sogno».

Van Aert è stato in testa dai primi rilevamenti: non c’è mai stata storia
Van Aert è stato in testa dai primi rilevamenti: non c’è mai stata storia

Asgreen verso Tokyo

Kasper Asgreen è rimasto sulla hot seat per un’ora e quaranta. E’ vero che i corridori lo sanno quando c’è in giro qualcuno che va più forte, ma dopo un po’ ti abitui all’idea che potresti aver vinto. Per questo lo sguardo del danese quando Van Aert lo ha superato era un misto fra delusione e insieme consapevolezza.

«Oggi alla partenza c’erano molti corridori forti – ammette – quindi sapevo che sarebbe stata dura. Ecco perché salire sul podio è un risultato che mi soddisfa, soprattutto perché arriva dopo tre settimane lunghe e dure e a pochi giorni dalle Olimpiadi. I primi chilometri avevano un asfalto ruvido e abbastanza accidentato, il che rendeva difficile trovare il ritmo, quindi il mio obiettivo principale erano i due lunghi rettilinei. Essere arrivato secondo è un buon risultato, il mio primo podio al Tour quest’anno».

Vingegaard terzo a 32 secondi ne rosicchia 25 a Pogacar e molla 1’47” a Carapaz
Vingegaard terzo a 32 secondi ne rosicchia 25 a Pogacar e molla 1’47” a Carapaz

Adrenalina giù

Pogacar ha fatto il suo. Chi me lo fa fare di rischiare l’osso del collo in quelle curve, deve aver pensato la maglia gialla, se tanto ho da difendere quasi sei minuti? L’unico appunto per una corsa remissiva è aver perso l’occasione di confrontarsi con i rivali in vista delle Olimpiadi, ma si sarebbe trattato comunque di un confronto falsato dalle fatiche del Tour.

«Sono super felice che sia finita – ammette, lasciando capire a cosa (giustamente) pensasse – è stata una cronometro molto veloce. C’era tanto supporto durante il percorso, mi sono goduto ogni chilometro, anche se faceva molto caldo e ho sofferto un po’. Sono andato a tutta, ma è stato diverso dalla prima crono, in cui c’era più adrenalina. Ero comunque ben preparato e ho fatto comunque una bella prestazione».

Pogacar non ha spinto al massimo: 8° a 57″ dal vincitore, ma Tour vinto
Pogacar non ha spinto al massimo: 8° a 57″ dal vincitore, ma Tour vinto

«Ho rivinto il Tour, ma non posso confrontare entrambe le vittorie, dire quale è più bella. L’anno scorso si è deciso tutto nell’ultima crono e le emozioni furono di gran lunga più forti. Questa volta ho preso la maglia gialla molto prima. E’ stato completamente diverso. Penserò in futuro a quanto sia importante questa vittoria. Per il momento, sono solo molto felice».

Domani per Sonny

La chiusura spetta al vincitore di giornata, che dopo l’arrivo era stravolto come si conviene a chi fa una crono a tutta e dà il massimo, e al campione italiano che ha lottato come un leone andando fortissimo, ma rischia di andarsene senza null’altro che l’amaro in bocca.

Con questa grinta, Van Aert fa ora rotta sulla crono olimpica
Con questa grinta, Van Aert fa ora rotta sulla crono olimpica

«E’ stata una giornata perfetta – dice Van Aert – dopo l’arrivo bruciavo. E’ stato stressante vedere arrivare gli altri al traguardo. Ma per fortuna mi sono rilassato un po’ vedendo che gli intermedi degli uomini di classifica erano abbastanza alti. E’ stato un Tour de France molto duro per la mia squadra. Sono molto orgoglioso di ciò che abbiamo raggiunto, con tre vittorie di tappa e Jonas (Vingegaard, ndr) che si è piazzato secondo nella classifica finale».

Domani passerella finale e ultima volata ai Campi Elisi. Non si offenda Cavendish: avremmo fatto il tifo per lui, ma vista la grandezza di Merckx e visto soprattutto lo sguardo di Colbrelli sul traguardo di Saint Gaudens, domani si tifa tricolore. Perché è giusto che vinca e perché è giusto che anche lui sfrecci sul traguardo con un dito davanti alla bocca. Il fatto che non gli arrivino ancora messaggi potrebbe confermare che il telefono non gli sia stato ancora restituito. Per un padre di famiglia che lavora a migliaia di chilometri da casa questo è fonte di stress e rabbia. La stessa rabbia che ci auguriamo domani possa scaricare nei pedali sul selciato magico di Parigi. Forza Sonny!

Van Aert, il Ventoux, l’appendicite e un pensiero per Vdp

07.07.2021
5 min
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Solo ieri aveva sgomitato con Cavendish sul traguardo di Valence ed era chiaro che non gli potesse bastare. Dove lo trovi uno che fa le volate con i velocisti e appena l’indomani va in fuga sul Ventoux? Nei giorni precedenti, Van Aert si era complimentato a bocca stretta con Van der Poel. L’olandese aveva vinto una tappa e indossato a lungo la maglia gialla e neanche questo poteva andare giù al campione belga. Poi Mathieu è andato via e della loro presenza assieme in questo Tour rischiava di rimanere soltanto la fuga verso Le Creusot, quando gli obiettivi li avevano ritratti all’attacco con il gusto della sfida nel sorriso. Ma era chiaro che anche questo non potesse bastargli. E così oggi il campione del Belgio, deputato per fare il gregario di Roglic e frenato nella preparazione da un’operazione di appendicite, si è inventato un altro giorno da gigante decidendo di sfidare il Mont Ventoux. Il gigante del Belgio contro il gigante della Provenza. E ha tirato fuori dal cilindro una giornata che non dimenticherà tanto facilmente. Che ha definito la più bella da quando corre in bici. Mettendola davanti ai mondiali di cross, le classiche e tutti gli altri successi di una carriera portentosa.

Non ha tralasciato nulla, comprese le ruote Metron Vision senza scritte. Il ritardo dovuto all’appendicite è alle spalle
Non ha tralasciato nulla, comprese le ruote Metron Vision senza scritte. Il ritardo dovuto all’appendicite è alle spalle

La più bella

«Sono senza parole – ha continuato a ripetere dopo la vittoria – all’inizio del Tour non avrei mai osato sognare di vincere questa tappa. Invece ieri improvvisamente ho sentito di volerci provare. Ho chiesto alla squadra se potevo infilarmi nella fuga di giornata. Sapevo di non avere le caratteristiche per sfidare una montagna come questa (Van Aert è alto 1,90 e pesa 78 chili, ndr). Invece è venuta fuori quella che potrebbe essere la mia migliore vittoria di sempre, perché il Mont Ventoux è una delle salite più iconiche del ciclismo. Ci ho creduto lungo la strada e con la fiducia tutto è possibile. Anche il supporto del pubblico è stato travolgente. E’ stato un onore salire sul Ventoux con la maglia di campione nazionale».

Pogacar in difesa

Doveva essere la tappa dei ribaltoni, eppure l’unico che ha provato a fare qualcosa è un altro ragazzino terribile, che avevamo scoperto alla Settimana Coppi e Bartali. Quando il Team Ineos ha finito il lavoro e Carapaz ha capito di non avere le gambe per dare un senso alla fatica dei compagni, Vingegaard ha fatto quello che ci si aspetta da un corridore di 24 anni in buona condizione. Ha attaccato, incurante delle conseguenze. E almeno in salita ha fatto il vuoto.

Pogacar ha ceduto. Va bene che aveva ed ha ancora un vantaggio pazzesco. Va bene che dice di non essersi stupito per l’attacco del danese, che segue con interesse da tutto l’anno. Eppure per qualche chilometro ha provato il gusto amaro della fatica e quello più sottile dell’ansia.

«Non ho potuto seguirlo – ha detto a caldo – è partito super forte. Ha messo il rapportone, troppo anche per me. Ho ceduto negli ultimi chilometri, per cui ho cercato di arrivare il più velocemente possibile in cima, ma visto anche il caldo è stata davvero una giornata durissima. Per cui alla fine sono soddisfatto. Quanto alla Ineos, credo che volessero la vittoria di tappa, ma la fuga aveva ancora troppo vantaggio per sperare di prenderli».

Pogacar da solo ha gestito lo sforza: il caldo non gli va giù
Pogacar da solo ha gestito lo sforza: il caldo non gli va giù

Appendicite galeotta

La fuga era Van Aert, che per questa giornata sul filo della follia le ha studiate davvero tutte, compreso l’uso di una coppia di ruote non autorizzate, come del resto aveva fatto anche Van der Poel per salvare la maglia gialla a cronometro. E così, facendo girare molto in fretta la coppia di ruote Metron by Vision, il belga ha staccato anche Elissonde e nonostante la sua stazza, ha addentato il Ventoux con una cadenza prossima alle 85 pedalate.

«E’ stato difficile per me iniziare questo Tour ai massimi livelli – ha raccontato quando l’emozione lo ha in parte mollato – a causa dell’operazione all’appendicite (l’intervento si è svolto a metà maggio e gli ha impedito di correre il Delfinato, ndr). Inoltre nella prima settimana abbiamo avuto davvero tanta sfortuna. Con Primoz Roglic abbiamo perso il nostro leader e con Robert Gesink il nostro super gregario. Oggi purtroppo abbiamo perso anche Tony Martin. Per fortuna in finale tutto è andato a posto. E’ una questione di andare avanti ed essere in grado di individuare nuovi obiettivi ogni volta. Questo mi motiva di più. Continuerò ad aiutare Vingegaard, proprio come tutta la squadra. E’ molto forte, ma oggi è stato il mio giorno».

Cattaneo assieme a Valverde: il bergamasco si è difeso bene. Ora è 11° in classifica
Cattaneo assieme a Valverde: il bergamasco si è difeso bene. Ora è 11° in classifica

Cavendish ce l’ha fatta

Nel caldo torrido di Malaucene, anche oggi la sfida del tempo massimo ha tenuto in ansia i velocisti. Cavendish, questa volta scortato da tutta la squadra è entrato ampiamente nel limite, tagliando il traguardo con 7 minuti di anticipo. Non ce l’ha fatto invece Luke Rowe, dopo aver tirato forte per Carapaz. Altri sette si sono ritirati. E’ un Tour esigente. Chissà se Roglic è riuscito a guardare la tappa o sia ancora in casa a maledire la sfortuna che lo ha tolto di mezzo. Per la sua sfida contro Pogacar, anche senza Dumoulin, avrebbe avuto dei compagni superlativi. Lo dice Van Aert salutando. E intanto si chiede se anche Van der Poel abbia visto la corsa. A modo suo, questa vittoria è anche per il rivale di sempre.

Jumbo-Visma: un maledetto sabato da cancellare…

20.04.2021
3 min
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Che cosa regalare a qualcuno che ha già tutto? L’ultima stagione della Jumbo-Visma ha visto il team olandese dimostrarsi in molti frangenti il più forte, sia nelle classiche d’un giorno che nelle corse a tappe, sfruttando defaillance altrui ma mostrando una grande crescita soprattutto strategica, anche se l’epilogo del Tour de France con Roglic superato nella cronometro fa ancora male.

Roglic, le mani sotto in salita sono segno di potenza e ricerca dell’aerodinamica
Roglic, le mani sotto in salita sono segno di potenza e ricerca dell’aerodinamica

Il ritorno di Dumoulin

La prima metà del 2021 ha avuto due velocità distinte. C’è stato prima da gestire l’addio di Tom Dumoulin e poi per fortuna il suo rientro. C’è stato da restituire fiducia a Wout Van Aert, uscito deluso dalla stagione del ciclocross (dove pure aveva vinto la Coppa del Mondo) e poi c’è stato da applaudirlo per la Gand e l’Amstel.

In sede di ciclomercato si è quindi provveduto a semplici aggiustamenti, o meglio aggiunte. Quella di Edoardo Affini, pezzo importante per le cronosquadre e con importanti talenti da assecondare. Mentre Sam Oomen è un altro tassello che potrebbe rivelarsi utilissimo nelle tappe più dure dei grandi Giri, come supporto in montagna, senza dimenticare Van Hooydonck che potrebbe essere una pedina importante nelle classiche.

Così Wout Van Aert, ha vinto la Gand su Nizzolo, Trentin e Colbrelli
Wout Van Aert, Sonny Colbrelli, Matteo Trentin

Van Aert e il mondiale

Molto poi dipenderà dagli obiettivi della squadra, con Roglic che naturalmente vuole riprendersi quel che ha lasciato in quel maledetto sabato francese. E Kruijswijk che è chiamato a dare un segno di prestigio come alternativa allo sloveno per le grandi corse a tappe. Per le classiche il nome principale è stato nuovamente quello di Van Aert, anche se il belga, dopo aver collezionato tre secondi posti iridati fra strada e ciclocross nello spazio di cinque mesi, ha la mente proiettata verso il mondiale nelle Fiandre: quale posto migliore per salire quel fatidico gradino?

L’ORGANICO

Nome CognomeNato aNaz.Nato ilPro’
Edoardo AffiniMantovaIta24.06.19962019
George BennettNelsonNzl07.04.19902012
Koen BouwmanUlftNed02.12.19932016
David DekkerAmersfoortNed02.02.19982018
Pascal EekhoornGenemuidenNed08.02.19942018
Tobias S.FossVingromNor25.05.19972017
Robert GesinkVarsseveldNed31.05.19862007
Dylan GroenewegenAmsterdamNed21.06.19932015
Chris HarperThursday IslandAus23.11.19942020
Lennard HofstedePoeldijkNed29.12.19942017
Steven KruijswijkNuenenNed07.06.19872010
Sepp KussDurangoUsa13.09.19942016
Gijs LeemreizeRuurloNed23.10.19992020
Paul MartensRostockGer26.10.19832005
Tony MartinCottbusGer23.04.19852008
Sam OomenTilburgNed15.08.19952016
Christoph PfingstenPostdamGer20.11.19872015
Primoz RoglicTrbovljeSlo29.10.19892013
Timo RoosenTilburgNed11.01.19932015
Mike TeunissenYsselsteynNed25.08.19922015
Antwan TolhoekYersekeNed29.04.19942016
Wout Van AertHerentalsBel15.09.19942016
Jos Van EmdenSchiedamNed18.02.19852008
Nathan Van HooydonckGooreindBel12.10.19952017
Jonas VingegaardHillersleyDen12.10.19962016
Maaerten WynantsHasseltBel13.05.19822005

DIRIGENTI

Richard PluggeNedGeneral Manager
Merijn ZeemanNedDirettore Sportivo
Jan BovenNedDirettore Sportivo
Sierk-Jan De HaanNedDirettore Sportivo
Addy EngelsNedDirettore Sportivo
Mathieu HeijsboerNedDirettore Sportivo
Frans MaassenNedDirettore Sportivo
Grischa Jan NiermannGerDirettore Sportivo
Arthur Van DongenNedDirettore Sportivo
Robert Thomas WagnerGbrDirettore Sportivo

DOTAZIONI TECNICHE

Grandi cambiamenti quest’anno in casa Jumbo Visma che negli ultimi anni aveva corso e con soddisfazione su bici Bianchi. Nel carosello che ha investito altre due squadre (Team Bike exchange e Team Dsm), il team olandese è passato su bici Cervélo, che fino al 2020 erano state del Team Sunweb. Diversi i modelli in dotazione: R5, S5, Caledonia-5 e P5. Tutte montate Shimano, con manubrio Fsa e pneumatici Vittoria.

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TEAM JUMBO-VISMA (Ned)

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L’Amstel dei millimetri e delle dure lezioni

18.04.2021
5 min
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Se nessuno si è lamentato, vuol dire che il risultato del fotofinish sta bene a tutti, anche se a guardare le immagini, Pidcock dà ancora adesso la sensazione di esserci passato per primo. L’Amstel si è conclusa da poco e dalla valutazione dei pixel della fotocamera dell’arrivo emerge che il vantaggio di Van Aert sulla linea è di 6 millimetri. Il podio ha posto fine a ogni possibile dubbio, il belga ha capito al Brabante che del piccolo inglese non poteva fidarsi e lo ha preso sul solo piano in cui era certo di poterlo sopraffare: quello della potenza. Ma c’è mancato davvero poco.

La vittoria è stata assegnata a Van Aert con margine di 6 millimetri
La vittoria è stata assegnata a Van Aert con margine di 6 millimetri

Rammarico Pidcock

Pidcock ha tirato su col naso ed è tornato verso il pullman. Il suo programma prevede che resti al Nord fino alla Freccia e poi torni a casa, ma non ci stupiremmo se gli chiedessero di farsi un giretto anche sulle colline fra Liegi e Bastogne.

«Sarei dovuto partire per primo – ha detto Pidcock – perché ero più veloce. Questa è stata una grande lezione. Ho lasciato a Wout un piccolo margine, ma eravamo troppo vicini al traguardo. Ero dietro di lui, mentre sarei dovuto restare al comando. Ho fatto una buona gara. Penso di essere stato il più forte e sono contento di quella sensazione. Ma è frustrante che la differenza sia stata così piccola».

Alaphilippe ha provato a fare il forcing sul Cauberg, ma non ha fatto male
Alaphilippe ha provato a fare il forcing sul Cauberg, ma non ha fatto male

Miglior italiano

«C’è mancato poco anche che li prendessimo – scherza Kristian Sbaragli, settimo all’arrivo – sono stati fortunati che Chaves ha bucato. Stava tirando per Matthews e di colpo, ciao… Sennò con lui che tirava e anche un mio compagno, non so se ce la facevano. Ma con i se e con i ma non si va da nessuna parte, per cui onore al vincitore».

Il migliore degli italiani si è reso conto subito che nella sua squadra mancava un nome importante e che se ci fosse stato lui, la corsa probabilmente non sarebbe arrivata tutta impacchettata fino agli ultimi 40 chilometri.

L’attacco decisivo di Pidcock, che si è dimostrato il più brillante in salita
L’attacco decisivo di Pidcock, che si è dimostrato il più brillante in salita

«Ma secondo me – dice – oltre che per l’assenza di Van der Poel, siamo andati tutti cauti perché nessuno conosceva il nuovo percorso. Compatti fino all’ingresso nel circuito del Cauberg, poi sono iniziate a saltare ugualmente le gambe, perché è venuta ugualmente dura. Eppure gli siamo arrivati a 3 secondi. Ho fatto una bella volata, mi porto a casa una bella top 10, un settimo posto tutto in linea con gli altri. Potevo benissimo essere quarto. Siamo arrivati a tanto così dal giocarci un’Amstel nonostante, senza Mathieu, nessuno ci desse un soldo bucato».

Lezione imparata

Van Aert è rimasto per un paio di minuti lunghi una vita al centro della strada, cercando nello sguardo dell’altro la conferma per una sensazione che non è mai stata davvero netta.

Per 5 minuti sullarrivo, Van Aert non credeva di aver vinto l’Amstel
Per 5 minuti sullarrivo, Van Aert non credeva di aver vinto l’Amstel

«Il margine è stato davvero piccolo – ha detto – perché dopo il traguardo non riuscivo a rendermi conto di nulla. Pochi istanti dopo, mentre alla radio mi dicevano che avevo vinto, sul maxi schermo ho rivisto le immagini e mi sono tornati i dubbi. Ci ho creduto solo quando la Giuria è entrata nel locale in cui ci stavamo cambiando e mi ha dato la conferma. Io da solo non ci sarei riuscito. La sola lezione che ho imparato mercoledì alla Freccia del Brabante è di non sottovalutare mai più Pidcock, anche se onestamente non credevo di averlo fatto. Oggi è stato uno sprint diverso, più veloce e piatto, quindi sapevo che era a mio favore. Ma a giudicare dal margine risicato, devo dire che ho trovato un grande avversario. Quel ragazzino è davvero forte».

Sul podio dell’Amstel, prima il momento dei fiori, poi quello della birra
Amstel, prima il momento dei fiori, poi quello della birra

Cosa fa Valverde?

Il resto è sparito nel segno della fatica che si è insinuata nelle gambe nonostante un dislivello non certo proibitivo. Come dice Sbaragli, ogni cinque minuti c’era una salita e questo alla lunga ha messo il piombo nelle gambe di tutti, soprattutto di quelli che sono arrivati a questo inizio di sfide al Nord con la riserva già accesa. Potrebbe essere il caso di Alaphilippe, ad esempio, che ha chiuso al sesto posto: forse il finale non si addiceva alla sua esplosività, ma per sapere come stanno davvero le cose, basterà aspettare un paio di giorni. Mentre Van Aert annuncia che ora la bici finirà in garage e Van der Poel ha annunciato un bel mese lontano dalle corse, per Julian arriva il clou della stagione. Cresce intanto il vecchio Valverde. Forse darlo per morto troppo presto non è stata la scelta migliore.

Tre tenori, non sempre intonati…

10.04.2021
4 min
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In attesa che inizi la seconda parte della Campagna del Nord con l’Amstel Gold Race facciamo un po’ il punto su quanto è successo relativamente ai “tre tenori”. Stiamo parlando di quei tre corridori (Alaphilippe, Van Aert e Van Der Poel in rigoroso ordine alfabetico, in apertura sul Poggio all’ultima Sanremo) che alla vigilia di ogni gara vengono indicati come i grandi favoriti.

E’ particolare il fatto che alla resa dei conti, spesso questo ruolo venga disatteso, anche negli appuntamenti principali. E’ indubbio che siano loro quelli che danno più spettacolo, ma è anche vero che nel ciclismo odierno c’è un livellamento dei valori che spesso premia altri corridori. Come lo Stuyven della Sanremo o l’Asgreen del Fiandre, capaci di sfruttare strategie di squadra vincenti. E forse la risposta è proprio qui, nel maggiore peso che il lavoro “a tavolino” o l’invenzione estemporanea hanno assunto.

Alaphilippe così e così

Partiamo dal campione del mondo francese. Nonostante le attese, non si può negare che l’inizio di stagione di Alaphilippe non sia stato all’altezza del suo blasone. Fra i tre tenori, il corridore della Deceuninck-Quick Step è quello che ha corso di più, 16 giorni. Ha ottenuto però una sola vittoria, nella 2ª tappa della Tirreno-Adriatico, insieme a 3 podi fra cui il secondo posto alla Strade Bianche. Eppure, già in quell’occasione, nella sua stizza per la sconfitta di fronte a Mathieu Van Der Poel, c’erano i prodromi di come sarebbe andata nelle settimane successive.

Tirreno-Adriatico: vittoria per Alaphilippe a Chiusdino proprio davanti a VDP e Van Aert
Tirreno: Alaphilippe vince a Chiusdino su VDP e Van Aert

C’è tempo per rimettere a posto le cose, a partire da Freccia e Liegi e poi fino alla gara olimpica, considerando il percorso di Tokyo. Ma è chiaro che qualche segnale deve arrivare, anche per sfatare la vecchia diceria della sfortuna legata alla maglia iridata…

VdP, ora la Mtb…

Molti indicano in Mathieu Van Der Poel il protagonista assoluto della stagione. Sicuramente il secondo dei tre tenori ha colpito tutti per il modo garibaldino di correre, che in 15 giornate di gara gli ha portato 4 vittorie. Una tappa all’Uae Tour abbandonato per due casi Covid nel suo team. La Strade Bianche. Due tappe alla Tirreno-Adriatico. Si aggiungono altri 3 podi tra cui la seconda piazza al Fiandre e la terza ad Harelbeke.

Nel ranking Uci ha raccolto 801 punti, secondo bottino dell’anno e questo non fa che acuire il rammarico per la sua scelta di lasciare la strada per iniziare la preparazione per le Olimpiadi di Mtb. Lo rivedremo al Giro di Svizzera e poi al Tour, ma sempre pensando al fuoristrada.

Van Der Poel al Fiandre, una grande gara a cui è mancata solo la vittoria finale
Van Der Poel al Fiandre: è mancata solo la vittoria finale

Van Aert colleziona punti

E’ curioso il fatto che pur correndo meno (12 giorni), fra i tre tenori Van Aert sia quello che ha raccolto più punti, segno di una grande costanza di rendimento. Per lui due vittorie, una alla Tirreno-Adriatico (dove è stato secondo in classifica) e poi la Gand-Wevelgem, più 4 podi tra cui il terzo posto a Sanremo.

Van Aert, un grande inizio stagione, anche come leader per le gare a tappe
Van Aert, grande inizio stagione, anche nelle gare a tappe

Si può quasi dire che il Fiandre chiuso al 6° posto sia stato il momento più basso d’inizio stagione. Eppure Wout aveva iniziato con tanti dubbi e con la delusione iridata del ciclocross da smaltire. Per lui Amstel e poi rotta verso il Tour e la seconda parte di stagione. Lo attendono il doppio obiettivo olimpico fra gara in linea e crono, poi il mondiale di casa, dove vuole cancellare lo smacco ancora troppo recente di Ostenda, anche se su una bici diversa…

Qwaremont fatale a Van Aert: «Non ero in giornata»

04.04.2021
3 min
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Van Aert si sta sciroppando tutte le interviste della zona mista senza saltarne una con la stessa tenacia mostrata sul Qwaremont. Avrebbe diritto ad avere un diavolo per capello, come quei corridori che sono sfilati davanti ai giornalisti fingendo di non riconoscerne i cenni. Ma il campione è colui che ci mette sempre la faccia e in questo momento Van Aert non si sta sottraendo alle domande che prevedibilmente lo trafiggono. Era il favorito numero uno e un po’ se l’era anche tirata. La squadra era pronta a prendersi la corsa sulle spalle. Poi però sull’ultima salita le gambe hanno detto basta. Chissà se sarebbe cambiato qualcosa con una tattica meno sbarazzina, senza rintuzzare in prima persona gli attacchi di Alaphilippe e Van der Poel.

Quando Van der Poel ha sentito l’odore del suo sangue e ha affondato i denti sul Qwaremont, il belga ha dovuto arrendersi. E Dio solo sa quanto gli sia costato cedere… all’amico Mathieu, dopo essersi ritrovato nuovamente in fuga con lui e un altro corridore della Deceuninck-Quick Step. L’anno scorso era toccato ad Alaphilippe, questa volta c’era Asgreen.

«Ma non ci sono scuse da cercare – dice con voce calma e vari sorrisi ironici – per vincere un monumento come questo serve essere perfetti e io oggi non avevo questo superfeeling con la corsa e con la bicicletta. Sono arrivato sesto, chiaro che c’erano altre attese. Perciò non ci sono scuse».

Alla partenza, con Pedersen, Sagan, Van der Poel e Alaphilippe
Alla partenza, con Van der Poel e Alaphilippe
Che cosa è successo?

Lo capisci subito se hai le gambe per fare la differenza e io oggi non le avevo. Ho cercato di sopravvivere, ma non è bastato.

Hai mai sperato di poter rientrare, gestendo la crisi?

La verità? Mai, ma perché sapevo di non essere in una delle mie giornate. Non come alla Strade Bianche, dove il cedimento è stato di qualche secondo. Questa volta le forze se ne stavano andando. Non so neanche se possa avere avuto una crisi di fame.

Quando te ne sei accorto?

Quando mi hanno staccato. Ma a parte gli scherzi, l’ultimo Qwaremont è stato il momento in cui sono saltato. Ho provato a tenere duro, ma lo senti se riesci a gestire la fatica o se invece la fatica ti sta tirando a fondo.

Sul Qwaremont è crisi, i primi vanno, il gruppo arriva
Sul Qwaremont è crisi, i primi vanno, il gruppo arriva
La resa finale si è vista però solo sul Paterberg.

Da una parte speravo che davanti si guardassero e forse, se dietro di me non ci fosse stato un gruppetto così forte, avrebbero potuto farlo. Invece loro hanno tirato dritto e io per un po’ ho cercato di resistere, per tenermi il terzo posto. Il Paterberg è stata una vera lotta. E quando mi hanno preso, ho anche rischiato di restare indietro. Perciò alla fine questo sesto posto non è neppure da buttare via.

Credi di aver pagato gli sforzi del cross?

Non è questo il momento per certe valutazioni. Ho vinto la Gand, oggi non stavo bene. Avremo tempo di analizzare tutto.

Hai fatto tutte le interviste e altri ti aspettano dopo di noi…

Fa parte del mio lavoro, quando va bene e quando va male. Lo accetto. Grazie mille, visto che mi aspettano, credo di dover andare.