Era arrivato secondo dietro Bettiol, ma di quel piazzamento non molti ricordavano. Intorno ci sono i muri, i quadri e le bici del Museo del Giro delle Fiandre, mentre Kasper Asgreen racconta il suo sogno realizzato. Racconta che da più piccolo sognava di diventare come Cancellara, perché tutto sommato a cronometro se la cava anche lui, ma c’è ancora tanto da migliorare. Poi dice che il primo Fiandre di cui ha memoria è proprio quello in cui Fabian si sbarazzò con prepotenza di Boonen sul Muur volando fino all’arrivo. Il danese ha gli occhi trasognati, ma forse nei giorni scorsi le sue sensazioni gli avevano fatto capire di avere le gambe giuste per lasciare in qualche modo il segno.
L’astuzia sul Paterberg
Ha gestito il finale con la malizia del campione navigato. Il capolavoro probabilmente l’ha fatto sull’ultimo Paterberg, quando Van Aert era ormai staccato e Van der Poel poteva avere per la testa l’idea di andarsene da solo. L’olandese aveva già tentato l’allungo al culmine del Vecchio Qwaremont, facendo capire che mercoledì alla Dwars door Vlaanderen si era nascosto. Così Asgreen ha atteso il tratto più duro dell’ultimo muro e invece di restare sfilato, ha affiancato Van der Poel, completando la scalata accanto a lui. Nel linguaggio dei corridori, quel gesto ha significato che non ne aveva paura. E forse nella testa di Van der Poel si è aperta la piccola crepa che nello sprint ha accelerato la resa.
Hai sempre pensato allo sprint, oppure avevi paura di Van der Poel?
Negli ultimi 10 chilometri ci siamo guardati negli occhi e non c’è stato bisogno di parlare tanto. Dietro c’era un gruppo con corridori forti e se avessimo esitato, ci avrebbero ripreso. Tanto valeva continuare a tirare e credere di potermela giocare in volata. Il mio sprint dopo una corsa lunga come questa non è tanto male, ne avevo già fatti altri. Anche se lui si chiamava Van der Poel…
Hai vinto il Fiandre.
Le classiche sono sempre state qualcosa di speciale. Mi piaceva guardarle in televisione e partecipare è sempre stato un sogno. Sono venuto su due anni fa per la prima volta e arrivai secondo, forse un segno. E ora è incredibile essere qui da vincitore.
Quanto sei cambiato da due anni fa?
Penso di essere un corridore molto migliore. Due anni fa era il mio primo sul pavé, nel frattempo ho fatto tanta esperienza. Il Fiandre è un lungo giorno sulla bici, devi fare tutto alla perfezione, per evitare di trovarti senza gambe proprio nell’ultima ora. Devi curare ogni dettaglio, ora lo so meglio di allora.
Sei rimasto dietro la caduta, è stato duro rientrare?
Dopo il Kanarieberg due corridori si sono toccati e hanno provocato un bel mucchio. Io ero dietro e ci sono finito in mezzo, ma ugualmente ho dovuto cambiare bici. In quei momenti lo stress è massimo. C’era tanta gente che voleva rientrare e io con loro. Non è stato facile, temevo che mi sarebbe rimasto nelle gambe, invece per fortuna non ha inciso tanto.
C’è stato un momento in cui hai parlato con Alaphilippe e avete deciso di fare corsa per te?
Con Julian abbiamo parlato veramente molto nel finale, a partire dal Taaienberg. Non abbiamo mai deciso effettivamente di dare la precedenza a uno oppure all’altro. L’importante era avere due corridori forti davanti, poi ci avrebbe pensato la strada.
Peccato non ci sia la Roubaix…
Davvero un peccato, per la condizione che ho. So che gli organizzatori hanno provato sino alla fine, ma se non si può perché costituisce un pericolo per la gente in strada, non si può.
Che cosa significa correre per la Deceuninck-Quick Step?
Un sogno. Hanno fatto crescere fiori di corridori negli ultimi anni. Anche io sono arrivato qui a 23 anni. Il mio contratto scade, ma non è un problema. Spero che potremo sederci presto per parlare del mio futuro.
Si è sempre parlato di Alaphilippe, Van der Poel e Van Aert, ma tu avevi vinto ad Harelbeke, perché non inserirti tra i favoriti?
E’ naturale che si parli di quei tre, perché sono i migliori al mondo. Hanno vinto tanto, lavorano davvero sodo e meritano tanta attenzione. Oggi sono riuscito a batterli, ma sono ancora di più le volte che loro hanno battuto me.