Roglic vince la Vuelta e scaccia i fantasmi

08.11.2020
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Eh già, sembrava impossibile ma ce l’ha fatta: la Vuelta è arrivata a Madrid. Mai come stavolta il traguardo finale è stato come l’ultimo giorno di scuola. E una vera festa, da Roglic, primo, a Mickael Delage, ultimo. Questa era l’atmosfera che si respirava al via dall’Hipódromo de la Zarzuela e ancora di più nella capitale spagnola.

A sinistra Ackermann che precede Bennett
A sinistra Ackermann che precede Bennett

Festa per tutti

Tutti hanno un motivo per festeggiare. Davide Formolo ha iniziato sin dalla sera prima, scappando dalla sua Mirna che stava (sta) per dare alla luce la sua primogenita.

Fa festa Pascal Ackermann che riesce a mettere il sigillo nell’arrivo più prestigioso per gli sprinter. Tanto più che quest’anno ne hanno avuti davvero pochi.

Fa festa la Movistar, che ha vinto la classifica a squadre. Fanno festa gli Ineos-Grenadiers per averci provato fino all’ultimo e perché salutano un grande del loro gruppo, Chris Froome che passerà alla Israel Start-Up Nation.

Fa festa Hugh Carthy al primo podio in carriera. L’inglese era talmente teso che negli ultimi chilometri per evitare cadute o guai vari si è defilato tanto da perdere 28” dalla testa del gruppo.

Felicità Roglic

E poi fa festa lui, Primoz Roglic. O meglio, potrebbe far festa. Lo sloveno ha vinto la Vuelta, la sua seconda. Eppure sembra colui che festeggia meno. E’ fatto così, Primoz. La sua gioia se la tiene dentro. Se la godrà con la famiglia.

«E’ meraviglioso – commenta con ancora il fiatone – sono eccitato e grato alla mia squadra. Sono loro che mi hanno sempre sostenuto ed è così che ho vinto di nuovo in Spagna. E poi aggiunge una frase che fa tremare: «Spero di vincere anche dove non ho ancora potuto farlo».

Il riferimento è chiaramente rivolto alla Francia, al Tour. Una ferita del genere, che se ne dica, non è facile da risanare. E’ vero che Primoz è un ragazzo tranquillo. E’ vero che ha voltato pagina quasi subito, ma è anche vero che quando poi si va a scavare a fondo è inevitabile che certi incubi vengano fuori. 

Da sinistra: Carapaz, Mas, Roglic (sua anche la maglia verde) e Martin
Roglic (sua anche la maglia verde) tra Mas (in bianco) e Martin (pois)

Un rischio strategico

Ieri, quando Carapaz ha giocato il tutto per tutto Roglic è stato magistrale. Prima di controllare lo scalatore ecuadoriano, ha controllato i suoi nervi. Magari avrebbe anche potuto rispondere allo scatto. Tre chilometri in quel caso potevano essere tantissimi. Si è messo di passo e negli ultimi 500 metri, quando ha capito che era fatta, ha anche recuperato qualche secondo.

E’ questa la vittoria che conta più di tutto. E il suo pugno al cielo dopo l’arrivo la dice lunga, per uno che raramente esterna le sue emozioni.

Venire in Spagna è stato strategico per Roglic. Rischioso, ma strategico. Se avesse perso avrebbe passato un inverno nero. Adesso invece ha la consapevolezza di poter continuare a lottare per un grande Giro. Di giocarsela con tutti. E i fantasmi possono finalmente uscire dal suo “armadio”.

E infatti prima di congedarsi da Madrid Primoz ha aggiunto: «Il prossimo anno mi concentrerò su obiettivi che ancora non ho raggiunto». Se a Madrid la stagione su strada è davvero finita per tutti, per Roglic è già partita quella 2021.