Van Aert si sta sciroppando tutte le interviste della zona mista senza saltarne una con la stessa tenacia mostrata sul Qwaremont. Avrebbe diritto ad avere un diavolo per capello, come quei corridori che sono sfilati davanti ai giornalisti fingendo di non riconoscerne i cenni. Ma il campione è colui che ci mette sempre la faccia e in questo momento Van Aert non si sta sottraendo alle domande che prevedibilmente lo trafiggono. Era il favorito numero uno e un po’ se l’era anche tirata. La squadra era pronta a prendersi la corsa sulle spalle. Poi però sull’ultima salita le gambe hanno detto basta. Chissà se sarebbe cambiato qualcosa con una tattica meno sbarazzina, senza rintuzzare in prima persona gli attacchi di Alaphilippe e Van der Poel.
Quando Van der Poel ha sentito l’odore del suo sangue e ha affondato i denti sul Qwaremont, il belga ha dovuto arrendersi. E Dio solo sa quanto gli sia costato cedere… all’amico Mathieu, dopo essersi ritrovato nuovamente in fuga con lui e un altro corridore della Deceuninck-Quick Step. L’anno scorso era toccato ad Alaphilippe, questa volta c’era Asgreen.
«Ma non ci sono scuse da cercare – dice con voce calma e vari sorrisi ironici – per vincere un monumento come questo serve essere perfetti e io oggi non avevo questo superfeeling con la corsa e con la bicicletta. Sono arrivato sesto, chiaro che c’erano altre attese. Perciò non ci sono scuse».
Che cosa è successo?
Lo capisci subito se hai le gambe per fare la differenza e io oggi non le avevo. Ho cercato di sopravvivere, ma non è bastato.
Hai mai sperato di poter rientrare, gestendo la crisi?
La verità? Mai, ma perché sapevo di non essere in una delle mie giornate. Non come alla Strade Bianche, dove il cedimento è stato di qualche secondo. Questa volta le forze se ne stavano andando. Non so neanche se possa avere avuto una crisi di fame.
Quando te ne sei accorto?
Quando mi hanno staccato. Ma a parte gli scherzi, l’ultimo Qwaremont è stato il momento in cui sono saltato. Ho provato a tenere duro, ma lo senti se riesci a gestire la fatica o se invece la fatica ti sta tirando a fondo.
La resa finale si è vista però solo sul Paterberg.
Da una parte speravo che davanti si guardassero e forse, se dietro di me non ci fosse stato un gruppetto così forte, avrebbero potuto farlo. Invece loro hanno tirato dritto e io per un po’ ho cercato di resistere, per tenermi il terzo posto. Il Paterberg è stata una vera lotta. E quando mi hanno preso, ho anche rischiato di restare indietro. Perciò alla fine questo sesto posto non è neppure da buttare via.
Credi di aver pagato gli sforzi del cross?
Non è questo il momento per certe valutazioni. Ho vinto la Gand, oggi non stavo bene. Avremo tempo di analizzare tutto.
Hai fatto tutte le interviste e altri ti aspettano dopo di noi…
Fa parte del mio lavoro, quando va bene e quando va male. Lo accetto. Grazie mille, visto che mi aspettano, credo di dover andare.