Giornate così ti riconciliano con il ciclismo, ma c’è da dire che sin dall’inizio tutto questo Tour è stato un tributo al bello dello sport. Così quando si è capito che la tappa più lunga si stava trasformando in un grande show, composto da storie più piccole incastrate fra loro, seguirla è diventato sorprendentemente bello.
Da dove cominciare è davvero difficile. Da Mohoric, forse, e le sue lacrime negli ultimi metri? Oppure da Nibali che s’è desto e s’è portato a spasso in salita la passione italiana? Oppure da Pogacar, messo in mezzo da ceffi più grossi e incapace di reagire? O forse da Van der Poel e Van Aert, che per qualche minuto è parso di vederli sfidarsi in una prova di Superprestige? Oppure da Roglic, sprofondato in quel fastidio che non passa e gli ha impedito di spingere? O ancora da Carapaz che ha tagliato il cordone ombelicale ed è andato a prendersi il ruolo di leader al Team Ineos?
E’ successo tutto nello stesso giorno e davvero non basterebbe tutta la notte per raccontare ciò che una tappa del genere ti lascia addosso.


Festa Mohoric
Mohoric ha vinto tappe al Giro e anche alla Vuelta. E il carico di emozioni che si è addensato nel suo petto durante quegli ultimi metri è stato più forte di lui. Avrà pensato alla paura dopo la caduta del Giro. Alla lenta risalita. E poi non ha capito più niente, crollando sotto il peso di un’emozione irrefrenabile.
«E’ incredibile – dice Mohoric – negli ultimi 20 chilometri, le mie gambe urlavano, ma non le ho ascoltate. Questa è stata la mia vittoria più bella. Prima di tutto perché siamo al Tour de France, la corsa più grande del mondo. In secondo luogo, sono arrivato in fondo alla fuga e ho battuto alcuni fra i corridori più forti del mondo. L’idea era di lottare per la maglia a pois infatti ho preso i cinque punti, poi speravo che si sarebbero guardati l’un l’altro, permettendomi di vincere la tappa. E farlo indossando la mia maglia da campione nazionale è ancora più speciale».


Bentornato Squalo
Nibali, santo Nibali, da quanto ti aspettavamo così? E chissà da quanto anche tu aspettavi di poter giocare in corsa come quando gli altri annaspavano e a te riusciva tutto facile. L’ultima volta che hai vinto qui, ti lasciarono quasi andare, poi fosti bravo a resistere al ritorno del gruppo. Oggi invece sei partito da cattivo con quelli forti. Oggi è stata una vera azione da Squalo, bentornato!
«C’erano degli uomini importanti – dice – non si poteva guardare dall’altra parte. Le gambe nel finale erano buone. Van Aert e Van der Poel sono andati e io li ho seguiti. Domani ci sarà un’altra giornata dura e sono curioso di vedere come andrà. Per noi è arrivato il secondo posto. Sapevamo che non sarebbe stato semplice, ma comunque abbiamo provato a vincere».
Resta il dubbio del perché Skuijns non sia rimasto con lui a tirare perché potesse guadagnare ancora più terreno su Pogacar. Fra quelli davanti, tolti gli uomini delle classiche, il primo della classifica è ancora Pogacar, secondo è Nibali a 29 secondi.


Vdp oltre il limite
Già, Van der Poel è di quelli con le ore contate. Suo padre dice che ci ha abituati alle sorprese e forse non è nemmeno fuori luogo immaginare che possa superare la tappa di domani. Sognando parecchio, s’intende. Ma oltre sarebbe troppo anche per l’amore di suo padre Adrie.
«Non ricordo di aver vissuto altri giorni così duri – dice – sono andato al massimo per tutto il giorno. E’ stato chiaro stamattina che tanti corridori volessero andare all’attacco. Andavamo forte e siamo partiti in tanti. Oggi Van Aert è stato davvero forte, ma io sono riuscito a battermi ugualmente per la maglia gialla. A questa maglia voglio dedicare tutto perché è la più bella. Sono andato al limite, vediamo come andrà la corsa domani. Proverò a tenerla, voglio divertirmi».


Van Aert rideva
Nella Jumbo-Visma s’è consumato il dramma. Con Roglic colato a picco e Van Aert secondo in classifica, si fa fatica a capire dove voglia andare lo squadrone olandese. A un tratto è parso che ciascuno facesse per sé e davanti a tutti, grande e grosso come un toro, Van Aert è parso divertirsi un mondo.
«Se non ci fosse stato quel pubblico e tanto caldo – ha detto – sarebbe sembrato davvero di essere al Superprestige di Ruddervoorde. Con Mathieu siamo rivali di lunga data e penso che sarà così per sempre, ma oggi ci siamo fatti qualche risata durante la tappa. Mi è piaciuto uscire dalla solita routine del Tour e andare in fuga. Il piano era quello, per puntare alla tappa e semmai alla classifica. Ero sicuro che anche Mathieu sarebbe stato pronto, è bellissimo vederlo correre così. Avremmo potuto farci la guerra, ma ci siamo detti che sarebbe stato meglio collaborare. Non avevamo fatto i conti con Mohoric, purtroppo. Ma adesso tengo duro. Sono curioso di vedere come recupererò domani dopo una tappa così dura. Ma di una cosa sono certo. Se domani Pogacar sarà forte e aggressivo, noi potremo fare ben poco».


Pogacar fa il furbo?
Già, ma Pogacar cosa fa? Come può essere che il campione che ha strapazzato tutti nella crono di colpo perda interesse nell’inseguimento e arrivi a più di 5 minuti da Mohoric? Che sulla sua ammiraglia possano aver davvero pensato che quelli davanti in prospettiva non fanno così paura e sarà meglio spendere meglio e bene nella prima vera tappa alpina?
«Abbiamo cercato di chiudere – dice – ma forse abbiamo commesso un errore e abbiamo dovuto lavorare tanto. Conosco la mia squadra, so che sono forti e che dopo un bel recupero saranno pronti per la tappa di domani. Si va avanti giorno per giorno, ma cercheremo di superare questo momento. Sono contentissimo per Mohoric, non so cosa sia successo a Roglic. Ma se guardo la classifica dico che non è successo poi niente di così grave da dover essere per forza preoccupati».


Come stia Primoz lo spiegano con una nota i medici del team: dopo la caduta Roglic non può sedersi bene sulla sella e di conseguenza non riesce a pedalare. Pare sia presto per valutare di lasciare la corsa, ma che malinconia quando si punta tutto su un traguardo e per uno stupido incidente di corsa si vede tutto sfumare nel nulla.