Un altro Giro per Cicco e il sogno (sfumato) di Ganna

10.08.2022
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«Abbiamo sondato Ganna – spiega Luca Guercilena – per capire se fosse interessato a un ruolo di leader assoluto, non solo per le crono. Gli abbiamo parlato di classiche e di grandi Giri, in cui andare a caccia di tappe senza dover tirare per un capitano. Ma alla fine ha scelto di prolungare il contratto con Ineos. Massimo rispetto per la sua scelta e per chi lo ha messo nelle condizioni di farla».

Il team manager della Trek-Segafredo risponde da Mentone. In questa fase torrida dell’estate, le sue giornate sono fatte un po’ di mare e di telefono sempre acceso, perché come dice sorridendo, la new generation lavora sempre. La voce per cui Ganna sarebbe finito nello squadrone americano con forte matrice italiana aveva cominciato a girare e ci aveva incuriosito. In precedenza, la Trek aveva provato la carta Nibali senza grosse fortune reciproche e il nome Ganna poteva essere un bel modo per rendere più grande l’italianità del team.

La Trek-Segafredo ha provato davvero a ingaggiare Ganna, proponendogli un ruolo da leader
La Trek-Segafredo ha provato davvero a ingaggiare Ganna, proponendogli un ruolo da leader
Sfumata l’occasione Ganna, si può dire che la squadra 2023 sia fatta?

Più o meno sì. Una volta luglio era il mese delle strette di mano e ad agosto si chiudevano gli affari. Adesso si lavora tutto l’anno, perché nessuno vuole rischiare di firmare un contratto dopo il Tour, quando magari una vittoria può far lievitare il valore dell’atleta. Meglio chiudere prima. E poi si sta diffondendo questa abitudine di firmare contratti lunghissimi.

Che cosa vuol dire?

Innanzitutto che c’è stabilità e questo è un bene. Ma sicuramente questo aprirà le porte del mercato, perché non è detto che un corridore si troverà per forza bene per 5-6 anni nella stessa squadra. E a quel punto, essendo tutti contratti con penali prestabilite, si potrebbe tentare di portarne via qualcuno. Di solito questa opportunità viene a crearsi nelle squadre con tanti leader.

Pedersen è alla Trek dal 2017, ha vinto un mondiale e al Tour 2022 la tappa di Saint Etienne
Pedersen è alla Trek dal 2017, ha vinto un mondiale e al Tour 2022 la tappa di Saint Etienne
Alex Carera ha spiegato che il sistema del ranking potrebbe rendere nulli dei contratti.

E’ vero. Nel contratto si scrive che ha validità finché si rimane nel WorldTour. Questo significa che le squadre che retrocedono potrebbero rischiare di sparire e che l’eventuale retrocessione metterà sul mercato tanti corridori che potrebbero non volere seguire il team nella categoria inferiore.

A parte Ganna, non si siete svenati per inseguire un grosso nome, soprattutto per i grandi Giri.

Due o tre anni fa facemmo la scelta di puntare su corridori U25, che col tempo avremmo selezionato ulteriormente. Pedersen e Stuyven sono i primi frutti di questa politica, come Simmons e Ciccone, che non è giovanissimo, ma fa parte comunque di un processo di formazione. Detto questo, i leader più forti sono già blindati e non conviene strapagarne uno che magari arriva nei primi cinque. Soprattutto se vuoi avere il controllo del budget.

Stuyven è alla Trek dal 2014. Lo scorso anno ha vinto la Sanremo
Stuyven è alla Trek dal 2014. Lo scorso anno ha vinto la Sanremo
C’era Carapaz sul mercato e andrà alla EF-Easy Post…

Carapaz è un atleta forte, ma rientra nella categoria precedente. Per cui, avendo sposato la politica dei giovani, non aveva senso puntare su un atleta di 30 anni che avrebbe impegnato una grande fetta di risorse.

Nel frattempo ci sono degli stagisti molto interessanti.

Abbiamo Vacek e Thibau Nys, ma ci sono in arrivo anche altri nomi da team professional di cui ancora non posso parlare.

Il 2022 ha insegnato qualcosa di più su Ciccone?

Giulio ha dimostrato di poter vincere tappe nei grandi Giri, ma sono convinto che debba fare ancora un tentativo per la classifica. Serve la salute e lui non ne ha avuta molta. Voglio ancora un tentativo tenendo conto delle sue caratteristiche. Quindi senza limitarlo, perché la sua arma potrebbe essere l’imprevedibilità.

Baroncini ha tutto per essere un leader: ha 21 anni, non serve avere fretta
Baroncini ha tutto per essere un leader: ha 21 anni, non serve avere fretta
E intanto Bennati ha convocato Baroncini per gli europei.

Dal mio punto di vista, “Baro” è l’italiano che può guadagnarsi una posizione di assoluto rilievo. Ha fisico e testa. Può diventare un grande leader, sta a lui riuscirci.

Si può dire che il Covid abbia danneggiato anche il 2022?

Assolutamente! E sarà così anche nel 2023. Anche se non ci sono effetti pesanti sulla salute, tanti corridori hanno il sistema immunitario non ancora a posto. Inoltre si tornerà a 30 corridori e questo li metterà ancor più sotto pressione. Però non sono più a favore delle super restrizioni. Bisogna tornare a spingere come nel 2019 e chi sta male resta a casa.

Guercilena, al Giro con l’addetto stampa Paolo Barbieri, è manager della Trek-Segafredo
Guercilena, al Giro con l’addetto stampa Paolo Barbieri, è manager della Trek-Segafredo
Torniamo per un attimo a Ganna, per lui saresti tornato allenatore? Sarebbe stato stimolante dopo Cancellara…

Ci avevo pensato, sarebbe stato perfetto nella nostra squadra. Sono ambizioso, lo siamo tutti e penso che non sarebbe stato male. Però lo capisco, Ineos è uno squadrone. Se ne andrà a 31 anni, la sua carriera ormai ha quei colori.

Ganna, Tour e rinnovo. Intanto vince la madison a Fiorenzuola

09.08.2022
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La pista è la sua comfort zone. Dopo la fine del Tour de France e qualche giorno di riposo, Filippo Ganna (in apertura foto Cavalli) ha trovato un ottimo compromesso per decomprimere lo stress di un grande Giro e contemporaneamente riprendere il ritmo-gara. A Fiorenzuola il ventiseienne della Ineos Grenadiers ha sfruttato la condizione data da tre settimane di gare disputando il giro lanciato e soprattutto vincendo la madison alla Sei Giorni delle Rose in coppia con Michele Scartezzini.

Quest’anno non è stata una partecipazione casuale e banale quella del ragazzone di Verbania. Giovedì 4 agosto, giorno della sua prima serata alla kermesse, il velodromo Pavesi era stracolmo per celebrare un anno esatto dalla vittoria dell’oro olimpico del quartetto azzurro nell’inseguimento a squadre a Tokyo. C’era anche Lamon insieme a Ganna a ricevere il meritato tributo, mentre Consonni e Milan erano impegnati al Tour de Pologne.

Le emozioni rivissute grazie alle immagini del maxischermo di quella finale hanno poi lasciato il posto all’adrenalina che si vive su un anello di cemento o legno. Però noi sfruttiamo una pausa dovuta ad un acquazzone per parlare col campione del mondo e d’Italia a crono sotto il tendone delle squadre. Ganna ci appare più magro e tirato del solito anche se lui ci garantisce che sia solo l’effetto del Tour. E iniziamo a chiacchierare…

Com’è andata l’esperienza della madison?

L’avevo fatta proprio qua a Fiorenzuola da allievo. E’ stato particolare rifarla a distanza di tempo, anche perché vederla in televisione ovviamente è diversa che correrla. Ho dovuto prenderci le misure, soprattutto la prima sera, ma mi sono fidato di Scartezzini e della sua esperienza. E’ un valido compagno e la cosa ci ha salvato.

La previsione è quella di poterla fare in competizioni con la nazionale?

Non penso al momento. Questi tre giorni erano da prendere più come esperienza. E vedere le sensazioni post gara. Al mattino ci allenavamo a Montichiari con lavori di forza. Non correrò gli europei su pista, quindi gli obiettivi saranno più avanti, al mondiale. Però vedremo che disciplina farò, magari non avrò nemmeno i punti per farlo (sorride, ndr).

Su strada farai europei in linea mentre al mondiale correrai entrambe le prove.

A Monaco ci saranno Dainese e Nizzolo come velocisti designati, poi vedremo come si svolgerà la corsa. Magari può esserci una fuga e a quel punto bisognerà tenere coperti i due ragazzi. Il mondiale invece è sempre un mondiale. Sarà duro, con più di quattromila metri di dislivello. Staremo a vedere anche lì, adesso manca ancora tanto e abbiamo tempo per pensarci.

Ed in vista della crono iridata hai già iniziato a pensare alla preparazione?

So che il percorso ha tante curve e tanti rilanci. E’ una cronometro un po’ atipica. Personalmente sono più da prova più lineare dove c’è da esprimere un wattaggio costante. Non so ancora se farò lavori specifici, bisogna chiedere a Cioni (il suo diesse e preparatore alla Ineos Grenadiers, ndr). Rispetto le decisioni del capo (dice sorridendo, ndr).

Com’è stato invece il tuo primo Tour de France?

Duro, come credo per il novanta per cento del gruppo. Lo è stato anche di più, se possibile, perché dovevamo evitare il Covid. C’è stata gente che si è ritirata o non è partita per il virus anche l’ultimo giorno a Parigi. Diciamo che già arrivare alla fine schivando il Covid era già un buon risultato. Siamo riusciti a fare classifica con G (Geraint Thomas, come viene chiamato il gallese dai suoi compagni, ndr). Chiudendo terzo ha dimostrato che è il campione che merita di essere.

Quel giorno in fuga cosa ti ha dato?

Niente, solo tanta fatica (ride, ndr). E tanto mal di gambe soprattutto il giorno dopo. No, come avevo già detto, quel giorno a Saint Etienne non ne avevo più nel finale quando è partito Pedersen.

E la crono invece ti ha fornito qualche indicazione?

Ho fatto quello che dovevo fare. Ho chiuso quinto e non posso recriminarmi nulla, semplicemente c’è stato chi è andato più forte. Ho espresso i miei soliti valori e non sono troppo preoccupato per il futuro però è ovvio che ci sia qualcosa da migliorare.

Che differenze hai trovato rispetto al Giro?

Il caldo principalmente. Lo soffro tanto io e questo può avere influito sulle mie prestazioni. La grandezza del Tour però implica anche avere tanti corridori all’altezza, così come al Giro che è una corsa importantissima. Però il livello era quello che mi aspettavo. Alto e duro come mi era stato detto. Ecco, ho sofferto un po’ tanto (sorride, ndr).

Tutti parlano del record dell’Ora. A noi sembra una forzatura in questo momento. Tu cosa ne pensi?

In realtà siete voi giornalisti che continuate a chiedermi se e quando lo farò. Personalmente io ne faccio a meno volentieri, non mi interessa molto. Sì, un giorno si farà ma adesso pensare di mettermi lì per un’ora a pedalare non è un mio obiettivo. I record sono fatti per essere infranti, come è successo con l’inseguimento individuale. Avevo fatto il primato con 4’01” e tutti a dire che era imbattibile, poi Lambie qualche mese dopo ha fatto meglio di due secondi. Qualcuno dice che è una prova estrema il record dell’Ora, ma vi dico che lo sono anche ventuno giorni al Tour.

Quinto posto per Ganna nella crono di Rocamadour alla 20ª tappa. Buona prova ma forse si aspettava qualcosa di più
Quinto posto per Ganna nella crono di Rocamadour alla 20ª tappa
Prossime gare col team?

Farò la classica di Amburgo il 21 agosto e il Deutschland Tour dal 24 al 28 agosto. Vedremo giorno per giorno come si metterà, magari ci sarà un leader. Vedremo anche come ci organizzeremo con la squadra.

Il ciclomercato ti dava in uscita dalla Ineos poi hai firmato un rinnovo fino al 2027 con la tua formazione. Quali sono i nuovi obiettivi?

Intanto bisogna dire che il 2022 non è finito e ci sono ancora cose da fare. Poi penseremo a tutte le stagioni successive. Naturalmente questo prolungamento di contratto mi fa molto piacere e mette più serenità per lavorare al meglio. So che dovrò pedalare e allenarmi bene senza avere altri pensieri.

EDITORIALE / Il nuovo ciclismo, poche corse e tante vittorie

08.08.2022
4 min
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E’ nato un nuovo ciclismo. Quello delle poche gare e delle tante vittorie. Evenepoel è maestro, ma anche Van Aert, Roglic e lo stesso Vingegaard sono allineati sulla stessa strada. Come loro, Pogacar.

In attesa di un altro cambio di direzione, sta avvenendo quello che la nascita dell’allora ProTour suggeriva: i grandi campioni nelle grandi corse, tutti gli altri a dividersi il resto. E non sarebbe neanche male, a pensarci bene, perché darebbe nuova linfa a gare dimenticate e sarebbe garanzia di spettacolo ad alta tensione in quelle più importanti. 

Modello Evenepoel

Evenepoel è l’emblema di questo nuovo ciclismo, perché dopo i campionati nazionali è rimasto a lungo senza correre. E’ rientrato a San Sebastian 34 giorni dopo e ha vinto. Nel frattempo ha trascorso tre settimane in altura, in un regime di vita super controllato che prevede allenamenti mai casuali, simulazioni di gara dietro moto, alimentazione customizzata uomo per uomo, in modo da essere certi dell’alto livello della prestazione. La scienza applicata al ciclismo ha portato vantaggi un tempo inimmaginabili, grazie ai quali i corridori di vertice e i loro gregari riescono a raggiungere standard pazzeschi anche senza sfinirsi di gara in gara.

Quick Step-Alpha Vinyl a Livigno: se tutta la squadra si allena così, ogni corridore sarà super preparato
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Gruppo più forte

Se tutti lavorano a questo modo, si può essere certi che le prestazioni in gruppo continueranno a crescere, di pari passo con lo sviluppo tecnologico, che porta a realizzare biciclette più leggere, ruote più veloci, freni più efficienti, capi di abbigliamento meno resistenti all’aria e tutto un mondo che rende i corridori macchine pressoché perfette.

Quando si analizzano le medie delle corse, è superficiale stupirsi per il fatto che si battano oggi le medie orarie rispetto al ciclismo degli anni 90: sarebbe anomalo se questo non accadesse. Può rimanere imbattuto il tempo di qualche salita, ma il livellamento verso l’alto di tutto il gruppo è palese. I corridori sono capaci di prestazioni clamorose pur non essendo capitani. Allo stesso tempo, è palese quanto sia più difficile per i campioni produrre differenze, per gli atleti professional tenere il ritmo e per i neopro’ inserirsi alla svelta.

Cervèlo, più Santini e Vision: piccolo assaggio di quali colossi abbiano lavorato per Vingegaard al Tour
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Progresso da pagare

Chiaramente tanto progresso va pagato, per cui il solco fra squadroni ricchi e gli altri si scava ancor di più. Fino a qualche tempo fa Specialized aveva l’esclusiva di certe attenzioni e certi sviluppi. Cavendish è tornato a vincere rientrando alla Quick Step e ha il cuore in lacrime all’idea di doversene andare. Gli ultimi mesi tuttavia hanno portato alla ribalta gli sforzi economici di altri grandi marchi che supportano altrettanti squadroni: bici e componenti. Dietro c’è un mondo, popolato di ruote, manubri, caschi e gallerie del vento che si aggiornano in continuazione.

Il lavoro di Cervèlo per Jumbo Visma ha lasciato il segno al Tour. Quello di Colnago per UAE Team Emirates ha dato una svolta nettissima al UAE Team Emirates. Giant, Trek, Cannondale e Canyon hanno il prodotto ma non ancora atleti top in grado di valorizzarlo. Invece il Team Ineos con Pinarello è il quarto tenore sul palcoscenico del WorldTour.

Ganna ha rinnovato con Ineos fino al 2027: crescita e sviluppo tecnico vanno di pari passo
Ganna ha rinnovato con Ineos fino al 2027: crescita e sviluppo tecnico vanno di pari passo

Forse anche per questo Ganna ha scelto di rimanere nel team britannico fino al 2027. I suoi progetti di crono e Ora, unitamente a quelli olimpici con la nazionale non sono pacchetti replicabili in qualsiasi altra squadra.

Si va verso lo standard della Formula Uno. I soldi te li possono dare in tanti, ma i materiali vincenti sono appannaggio di pochi. E se un tempo prendevano i soldi poi cercavano di adattarsi, oggi l’attenzione verso i materiali e gli altri supporti è cruciale. E’ il nuovo corso, chi non sale sul treno resta indietro.

Nei pensieri di Ganna, di nuovo battuto da Van Aert

23.07.2022
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A quanto pare la differenza l’ha fatta solo ed esclusivamente la condizione fisica. E’ stata questa a decretare il distacco fra Wout Van Aert e Filippo Ganna. E a dirlo sono i cittì azzurri che più sono a contatto con il campione del mondo contro il tempo. 

A Rocamadour il fenomeno della Jumbo Visma ha rifilato 42” al portacolori della Ineos Grenadiers. Sembrava andare come sempre. Van Aert in testa al primo intermedio, una flessione nel secondo e poi il consueto finale a vantaggio di Pippo. Invece stavolta non è andata così.

Dopo 20 tappe

A Copenhagen c’era da percorrere un tracciato super piatto di 13,2 chilometri, oggi uno di 40,7 molto ondulato. I dislivelli a confronto? Appena 21 metri per la prova in Danimarca, 440 per quella in Francia. Freddo e pioggia nella prima, asciutto e caldo nella seconda.

Come cambia l’approccio in questi casi e dopo tre settimane in giro per “mezza Europa”?

«Il fatto che il percorso fosse ondulato e tortuoso non ha avvantaggiato Van Aert – dice Marco Velo, il cittì della crono – Pippo è migliorato moltissimo nella guida… almeno su asciutto. Discorso diverso se fosse stato bagnato. In quel caso con un baricentro un po’ più alto magari avrebbe pagato qualcosa».

«Sono due approcci un po’ diversi. Quello mentale magari è lo stesso, ma quello fisico è differente. Cambia la condizione. Spesso si è visto che alla fine di un grande Giro anche chi non è uno specialista ha fatto delle buone prove contro il tempo».

«Quest’anno la condizione contava ancora di più visto il caldo incontrato tappa dopo tappa e i ritmi folli. E Van Aert come si è visto aveva una condizione migliore. Okay, Pippo ha risparmiato qualcosa nelle tappe di montagna e Van Aert è dovuto stare sempre davanti, ma quando si sta bene certi sforzi si sopportano meglio.

«Poi mettiamoci che Pippo non è mai stato super, super in questo Tour».

Verso l’iride

Ecco, quest’ultimo punto potrebbe essere un “campanello d’allarme”, ma non per Velo che invece lo prende come uno spunto positivo.

«Il fatto che Ganna non sia stato super mi fa ben sperare per il mondiale. Van Aert va forte già da un po’ e magari calerà. Un po’ come a Leuven lo scorso anno, quando arrivò da super favorito. E il trend mi sembra, e spero, possa essere lo stesso».

Velo nomina il mondiale ma non l’europeo a crono. Ganna infatti non correrà per il titolo continentale a metà agosto. Ha già in programma di fare scarico. E neanche Affini sarà della partita: la Vuelta è troppo vicina. Le speranze dovrebbero essere riposte in Cattaneo e Sobrero.

C’è un elemento però che ci incuriosisce analizzare. Come abbiamo detto all’inizio, dopo la consueta partenza sprint di Van Aert stavolta il belga ha tenuto e addirittura ha guadagnato nel finale, questo potrà incidere nella psicologia di Ganna?

«Un po’ sì – riprende Velo – ma soprattutto mentre si pedala. In quel caso contano anche 2”, come accadde al mondiale. Pippo era dietro al primo intermedio, poi recuperò qualche secondo e nel finale volò via. Senza contare che lui vuole sempre essere stimolato. Una volta dopo una gara mi disse: “Non mi hai parlato per trenta secondi”!».

Flanders 2021: per il secondo anno consecutivo Ganna ha battuto Van Aert al mondiale
Flanders 2021: per il secondo anno consecutivo Ganna ha battuto Van Aert al mondiale

Parola a Villa

E Marco Villa cosa dice? Lui è il cittì che forse lo conosce meglio di chiunque, che sa entrargli nell’animo e leggerlo in profondità.

Per Villa questa “sconfitta” da Van Aert, senza dimenticare che nel mezzo ci sono stati anche Pogacar e Vingegaard, non scalfisce le sicurezze di Ganna.

«Non gli è mancato nulla – dice Villa, tecnico della pista – c’è che è la ventesima tappa e le forze sono quelle che sono. E’ Van Aert che ha volato. Insomma, “questo” ha vinto in volata e ha staccato Pogacar in salita: è in quello stato in cui “non sente la catena”.

«L’ultima crono di un grande Giro non è mai semplice, anche se sei uno specialista e, come ripeto, conta la condizione fisica. In questo momento Van Aert ce l’ha più alta del 30% rispetto a tutti. Sono tre settimane che è in fuga e gli altri si danno i cambi per stargli dietro».

Come reagirà Ganna dopo questo risultato dunque? Ci metterà più grinta? Si abbatterà? Lavorerà di più?

«Niente di tutto questo – conclude Villa – io credo che Pippo sia consapevole di questa situazione. Sa bene che a parità di forze va forte e gli è sempre arrivato davanti. E poi non scordiamo che per lui era il primo Tour».

Ganna inventa e Pedersen conclude nell’afa di Saint Etienne…

15.07.2022
6 min
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A fugare il dubbio che Pedersen abbia fatto una furbata ad attaccare mentre cercava di prendere qualcosa dalla tasca ha pensato lo stesso Ganna, abituato a dire le cose come stanno.

«Volevamo andare in fuga anche oggi – dice il piemontese dopo l’arrivo – e fare una bella cosa per il secondo giorno consecutivo dopo la vittoria di Pidcock. Per questo sono partito, ma quando Pedersen ha attaccato, non ne avevo più tanta. Al momento del suo scatto avevo la mano in tasca per prendere un gel, ma non credo che se l’avessi avuta sul manubrio, sarei riuscito a stargli dietro».

Pippo che tira per i suoi leader alla Ineos Grenadiers. Pippo che manda giù la crono sfumata e si infila nelle fughe. Poi Pippo che punta all’ultima crono, ma forse non gli basta. Infine Pippo che nel primo Tour prende le misure e porta via la fuga con la stessa sicurezza con cui fino a ieri l’ha fatto Van Aert. Pippo che ancora non ha detto tutto.

Un Tour incredibile

E così Mads Pedersen, corridore di 26 anni in maglia Trek-Segafredo, fa sventolare la bandiera danese sul traguardo del Tour, unendosi alla maglia gialla Vingegaard. Lo fa con un’azione che ci ha ricordato i mondiali di Harrogate. Ma mentre in quell’occasione si nascose e puntò sull’effetto sorpresa, questa volta ha indossato i panni del favorito. Ha scremato la fuga. Ha rintuzzato gli allunghi di Houle e Wright e poi li ha staccati in volata. A conferma che gli arrivi ristretti sono il suo forte. Come imparammo a spese di Trentin (e anche nostre, avendoci creduto tanto) in quel mondiale fradicio di tre anni fa.

«E’ un Tour incredibile – dice il vincitore – e vincere questa tappa lo è di più. Sapevo di essere in buona forma e di aver perso alcune opportunità nella prima settimana. Non c’erano molte altre opportunità, per questo è davvero bello essere sul gradino più alto. Non solo per me, ma anche per tutta la squadra. Siamo venuti qui solo con cacciatori di tappe e ora ci siamo riusciti».

La Trek family

La squadra è il filo conduttore. Per questo nei giorni scorsi l’annuncio del rinnovo del contratto è stato celebrato quasi come una vittoria.

«Questa squadra – ha detto nei giorni scorsi – mi ha dato l’opportunità di salire al livello WorldTour. Questo è il mio sesto anno con la Trek-Segafredo e ne ho aggiunti altri tre. Stare con una squadra per nove anni è speciale e questa per me è una seconda famiglia. Ecco perché sono voluto restare. Il nostro gruppo per le classiche si rafforza ogni anno. Aiutare la squadra a migliorare è per me importante».

Partendo da Copenhagen, era lecito aspettarsi che Pedersen pensasse di lasciare il segno. Tuttavia la cifra del Tour 2022 è la follia di certi giorni e di certe andature e occasioni per lui non si sono presentate.

Ganna e Kung, due dei motori più potenti del Tour hanno portato via la fuga
Ganna e Kung, due dei motori più potenti del Tour hanno portato via la fuga

La scelta giusta

Oggi Pedersen ha approfittato del grande forcing di Ganna e Kung, poi ha chiesto a Quinn Simmons di farsi portare nel tentativo e di tirare fino a che ne avesse. E quando il ragazzone di Durango si è spento sull’ultima salita che ha tagliato definitivamente fuori le chance dei velocisti, Pedersen si è ricordato d’essere stato campione del mondo e ha fatto da sé.

«Se la fuga fosse stata composta da più di quattro persone – ha spiegato – il piano era che ci fossimo anche noi. Che ci fossi io. Non sapevamo come le altre squadre avrebbero affrontato l’ultima salita a 45 chilometri dal traguardo e se fossi stato nel gruppo con gli altri velocisti, magari sarei rimasto staccato. Per parecchi chilometri ho pensato che fosse un errore essere in fuga, perché avevamo solo due minuti, ma alla fine si è rivelata la scelta giusta».

La resa di Caleb

I poveri velocisti infatti hanno alzato presto bandiera bianca. Il solo che avrebbe potuto tenere era Caleb Ewan, che però è caduto.

«In realtà oggi mi sentivo davvero bene – dice dopo l’arrivo – avevamo mandato avanti due uomini per controllare la fuga. Poi non so cosa sia successo in quella curva. Non ho potuto evitare la caduta, quindi adesso mi fanno male il ginocchio e la spalla. Ho capito subito che non ce l’avrei fatta. Finora ci sono stati solo due sprint di gruppo, non è sicuramente un buon Tour per i velocisti. In più metteteci la sfortuna! Sono certo che mi riprenderò e speriamo che il vento cambi».

Ewan è caduto e affranto: il Tour non sorride agli uomini veloci
Ewan è caduto e affranto: il Tour non sorride agli uomini veloci

La voce del padrone

Il colpo di grazia agli altri due Pedersen l’ha dato prima attaccando e poi nella volata, anche se Trentin da casa con un messaggio in risposta al nostro ha sottolineato che gli altri due non lo abbiano attaccato davvero a fondo. Forse è vero, forse semplicemente non ne avevano più.

«Non volevo arrivare con troppi corridori – dice – perché altrimenti sarebbe stato troppo difficile controllarli, quindi ho provato ad attaccare e per fortuna il gruppo di testa si è spezzato. Eppure non sono stato sicuro di vincere finché non ho tagliato la linea».

Per Pedersen all’arrivo anche il numero rosso di più combattivo
Per Pedersen all’arrivo anche il numero rosso di più combattivo

Nel segno di Jaja

E mentre nei 31 gradi di Saint Etienne si festeggia un velocista nel giorno in cui i velocisti sono usciti di scena, gli sguardi degli uomini di classifica sono puntati sulla tappa di domani, piena zeppa di salite. Con questo caldo che squaglia l’asfalto e fa scappare le ruote e dopo le fatiche alpine, il giorno di Mende promette di fare male. In quei 3 chilometri al 10 per cento di pendenza media, su cui il 14 luglio del 1995 si impose Laurent Jalabert, l’esplosività di Pogacar potrebbe vedere la prima rivincita su Vingegaard. Anche domani, ragazzi, ci sarà ben più di un motivo per seguire la Grande Boucle.

Tra Ganna e Van Aert s’infila Pogacar, ma vince Lampaert

01.07.2022
5 min
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Quando non è Filippo Ganna è qualcun altro a battere Wout Van Aert! La faccia del campione della Jumbo-Visma che deve lasciare la “hot seat”, la sedia del leader, parla da sola. Il suo connazionale Yves Lampaert lo ha battuto. E lo ha battuto anche bene. 

In Formula 1 le qualifiche ormai avvengono nello stesso momento tra i contendenti. Se piove, piove per tutti. Se è asciutto lo è per tutti. Nel ciclismo, nelle cronometro, non è così. Sport di situazione, si dice.

E la situazione è stata sfavorevole ai due super campioni attesi a Copenhagen. Lampaert e gli altri a seguire hanno corso con un asfalto un po’ meno bagnato. E quel po’ ha fatto una gran differenza. Ma non sminuiamo questo atleta.

Filippo Ganna, ha chiuso al quarto posto a 10″ da Lampaert
Filippo Ganna, ha chiuso al quarto posto a 10″ da Lampaert

Ganna battuto

Partiamo dal duello stellare: Ganna e Van Aert.

Pippo e Wout sono separati da soli 60” sulla rampa di partenza. Si marcano stretti sin dalla vigilia. Cercano il meteo buono. Così almeno dicevano le previsioni. L’acquazzone invece ha anticipato.

Una grande agilità per l’iridato, il quale non potendo scaricare a terra i suoi cavalli all’uscita delle curve, punta molto sull’alta cadenza per poi far scendere la catena sui pignoni più piccoli e duri. Non è male, anzi… quando taglia il traguardo è anche primo. Ma la gioia dura solo 55”, visto che Van Aert gli partiva dietro. 

Sì, la gomma posteriore di Ganna ha perso pressione. A fine gara si vedeva il liquido che fuoriusciva dalla gomma, ma bisogna capire quando ha forato. Di certo questo non ha aiutato il campione del mondo contro il tempo. Il quale, tra l’altro, con grande onestà ha ammesso che questo foro non ha inciso.

Wout Van Aert è stato beffato dal connazionale
Wout Van Aert è stato beffato dal connazionale, un vera furia nel finale

Spunta il crossista

Wout è stato bravissimo, va detto. La differenza fra lui e Ganna l’ha fatta la sua attitudine con il ciclocross, esattamente come aveva detto Adriano Malori, sia per i rilanci, sia per la capacità di guida… in questo caso amplificata dall’asfalto bagnato.

Van Aert crossista ma anche cronoman. Spianato, potente e stavolta in crescendo regolare dalla rampa di partenza fino alla linea d’arrivo. Nessun problema di gestione.

Giusto a ridosso del via era stato presentato il manubrio, Vision. Si tratta di un’estensione aerodinamica (e leggerissima, 120 grammi) in carbonio completamente personalizzata. Una protesi che gli ha consentito di guidare meglio la sua Cervélo da crono. E a quanto pare ci è riuscito.

Pogacar c’è

La giornata è un continuo susseguirsi di sorprese. Il vento che c’è, poi cala e infine torna a rinforzarsi. Il duello Van Aert-Ganna nel quale s’infila quel folletto spaziale che è Tadej Pogacar. E lui sì che ha guidato con margine. Il numero uno del Tour avrà fatto solo quattro o cinque curve delle 25 previste con le mani sulle protesi, altrimenti le aveva sempre sui freni.

Dall’ammiraglia Hauptman lo ha domato per bene. Imperativo: nessun rischio, anche perché di fatto non avevano mai provato col bagnato. 

E poi Bisseger che scivola due volte. Laporte che batte tutti all’intermedio (è suo il miglior tempo a fine corsa) per poi finire a terra anche lui.

Quella che doveva essere una sfida al “computer” si trasforma in una roulette.

Lampaert, passistone fiammingo di 1,80 in azione a Copenhagen
Lampaert, passistone fiammingo di 1,80 in azione a Copenhagen

Bravo Lampaert

E dalla roulette esce Yves Lampaert. Uno bravo, uno forte, uno che ha vinto il titolo nazionale contro il tempo due volte. Ma anche uno che non era affatto nei pronostici.

Però il ciclismo è anche questo e di certo il ragazzo della Quick Step-Alpha Vinyl non ha rubato nulla. Ha sfruttato al meglio la minor presenza di acqua sull’asfalto e, forse, del vento nel finale. All’intermedio era 2” dietro rispetto a Van Aert. All’arrivo 5” avanti. Un gap di 7”.

Tuttavia Bettiol ha smentito questa tesi. Per lui, il vento per coloro che sono partiti dopo la pioggia era anche più forte nel finale. Insomma, il dubbio resta.

L’asfalto però era bagnato. Quantomeno Lampaert ha massimizzato il fatto di non avere le goccioline sugli occhiali.

«Altroché – dice Lampaert piangendo di gioia – l’asfalto era bagnato. C’erano delle grandi pozzanghere, spesso anche in curva. E così mi dicevo: spingi Yves, spingi…».

Il belga sapeva di avere una grande occasione a portata di mano. Ma andava colta. E non era facile.

Yves, incredulo sul podio prima di vestirsi di giallo
Yves, incredulo sul podio prima di vestirsi di giallo

Gioia per il Belgio

Andava colta con tanta forza e qualche rischio. Cose che Lampaert ha messo entrambe nella sua prestazione.

«Se penso chi ho battuto: Van Aert, Pogacar, Van der Poel… non ci credo. E non credo ci riuscirò fino almeno a lunedì, quando ci sarà il giorno di riposo.

«E’ bellissimo – riprende il fiammingo – per me, per la squadra, per il mio amico Declercq che è dovuto tornare a casa per il covid, per il Belgio… Io pensavo di poter arrivare tra i primi dieci e invece sono qui in maglia gialla».

Ma già si guarda a domani. Lampaert non è una sorpresa totale. Aveva vinto anche la crono all’ultimo Giro di Svizzera. E’ un ragazzo costante e se Lefevere s’impunta per portarlo al Tour un motivo ci sarà. 

E potrebbe non essere finita. Domani si annunciano i ventagli e Yves corre nella Quick Step-Alpha Vinyl che di ventagli ne sa qualcosa.

Tre ore alla crono, ragionamenti tecnici su Van Aert

01.07.2022
5 min
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Un’altra sfida fra quei due, dopo la crono di Bruges che fece piangere (simbolicamente ma neanche troppo) Van Aert ed Evenepoel, attoniti sul podio alle spalle di Ganna. Da allora non ci sono più state occasioni di scontro ad alta tensione, ad eccezione della crono del Delfinato, vinta da Ganna con 2″ sul belga. Ma oggi che c’è in palio la prima maglia gialla del Tour, evidentemente le motivazioni somigliano a quelle di settembre sul Mare del Nord.

Van Aert in azione nella crono del Delfinato di 31,9 chilometri, battuto solo da Ganna per 2″
Van Aert in azione nella crono del Delfinato di 31,9 chilometri, battuto solo da Ganna per 2″

Tre partenze stellari

Alla vigilia della partenza del Tour, Van Aert avrà una lepre d’eccezione: lo stesso Filippo Ganna che gli rovinò il giorno del mondiale. L’italiano partirà alle 17,03, il belga un minuto dopo, con Pogacar subito dietro.

Martin Heijboer, coach della Jumbo Visma ieri ha fatto il punto tecnico sul suo corridore con i giornalisti fiamminghi, cercando di spiegare e forse anche di capire come si giocherà la sfida. Ovviamente non ha detto tutto, ma ha lasciato intuire che dai numeri in suo possesso, il belga del Team Jumbo Visma potrebbe avere le carte per sovvertire un pronostico che parrebbe già scritto.

Mathieu Heijboer è il preparatore che segue i corridori di punta del team (foto Jumbo-Visma)
Mathieu Heijboer è il preparatore che segue i corridori di punta del team (foto Jumbo-Visma)
In che misura il percorso della crono si addice a Van Aert per puntare al giallo?

E’ abbastanza tecnico, con 22 curve. Dobbiamo ancora capire in che modo piazzeranno esattamente le transenne, perché questo potrebbe cambiare un po’ lo spazio e la velocità in curva, quindi lo vedremo sicuramente domattina (oggi, ndr). E’ una cronometro che gli piace molto. Se avesse dovuto disegnare lui il percorso, l’avrebbe allungata un po’, per sfruttare di più la sua potenza. Ma Wout è così versatile che saprà esprimersi anche su una distanza più breve.

Ti aspetti un altro duello con Ganna?

Proprio per la distanza inferiore, dovremo tenere conto di più concorrenti. E’ sicuro al 100 per cento che Ganna sia il favorito in assoluto, ma Bissegger può essere un cliente molto pericoloso. Bisogna fare attenzione a Küng e forse anche ad Asgreen, che corre sulle strade di casa, anche se non ha avuto un avvicinamento ideale.

Anche Ganna appare molto concentrato e in condizione. Qui sorride alla presentazione delle squadre
Anche Ganna appare molto concentrato e in condizione. Qui sorride alla presentazione delle squadre
Siete intervenuti sulla posizione e la bicicletta di Van Aert?

E’ la stessa dall’inverno scorso. Abbiamo svolto sessioni approfondite e quando si apportano modifiche, è importante abituarsi e non cambiare tanto presto. Devi allenarti e trovare confidenza, stabilità e forza. Devi essere capace di mantenere al meglio e a lungo la posizione, sono aspetti importanti. Solo il manubrio da crono è stato leggermente rinnovato. Una regolazione minima per le mani che non incide sulla posizione. La presa ora è leggermente più ergonomica e questo rende ancora più facile impugnarlo.

C’è un tratto in cui Van Aert può fare la differenza su Ganna?

Dipenderà principalmente dalla condizione nel giorno di gara. Noi siamo fiduciosi di avere una super giornata. Se è così, vittoria o sconfitta dipenderanno dai dettagli più piccoli. Abbiamo in mente un pacchetto di soluzioni che abbiamo adottato, per cui Wout potrebbe vincere. Inutile dire che non posso parlarne.

Pochi considerano tra i favoriti Van der Poel, ma Mathieu si avvicina sornione
Pochi considerano tra i favoriti Van der Poel, ma Mathieu si avvicina sornione
Van Aert si è allenato molto sulla sua bici da cronometro negli ultimi tempi?

Non tanto fino alla primavera, ma dal ritiro di Sierra Nevada, è andato sulla sua bici da crono almeno due volte a settimana.

C’è di buono che se anche non vincesse la crono, potrebbe prendere la maglia con gli abbuoni nei giorni successivi…

Abbiamo elaborato una strategia anche per questo. Abbiamo riflettuto a lungo su come suddividere le energie tra sprint intermedi e finali, ma alla fine puoi farne un piano concreto solo il giorno della gara.

Un tuttofare come Van Aert si allena ancora negli sprint?

Abbiamo aumentato la frequenza di questi allenamenti nel suo programma settimanale. Principalmente gli sprint più lunghi, perché sono la sua forza. Spesso li alterniamo con alcuni più brevi alla fine di un allenamento. Abbiamo già visto al Delfinato che quegli allenamenti hanno dato i loro frutti.

Cercate principalmente di aumentare il picco di potenza o la durata del suo sprint, mantenendo una velocità elevata il più a lungo possibile?

Per Wout, si tratta principalmente di mantenere la sua velocità di sprint per un tratto più lungo. Aumentare la sua potenza di picco significherebbe anche allenarsi per la forza. Però metterebbe massa muscolare extra, quindi aumenterebbe anche il peso e sarebbe svantaggioso in altre aree. La differenza tra Wout e i velocisti tipici è che può mantenere la sua velocità molto a lungo. E il suo sprint ha un calo minore dopo le tappe più dure. Abbiamo cercato di affilare il più possibile queste armi per essere all’altezza della maglia verde.

Nuova Pinarello Bolide F: appena nata, è già vincente

30.06.2022
5 min
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La nuova Pinarello Bolide F, l’abbiamo immaginata e vista, poi abbiamo atteso la sua ufficializzazione. Siamo a ridosso del Tour de France e puntuale, nel momento in cui Filippo Ganna la utilizzerà durante il suo assalto alla prima maglia gialla, la casa veneta entra nel dettaglio della nuova bici da crono.

Quando abbiamo pubblicato un approfondimento tecnico sull’aerodinamica delle biciclette, tra le varie considerazioni, una ci è rimasta impressa.

«Dal punto di vista commerciale – disse Federico Sbrissa della casa trevigiana – le vendite sono molto limitate e il ritorno è una questione di immagine del brand. Per Pinarello vale comunque la pena investire in questa categoria».

Tradotto, per un racing brand come Pinarello ci sono fattori che vanno oltre il business vero e proprio. La ricerca, lo sviluppo e fornire i materiali di altissimo livelli agli atleti più vincenti, sono una parte integrante di questa filosofia.

Ganna, campionati italiani crono in Friuli: si vede la forcella che spancia lateralmente
Ganna, tricolori crono in Friuli: si vede la forcella che spancia lateralmente

Accadde nel lontano 2013

Era l’epoca del Team Sky. C’erano Sir Bradley Wiggins e la necessità di sviluppare una bicicletta TT in grado di soddisfare le esigenze di un pool di professionisti forti dal punto di vista atletico, estremamente autorevoli nella tecnica e nella cura dei dettagli. C’era la necessità di rendere ancor più veloci dei corridori già velocissimi.

La prima Bolide nasce nel 2013 e nel 2015 entra nella storia con la versione HR, quella del record dell’Ora. Nel 2016 la prima evoluzione, con la Bolide TT, il progetto che ha accompagnato Ganna alla conquista di successi straordinari. E’ passato poco più di un lustro. Ora c’è il team Ineos-Grenadiers, c’è ancora Filippo Ganna fresco campione italiano della crono e c’è anche una versione tutta nuova della Bolide, che adotta il suffisso F (fastest bike ever, la bici più veloce di sempre).

CFD di nuova generazione

Lo sviluppo della Bolide F parte da un sistema CFD (Computational Fluid Dynamics) di ultima generazione, che mette insieme diversi criteri di valutazione e fa collimare i dati ai reali processi di produzione, Ma c’è altro…

L’implementazione dello studio di penetrazione dello spazio ha permesso di migliorare alcune sezioni della bicicletta, aumentando ulteriormente l’efficienza aerodinamica della precedente versione. Il piantone e il reggisella, tutto il carro con i suoi fendenti sono stati disegnati per adattarsi al meglio ai freni a disco, ottimizzando inoltre il sistema bicicletta/corridore. Lo schema utilizzato da PinaLab (e dal nuovo protocollo CFD) per la nuova Bolide F considera le variabili che si generano su sette angolazioni differenti e ben otto posizioni dell’atleta. Vengono considerate anche le potenze espresse dal corridore.

Le prime apparizioni della Bolide F, tra Tour de Suisse e Delfinato (foto Getty Images Pinarello)
Le prime comparse della Bolide F, tra Tour of Suisse e Delfinato (foto Getty Images Pinarello)

I punti chiave del progetto

L’ingresso dei freni a disco non ha solo obbligato a variare alcuni concetti di design delle tubazioni e sezioni della bicicletta, ci sono da considerare anche ruote e gomme. La Pinarello Bolide F è ottimizzata per l’impiego degli pneumatici da 28 millimetri e si adatta anche alla tendenza di avere ruote più “panciute” e con i canali interni più larghi.

Sono state riviste le forme delle appendici e il punto di ancoraggio all’attacco. In questo punto della bicicletta il drag è stato migliorato del 3%. Inoltre, sempre in merito al comparto del manubrio, è stato necessario un percorso di sviluppo differente, rispetto a quello dedicato a telaio e forcella.

Le appendici sono personalizzate in base alle caratteristiche degli atleti e prendono forma grazie ad una scannerizzazione del corridore: sono custom. Sono in titanio e stampate 3D, un processo molto costoso, ma che garantisce delle performances elevatissime. Ci sono due aziende in grado di sviluppare un prodotto di questa caratura: una in Italia, la seconda in UK.

Bolide F è più rigida del 17% nella zona del movimento centrale. Nei pressi del tubo sterzo la rigidità è stata aumentata del 7%. La forcella ha una rigidità superiore del 12% e del 5% lateralmente. Queste valutazioni non sono state eseguite esclusivamente sul materiale in un momento di staticità, ma considerando un’azione di 550 watt, valore accostabile a quello espresso da Ganna.

Caratteristica la sagomatura dell’obliquo che “accompagna” la ruota
Caratteristica la sagomatura dell’obliquo che “accompagna” la ruota

Il telaio è asimmetrico

Il telaio asimmetrico è una sorta di marchio di fabbrica, soluzione che viene mutuata dalla famiglia Dogma, così come la scatola del movimento centrale, filettata e con passo italiano. Il carbonio utilizzato è della serie M40X di Toray. E’ tutta in carbonio anche la forcella, specifica per il progetto Bolide F, che prende il nome di Onda TT fork. Il carro posteriore e la forcella danno spazio a pneumatici fino a 28 millimetri di sezione e la bicicletta è ovviamente approvata UCI.

Il telaio asimmetrico appartiene al DNA Pinarello
Il telaio asimmetrico appartiene al DNA Pinarello

Anche più leggera

A parità di taglia, una 55, il frame-kit (telaio, forcella, reggisella e serie sterzo, oltre alle guaine idrauliche dei freni) della nuova Bolide ha un valore alla bilancia dichiarato di 2.265 grammi (1.100 grammi il solo telaio, non verniciato). La versione più anziana con freni tradizionali arrivava a 2.435 (170 grammi di differenza). Viene prodotta in quattro taglie: 45, 48,5, 52 e 55. tutte le misure hanno in comune l’angolo del piantone a 77°, mentre l’apertura dell’avantreno varia tra i 72° e 73° (dal telaio più piccolo a quello maggiore).

Pinarello

Prima crono del Tour. Rilanci decisivi e un altro duello fra loro

28.06.2022
5 min
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Adriano Malori ci porta nella crono di apertura del Tour de France. Un po’ come abbiamo fatto ieri con Ballan per quanto riguarda il pavé, stavolta lo facciamo per la prova contro il tempo.

Chi sono i favoriti per il percorso di Copenaghen? E perché? “Malo” scende subito nel dettaglio. E prima ancora che glielo avessimo chiesto, già aveva studiato bene il tracciato danese.

La planimetria della crono di Copenaghen: dislivello impercettibile, distanza di 13,2 km (immagine Letour.fr)
La planimetria del percorso della crono di Copenaghen: dislivello impercettibile, distanza 13,2 km (immagine Letour.fr)
Adriano, che cronometro sarà?

Sarà una crono per la quale servirà tanta potenza, ma anche tanta capacità di guida. Dalla mappa non si capisce bene quanto la strada sia larga o stretta, e quindi quanto si possano fare forte le curve, ma di sicuro non è una crono filante. Non è come se fosse sull’argine del Po da Cremona a Brescello!

Come si dovrà gestire?

E’ importante partire forte e subito belli caldi. Con una quindicina di curve nei primi 5 chilometri basta perdere un secondo a svolta che già si sono accumulati quindici secondi, che sono un’eternità su una crono di 13 chilometri. Il punto chiave a mio avviso c’è a metà corsa. La strada fa una sorta d’imbuto. E’ dritta, o comunque lineare per 1,7 chilometri. Lì si può spingere forte. Chi è dietro di un paio di secondi può recuperare.

Nel complesso quindi è una crono veloce?

Abbastanza, è piatta e poi, ripeto, bisogna capire la reale larghezza della strada. Piuttosto, per me influirà non poco il vento. Perché nel finale si costeggia il mare, si pedala in spazi più aperti, mentre in città si è più riparati. Se i primi partono senza vento e poi questo dovesse cambiare, nel finale si perderebbe un bel po’ di tempo. Le energie che si sprecano prima poi presentano il conto in caso di vento contrario.

Adriano, passiamo in rassegna i favoriti. I primi due sono scontati, immaginiamo…

Assolutamente sì. Filippo Ganna e Wout Van Aert: sono loro i favoriti e visto il percorso io li metto alla pari. Pippo è più forte nel gesto, però su un tracciato con così tanti rilanci Van Aert può far valere le sue doti di crossista. E’ più abituato a rilanciare. In più lui nelle crono, quelle più lunghe, ha mostrato dei limiti in quanto alla gestione. Partiva forte, poi rallentava, poi riprendeva… Non era regolare. Su questo percorso il problema della gestione non si pone. E poi sa lavorare in acido lattico più di Pippo. Però non scordiamo gli allenamenti che hanno fatto i due per arrivare al Tour?

Cioè?

Pippo ha puntato questa crono. Ha lavorato quasi esclusivamente per questa prova. Van Aert ha dovuto lavorare anche per le salite dove dovrà aiutare Roglic.

Per Malori Thomas è troppo “rigido” per una crono così. Tuttavia si potrà difendere bene contro gli uomini di classifica
Per Malori Thomas è troppo “rigido” per una crono così. Tuttavia si potrà difendere bene contro gli uomini di classifica
Altri pretendenti?

Tra i cronoman metto Kung, ma lo vedo una tacca al di sotto di Pippo e Wout. Lui manca di continuità. Se ci fate caso fa una crono bene e una o due “male”. Aveva fatto bene nella crono del Tour scorso e poi ha steccato le Olimpiadi. Ha vinto l’Europeo e ha sbagliato il mondiale. Chiaramente è forte e segue i primi due.

E tra Pogacar e Roglic?

Vedo meglio Pogacar su questo tracciato, visto che non ci sono dei lunghi tratti in cui si può spingere a tutta. Ci sono dei rilanci o quantomeno delle curve nelle quali devi smettere di pedalare, questo è sicuro. Roglic potrebbe perdere qualcosina nei suoi confronti. Dalla sua però Primoz ha il fatto che va agile e può rilanciare bene. Entrambi potranno guadagnare qualcosa sugli altri uomini di classifica: Thomas, Adam Yates, Mas… Loro per me partono già con 30” di ritardo. Thomas forse un po’ meno. Comunque Pogacar magari potrà fare un quarto-sesto posto e Roglic appena dietro.

Eppure Thomas va forte a crono…

Sì, ma è parecchio “legato” nelle curve e nei rilanci. Questa è una crono che si vince nei rilanci. Saranno questi l’ago della bilancia. Tu arrivi all’ingresso in curva a 60 all’ora, fai la curva a 40 e poi ti rimetti a 60 all’ora. Ecco, chi impiegherà meno tempo per riportare la velocità da 40 a 60 all’ora vincerà questa crono.

Malori impegnato nella crono di apertura del Tour ad Utrecht nel 2015
Malori impegnato nella crono di apertura del Tour ad Utrecht nel 2015
E’ paragonabile alla crono di apertura di Torino dello scorso anno?

No, quella era più filante. Semmai la paragonerei a quella di Utrecht, che aprì il Tour del 2015. E’ una crono che va affrontata “cattivi a bestia”. Io stavo bene, andai forte. Entravo e facevo le curve come un elicottero, ma nei rilanci ero una mozzarella di bufala campana! Chiusi ottavo a 29″ da Rohan Dennis.

Facciamo del fantaciclismo! Potendo includere anche i cronoman dell’era moderna, diciamo degli ultimi 30 anni da Indurain in poi, chi sarebbe il corridore perfetto per questa gara?

Cancellara – risponde secco Malori – lui è il cronoman perfetto. Il più grande della storia per me. Aveva grande potenza, andando agile rilanciava benissimo e guidava la bici da crono come pochi altri.