Tadej a mani basse. Ma zitto, zitto Ciccone…

10.03.2022
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La vera notizia che arriva da Bellante, quarta tappa della Tirreno-Adriatico, non è la vittoria di Tadej Pogacar, a quella ci siamo ormai “abituati” è il crudele destino che spetta ai super numero uno. Per loro c’è solo la vittoria. E lo sloveno non ha tradito le attese, ciò che molti danno appunto per scontato, ma che scontato non è.

Prima parte di gara tra l’Appennino reatino. Si è pedalato tra il Terminillo e il Monte Gorzano
Prima parte di gara tra l’Appennino reatino. Si è pedalato tra il Terminillo e il Monte Gorzano

Destini incrociati

Ma quindi qual è la notizia di giornata? La news del giorno è Giulio Ciccone. Finalmente si è rivisto l’abruzzese. Saranno state le strade di casa, sarà che le cose stanno finalmente girando per il verso giusto, ma Cicco si è incollato alla ruota di Pogacar e l’ha tenuta finché ha potuto.

Si vedeva proprio. Lo marcava stretto. Aveva battezzato la sua ruota, come di solito si vede fare tra i velocisti. Per i suoi (tanti) tifosi questa è musica.

Destini incrociati tra i due: uno condannato a vincere, l’altro che ha una voglia di riscatto incredibile. Un quinto posto che vale tanto. per certi aspetti più della vittoria di Tadej. Bisogna pensare anche che Cicco ha fatto molta base e pochissimi lavori esplosivi. I fuorigiri li ha fatti quasi solo in gara (oggi era il 10° giorno di corsa della stagione).

La lucidità di Tadej

I tre chilometri di salita finale verso Bellante sono stati poco meno di 8′ intensi. Quasi come un Poggio a San Remo. Pogacar il re che controllava, tutti gli altri erano coloro che cercavano di spodestarlo. Lui aspettava solo il momento dell’attacco. Ed è incredibile la descrizione che fa e la lucidità con cuoi la fa.

«Ci sono stati chilometri veloci nell ‘approccio all’ultima salita – spiega il capitano del UAE Team Emirates – ma Soler ed io abbiamo sempre risposto bene. Ho sempre controllato tutto. C’erano molti corridori che nel finale mi preoccupavano. L’ultima, era un tipo di salita che non lasciava spazio a distrazioni e se io non avessi seguito chi tirava, quello sarebbe potuto andare via.

«Aspettavo questo attaccato e quando ai 600 metri c’è stata un’accelerazione importante ho attaccato. In quel momento ho visto la possibilità di vincere e ho colto l’occasione». 

Pogacar che vince ovunque. Qualcuno inizia a rimproverargli di essere cannibale.

«Se la squadra ha lavorato durante il giorno – ed è vero – non posso lasciare andare la vittoria e vanificare il loro lavoro».

«E poi non tutti giorni le gambe rispondo allo stesso modo. Bisogna sempre valutare se attaccare o meno, se poter tirare il fiato».

La voglia di Giulio

E poi c’è Ciccone. Il corridore della Trek-Segafredo ha potuto beneficiare dell’attacco di Quinn Simmons. Il suo barbuto compagno è stato fuori tutto il giorno. Ed è stato anche l’ultimo a mollare nella fuga del mattino. Cicco ha corso se vogliamo un po’ come Pogacar: controllando, attendendo, ma facendo il tutto sulle ruote dello stesso sloveno.

Lo ha copiato per filo e per segno. E in questo caso il copiare non è una brutta cosa come a scuola. E’ segno hai forza, hai coraggio, hai voglia… se poi copi da uno come Tadej. Ciccone era concentratissimo.

«Speravo avesse una giornata no – dice Ciccone quasi ridendo sotto i baffi – ma in realtà sapevo già che aveva due marce in più. Siamo saliti entrambi con la moltiplica grande (si andava davvero forte e le pendenze non erano impossibili, ndr). Io forse ero un po’ più agile di lui.

«Il piano era chiaro: volevo fare il finale e la squadra ha corso al meglio con la fuga di Simmons, mentre dietro la squadra mi ha tenuto sempre in posizione perfetta».

«Sapevo però che Tadej stava bene. L’avevo capito subito, poi ha anche una grande squadra. Forse nel finale è calato un po’ anche lui, la volata praticamente è stata di 600 metri: è umano anche lui!

«Stare dietro a Pogacar e come andare in apnea per provare a resistergli. Tiene un ritmo a tratti irresistibile e dalla fatica che fai, non ti rendi quasi conto di essere alla sua ruota. Ti porta al limite e ti tiene lì, fino a quando non sei costretto a cedere».

«Domani e dopodomani saranno ancora più dure di oggi – conclude Ciccone – Spero di star bene come oggi e sicuramente mi inventerò qualcosa. Se conosco il Carpegna? Era la salita del Panta. Volevo andare, ma c’era la neve, era troppo freddo e quindi ho girato prima».