Van Aert facile, facile. E Cattaneo conquista il numero rosso

09.07.2022
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Quando ad una manciata di chilometri dall’arrivo di Losanna Mattia Cattaneo si è rialzato ha pensato alle tappe future. Magari già a quella di domani. «Chissà – racconta il lombardo nelle fasi post gara – Ora cerco di recuperare e domani mattina vi dirò!».

La Planche des Belles Filles ha detto che la gamba di Mattia è buona, ma forse non è quella dell’anno scorso per entrare nella top dieci del Tour de France. E allora tanto valeva andare subito a caccia delle tappe, come ha fatto oggi.

Al tempo stesso, tanto valeva lasciarsi sfilare. Lasciar passare Van Aert, Pogacar e tutti gli altri che si contendevano le loro ruote con la “bava alla bocca”. Tanto valeva iniziare a risparmiare energie.

Cattaneo tra Wright e Frison. Per loro oltre 170 chilometri di fuga
Cattaneo tra Wright e Frison. Per loro oltre 170 chilometri di fuga

Mattia in fuga

Il corridore della Quick Step-Alpha Vinyl oggi si è sciroppato 172 chilometri di fuga.

«Sapevo già dopo 10 chilometri che eravamo partiti che non saremmo arrivati – ha detto Cattaneo – Forse perché ormai sono vecchio e ho una certa esperienza per valutare le cose! Volevo andare in fuga questa mattina, anche se pensavo che la fuga potesse essere più numerosa. Di certo la caduta ha inciso.

«A quel punto era inutile andare a tutta per tutto il giorno. In certe situazioni è il gruppo che decide quando venirti a prendere. Così ho detto ai miei compagni di fuga: “Andiamo regolari, senza ucciderci. Quando sentiamo che il gruppo si “ferma”, spingiamo 10 chilometri a tutta e vediamo come va”. Per arrivare saremmo dovuti giungere ai 4,5 chilometri finali (in pratica all’inizio della salita, ndr) con 2’».

Non è facile continuare a spingere, a pedalare, a fare fatica sapendo di “avere il destino segnato”. Nella testa deve passare di tutto.

«Vengo dall’Androni Giocattoli – ha detto Cattaneo – Gianni (Savio, ndr) mi ha insegnato che bisogna sempre lottare e provarci… Era molto difficile in tre. Ho cercato di provarci nel modo più intelligente possibile senza andare tutto il giorno alla morte, ma spingendo davvero forte solo nel finale».

Crederci sempre e infatti alla fine qualcosa di buono questa fuga lo ha portato. Il classe 1990 è salito sul podio del Tour. Perché? Perché ha indossato il numero rosso di più combattivo. E’ stato tra i promotori della fuga, si è preso i punti sui Gpm e ha contribuito tantissimo all’attacco con Frederik Frison e Fred Wright.

Bettiol (maglia rosa) a tutta durante lo sprint. Per il toscano un incoraggiante quinto posto
Bettiol a tutta durante lo sprint. Per il toscano un incoraggiante quinto posto

L’Italia che resiste

Se vogliamo, l’azione di Cattaneo di oggi è un po’ la foto del ciclismo italiano. E in particolare del ciclismo italiano al Tour. Un numero relativamente basso di corridori che cercano di tenere duro e raccogliere quel che si può.

Caruso dice che è sui suoi valori migliori di sempre, ma sulla Planche incassa 1’12”. Bettiol lotta. Oggi vince la “battaglia” della ruota di Van Aert ma poi non riesce ad andare oltre quelle stesse ruote. Pasqualon dà una mano ai suoi compagni… E poi nulla, o quasi, più. Peccato solo che Moscon sia tornato a casa: il trentino proprio non riesce ad ingranare quest’anno.

Intanto però c’è Cattaneo. L’essersi sfilato nel finale, come detto, è stato qualcosa che va preso di buon occhio.

«Sto bene – dice Mattia – Anzi, onestamente molto bene… Anche ieri sulla Planche sono andato molto forte per le mie caratteristiche. Il mio obiettivo qui in Francia non è mai stato fare classifica, ma vincere una tappa quindi sono fiducioso e contento.

«Il numero rosso un obiettivo? Sarebbe veramente bello portarlo a Parigi. Sicuramente cercherò di fare del mio meglio anche per questo».

I nostri non mollano dunque. E questo è quel che conta. Perché il Tour è lungo e perché la maggior parte di loro non sono ragazzini e potrebbero uscire alla distanza. Potrebbero sfruttare fondo ed esperienza nei confronti di tanti giovani rampanti che ora se la cantano e se la suonano. 

Insomma, cerchiamo di essere ottimisti.

Van Aert come da copione

Per il resto si è vista una tappa abbastanza lineare. La maxi caduta avvenuta nelle fasi iniziali ha inciso sulla fuga. E in modo più specifico sul numero di corridori che la componevano.

Per la Jumbo-Visma e per la BikeExchange-Jayco, le squadre dei favoriti, è stato sin troppo facile gestire la tappa. Tappa che, dopo la caduta, è stata relativamente tranquilla. Lo stesso Pogacar ha ammesso che quella situazione della fuga a tre a loro della UAE Emirates andava bene. E che, anzi, sarebbero stati disposti anche a lasciarla andare all’arrivo.

E quindi? Quindi tutto secondo copione, con Van Aert e Matthews a giocarsi lo sprint. Uno sprint apparentemente vinto senza sforzo da parte di Wout. Poi però guardi Mathews e ti accorgi di quanto sia stata tirata la volata. Infine Pogacar, terzo e con altri 4″ di abbuono nel sacco: se avesse avuto un pelo in più di convinzione magari l’avrebbe vinta lui.

«Ho sfruttato una grande occasione per fare punti – ha detto Van Aert, pensando già più alla maglia verde che alla fresca vittoria – ringrazio la squadra per il lavoro fatto. Il finale? La lotta era prendere la ruota di Pogacar e poi fare il mio sprint». Detto, fatto. Facile… per lui!

Signori, la situazione è questa: ci sono due mostri e tanti campioni. Ma se (e quando) questi due mostri sacri decidono di vincere c’è poco da fare.