Istrionico, potente, a volte “barbuto”, sorprendente. Stiamo parlando di Quinn Simmons, corridore statunitense della Trek-Segafredo. Un’immagine di lui che probabilmente non scorderemo mai risale a questa primavera. Che poi parlare di primavera in quel contesto climatico è un parolone.
Eravamo nel gelo di Carpegna, alla Tirreno, e prima della seconda scalata al Cippo, Quinn, in lotta per la maglia dei Gpm, una volta ripreso e staccato da Pogacar e gli altri big, si era fermato per mettersi i gambali e una maglia lunga. Questo tanto per inquadrare il personaggio!
Sempre quel giorno, mentre lo intervistavamo dietro al palco ecco partire la banda ad un metro da noi. Baccano infernale. Lui imitò il gesto della tromba.
Parla De Jongh
Ma oltre ai ricordi, chi è davvero questo ragazzo classe 2001 del Colorado? A farci un identikit tecnico di Simmons è Steven De Jongh, direttore sportivo della Trek-Segafredo nonché preparatore di Simmons.
«Lavoro con Simmons dal 2019 – dice De Jongh – un mio collega che lo seguiva già prima me lo segnalò, poi è toccato a me. Vinse subito tre corse e la classifica generale in una corsa a tappe negli juniores. Ciò che ha fatto in quella stagione è stato incredibile. Vinse il titolo mondiale juniores ad Harrogate a fine stagione».
A quel punto la Trek-Segafredo si assicura il ragazzo. L’inizio è buono, ma è anche il 2020… l’anno della pandemia. Così tutto è rimandato all’estate. E per poco in quell’estate Simmons non fece subito il colpaccio. Fu Attila Valter, nella sua Ungheria, a togliergli la gioia della prima vittoria da pro’.
Classiche e non solo
Quinn è un “ragazzo grande”, ma va forte anche in salita: che tipo di corridore è dunque? Oggi vediamo questi giovani che vincono un po’ ovunque. Anche Simmons potrà fare così?
«Beh – continua De Jongh – per me Quinn deve ancora scoprirlo. Che sia adatto alle corse di un giorno, penso sia sicuro. Ma lo vedo di più per un’Amstel che per un Fiandre o una Roubaix, perché può fare meglio la differenza in salita che sul pavè.
«Ma ripeto, è giovane e può migliorare ancora. Magari nelle gare a tappe di una settimana, potrà avere un ruolo importante, ma in quel caso dovrebbe ricominciare a lavorare sulla cronometro».
La cultura del lavoro
Ma non solo madre natura ci ha messo lo zampino. Se Simmons va forte è merito anche del suo impegno. De Jongh ci parla di un ragazzo che fa del lavoro uno dei suoi punti di forza.
«A Quinn – dice il tecnico olandese – piace davvero allenarsi e lavorare sodo. Come tutti preferisce i lavori di resistenza a quelli brevi e intensi, perché sono dannatamente difficili!
«Penso che quest’anno abbia fatto davvero un bel passo avanti. Ora si sta prendendo anche un po’ di riposo, in vista del finale di stagione. Negli ultimi anni si è impegnato tanto. Ha accumulato una grande mole di ore di lavoro e forse anche per questo a volte ha perso freschezza. Ma la sua etica del lavoro è veramente buona».
E questa cultura dell’impegno è particolarmente apprezzata da De Jongh. «Mi piace la sua mentalità perché se ha qualcosa in testa, lo fa davvero. Quando Quinn vuole raggiungere qualcosa, lo punta e lo raggiunge. Un suo obiettivo è crescere gradualmente e lo ha dimostrato dall’anno scorso».
A Cahors al Tour, Simmons si è guadagnato il numero rosso di più combattivo L’americano è entrato in cinque fughe, più altre ne aveva tentate all’ultimo Tour
A Cahors al Tour, Simmons si è guadagnato il numero rosso di più combattivo L’americano è entrato in cinque fughe, più altre ne aveva tentate all’ultimo Tour
Dal Tour al gravel
Questa crescita lo ha portato da vittorie come il Tour de Wallonie del 2021, certamente importanti ma non di primissimo piano, ad eccellere anche su palcoscenici di primo ordine, come la conquista della maglia di miglior scalatore alla Tirreno o essere un brillante protagonista del Tour de France.
«In effetti – continua De Jongh – ci aspettavamo che Quinn andasse forte in Francia. L’anno scorso aveva dimostrato di essere ad un buon livello alla Vuelta (il suo primo grande Giro, ndr) e così abbiamo preparato, e bene, il Tour. L’attenzione era rivolta soprattutto sulla seconda parte (seconda e terza settimana, ndr), per essere competitivo quando c’erano le fughe.
«Certo, essere così tante volte in fuga, penso che sia stato un po’ inaspettato anche per lui. Ma recuperava bene e ogni giorno aveva le gambe per entrarci e per provare. E’ stato bello vederlo così».
Dopo aver recuperato le fatiche del Tour, Simmons prenderà parte alle corse americane. Inizierà però dall’Europa, in Danimarca, poi correrà in Maryland, farà le due prove canadesi (Quebec e Montreal) e successivamente tornerà in Europa per l’ultimo blocco di corse: Binck Bank Tour, Paris-Tours…
«E forse – conclude De Jongh – chiuderà la stagione in Italia con la gara gravel ad ottobre».
E come poteva mancare un po’ di vero “made in Usa” per Simmons? Lui viene da Durango, una delle culle della mountain bike, è anche un grande ex biker… la gravel è il suo terreno naturale!