Il nostro corpo ha bisogno di cibo per vivere, l’uomo trova negli alimenti la benzina necessaria per far funzionare il proprio motore. Ma, mentre il corpo si nutre di cibo, la nostra anima per vivere ha bisogno di emozioni. Più queste sono forti più noi ci sentiamo vivi. Un ciclista, o uno sportivo in generale, trova nell’adrenalina della vittoria la benzina per andare avanti. Per uno specialista delle prove contro il tempo come Sobrero la conquista si è chiamata: campionato italiano.
Matteo, in questo stesso periodo del 2021 conquistava la maglia tricolore dedicata alla cronometro. Ora, tra pochi giorni, questa maglia sarà messa nuovamente in palio e toccherà al corridore della Bike Exchange fare gli onori di casa e difenderla. Sobrero in questi giorni corre in Slovenia, giovedì il suo compagno Groenewegen ha vinto in volata la seconda tappa.


E tu, Matteo, come stai?
Quando vince un compagno – esordisce con un sorriso – sempre bene. A parte tutto, arrivo a questi campionati italiani sereno, ho indossato la maglia per un anno con grande orgoglio.
Torniamo ad un anno fa, ti aspettavi di poter vincere?
Arrivavo anche lo scorso anno dal Giro di Slovenia, anche se in condizione migliore rispetto ad adesso. Mi aspettavo di poter far bene ma non di vincere, il percorso era adatto alle mie caratteristiche ma tra il dire ed il fare…
Eppure ce l’hai fatta, quale è stata la prima emozione?
Dopo aver tagliato il traguardo sorpresa, poi prima della premiazione sul palco gioia e un po’ di commozione. Indossare quella maglia è una sensazione straordinaria, l’avevo già provata da under 23 ma da pro’ ha un sapore un po’ diverso.


Come mai?
Mah, per il calibro degli avversari, la tensione, l’attenzione mediatica che c’era sull’evento…
Che cosa ha rappresentato per te?
E’ stata una crescita personale, ho preso consapevolezza di me stesso, delle mie possibilità. Ho provato che nelle crono piatte faccio fatica rispetto a corridori che pesano 20 chili in più di me. Invece, nelle crono ondulate posso difendermi bene, quella vittoria mi ha aiutato a focalizzarmi su questi percorsi.
Cosa cambia rispetto a quando corri con la maglia del team?
La prima cosa da fare è abituarsi all’attenzione che la gente ti riserva, quella maglia ti rende visibile. Anche nelle gare non adatte alle mie caratteristiche i tifosi si aspettavano comunque qualcosa da me. E’ bello, perché comunque ogni volta che stai per partire senti l’abbraccio ed il calore del pubblico.


Che anno è stato?
Lo definirei a due facce. Nella seconda parte del 2021 dopo il campionato italiano ero rimasto fermo per un po’ e di conseguenza nel finale di stagione ho cercato di onorarla al meglio ma non è andata benissimo.
E il 2022?
E’ iniziato subito bene, alla cronometro della Tirreno ho fatto decimo, e non era un percorso adatto alle mie caratteristiche. Al Romandia ero in fase di preparazione per il Giro e non ho fatto bene. Una volta alla Corsa Rosa però ho trovato percorsi adatti a me ed è andata molto bene. Prima il quarto posto di Budapest e poi la vittoria di Verona.
Vincere con la maglia di campione nazionale al Giro, forse il miglior modo per lasciarla, anche solo momentaneamente.
Miglior cosa non potevo chiedere. Entrare nell’arena con il tricolore addosso ed aver vinto la tappa è stato un vero e proprio uragano di emozioni. Devo dire la verità, mentalmente sto già pensando di perderla mercoledì. Il percorso non l’ho ancora visto, ma ho guardato i dati, il chilometraggio sarà il doppio rispetto alla crono di Verona ma con metà del dislivello. Ci sarà una salita di un chilometro, ma è troppo poco per recuperare l’eventuale svantaggio accumulato in pianura.


Perché?
Non arrivo alla gara in formissima, quest’anno l’italiano è stato spostato una settimana in avanti rispetto al 2021. Di conseguenza ho pensato di andare a fare il Giro di Slovenia per mantenere alta l’attenzione e l’impegno. Stare fermo tre settimane (come al contrario ha fatto Affini, ndr) è un rischio secondo me, avrei rischiato di rilassarmi un po’ troppo. Correre con il motore sempre ad alti regimi aiuta a non distrarsi.
C’è anche il rischio di “finirsi”.
Vero, l’altra faccia della medaglia è che ci si potrebbe stancare troppo a livello mentale. Se si va a correre dopo un grande Giro e si ha condizione viene tutto più semplice. Io credevo di stare meglio, ma proprio ieri, durante la seconda tappa qui in Slovenia, ho avuto delle sensazioni negative.
Hai parlato con qualche avversario?
Al Giro ho parlato un po’ con Affini e De Marchi. Il primo si lamentava che non ci fossero cronometro adatte a lui in questa edizione. Gli ho risposto che al campionato italiano avrebbe trovato il percorso adatto (dice con un sorriso, ndr). Insieme a De Marchi abbiamo parlato di quale sarebbe stato il percorso, durante la Corsa Rosa non avevamo ancora la certezza che si sarebbe corso a Udine.