Raffica di vento improvvisa, caduta inevitabile

06.03.2022
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Sempre Strade Bianche. L’impresa di Tadej Pogacar è ancora calda. Il gelo della notte senese non ha raffreddato quella che è stata un’impresa con la “I” maiuscola. Un’impresa nata non solo dal genio e dalle gambe dello sloveno, ma anche da un momento specifico della gara: la maxi caduta avvenuta verso metà corsa.

Chilometro 84 di gara, 100 al traguardo. La carovana sta affrontando il settore di sterrato numero 5, quello di Lucignano d’Asso. Si tratta del settore più lungo (11,9 chilometri), ma soprattutto uno dei più esposti in “quota”.

Ambiente per raffiche

Togliendo infatti il picco di Montalcino, questa è la porzione di gara più elevata della Strade Bianche. Si viaggia sul filo dei 400 metri di altezza, appena sotto. Ma soprattutto la corsa in corrispondenza di questa quota corre sulle crete senesi.

Le crete sono queste colline scoperte. Solo campi e prati. Non ci sono neanche i tipici cipressi del paesaggio toscano, ma solo questa lingua bianca che corre come un filo su e giù per le crete. Ed è qui che avviene la caduta più importante quella che incide nell’economia della corsa. E’ qui che avviene il capitombolo, ormai famoso, di Julian Alaphilippe che fa un 360 gradi seguito da un tuffo nell’erba.

Ed è sempre qui che cadono almeno 30 corridori, che scivola persino Pogacar e va a casa Tiesj Benoot, vincitore nel 2018. 

Il punto di Vendrame

«Siamo entrati nello sterrato e c’era già del vento – racconta Andrea Vendrame – Ad un tratto abbiamo girato verso sinistra e c’è stata una raffica laterale fortissima. Inaspettata. Una raffica che ci ha fatto cadere in tanti. Sono caduto anche io. Era davvero impossibile restare in piedi e purtroppo è andata così».

E questo è un elemento molto importante per l’analisi della caduta. Quando Vendrame dice: “abbiamo girato verso sinistra”, si riferisce al punto più ad Est della corsa. E’ lì che è avvenuta la caduta. E’ lì che la Strade Bianche ha cambiato direzione. Magari quello che fino a pochi chilometri prima era stato vento contro moderato, in una svolta è diventato laterale. Tutto torna.

«E’ stata fortissima – riprende Vendrame stremato all’arrivo – incredibile. Il vento ci ha spostato verso sinistra, verso il bordo della carreggiata, sul ciglio. La strada al lato era finita e a quel punto mettendo le ruote sullo sconnesso (di terra ed erba, ndr) siamo caduti. Io ero nei primi trenta, neanche troppo dietro. Davanti erano caduti. Vedevo bici che cadevano di fronte a me e altre al mio fianco. Vedevo corridori che volavano e scarpette che si sganciavano».

Questione di ruote?

E la questione vento è emersa già prima del via. Poco dopo lo start delle donne, avvenuto alle 9:10, ecco le prime folate su Siena. «Se qui è così, chissà sulle crete», aveva fatto una battuta uno degli steward del posto. Si stima, che la raffica da Nord Est possa aver superato i 70 chilometri orari (dati MeteoAm).

E infatti all’arrivo dei bus qualcuno si è domandato se non fosse il caso di cambiare le ruote. Ma la maggior parte sono partiti con quelle alte da 50-45 millimetri, anche se più del solito si è visto il “basso” profilo da 32-35 millimetri (a seconda del marchio). Gli Specialized per esempio avevano scelto le ruote Roval Alpinist da 33. Ciò nonostante non è bastato ad evitare la caduta.

Gianluca Brambilla aveva ragione quando gli abbiamo fatto notare delle sue ruote alte e del vento che si alzava. «Ma se è forte davvero cambia poco», ci aveva detto prima del via.

La ferita di Covi. Nonostante la botta, Alessandro era felicissimo per la vittoria di Pogacar
La ferita di Covi. Nonostante la botta, Alessandro era felicissimo per la vittoria di Pogacar

Parla Covi

Un’altro corridore che ci ha lasciato un po’ di pelle è stato Alessandro Covi. All’arrivo il corridore del UAE Team Emirates si tocca il gomito sinistro, anche se a catturare l’attenzione è il suo ginocchio sanguinante e impolverato.

«C’è stata questa folata e siamo caduti in tantissimi – dice Covi – Io sono stato uno dei primi, penso… Ero abbastanza davanti. Ho preso una bella botta. Non credo sia stata una questione di ruote alte o basse. E’ stato un vento talmente forte che anche se avessimo avuto le ruote basse ci avrebbe spazzato via.

«E penso anche che sarebbe successo sull’asfalto. Ci avrebbe spostato lo stesso (le immagini tv mostrano come ci sia uno scarto di almeno 5 metri verso sinistra del gruppo, ndr), ma sullo sterrato era ancora più difficile tenere la bici chiaramente».

«Vedevo i corridori a cui partiva la ruota davanti talmente il vento era teso. E poi iniziavamo ad andare forte. Eravamo in un falsopiano, penso sui 35-40 allora».

I big si prendono anche l’inizio di stagione. Il punto con Ballan

18.02.2022
6 min
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La stagione 2022 è praticamente nel pieno, anche se è solo febbraio, anche se non è ancora iniziato il WorldTour. Eppure se si va a vedere gli ordini di arrivo, e i vincitori soprattutto, c’è da stropicciarsi gli occhi: Nairo Quintana, Alejandro Valverde, Filippo Ganna, Tim Wellens, Remco Evenepoel, Alexey Lutsenko, David Gaudu… senza contare i velocisti da Fabio Jakobsen e Dylan Groenenwegen fino a Mark Cavendish. Ma per quest’ultima categoria è più “normale”.

Salvo eccezioni, le prime corse dell’anno erano appannaggio di gregari, atleti di seconda fascia, magari novellini che partivano forte proprio approfittando che i grandi erano ancora “ingolfati”. Un qualcosa di curioso. E ne parliamo con Alessandro Ballan. Con l’iridato 2008 facciamo un vero pezzo da opinionisti su questo primo scorcio di stagione… E un po’ su quello che verrà.

Alessandro, abbiamo elencato dei nomi da paura… Come mai ci sono stati vincitori di un tale calibro secondo te?

In effetti la stagione è partita alla grande. Nel ciclismo moderno non si può perdere tempo a quanto pare: chi ben comincia è a metà dell’opera. Chi invece parte in sordina poi fa fatica, mentre chi parte con il piede giusto tendenzialmente fa un’ottima stagione.

Ma non c’è il rischio di entrare in condizione troppo presto?

In parte sì, ma partire bene, vincere, significa anche essere consapevoli di aver lavorato bene durante l’inverno. E poi il morale è alto e questo ti dà tranquillità per le corse a venire. Se invece parti troppo piano c’è il rischio che ti ritrovi sempre ad inseguire, che parti sempre da una posizione di svantaggio.

E torniamo al discorso che più volte è emerso in questi ultimi mesi: si va alle corse preparati…

È il nuovo modo di correre. Ai miei tempi potevi presentarti non totalmente in condizione. La trovavi gara per gara. Questo perché c’erano dei momenti in cui andavi piano e dei momenti in cui andavi forte e soffrivi. Oggi invece si va sempre forte. E soffrire sempre fa più male che bene. I ciclisti sanno che devono partire pronti.

Alessandro, hai parlato dei tuoi tempi: quando è cambiato il vento?

Credo proprio dai miei anni. E’ in quel momento che sono arrivati i preparatori. Gli staff oggi sono tutti organizzati al massimo. Ci sono il coach, il nutrizionista, il cuoco… Anche ai miei tempi c’erano le tabelle, è vero, ma non eri controllato al 100%. Adesso quando premi lo stop sul computerino mentre rientri a casa, il preparatore sa ciò che hai fatto in modo istantaneo. E non solo vede quanto hai fatto, ma vede anche come lo hai fatto. Si accorge se sei stato seduto un’ora e mezza al bar! Valuta in tempo reale i tuoi miglioramenti. Una volta, nelle prime gare, di 200 corridori che partivano 40 erano competitivi, adesso sono 140. E questo obbliga tutti ad essere pronti.

Per Ballan Fausto Masnada può fare bene in classifica al Giro d’Italia
Per Ballan Fausto Masnada può fare bene in classifica al Giro d’Italia
Venendo i nomi che abbiamo elencato, chi ti ha stupito?

Stupito, ma tra virgolette, è stato Valverde, nonostante abbia solo un anno meno di me. Si sa che più passano gli anni e più è difficile trovare la condizione, ma lui ci riesce sempre. Ha una determinazione incredibile. E poi devo dire che mi ha colpito Evenepoel. Remco ha dato veramente una prova di forza staccando tutti in quel modo. Ecco, loro due sono coloro che mi hanno stupito di più. E mancano gli altri big: Van Aert, Alaphilippe, Van der Poel…

Van Aert e Van der Poel devono ancora iniziare, mentre Alaphilippe ha già ripreso ma non ancora vinto (anche se ci è andato vicino)…

Intanto parliamo di tre fenomeni e loro in qualche modo si distinguono dalle persone normali. Nel caso di Alaphilippe io credo che lui non abbia vinto per un insieme di cose. Ha impostato la sua preparazione per la seconda parte delle classiche, quindi per essere al top a fine aprile, sarà al Tour de France con la maglia iridata, in più è in una squadra con talmente tanti corridori forti che può stare un po’ più tranquillo in questa fase della stagione.

E invece chi è “mancato” secondo te?

Mah, credo nessuno almeno per le gare a cui abbiamo assistito. Se già ci fosse stata una Strade Bianche, una gara un po’ più importante e per specialisti, e qualche protagonista fosse mancato, avremmo potuto dire qualche nome. Ma per il momento aspetterei. Piuttosto sono molto contento dei nostri “nuovi” italiani. Penso a Masnada, Covi, Lonardi, Mareczko… 

Cosa pensi invece dell’Arkea-Samsic che sembra aver rinunciato al Giro d’Italia? Per Quintana sarebbe stata un’occasione ghiotta…

Concordo, sarebbe stata una bella occasione. Il problema è che il Tour è sempre più importante e gli sponsor preferiscono che si faccia un “esimo” lì, piuttosto che un podio al Giro d’Italia. Purtroppo c’è poco da dire.

Anche Damiano Caruso sarà dirottato in Francia. E lo stesso Sonny Colbrelli…

Mi aspetto molto da Colbrelli. Viene da una stagione stupefacente e non è facile confermarsi, in più ha 32 anni, non è così scontato trovare la condizione, però Sonny ha trovato consapevolezza, quella con la “C” maiuscola, e l’ha trovata non solo per la vittoria alla Roubaix, ma per l’insieme del suo 2021. E direi che lo stesso discorso possa valere per Caruso. L’anno scorso Damiano ha avuto una grande opportunità e l’ha sfruttata. Mi dispiace sapere che debba fare il gregario da un’altra parte.

Covi ha iniziato alla grande la sua stagione. Per Alessandro due vittorie: Vuelta Murcia e una tappa alla Ruta del Sol (in foto)
Covi ha iniziato alla grande la sua stagione. Per Alessandro due vittorie: Vuelta Murcia e una tappa alla Ruta del Sol (in foto)
Invece per le corse a tappe? Il “dopo Nibali” non vede terreni molto fertili, almeno per ora. Abbiamo buoni corridori, ma in prospettiva…

Fortunato, CicconeSono dei buoni nomi ma per il momento sono un po’ più piccolini. Partono per un piazzamento. Aggiungerei anche Masnada. Lui, non avendo un grande capitano in Quick Step- Alphavinyl potrebbe fare molto bene al Giro. Potrebbe cogliere un ottimo piazzamento. Sono curioso di vederlo. In Italia, l’erede di Vincenzo era Aru, ma lui ha finito prima la sua carriera. Adesso ci renderemo conto di quanto ci mancherà Nibali!

Alessandro Covi somiglia un po’ ad Alessandro Ballan?

Come struttura sì, lui è un po’ più “muscolato” rispetto a me. Ha la sparata ed è un uomo davvero interessante. In più milita in una squadra importante. Ha vicino Trentin che può aiutarlo a crescere in poco tempo. Presto lo vedremo anche a grandi vittorie. Il problema dei corridori italiani, togliendo Bettiol e Colbrelli, è che non abbiamo gente competitiva per davvero oltre i 200 chilometri. Quando si superano e si arriva ai 240 chilometri gli italiani spariscono.

In effetti, si contano sulle dita di una mano e anche meno…

Io in carriera alla fine ho vinto pochissimo, 13 gare, ma quasi tutte erano al di sopra dei 200 chilometri. Ma non perché Ballan aumentasse, ma perché calava meno degli altri. Riuscivo ad esprimermi come dopo aver fatto solo 100 chilometri.

Insomma aspettiamo Covi e Bagioli?

Sicuramente loro faranno bene, ma da qui a vincere le grandi classiche c’è una bella differenza.

E venne finalmente (a Murcia) il giorno di Covi

13.02.2022
4 min
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Masticare la sconfitta non gli era mai piaciuto, sin da piccolino, eppure in alcuni momenti gli era toccato farlo e l’aveva trovato insopportabile. Poi Alessandro Covi è passato professionista e ha pensato che su di lui si fosse abbattuta una maledizione. Dalle sconfitte si impara, aiutano a crescere, ma alla fine lasciano sempre un segno. Ma ieri nella Vuelta Murcia, nella città di Valverde che ha atteso invano il suo beniamino (la Movistar ha partecipato in formazione rimaneggiata per un caso Covid al suo interno, impedendo ad Alejandro di partecipare per l’ultima volta alla corsa di casa) la maledizione è stata spazzata via.

Covi e Trentin hanno parlato molto in gara e alla fine l’intesa è stata perfetta
Covi e Trentin hanno parlato molto in gara e alla fine l’intesa è stata perfetta

La sfiga non esiste

Primo, per un solo secondo sull’amico Trentin. Che alle spalle lo ha protetto vincendo la volata del gruppo. Fu un secondo anche quello che lo divise da Mauro Schmid l’anno scorso a Montalcino, nel giorno che più degli altri gli parve amaro.

«La sfiga non esiste – disse lo scorso inverno, commentandolo – qualche errore l’avrò fatto. Quel giorno a Montalcino mi venne il panico. Era bello essere lì a giocarsi la tappa, ma non ero convinto di me stesso e non conoscevo lui. Occasioni di giocarmi corse importanti con una volata a due non ne avevo avute tante, quindi di sicuro l’abitudine e la freddezza l’avevo persa. Sul momento mi è scocciato, ora se ci penso mi dico che poteva cambiarmi la carriera. Il secondo non se lo fila nessuno…».

Fra i vari movimenti di giornata, anche l’attacco di Brandon McNulty
Fra i vari movimenti di giornata, anche l’attacco di Brandon McNulty

Primo e secondo

Ieri non ha aspettato la volata, ma eseguito alla grande gli ordini di scuderia. Attaccare nell’ultimo chilometro, dopo aver mandato prima in avanscoperta McNulty. E poi semmai Trentin avrebbe vinto la volata.

«Sono contentissimo della vittoria – ha detto a caldo – e della gara che abbiamo fatto. Abbiamo seguito tutti i piani. Abbiamo attaccato con Brandon, poi in caso di volata c’era Matteo. Io dovevo anticipare lo sprint, così abbiamo fatto e così è arrivata la vittoria. Credo che abbiamo corso benissimo, abbiamo preso la responsabilità della gara sin da subito. Abbiamo tirato noi e alla fine abbiamo colto il miglior risultato possibile. Primo e secondo è un ottimo risultato direi…».

Anche Trentin è entrato in un’azione, poi si è messo a guardia del finale
Anche Trentin è entrato in un’azione, poi si è messo a guardia del finale

La consapevolezza

Se Montalcino poteva cambiargli la carriera, chissà che la corsa di Murcia non possa dare una spallata a quella sorte, rimettendo in pari la bilancia.

«Anche da under 23 – ha già detto più volte – capitava che ne vincessi una e poi le altre arrivassero in fila. Nel 2018 non mi riusciva di sbloccarmi, poi feci centro in Spagna e in Italia ne vinsi tre di fila, fra cui la Coppa Cicogna. Vincere porta più consapevolezza, piazzarsi tanto significava comunque la possibilità di giocarmi le corse. Ci ho messo sempre il massimo impegno, poi con l’esperienza e la maturazione fisica le cose stanno venendo meglio da sé».

Sul podio, oltre a Covi e Trentin, il francese Louvel dell’Arkea
Sul podio, oltre a Covi e Trentin, il francese Louvel dell’Arkea

Più leggero

Ora Alessandro dice di sentirsi più leggero e che la vittoria ieri proprio non se la aspettava.

«Non credevo di avere già la condizione per vincere – sorride – ma come mi hanno detto tutti, la vittoria arriva quando meno te la aspetti. Bene così, la condizione verrà con le corse, ma siccome non è detto che sarà garanzia di vittoria, prendiamoci questa è guardiamo avanti. E anche la teoria delle quattro corse di seguito, tutto sommato… Stiamo cauti! Oggi corro ad Almeria, poi Andalucia, l’apertura al Nord e Laigueglia. Ci voleva proprio…».

Alle sue spalle Trentin ha dimostrato ancora una volta di essere un eccellente uomo squadra. Uno che avrebbe avuto bisogno come il pane di una vittoria, ma ha saputo attenersi agli ordini del team, guardando le spalle al più giovane compagno. Se c’è giustizia nel mondo delle corse, presto gesti come questo saranno ripagati e per il grande trentino arriverà l’acuto che merita. Lui la volata l’ha vinta a mani basse…

Il grido di Monaco: «Non siamo macchine, aspettateci!»

21.01.2022
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«Dicono che il movimento ciclistico italiano – inizia subito con verve la nostra chiacchierata con Alessandro Monaco – corra a rilento, ma non è così».

Si è chiusa la sua parentesi in Bardiani-CSF dopo solamente due stagioni (2020 e 2021, ndr), ora riparte con la Giotti Victoria di Giuliani. «Si è persa la pazienza di far maturare i giovani corridori, non parlo solamente di me. I ragazzi ci sono, basta pensare a quelli che hanno corso con me il mondiale di Innsbruck nel 2018 (foto di apertura): Bagioli, Covi, Battistella e Fedeli, più Affini e Sobrero che hanno fatto parte del gruppo squadra fino all’ultimo».

Monaco e Lonardi durante un ritiro con la Bardiani nel febbraio del 2021
Monaco e Lonardi durante un ritiro con la Bardiani nel febbraio del 2021

Un percorso ad ostacoli

«La mia avventura tra i professionisti – spiega – è iniziata nel 2020 e con la pandemia ho corso solamente due mesi. Nel 2021, invece, mi sono preso il Covid, penso nel viaggio di ritorno dalla Vuelta al Tachira. E’ stata una brutta esperienza che mi ha condizionato molto. Mi sono fermato completamente per 10 giorni, ma per un paio di mesi sono stato perennemente stanco ed affaticato. 

«Mi sarebbe piaciuto fare un terzo anno da professionista, questa volta intero, senza impedimenti, ma purtroppo non è stato così. Ognuno fa le sue scelte, io con i diesse e lo staff della Bardiani sono comunque rimasto in buoni rapporti».

Da under 23 hai corso 3 stagioni sempre ad alto livello…

Sì, al primo anno ho fatto subito bene al Giro d’Italia under 23 e quello della Valle d’Aosta, finendo sesto e settimo nella classifica dei giovani. Al Valle d’Aosta sono arrivato anche terzo in una tappa. 

Nelle due stagioni successive hai corso molto anche con la nazionale, arrivando a disputare il mondiale nel 2018, come ci hai detto prima.

Mi sono sempre mantenuto costante nei risultati entrando spesso nei dieci e questo mi ha permesso di indossare anche la maglia azzurra. Con Amadori ho corso molto tra il 2018 e il 2019: Tour of the Alps, Corsa della Pace, il Tour de l’Avenir e anche qualche altra gara in preparazione ai mondiali.

Monaco ha corso due stagioni in maglia Bardiani, qui alla Settimana Internazionale Coppi e Bartali
Monaco ha corso due stagioni in maglia Bardiani
Li hai nominati prima i tuoi compagni al mondiale di Innsbruck (Bagioli, Covi, Battistella…) loro ora sono in squadre WorldTour, cosa ti è mancato per raggiungere il loro livello?

Io sono molto autocritico con me stesso, se loro ora sono a quel livello ed io no un motivo c’è. Alla fine di tutto mi è mancata la vittoria, sono un corridore che ha vinto poco anche da under, infatti io sono andato alla Bardiani e loro in squadre WorldTour. Quel che però voglio dire è che io sono sempre stato costante ed i numeri li ho fatti vedere…

Alessandro Monaco si è piazzato undicesimo in classifica generale al Giro d’Italia under 23 del 2019 (foto Scanferla)
Monaco è stato 11°al Giro d’Italia under 23 del 2019 (foto Scanferla)
Adesso c’è tanta fretta nel cercare i giovani campioni e come dici anche tu manca pazienza.

Quello che devono capire è che non siamo dei robot o delle macchine, ma esseri umani e che soprattutto non siamo tutti uguali. Anche Bagioli e Covi sono stati messi in dubbio qualche volta… Guardate che Bagioli è davvero forte, quello tra due anni vince il Giro d’Italia. Io non mi voglio paragonare a loro, ci mancherebbe, altrimenti non sarei dove sono ora. Allo stesso tempo non mi sento neanche di definirmi un “bocciato”, come si può bocciare un corridore che non ha avuto occasioni?

I corridori nati tra il ‘97 ed il ‘98 sono quelli che hanno subito più danni dal Covid.

Per un anno non si è corso, ma le squadre di questo non si sono curate. I contratti sono stati trattati come se la stagione 2020 fosse stata normale. Basti guardare a chi come me è tornato nei dilettanti (Francesco Romano, Nicolas Dalla Valle, Nicola Venchiarutti, ndr). E pensate che ci sono tanti altri che l’occasione di passare non l’hanno nemmeno avuta…

Arzeni sicuro: «Covi forte nel cross, ma ditelo a Gianetti!»

22.12.2021
4 min
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Alessandro Covi nel ciclocross, la suggestione continua. Una suggestione che però si fa sempre più tecnica, non vogliamo dire realistica, ma quantomeno verosimile. Soprattutto dopo aver parlato con il suo ex diesse, Davide Arzeni.

L’attuale direttore sportivo della Valcar – Travel&Service ha avuto tra le mani Covi per quattro stagioni, fino al primo anno tra gli juniores. Lo conosce bene. I due sono in ottimi rapporti. Davide lo ha visto crescere. A volte si sentono ancora, e da preparatore qual è Arzeni può ben dirci le reali possibilità di Covi nel ciclocross.

Per Arzeni Alessandro Covi era un talento nel ciclocross. E forse questo talento non lo ha perso…
Per Arzeni Alessandro Covi era un talento nel ciclocross. E forse questo talento non lo ha perso…
Davide, Covi e il ciclocross…

Alessandro su strada sta trovando una dimensione da top rider e bisogna capire i programmi che la UAE ha in serbo per lui. E a naso secondo me ha dei programmi molto importanti, pertanto bisognerà vedere quanto saranno interessati a questo discorso del cross. Sicuramente sarebbe bello vederlo. Sarebbe bello per la nazionale, per Pontoni, per il movimento… ma vallo a dire a Gianetti (CEO della UAE, ndr)!

Per te Covi avrebbe le qualità per tornare a fare il ciclocross?

Sì, certo. Però non è facile rientrare dopo tanto tempo. Servirebbe la programmazione giusta, senza contare che un po’ di tempo per riprendere il ritmo e la guida gli ci vorrebbe.

Ma il motore ce l’ha? Sarebbe all’altezza?

Certamente! Quando uno va forte su strada, va forte anche nel cross. E poi non scordiamoci che Ale ha già un passato in questa disciplina. Con me ha corso quattro anni: da esordiente al primo anno da juniores. E si vedeva che aveva dei numeri. Una volta eravamo alle Capannelle, a Roma e lo vedevamo avanzare sul rettilineo davvero con molta potenza, si vedeva proprio che sprigionava watt. Ero al fianco di Fausto Scotti, che rimase colpito. E Fausto, che la sa lunga, per l’anno successivo lo voleva a tutti costi nel progetto della nazionale, ma la squadra all’epoca (Team Giorgi, ndr) di Covi si oppose, non gli diede l’okay.

Quindi il cross era più che un semplice diversivo invernale per il varesino…

No, no… facevamo parecchia attività. Alessandro ha vinto diverse gare con me. Covi e Dorigoni, li avevo entrambi. Pensate che squadretta! Anche io ero più giovane e sentivo meno freddo quando andavo alle gare! Scherzi a parte, Alessandro si è divertito molto nel ciclocross. Ogni tanto quando ci sentiamo mi dice: ehi, Capo allora ci vediamo in qualche campo di cross!

Dorigoni e Covi ai tempi della Cadrezzate di cui Arzeni era diesse
Dorigoni e Covi ai tempi della Cadrezzate di cui Arzeni era diesse
Quindi avevi anche Dorigoni. Cosa pensi del fatto che lui punti sulla mountain bike, in particolare sulle marathon, per tenersi attivo d’estate?

Sono stato il suo preparatore fino allo scorso anno, poi Jakob ha scelto di dedicarsi alla mountain bike e abbiamo preferito interrompere il rapporto. Non per dei problemi, ma semplicemente perché io sulla mountain bike non ho la stessa esperienza che ho su strada e cross. Adesso lo segue Bramati. Che dire, io resto del parere che la migliore preparazione per il cross sia la strada.

In effetti è un po’ quello che anche noi sosteniamo, ma semplicemente perché è quello che vediamo sui campi di gara e dalle classifiche. Sono dati oggettivi…

Se io fossi un allenatore per il cross cercherei di prendere un atleta che fa strada e ogni tanto qualche gara di mtb per quelle abilità di guida che si acquisiscono con la “ruote grasse”, insomma per la tecnica. Così per me sarebbe perfetto. Poi mi rendo conto – fa una pausa Arzeni – che c’è anche chi arriva da altri mondi. Penso per esempio a Pauline Ferrand-Prevot che in un anno ha vinto i mondiali su strada, di cross e in mtb. Poi però il fisico ti presenta il conto. E lo stesso è un po’ quello che sta accadendo a Van der Poel.

Il profilo di Covi quindi cade a pennello…

Lui può far bene nel cross. Con quel motore che ha non avrebbe grandi problemi. Ha la potenza che serve. In più avendo fatto da ragazzino e ragazzo questa attività non partirebbe da zero. Se non fosse stato per una febbre a un paio di giorni dalla gara, avrebbe vinto un campionato italiano da juniores.

Il ritorno di Covi nel cross, fantaciclismo… ma neanche troppo

18.12.2021
4 min
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E se un giorno, neanche troppo lontano, rivedessimo Alessandro Covi nel ciclocross? Voci o realtà, il cittì Pontoni è alla ricerca di atleti di peso, di potenza assoluta. Magari li recluta coltivandoli nel lungo periodo, oppure può cercare di attrarre qualche “motorone” dalla strada.

Nella pletora di possibili nomi – più nostri che del cittì, va detto – si è pensato prima di tutto a Trentin, che crossista lo è anche stato. Ma ci verrebbero in mente anche bestioni del calibro di Guarnieri, Oss, BalleriniGente che ha tanti cavalli ed è in grado di farli esplodere con grande violenza agonistica.

Certo, poi bisogna vedere quale esperienza abbiano questi corridori con il fango e lo sterrato, mentre Alessandro Covi un bel po’ di esperienza ce l’ha. Tra l’altro quella più importante, quella che si forma da ragazzini.

La potenza di Covi, quel che cerca Pontoni…
La potenza di Covi, quel che cerca Pontoni…
Alessandro, ma è vera questa voce che Pontoni ti ha cercato?

No, al momento non mi ha chiamato nessuno. Però posso dire che mi piacerebbe, io sono innamorato del ciclocross. Ci ho passato la mia infanzia e tornare a farlo mi piacerebbe non poco.

Lo segui ancora dunque?

Ho amici che fanno cross, non seguo più molto le categorie giovanili ma seguo soprattutto le gare più importanti in Italia e quelle internazionali. Ho visto che quest’anno stava dominando Iserbyt fino a che non è tornato Van Aert. Mentre in Italia mi gusto l’eterno duello tra Gioele (Bertolini, ndr) e Jakob (Dorigoni, ndr).

Li conosci bene?

Dorigoni è stato anche il mio compagno di squadra alla Cadrezzate e sì, lo conosco bene. A volte ci siamo anche scontrati nelle gare da dilettanti. Bertolini lo conosco meno, ma abbiamo avuto modo d’incontrarci e ogni tanto ci sentiamo.

Che crossisti ti sembrano? Che caratteristiche hanno?

Beh, faccio riferimento a quello che ho visto qualche anno fa, a quello che ricordo. Bertolini guida benissimo, ma forse gli manca qualche watt. Dorigoni i watt ce li ha anche, ma è un po’ spericolato e non sempre gestisce bene con la testa la sua corsa.

E Alessandro Covi che crossista era?

Io lo facevo d’inverno per mantenermi in forma, ma soprattutto per divertirmi. Non ho mai preso il cross con troppa serietà, anche se qualche garetta l’ho vinta. Era un piacere andare in trasferta con la squadra. Che crossista ero: uno di potenza. Non amavo troppo i percorsi a gimkana, ma preferivo quelli più aperti, quelli dove c’era da spingere. E infatti mi trovavo bene con il fango perché lì se non spingi non vai avanti, se non tiri fuori la potenza resti impantanato. Infatti sono quelli che vincevo, ma in Italia ce ne sono pochi.

Beh, si potrebbe dire che l’identikit perfetto che cerca Pontoni! Atleti di una certa stazza e di una certa potenza…

Se si parla di fisico magari potrei anche andare bene. Sono alto, peso 68,5 chili, ma se si parla di guida… magari avrei qualche difficoltà in più.

Quali gare hai fatto di cross più importanti?

Le gare più importanti sono state le tappe del Giro d’Italia di Ciclocross.

Quanto tempo è che non ti cimenti in più in questa disciplina?

Parecchio, dai primi anni juniores.

Però ti sentiamo appassionato a questo discorso. Se arrivasse una chiamata per davvero ci penseresti?

Ci penserei di sicuro, non escluderei nulla a prescindere. Ogni tanto mi manca il cross, mi viene il magone, ma adesso penso molto alla strada. E poi è come una ruota, se smette di girare fai fatica a riprendere voglia e motivazioni. Se non dovessi andare forte preferirei continuare a fare una preparazione adatta alla strada. Che poi non voglio dire che il cross non sia adatto: guardiamo Van der Poel e Van Aert! Però loro hanno sempre fatto così. Per loro la ruota non si è mai fermata. Bisognerebbe ragionarci bene, tutto qui.

Alla UAE sei in squadra con Trentin, avete mai parlato di ciclocross voi due?

Ogni tanto capita di fare qualche battuta, ma non credo che lui sappia che io ho fatto cross.

A Montalcino la chiave dei dispiaceri di Covi

10.12.2021
4 min
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C’è stato un momento nella stagione 2021 di Alessandro Covi che l’ha bloccato. Forse sul momento lui non se ne è reso neanche conto, ma adesso parlandoci capisci che quel giorno al Giro, quando Schmid lo beffò sul traguardo di Montalcino, qualcosa s’è inceppato e magari se l’è portato dietro sino alla fine dell’anno con tutti quei piazzamenti.

«La sfiga non esiste – dice con un sorriso mezzo amaro – qualche errore l’avrò fatto. Le dinamiche di gara in cui sono arrivati i piazzamenti sono state tutte diverse, però ricordo bene che quel giorno a Montalcino mi venne il panico. Era bello essere lì a giocarsi la tappa, ma non ero convinto di me stesso e non conoscevo lui. Occasioni di giocarmi corse importanti con una volata a due non ne avevo avute tante, quindi di sicuro l’abitudine e la freddezza l’avevo persa. Sul momento mi è scocciato, ora se ci penso mi dico che poteva cambiarmi la carriera. Il secondo non se lo fila nessuno…».

La beffa di Montalcino ha bloccato la sua stagione: ma il 2022 sarà diverso
La beffa di Montalcino ha bloccato la sua stagione: ma il 2022 sarà diverso
Felline ieri ha parlato proprio di questo, dell’occasione che ti cambia la vita…

Non è un ragionamento sballato. Magari mi sbloccavo e avrei gestito diversamente lo Zoncolan, non arrivando terzo. Anche da under 23 capitava che ne vincessi una e poi le altre arrivassero in fila. Nel 2018 non mi riusciva di sbloccarmi, poi feci centro in Spagna e in Italia ne vinsi tre di fila, fra cui la Coppa Cicogna. Vincere a Montalcino mi sarebbe servito per avere più consapevolezza.

Si trova una lettura positiva ai tanti piazzamenti?

Il fatto di aver capito che se tutto va bene, posso giocarmi le corse. Ci metto sempre il massimo impegno, poi con l’esperienza e la maturazione fisica le cose verranno meglio da sé. Ricordo che quando passai professionista, riuscivo a spingere certi rapporti. Dopo il Giro d’Italia, la mia pedalata è diventata più facile. E a margine di tutto questo, è bello che la squadra mi dia il tempo per crescere. Ognuno ha il suo fisico e la sua testa.

I piazzamenti hanno spento il tuo buon umore?

No, perché sono sempre il solito Alessandro Covi, cui piace prendere le cose alla leggera.

Chissà se anche il risultato dello Zoncolan sarebbe cambiato se avesse vinto a Montalcino
Il risultato dello Zoncolan sarebbe cambiato se avesse vinto a Montalcino?
Con chi hai il miglior rapporto in squadra?

Con Ulissi, magari perché abbiamo condiviso la stanza al Giro d’Italia e anche perché è un grande maestro.

Quali sono gli obiettivi per il 2022?

La vittoria, mi piacerebbe tornare ad alzare le braccia al cielo e spero di farlo trovando la giusta condizione.

Come è fatto il tuo calendario dei sogni?

Mi piace l’Italia, inizierei da Laigueglia e farei tutto il calendario italiano. Intendiamoci, mi piace anche il Belgio, ma potendo scegliere starei volentieri qua.

Ulissi, qui in due sono insieme alla Veneto Classic, è il riferimento di Covi
Ulissi, qui in due sono insieme alla Veneto Classic, è il riferimento di Covi
Com’è essere compagno di squadra di Tadej Pogacar, che alla tua stessa età ha già vinto il mondo?

Lo guardo, ma c’è poco da fare se non riesco a spingere come lui. Ammiro il suo potenziale e la facilità. E poi mi piace perché vive tutto tranquillamente, non sente tanto la pressione. Non si fa troppe paturnie: se va bene okay, sennò va bene lo stesso.

La squadra farà il primo e unico ritiro a gennaio…

E io fino a quel momento starò a casa. Me ne resto tranquillo ad allenarmi, anche se fa un freddo cane. Magari un anno di questi si va fuori a cercare un sole più caldo.

Da professore ad alunno. Covi a lezione da Valverde

30.09.2021
3 min
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Dal dare lezione alla Nove Colli, al prenderla da Valverde al Giro di Sicilia: è la strana settimana di Alessandro Covi, che in questo intermezzo ha anche compiuto gli anni. Il simpaticissimo corridore della Uae, a Caronia, terza frazione della corsa siciliana, è arrivato secondo ad un passo dall’eterno spagnolo.

Alejandro Valverde in testa al gruppo: appena 40 giorni fa il murciano si fratturava la clavicola destra alla Vuelta
Alejandro Valverde in testa al gruppo: appena 40 giorni fa il murciano si fratturava la clavicola destra alla Vuelta

A lezione da Valverde

«Alla fine Valverde è un campione – ha commentato Covi – si sa…. E’ quasi un onore arrivare secondi dietro di lui, ma io voglio il mio primo successo da professionista e mi spiace essere arrivato ancora secondo. Magari ci riesco da qui a fine stagione».

Alessandro è già alla terza piazza d’onore dopo quella della tappa di Montalcino al Giro e quella del Giro dell’Appennino. Ma lui non molla, non perde grinta e sorriso. E almeno si può consolare con la maglia di miglior giovane.

«Io ero designato per fare la volata, nonostante l’ultima salita fosse difficile. Avrei dovuto risparmiare energie. Mi hanno detto di stare a ruota di Valverde e… ho rispettato le consegne fino alla fine. Non l’ho passato neanche sull’arrivo!».

Il Giro di Sicilia sta attraversando paesaggi unici
Il Giro di Sicilia sta attraversando paesaggi unici

Niente scuse

«Il discorso – riprende Covi – è che nel finale c’erano molte curve e questo stando dietro non mi ha agevolato nella rimonta. Valverde è partito lungo ed è stata la cosa giusta da fare. Io non sono riuscito a spingere al massimo per rimontare. Sapevo che c’erano delle curve, certo non conoscevo esattamente il percorso, ma neanche Alejandro lo conosceva. E’ stato più bravo. Peccato perché la gamba c’era».

Covi parla di una buona condizione psicofisica. Dice che da dopo il Giro la sua forma non è mai calata. Ha avuto qualche occasione per cogliere un risultato personale e altre in cui ha lavorato per il team. Ma dice anche che di testa c’è eccome.

«Sì la testa c’è, per me fino all’ultima gara è come se fosse la prima. Correre non mi pesa, non sono stanco. Finito il Giro di Sicilia farò: Bernocchi, Tre Valli, Gran Piemonte e le due gare in Veneto».

Un pro’… “prof”

Ma prima di chiudere torniamo sulla Nove Colli. Davvero in qualche modo Covi lì ha dato, seppur indirettamente, lezione. Era con il gruppo di testa e mentre loro erano lì a scornarsi lui faceva i video e le storie per i social.

«Facevo i video ma faticavo! Devo dire che i primi andavano forte. Differenze? Beh, non sono abilissimi nell’andare in bici, ma a livello di potenza non solo così lontani. Diciamo che il primo degli amatori in salita può tenere un velocista.

«Cosa mi ha colpito della Nove Colli? Una bella festa: 11.000 e passa persone, basta questo a farti capire di che cosa si tratta. Io mi sono divertito!».

Alessandro Covi 2021

Covi, buoni risultati e un sogno nel cassetto

05.08.2021
4 min
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Passato l’uragano delle Olimpiadi su strada (la pista va avanti già da oggi), l’ultimo weekend ha avuto tra i suoi protagonisti anche gli italiani. Si è molto parlato della doppietta a Getxo con Nizzolo e Aleotti, ma guardando alle due gare disputate in sequenza (Clasica di San Sebastian e Circuito di Getxo) il migliore nel compendio è stato Alessandro Covi, nella Top 10 in entrambe le occasioni e la cosa stupisce maggiormente perché il corridore dell’Uae Team Emirates non proveniva dal Tour.

Parlando con il 22enne di Borgomanero, però, le sorprese non finiscono qui, perché quei piazzamenti nascono da una scelta per molti versi originale: «Finito il Giro d’Italia dovevo impostare il nuovo periodo di lavoro – dice – ma ho scelto di non muovermi da casa, non andare in altura. Sono rimasto con i miei, con gli amici, seguendo i programmi che mi erano stati dati ma ritrovando anche la giusta tranquillità mentale insieme ai miei cari».

Covi San Sebastian 2021
Alessandro Covi ha chiuso 5° la Clasica de San Sebastian a 1’04” dal vincitore Powless. A Getxo è stato 7°
Covi San Sebastian 2021
Alessandro Covi ha chiuso 5° la Clasica de San Sebastian a 1’04” dal vincitore Powless. A Getxo è stato 7°
Una scelta che va controcorrente…

Ma che credo stia pagando: già al Giro di Vallonia ho visto che stavo bene, sono giunto 7° in una tappa e ho chiuso 10° nella classifica dei giovani, avevo una buona gamba e questo mi ha dato fiducia. D’altronde venivo da un Giro d’Italia che reputo molto soddisfacente, anche lì 10° fra i giovani ma soprattutto sul podio sia a Montalcino che sullo Zoncolan e per me valgono tanto dopo il difficile inizio stagione.

Puoi ricordarci che cosa ti era accaduto?

Ho avuto grossi problemi al piede destro proprio all’inizio, poi dopo la Sanremo sono sfociati in una tendinite che di fatto mi ha tenuto fermo a lungo. La prima gara è stata a fine aprile con il Romandia e già nella prima tappa avevo chiuso 5°. Non ci metto molto a ritrovare il giusto colpo di pedale, anche per questo ho scelto di evitare spostamenti dopo il Giro e lavorare tranquillo.

La squadra aveva insistito?

Mi avevano detto quali erano i programmi, ma non c’era alcun obbligo e mi hanno lasciato la libertà di scegliere. I risultati credo siano stati la risposta migliore che potevo dare.

Schmid Covi Giro 2021
La volata a due di Montalcino, al Giro 2021, con Schmid (Qhubeka) davanti a un Covi sfinito
Schmid Covi Giro 2021
La volata a due di Montalcino, al Giro 2021, con Schmid (Qhubeka) davanti a un Covi sfinito
Al Uae Team Emirates sono soddisfatti della tua stagione?

Assolutamente, sto rispettando quella tabella di miglioramento che si aspettavano. Anche per questo si è instaurato un grande rapporto di fiducia reciproco, io da parte mia mi trovo molto bene nel gruppo.

Si parla spesso delle difficoltà che i giovani italiani hanno nell’approdare in una grande squadra, se hanno velleità di risultato. Tu che puoi dirci al riguardo?

E’ un tema complesso. Sicuramente per molti rappresenta un problema, ma credo sia anche normale e giusto mettersi a totale disposizione del gruppo, perché c’è molto da imparare e altrettanto da lavorare. Per quel che è la mia esperienza posso dire che è molto importante sfruttare le occasioni quando si presentano per ritagliarsi un proprio spazio: i miei 6 risultati nella Top 10 di quest’anno si spiegano proprio così.

Covi 2021
Alessandro Covi è nato a Borgomanero il 28 settembre 1998. E’ al suo secondo anno al Uae Team Emirates
Covi 2021
Alessandro Covi è nato a Borgomanero il 28 settembre 1998. E’ al suo secondo anno al Uae Team Emirates
Che altri insegnamenti hai tratto da questi due anni nel team di Pogacar e che cosa puoi consigliare agli altri?

Quando entri in un grande team con riferimenti come lo sloveno, devi partire dal basso e imparare da ogni esperienza, anche dalle sconfitte, anzi soprattutto da esse. Bisogna poi cercare di salire di livello e quando capita l’occasione buttarsi senza pensarci due volte.

Ora il tuo programma che cosa prevede?

Sono stato convocato per il Giro di Polonia e il Giro di Germania. Nel primo caso affronteremo la trasferta al servizio di Diego Ulissi, che in Polonia ha già vinto e impostando le volate per Fernando Gaviria, ma se si aprirà qualche occasione state tranquilli che ci riproverò. Anche perché non mi dispiacerebbe per niente essere preso in considerazione per una maglia azzurra…