Sette vittorie al primo anno da junior, otto al secondo. Uno come Bagioli oggi passerebbe dritto al professionismo: c’è chi lo ha fatto per molto meno. Andrea invece scelse di crescere per due stagioni con il Team Colpack, cogliendo 2 vittorie al primo anno (e altri 11 piazzamenti nei 10, fra cui il 2° posto alla Liegi) e 9 al secondo (con altri 5 piazzamenti nei 10).
«Non sarei mai passato direttamente – dice lui oggi – ho preferito finire la scuola e fare le cose nei tempi giusti, prima di arrivare qui alla Quick Step».
Dannata caduta
Lo incontriamo a Calpe, proprio durante il ritiro della Quick Step-Alpha Vinyl. Il 2021 era nato sotto i migliori auspici con la vittoria in Francia alla Royal Bernard Drome Classic, poi la caduta di Laigueglia e i conseguenti problemi al ginocchio (risolti con un intervento il 16 aprile) hanno fermato tutto. Il rientro alle corse alla fine di luglio dopo un periodo a Livigno ha offerto altri lampi di talento, ma è chiaro che anche lui non possa essere troppo soddisfatto di come sono andate le cose.
«Ogni anno – dice – si parte da un livello più alto. All’inizio andava bene tutto, adesso ho pretese superiori. La squadra non mi chiede niente di particolare, ma io so che posso dire la mia e vorrei farlo. Ho corso poco (38 giorni nel 2021, ndr), ma al mondiale mi sono sentito veramente forte. E’ stato bello essere lì davanti a fare la mia parte. In questi due anni ho maturato una bella esperienza, ma non mi sento ancora un corridore esperto. E’ vero che tutti cercano il nuovo Evenepoel, ma credo che sia dura trovarne un altro così. E io comunque devo ancora compiere 23 anni…».
Con Cattaneo, Honorè ed Evenepoel al Balcón de Alicante (foto Instagram) Cattaneo e Bagioli condividono l’attitudine per la salita
Che cosa hai chiesto a Babbo Natale per il 2022?
Di vincere una tappa al Giro, magari entrando in un gruppetto ristretto e poi giocarmi la volata. Per il momento mi trovo a mio agio più nelle corse di un giorno o di poche tappe. Per i Giri più importanti non mi sento ancora pronto, soprattutto sul fronte delle crono, ma mi piacerebbe. E’ un capitolo che spero di scrivere, perché le potenzialità potrebbero esserci.
Sei in una squadra che sul fronte delle classiche è piena di potenziali vincitori…
Non ci si può sedere un attimo. Quando si fa la riunione pre gara, c’è comunque un capitano, ma tutti possono giocarsi le proprie carte. Alla Primus Classic, che poi ha vinto Senechal, eravamo in 7-8 di noi nel gruppetto dei 15 che ha deciso la corsa. Al Lombardia c’erano altri capitani. Alaphilippe e Almeida, soprattutto. Invece alla fine è uscito Masnada.
Ballerini ha raccontato di aver imparato tanto da Morkov…
Io cerco di spiare Alaphilippe. Si impara tanto dai compagni, da quello che fanno sul bus e poi fino a sera. Da Julian cerco sempre di raccogliere qualcosa. E’ sempre calmo, non mette mai pressione. Prima della Liegi, cui arrivava dopo la beffa dell’anno prima, era tranquillissimo.
E tu sei tranquillo?
Prima di una gara, un po’ di pressione c’è sempre. E’ la corsa stessa che te la mette. Per stemperarla, magari cerco di leggere un giornale o guardare un programma che mi distragga.
Quanto leggi? Quanto incide su di te quello che viene scritto?
Se sono a casa tranquillo, leggo, ma non do tanto peso a quello che viene detto su di me. Alle corse è diverso. Prima del mondiale ad esempio ho letto molto, ma dipende da persona a persona. Se arrivano critiche o commenti, ci ragiono, ma non mi condizionano. Per altri di sicuro è diverso.
Tuo fratello Nicola alla fine ha deciso di smettere…
Mi dispiace, ma un po’ si poteva capire. Anche quando era fuori negli ultimi tempi era sempre con la testa sulla nuova attività. Vedevo che era più contento quando parlava del lavoro che della bici. Mi dispiace perché ci scambiavamo consigli e ci allenavamo insieme, ma sono contento per lui. La bici ad ora non l’ha più presa. Magari la prossima estate, lo costringo a farmi compagnia per qualche uscita (sorride, ndr).
Programma 2022?
Saudi Tour, Ruta del Sol, Ardeche. Quindi altura sul Teide, poi classiche e Giro.
Si debutta in Italia, dunque?
E’ sempre stato il mio sogno sin da bambino. Il primo ricordo che ho del Giro è del 2008 con Contador in maglia rosa e poi ancora lui, ma nel 2015, per quello che fece sul Mortirolo. Alberto è il mio idolo, quando lo vedevo partire da lontano mi esaltavo. Non sarò come lui, ma di certo posso prenderlo a riferimento.