Alessandro Covi nel ciclocross, la suggestione continua. Una suggestione che però si fa sempre più tecnica, non vogliamo dire realistica, ma quantomeno verosimile. Soprattutto dopo aver parlato con il suo ex diesse, Davide Arzeni.
L’attuale direttore sportivo della Valcar – Travel&Service ha avuto tra le mani Covi per quattro stagioni, fino al primo anno tra gli juniores. Lo conosce bene. I due sono in ottimi rapporti. Davide lo ha visto crescere. A volte si sentono ancora, e da preparatore qual è Arzeni può ben dirci le reali possibilità di Covi nel ciclocross.
Davide, Covi e il ciclocross…
Alessandro su strada sta trovando una dimensione da top rider e bisogna capire i programmi che la UAE ha in serbo per lui. E a naso secondo me ha dei programmi molto importanti, pertanto bisognerà vedere quanto saranno interessati a questo discorso del cross. Sicuramente sarebbe bello vederlo. Sarebbe bello per la nazionale, per Pontoni, per il movimento… ma vallo a dire a Gianetti (CEO della UAE, ndr)!
Per te Covi avrebbe le qualità per tornare a fare il ciclocross?
Sì, certo. Però non è facile rientrare dopo tanto tempo. Servirebbe la programmazione giusta, senza contare che un po’ di tempo per riprendere il ritmo e la guida gli ci vorrebbe.
Ma il motore ce l’ha? Sarebbe all’altezza?
Certamente! Quando uno va forte su strada, va forte anche nel cross. E poi non scordiamoci che Ale ha già un passato in questa disciplina. Con me ha corso quattro anni: da esordiente al primo anno da juniores. E si vedeva che aveva dei numeri. Una volta eravamo alle Capannelle, a Roma e lo vedevamo avanzare sul rettilineo davvero con molta potenza, si vedeva proprio che sprigionava watt. Ero al fianco di Fausto Scotti, che rimase colpito. E Fausto, che la sa lunga, per l’anno successivo lo voleva a tutti costi nel progetto della nazionale, ma la squadra all’epoca (Team Giorgi, ndr) di Covi si oppose, non gli diede l’okay.
Quindi il cross era più che un semplice diversivo invernale per il varesino…
No, no… facevamo parecchia attività. Alessandro ha vinto diverse gare con me. Covi e Dorigoni, li avevo entrambi. Pensate che squadretta! Anche io ero più giovane e sentivo meno freddo quando andavo alle gare! Scherzi a parte, Alessandro si è divertito molto nel ciclocross. Ogni tanto quando ci sentiamo mi dice: ehi, Capo allora ci vediamo in qualche campo di cross!
Quindi avevi anche Dorigoni. Cosa pensi del fatto che lui punti sulla mountain bike, in particolare sulle marathon, per tenersi attivo d’estate?
Sono stato il suo preparatore fino allo scorso anno, poi Jakob ha scelto di dedicarsi alla mountain bike e abbiamo preferito interrompere il rapporto. Non per dei problemi, ma semplicemente perché io sulla mountain bike non ho la stessa esperienza che ho su strada e cross. Adesso lo segue Bramati. Che dire, io resto del parere che la migliore preparazione per il cross sia la strada.
In effetti è un po’ quello che anche noi sosteniamo, ma semplicemente perché è quello che vediamo sui campi di gara e dalle classifiche. Sono dati oggettivi…
Se io fossi un allenatore per il cross cercherei di prendere un atleta che fa strada e ogni tanto qualche gara di mtb per quelle abilità di guida che si acquisiscono con la “ruote grasse”, insomma per la tecnica. Così per me sarebbe perfetto. Poi mi rendo conto – fa una pausa Arzeni – che c’è anche chi arriva da altri mondi. Penso per esempio a Pauline Ferrand-Prevot che in un anno ha vinto i mondiali su strada, di cross e in mtb. Poi però il fisico ti presenta il conto. E lo stesso è un po’ quello che sta accadendo a Van der Poel.
Il profilo di Covi quindi cade a pennello…
Lui può far bene nel cross. Con quel motore che ha non avrebbe grandi problemi. Ha la potenza che serve. In più avendo fatto da ragazzino e ragazzo questa attività non partirebbe da zero. Se non fosse stato per una febbre a un paio di giorni dalla gara, avrebbe vinto un campionato italiano da juniores.