Sfreccia nella neve all’inizio dell’ultimo giro con una velocità pazzesca. Ci passa davanti facendo un piccolo salto e all’atterraggio l’impatto con il percorso ghiacciato ha un suono sordo e compatto. Van Aert ha fatto anche oggi la sua corsa, guidando da grande pilota lungo le canalette e le trappole del percorso di Vermiglio.
Si è concesso il tempo per trovare il giusto assetto e poi ha preso il largo, nonostante il tentativo di Vanthourenhout di non farsi staccare. Mentre il grande belga addenta l’ultima neve di questo suo weekend pazzesco, iniziato ieri con la vittoria di Essen e proseguito in Val di Sole, pensiamo a una frase detta ieri dal cittì Pontoni. «Su questo percorso non servirà tanto la potenza – ha detto ieri il tecnico azzurro – quanto la capacità di guidare la bici». Il ragionamento poteva essere anche condivisibile, ma si è infranto contro la capacità del grande belga di guidare benissimo esprimendo tutta la sua potenza.
Val di Sole, 10 e lode
C’erano curiosità e qualche dubbio su questa gara nella neve. Il fondo avrebbe retto? Sarebbe stato un evento sostenibile oppure qualcosa di folkloristico? Nessun dubbio sulla capacità della Val di Sole di tenere l’evento, vista la consuetudine con le grandi prove della mountain bike, ma d’inverno?
«Siamo felicissimi – dice ai piedi del podio Fabio Sacco, presidente di Visit Val di Sole – perché questa sperimentazione è riuscita. Abbiamo creato un filo rosso con la Mtb, lasciando intravedere qualche possibilità di aprire al gravel. Abbiamo portato il ciclismo nella stagione invernale. C’erano la curiosità e il giusto rispetto verso qualcosa di nuovo, ma tutto ha funzionato bene. La macchina organizzativa di Val di Sole ha dimostrato di conoscere il mondo degli eventi e abbiamo affrontato tutto al meglio».
Più abilità che forza
Se te lo trovi davanti a non più di mezzo metro, capisci che niente è per caso. Wout Van Aert, come altri grandi belgi prima di lui (vengono in mente Tom Boonen e Johan Museeuw) è una statua. E quando un fisico così riesce a trovare il feeling con la bicicletta, puoi mettergli davanti qualsiasi percorso e lui lo piegherà al suo volere. Negli ultimi 12 mesi, il campione della Jumbo Visma ha vinto nel cross, a cronometro, sulle salite e anche in volata.
«Penso che oggi si è fatta un po’ la storia del ciclocross – dice – è stato bello correre in questo scenario ed era mia ambizione essere alla partenza. Penso che tutti sappiano che mi piace correre in Italia, mi piacciono i tifosi e il loro entusiasmo. Per questo è stato bello fare show e festeggiare con loro. Oggi è stato più un fatto di abilità che di forza. Dovevi restare sulla bicicletta il più possibile e non era affatto scontato. C’era l’obiettivo di non fare troppi errori. Il percorso cambiava a ogni giro, alla fine della corsa era più freddo e il fondo ghiacciato».
Difficile andare forte
Di freddo e ghiaccio parla Pidcock, che ieri era parso disinteressato e poco entusiasta, invece oggi ha lottato con denti e unghie.
«Sono morto di freddo – dice il campione olimpico della Mtb – facendo qualcosa di diverso rispetto a quel che si fa abitualmente nel cross. E’ stato un esperimento ben riuscito. E’ stato bello, molto tecnico. Per me è stato difficile andare a tutta, perché c’era da gestire l’equilibrio. Probabilmente con questo clima preferisco sciare, ma è stato bello da vedere e io sicuramente mi sono divertito».
Allargare la base
Si è fatto per tutto il weekend un gran parlare delle Olimpiadi invernali come possibile approdo per il ciclocross. Il discorso regge. Il cross è uno sport invernale e da oggi sappiamo che si può correre anche nella neve. Ma il problema non è tecnico, ricordando quando uno dei capisaldi del ciclismo olimpico come la 100 Chilometri fu cancellata dal programma perché poche Nazioni potevano essere rappresentate.
«Penso sia possibile arrivare alle Olimpiadi con il ciclocross – dice Van Aert – quando lo sport è ai massimi livelli quello è il suo approdo. Ma per ora la base è stretta, servirebbe una piattaforma più ampia. Quando ero un ragazzino non c’erano prove di Coppa del mondo fuori da Belgio e Olanda, ora siamo in Italia e prima siamo andati in America, stiamo migliorando. Possiamo essere un evento invernale, ma dobbiamo avere numeri migliori. Magari i ragazzi italiani che oggi ci hanno guardato, si sono appassionati e saranno i campioni di domani».
Cross, un fatto di cuore
La lucidità fa il pari con le sue doti atletiche. E allora, per riallacciare il filo con le sue parole dopo la vittoria di Boom, gli chiediamo che rapporto abbia avuto infine con la neve.
«Nella seconda parte di gara – dice – è stato davvero insidioso. Bastava cadere o avere un problema con la bici e tutto poteva cambiare. Il mio vantaggio era rassicurante, ma potevo perdere tutto facendo la cosa sbagliata. E’ stato eccitante fare l’ultimo giro da solo, ho avuto anche tempo di pensare che sarebbe facile rilassarsi un po’ d’inverno e allenarsi per la stagione su strada. Ma il cross mi piace. E’ una buona preparazione, ma soprattutto un fatto di cuore».
Addio tempo libero
Wout non ci sarà nel prossimo fine settimane nei round di Coppa a Rucphen in Olanda e a Namur, in Belgio La Jumbo Visma lo vuole nel ritiro spagnolo per preparare la stagione su strada e lui non se l’è sentita di contraddirli. Tornerà nel cross a Dendermonde, il 26 dicembre, dove ritroverà anche… l’amico Van der Poel. Per ora se la cava con una battuta.
«Mi piacerebbe avere il tempo di andare sulla neve per sciare – sorride – ma non ne ho praticamente più. L’ultima volta ho sciato due anni fa in marzo, dopo una super stagione di cross. Poi ho avuto la brillante idea di mettermi a correre anche su strada e a questo punto avrei tempo per sciare solo dopo la Roubaix. Ma finisce sempre tardi e la neve a quel punto è tutta sciolta».