Baschi, crono, Sierra Nevada: la Vuelta secondo Garzelli

25.12.2021
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Dopo aver conosciuto il Tour de France e il Giro d’Italia, qualche giorno fa si sono alzati i veli anche sulla Vuelta Espana. Le novità non mancano. Innanzitutto si partirà da Utrecht. Ed è la seconda volta che si scatta dall’Olanda. La prima fu nel 2009 da Assen e a Madrid fu incoronato Alejandro Valverde. Con Stefano Garzelli andiamo a scoprire i punti chiave dell’edizione 2022, che si annuncia molto dura pur senza tappe superiori ai 200 chilometri. E proprio pensando ai chilometraggi delle frazioni, prima di cedere la parola al varesino, due punti vogliamo evidenziarli noi: le tappe apparentemente meno corte, appunto, e i tre giorni di riposo.

Riguardo ai chilometri, la tendenza è sempre quella di avere tappe più brevi. E in questo la Vuelta è maestra. Tuttavia facendo un paragone proprio con quella del 2009, i chilometri sono più o meno gli stessi: 3.295 di quella edizione contro i 3.280 della prossima. Di diverso c’è che non essendoci frazioni superiori ai 200 chilometri, non ci sono tante “micro tappe” al di sotto dei 140-145 chilometri, come eravamo abituati: la media giornaliera è più alta.

I tre “rest day” poi possono cambiare non poco le carte in tavola e favorire i più giovani. In qualche modo danno più spazio al recupero. Sarà un aspetto da valutare sul campo.

Nel 2009 Vuelta a Valverde, portato in trionfo dai compagni
Nel 2009 Vuelta a Valverde, portato in trionfo dai compagni

Vuelta durissima

Con il campione varesino andiamo a scoprire quindi la corsa spagnola, la 77ª della sua storia, che si svolgerà dal 19 agosto all’11 settembre.

«E’ una Vuelta con molte novità – spiega Garzelli – ci sono tanti arrivi inediti ed è più impegnativa degli altri anni. Durissima, direi. Da quello che sento, sono le tante novità a generare maggiore incertezza. Gli stessi Landa e Mas non conoscono molte tappe e probabilmente le andranno a visionare. Per il resto è una Vuelta che dà continuità alle scelte fatte qualche anno fa e cioè tanti arrivi in salita e tappe mosse.

«Qualcosa che è stato ripreso dal Giro d’Italia. La vecchia Vuelta infatti prevedeva grandi piattoni e arrivi in salita. Invece negli ultimi anni è sempre stata molto mossa e di conseguenza la classifica è sempre stata movimentata. Merito anche del parterre, fra chi è all’esame di riparazione dopo il Tour, chi ha corso il Giro e chi della corsa spagnola ha fatto il suo vero obiettivo».

Paesi Baschi da imboscate

Dopo un giorno di riposo per consentire a tutti di rientrare in Spagna, la gara riprenderà dai Paesi Baschi. Da qui la corsa si muoverà più o meno nella direttrice verso Sud-Est. Nel cammino i corridori incontreranno nove arrivi in salita: La Guardia, Pico Jano, Collau Fancuaya, Les Praeres, Pena Blancas, Sierra de la Pandera, Sierra Nevada, Alto del Piornal e Puerto de Navacerrada e una crono di poco superiore ai 30 chilometri.

E proprio sui Paesi Baschi punta il dito Stefano Garzelli: «Posto che già la cronosquadre iniziale un pochino inciderà, l’arrivo in Spagna, nei Paesi Baschi è per me il primo punto chiave di questa Vuelta. Da quelle parti infatti non c’è mai pianura, non ci sono mai corse banali e il tracciato è quello caratteristico per le imboscate.

«Per esempio la frazione del Pico Jano è molto insidiosa. Quello è un arrivo parecchio duro. Per me, le tappe tra il primo e il secondo giorno di riposo saranno molto delicate e saranno certamente un punto chiave della corsa spagnola».

Crono decisiva?

Ma nonostante i tantissimi arrivi in salita per Garzelli rischia di essere decisiva la cronometro individuale. Si tratta della decima frazione, la Elche-Alicante.

«Questo è un altro momento molto delicato della Vuelta per due motivi. Primo, perché la cronometro è sempre un momento particolare. Secondo, perché viene dopo il giorno di riposo».

«Abbiamo visto come recentemente le cronometro intorno ai 30 chilometri, o poco superiori come quella di Alicante, spesso abbiano determinato distacchi importanti e siano state decisive ai fini di un grande Giro. E se capita lo specialista come Roglic che rifila due minuti a tutti non è facile poi recuperare quel distacco.

«Per quel che riguarda il giorno di riposo invece, questo sarà delicatissimo da gestire. A qualcuno potrebbe dar fastidio. Il giorno dopo infatti si è chiamati ad uno sforzo molto intenso. Ci si gioca molto anche nel giorno di riposo pertanto».

A Navacerrada un grande Fabio Aru (e una grande Astana) ripresero la maglia a Dumoulin e il sardo vinse la Vuelta 2015
Grazie all’attacco su Navacerrada, Aru (e una grande Astana) vinsero la Vuelta 2015

Sierra Nevada passaggio chiave

Altro momento importante secondo Garzelli sarà la scalata alla Sierra Nevada. Si è al termine della seconda settimana e l’intera frazione presenta un dislivello superiore ai 4.000 metri.

«Sierra Nevada arriva dopo la Pandera, altra frazione molto dura, ed è una scalata molto lunga. Non è durissima, ma è superiore ai 25 chilometri. Ma proprio perché non è durissima fa molta selezione, è sempre stato così. E’ una salita veloce e se non vai perdi tanto tempo. Un altro aspetto da valutare è che lì spesso fa caldo, le temperature sono molto alte e anche questo potrebbe incidere».

«Io ho fatto una sola Vuelta, nel 2004 – dice Garzelli – e quando la feci c’era Sierra Nevada, ma la salita la conosco bene. E anche i corridori la conoscono per via dei ritiri. Quella volta si arrivava lassù con una cronoscalata di 30 chilometri. Si partiva da Granada e si arrivava in cima. Noi salimmo dalla parte di Monachil, che è una strada parallela a quella principale. Non so se anche la prossima Vuelta passerà da lì. Ci sono tratti al 15 per cento, quando poi rispunti sulla strada principale ti restano davanti ancora 15 chilometri, più costanti e più pedalabili. Fu una cronometro infinita. In questa scalata conterà molto anche la squadra».

«Chiaramente – conclude Garzelli – sono molto dure anche le ultime tre tappe di montagna, come l’Alto del Piornal o Navacerrada. Quella nei dintorni di Madrid è una “classica”. I corridori la conoscono bene e non sono salite impossibili».

Però è anche vero che proprio su queste alture Fabio Aru nel 2015 vinse la Vuelta, ribaltando la classifica. Magari il prossimo 10 settembre toccherà ad un altro italiano…

Donati, l’Abruzzo, Garzelli e un’idea che frulla nella testa

06.12.2021
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Mentre Visconti e Fiorelli si allenano a Palermo, il resto della Bardiani-CSF è volato in Spagna e lavora sulle strade intorno a Benidorm. Ci sono praticamente tutti e a seguirli sull’ammiraglia c’è anche Alessandro Donati, abruzzese, che nella squadra dei Reverberi c’è arrivato dopo la fusione con la Nippo-Vini Fantini. Di lui aveva parlato Stefano Garzelli, raccontando di avergli affidato Iker Bonilla, ragazzino di Valencia, campione spagnolo dell’inseguimento.

La frase era rimasta in memoria, salvo che congiungendo i punti ci siamo resi conto che Garzelli, Donati e Andriotto, hanno corso insieme con la Acqua&Sapone e ciascuno a suo modo si occupa di giovani nella propria squadra. Garzelli nella sua scuola di ciclismo. Andriotto con la Eolo-Kometa. Donati alla Bardiani, anche se i corridori che seguirà sono tutti grandi e sui ragazzi della squadra U23 è stato messo Rossato.

«Mi ha fatto molto piacere – dice Donati, professionista dal 2004 al 2012 – che Stefano abbia questa fiducia verso di me. La nostra squadra per Iker sarà la struttura per crescere tranquillo. L’amicizia fra noi è venuta fuori dopo le corse. Prima eravamo colleghi, ora parliamo anche delle nostre famiglie. Con lui e anche con Andriotto».

Nel 2010, Donati ha corso la Roubaix, chiudendo 28° nel gruppo principale alle spalle di Cancellara
Nel 2010, Donati ha corso la Roubaix, chiudendo 28° nel gruppo principale alle spalle di Cancellara
In che modo seguirete i più giovani?

Rossato sarà fisso su di loro. Ciascuno di noi ha i suoi corridori da seguire, è impossibile per uno solo occuparsi di tutti, tuttavia la squadra è la stessa, ci teniamo aggiornati su tutti. Sappiamo che il ciclismo è cambiato e che a gennaio si partirà subito forte, perché i campioni ormai sono sempre competitivi. Mi sarei trovato bene in questo ciclismo, anche se ho sempre fatto il gregario. Va a genio anche ai più giovani, perché gli ricorda quello dei dilettanti. Mentre chi ha già 7-8 anni di professionismo, un po’ soffre.

Come è messo il ciclismo abruzzese?

Non benissimo, a parte Ciccone e Cataldo. Vanno ringraziati Umbertone e pochi altri per la loro attività, ma purtroppo non c’è nessuno che possa sostituirli. Uno che lavora bene è Moreno Di Biase, ma io ho un’idea che mi frulla per la testa…

Una scuola di ciclismo come l’amico Garzelli?

Sarebbe bello, ne abbiamo parlato insieme. Partire dai bambini e arrivare ai dilettanti. Ma per cominciare, oltre a qualcuno che mi aiuti, serve un percorso protetto, altrimenti i genitori non te li mandano. Prometto che ne riparliamo…

Battaglin e Modolo hanno lasciato la Bardiani per il WorldTour, poi sono tornati… a casa. A destra, Tonelli
Battaglin e Modolo hanno lasciato la Bardiani per il WorldTour, poi sono tornati… a casa
Benissimo, prendiamo nota. Ma torniamo alla Bardiani: che squadra ti sembra sia diventata?

Un giusto mix fra corridori esperti e giovani che per fortuna ascoltano e ci danno fiducia al 100 per cento. Uomini di esperienza come Modolo, Visconti e Battaglin saranno come diesse in corsa. Guardando loro, i più giovani impareranno e cresceranno più in fretta. Se hai voglia di lavorare, vieni fuori, come fecero Colbrelli, Ciccone e lo stesso Modolo.

Qualche dubbio su come gestirete i primi anni under?

No, perché proporremo loro un calendario under 23 vero, come quello che farebbero in una continental. Se hanno scelto di venire qui è perché hanno chiaro l’esempio dei corridori che sono usciti da questa squadra, ma è chiaro che i procuratori spingono per portarli alle WorldTour. Ci siamo mossi così per anticipare le altre squadre. Sono tutti professionisti, a differenza di chi va nelle continental. Secondo me verrà fuori una bella cosa.

Giro senza i “tre tenori”. Occasione super per tanti corridori

31.10.2021
6 min
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Egan Bernal, Tadej Pogacar e Primoz Roglic quasi certamente non saranno al Giro d’Italia. Per loro c’è il Tour de France. Questi “tre tenori” sono certamente i più forti interpreti attuali dei grandi Giri. La loro presenza in Francia potrebbe subito far pensare ad un Giro in tono minore. In realtà c’è un’amplissima pletora di corridori davvero forti per i quali il Giro può diventare una super occasione. E regalarci una grande corsa.

Parliamo di Almeida, Carapaz, Mas. Ma anche Vlasov, Geoghegan Hart, Landa, Bilbao, Yates, Foss, Schachmann, Vingegaard, Quintana, Haig..

Occasione rosa

Anche per Stefano Garzelli il Giro è una grande occasione per tutti loro. Primo perché puntare tutto su una corsa è molto rischioso (ammesso che tutto vada bene due di quei tre non vinceranno il Tour) e poi perché il Giro resta sempre una grande corsa.

«Questi tre grandi non puntano però solo sul Tour – spiega Garzelli – Ad inizio stagione vanno forte anche in corse come Parigi-Nizza, Tirreno-Adriatico e le classiche delle Ardenne, soprattutto per i due sloveni. Poi staccano un po’ e pensano al Tour.

«Avete detto bene: c’è un’ampia fascia di atleti che sono molto forti, ma che magari vanno meno bene a crono o sono meno performanti in certe situazioni, per i quali è un’occasione unica venire al Giro senza quei tre. La forza di Bernal, Pogacar e Roglic sta nella loro costanza di rendimento nell’arco delle tre settimane. Io lo dico sempre: un grande Giro non lo vinci nella tappa in cui vai forte, ma in quella in cui hai la crisi. E loro la superano meglio di chiunque altro. Si salvano. Ed è lì che fanno la differenza».

Un Giro senza i tre tenori, potrebbe e dovrebbe far gola a molti. Si ha l’occasione di vincere una grandissima corsa e di mettersi in mostra.

«Io non so se sono i corridori o le squadre a non comprendere bene l’importanza della corsa rosa. Tante volte si sente dire: vado al Tour e poi se va male punto alla Vuelta. Non è così. Se non eri competitivo al Tour poi non andavi neanche alla Vuelta. Se io fossi un corridore ci punterei. 

«Anche le squadre sanno bene che è molto difficile andarsi a scontrare con quei corridori e con i loro team. Senza contare che alla fine vincono quasi sempre gli stessi».

Carapaz ha già vinto il Giro. E’ stato sul podio del Tour e della Vuelta. Col percorso del Tour potrebbe far fatica quest’anno
Carapaz ha già vinto il Giro. E’ stato sul podio del Tour e della Vuelta. Col percorso del Tour potrebbe far fatica quest’anno

Carapaz per il bis?

E allora passiamo in rassegna questi forti corridori a cominciare da Richard Carapaz. Il campione olimpico forse si pone in una posizione intermedia fra i tre tenori e questi altri ottimi atleti.

«Carapaz è già salito sul podio dei tre grandi Giri – dice Garzelli – E’ molto grintoso e attaccando ottiene anche più di quel che può a volte. Per me la Ineos dovrebbe farlo capitano unico, senza contare che sa come comportarsi con la pressione. Dico capitano unico perché deve sentire la fiducia.

«Sarà che io vengo dalla scuola di Pantani e Martinelli in cui si correva per un uomo solo. Quando io restavo dietro, restavano dietro tutti i miei compagni, no tre dietro, tre davanti, uno in mezzo. Un leader non può pensare che un suo compagno, possibile capitano, possa tirargli all’80%. Si creano delle tensioni. Magari da fuori non si vede, ma vi assicuro che è così. Se il leader sa che c’è un compagno pronto a sfruttare una sua defaillance non è tranquillo».

 

«E poi che senso avrebbe portare un Carapaz al Tour con tutta quella pianura, il pavé e il vento nelle fasi iniziali? Bernal si ritroverebbe con un uomo in meno o peggio ancora con un co-capitano. E si sa quanto siano importanti certi uomini specifici per quelle tappe. Al Tour più che mai quest’anno serve un capitano unico, tanto più che si corre in otto e non in nove come in passato».

Lopez è tornato all’Astana. Il Giro potrebbe essere l’occasione della sua carriera
Lopez è tornato all’Astana. Il Giro potrebbe essere l’occasione della sua carriera

“Martino” porta Superman

Dalla scuola Martinelli si parla così di Miguel Angel Lopez, tornato in Astana

«Non mi è piaciuto come si è ritirato dalla Vuelta l’anno scorso. Doveva finirla, se non altro per rispetto dei compagni che avevano tirato, preso caldo, pioggia e rischi per lui. Il giorno prima aveva vinto davanti all’amministratore delegato di Movistar e poi si è fermato. Mah… Lopez ha un bel caratterino».

«L’Astana – riprende Stefano – ha messo su una bella squadra e conoscendo “Martino”, Lopez lo porterà al Giro. Non si lascerà sfuggire questa occasione. In più c’è Nibali che potrebbe essere l’ago della bilancia per Miguel».

Joao Almeida, Stelvio, Giro d'Italia 2020
Al Giro del 2020 Joao Almeida si rivelò al grande pubblico. Fu in rosa per ben 15 giorni
Joao Almeida, Stelvio, Giro d'Italia 2020
Al Giro del 2020 Joao Almeida si rivelò al grande pubblico. Fu in rosa per ben 15 giorni

Almeida e Mas

Forse con Carapaz, Joao Almeida (in apertura con Simon Yates) e Enric Mas sono i più forti. Sono giovani ed entrambi molto forti e ambiziosi.

«Almeida mi piace moltissimo – dice Garzelli – E’ veloce, va forte a crono, tiene in salita. Piuttosto bisognerà vedere che piani ha la UAE per lui. Sarà solo una spalla per Pogacar?

«Sembra sia stato preso per il Giro? Farebbe bene a puntarci. Su di lui però c’è l’incognita Deceuninck. Tanti corridori che hanno lasciato quella squadra poi non sempre sono andati tanto forte».

«Mas invece in salita è fortissimo. Gli manca qualcosa però in generale e non solo a crono. Ma sulla sua presenza credo meno: chi poterebbe poi la Movistar al Tour?».

Pello Bilbao e Mikel Landa: i due baschi sono anche amici, bravissimi ma “poco” finalizzatori
Pello Bilbao e Mikel Landa: i due baschi sono anche amici, bravissimi ma “poco” finalizzatori

Landa, Bilbao e…

«Loro sono bravissimi, ma gli manca sempre qualcosa. Pello Bilbao ha superato i 30 anni e se non ha vinto un motivo deve esserci, non ce lo vedo che inizia a vincere adesso. E Mikel Landa ha fatto prestazioni super in salita, ma poi spesso cade e anche quando non cade e sembra possa andargli bene gli capita una giornata no. Però in Bahrain con due corridori così potrebbero avere due capitani. Sono due corridori che non danno garanzie, come Carapaz. Potrebbero giocare di sponda. Senza contare che vorrei conoscere le intenzioni di Caruso».

«E poi c’è Vingegaard: ecco lui potrebbe anche vincerlo il Giro». 

«Se fossi un diesse e avessi un corridore che sta bene io lo porterei al Giro come capitano e gli farei la squadra intorno, almeno se devo ragionare in termini di risultato sportivo e tecnico. Ma nel ciclismo moderno invece ci sta anche che ai team interessi il piazzamento. Non so cosa chiedono gli sponsor».

Iker e Ainara, in rotta sull’Italia. Li manda Garzelli

22.10.2021
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Uno con Reverberi, l’altra con Fidanza. Iker Bonilla e Ainara Albert. Dalla Spagna stanno per arrivare due ragazzi cresciuti insieme nella zona di Valencia, che hanno scelto come proprio referente Stefano Garzelli. Non sono usciti dalla sua squadra, ma lo conoscono da così tanto tempo che a lui si sono affidati. Sono juniores e per andare avanti sulla loro strada hanno scelto l’Italia.

«Li conosco da quando avevano dieci anni – dice il varesino – correvano insieme da bambini. A volte lui batteva lei, a volte lei batteva lui. Non vengono fuori dalla mia scuola, hanno due anni più dei miei allievi. Spero di vedere qualcuno dei miei nei prossimi due anni. Nel 2022 avremo 10 juniores e 10 allievi. Non abbiamo i grossi nomi, anche se lo junior che ha vinto di più in Spagna nel 2021 ha scelto di rimanere con noi. Perché gli permettiamo di imparare a correre restando tranquilli e senza l’assillo del risultato. Gli squadroni vogliono le vittorie, per noi la più bella sarebbe vederli passare professionisti».

Duelli fra campioni

Il discorso prende il largo e scopri che una delle rivalità più accese vede i suoi ragazzi contrapposti a quelli della scuola di Valverde, che ha sponsor importanti e corridori dagli allievi agli under 23. Al Giro del Portogallo se le sono date di santa ragione, mentre Stefano ricorda una corsa in cui il primo era della sua scuola, il secondo di Valverde e il terzo di Samuel Sanchez. Il campione olimpico di Pechino ha una squadra che si chiama NMR Cycling Academy dal nome di un’azienda che fa bici e ha tutte le categorie dai 9 ai 18 anni.

Compagni di squadra nel 2013 a 10 anni, quando si dividevano le vittorie
Compagni di squadra nel 2013 a 10 anni, quando si dividevano le vittorie
Come ha fatto Iker ad arrivare con Reverberi?

A febbraio parlai con Alessandro Donati e con Rossato e così Iker fece il ritiro qui in Spagna insieme alla Bardiani. Reverberi ebbe modo di osservarlo e dato che avevano già in mente di fare il progetto giovani, a marzo abbiamo concluso l’accordo. E’ uno degli junior più forti di Spagna. E anche se non tutti sono d’accordo che passino così presto e non lo sono nemmeno io, penso che potrà crescere con le giuste tutele, perché mi fido di Donati e Rossato. Il calendario under 23 spagnolo non è come in Italia, poteva perdersi.

Per quanto tempo ha firmato?

Due anni, in cui potrà capire se è in grado di puntare più in alto. Li abbiamo visti crescere, ho una foto di Iker di quando correvo ancora con la maglia bianca dell’Acqua&Sapone. Ho anticipato i procuratori. Sono contrario che arrivino pro’ direttamente dagli juniores, ma se proprio qualcuno deve seguirlo, allora meglio che lo facciamo noi. Per ora si tratta solo di aiutarli, più avanti vedremo. Hanno la loro traiettoria già tracciata, ma avevano già persone che ruotavano attorno a loro. 

Certo però, da junior a professionista…

Un errore di tutto l’ambiente, che sto vivendo sulla mia pelle con gli allievi. Pensano tutti di essere Ayuso o Evenepoel, mentre secondo me sarebbero giusti due anni da under 23 prima di passare. Come glielo spieghi però? Ayuso lo conosco bene, è di queste parti anche lui. E’ ambizioso. Ha vinto il Giro U23 e forse era convinto di andare a vincere anche tra i pro’. Se fa fatica lui, agli altri cosa tocca?

Ainara Albert è campionessa spagnola juniores di inseguimento con record nazionale (foto Morales)
Ainara Albert è campionessa spagnola juniores di inseguimento con record nazionale (foto Morales)
Sono contenti di venire in Italia?

Contentissimi. Sarà un’esperienza che li farà crescere, con Donati da una parte e Fidanza dall’altra che li seguiranno bene. Iker potrebbe avere come obiettivo magari di fare il Giro U23, senza altre attese. Invece per Ainara le cose cambiano, perché il salto da junior a elite è alto. Perché non creare un calendario di corse U23 per le ragazze? Lei poi è caduta agli europei pista, cui è arrivata battendo il record spagnolo dell’inseguimento che resisteva da anni. Sbagliando, secondo me, subito dopo l’hanno portata agli europei strada di Trento, ma si è ritirata perché non si era ancora ripresa. Ha firmato con la Isolmant per un anno. Potrebbe avere nel mirino addirittura le Olimpiadi di Parigi.

Tanta roba per due ragazzi di 18 anni…

Sono atleti giovani che possono crescere. A 18 anni sei un ragazzino ed hai in mano il tuo futuro. Il ciclista è imprenditore di se stesso e investe 15 anni della sua vita nello sport. Venire in Italia per entrambi significa uscire dai loro standard, imparare un lavoro nuovo e capire se sono in grado di farlo. L’Italia è una sfida.

Con i piedi per terra?

Assolutamente, ma bisognerebbe fosse così per tutti. Anche quando vinci un mondiale da junior, bisognerebbe sottolineare che i mondiali veri vengono dopo. Il campione del mondo è Alaphilippe oppure Ganna, gli altri sono campioni del mondo giovanili. Invece si dimentica. In televisione si fanno dirette integrali, si usano gli stessi aggettivi per tutti, si fa confusione. E’ un attimo a 18 anni convincersi di essere campioni, la verità è che non hai neanche cominciato…

Quelli che… sanno esaltarsi sulle strade di casa

19.10.2021
4 min
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Abbiamo ancora negli occhi le immagini dell’ultimo Giro di Lombardia, con la gente impazzita ai bordi della strada per fare il tifo per Fausto Masnada. Non un italiano qualsiasi, perché il corridore della Deceuninck-QuickStep correva sulle strade di casa, quelle nelle quali è vissuto e su cui ha sentito crescere dentro la passione viscerale per il ciclismo. Vivere un grande evento come il Giro di Lombardia sulle strade abituali, con il vicino di casa o l’amico del bar lì sul ciglio che si sgola per incitarti, ha un sapore speciale.

L’enfant du pays”: un’espressione resa famosa, nel mondo delle due ruote, da Adriano De Zan, che spesso la citava non solo nel citare i vincitori, ma anche semplici gregari che sfruttavano l’occasione del passaggio del Giro d’Italia o di qualsiasi altra manifestazione nel paese natio, chiedendo il permesso al gruppo per avvantaggiarsi, di quel tanto da permettergli un rapido saluto. Vestigia di un ciclismo che non c’è più, ora si è professionali sin dal via e certe deroghe non sono permesse quasi più…

Simoni Pordoi 2001
Gilberto Simoni ha costruito sul Pordoi la vittoria al Giro 2001, lasciando poi la tappa allo spagnolo Perez Cuapio
Simoni Pordoi 2001
Gilberto Simoni ha costruito sul Pordoi la vittoria al Giro 2001, lasciando poi la tappa allo spagnolo Perez Cuapio

Mondiali, “nemo propheta in patria”…

E’ pur vero però che vincere in casa propria ha un sapore speciale. Ai mondiali, ad esempio, questo evento è successo solamente 12 volte e parliamo non di atleti che vincono nella propria città, ma nella nazione di appartenenza, un abbinamento riuscito per 4 volte al Belgio (ma la quinta alla quale tanto ambivano quest’anno non si è avverata…) e per 3 all’Italia, nel 1932 con Learco Guerra, nel 1968 con Vittorio Adorni e nel 2008 con Alessandro Ballan, ultimo in assoluto a riuscirci.

Citavamo Guerra, la storica “locomotiva umana” che la soddisfazione di vincere davanti ai suoi concittadini l’ha assaporata nel 1931: la prima tappa del Giro d’Italia arrivava quell’anno a Mantova e Guerra ci teneva tantissimo a conquistare la vittoria davanti alla sua gente, poter ripartire il giorno dopo con il simbolo del primato. Dopo 206 chilometri si mise alle spalle allo sprint Alfredo Binda e Michele Mara e non contento di ciò vinse anche il giorno successivo a Ravenna. Quel Giro per lui finì con 4 successi di tappa ma con il rammarico della brutta caduta a La Spezia che lo costrinse al ritiro.

Ulissi Etruschi 2017
Vittoria in solitudine per Diego Ulissi a Donoratico nel 2017: quelle erano le strade della sua quotidianità…
Ulissi Etruschi 2017
Vittoria in solitudine per Diego Ulissi a Donoratico nel 2017: quelle erano le strade della sua quotidianità…

Giro d’Italia, altra storia…

Giro d’Italia. Spesso corridori hanno cercato e anche trovato la vittoria sulle strade di casa, ma se dovessimo cercare un simbolo di queste immagini?

La mente non può che tornare a qualche anno fa, a Gilberto Simoni che sul Pordoi costruì le sue vittorie rosa, in uno stretto corridoio lasciato libero dai tifosi, spingendo sui pedali per infliggere un ritardo sempre maggiore agli avversari. Non è un caso se la carriera del trentino sia legata a doppio filo alla corsa rosa, che aveva un sapore assolutamente speciale proprio quando si transitava sulle salite di casa, quelle dove da bambino aveva lasciato vagare la fantasia vedendo i campioni dell’epoca compreso lo zio di sua moglie, un certo Francesco Moser

Che dire poi di Stefano Garzelli, che nel 2005 vinse la Tre Valli Varesine? Attendeva da 15 mesi di riassaporare il gusto dolce della vittoria, il finale della classica di casa lo aveva studiato nei minimi particolari percorrendolo e ripercorrendolo in allenamento, soprattutto gli ultimi 500 metri dove si mise alla ruota di Mazzoleni gregario di Cunego e anticipando la prevedibile mossa del veronese scattò per precedere Bernucci. La gara arrivava a Campione d’Italia, città nativa della madre e di residenza delle sorelle. Come poteva non vincere?

Nibali Sicilia 2021
Una vittoria per Nibali nel 2021, ma di grosso peso, nella sua Sicilia, alla sua maniera: tappa e maglia…
Nibali Sicilia 2021
Una vittoria per Nibali nel 2021, ma di grosso peso, nella sua Sicilia, alla sua maniera: tappa e maglia…

Di casa e di cuore

Un po’ lo stesso discorso che vale per Fabio Ulissi. Nel 2017 il nativo di Cecina, appena approdato al Uae Team Emirates, voleva subito impressionare i suoi nuovi “datori di lavoro” e sulle strade di casa, teatro della sua preparazione invernale, sfruttò proprio la conoscenza del percorso e in particolar modo della discesa verso Donoratico.

«La conosco a menadito – affermò dopo la premiazione – sono nato qua e potrei farla a occhi chiusi, sapendo dove rilanciare».

Due volte era finito sul podio senza cogliere il risultato al quale teneva di più: per la gente del luogo, quell’edizione è rimasta nel cuore. E poi, parlando di discesa, non è lo stesso principio che ha applicato Masnada?

Se si parla di “enfant du pays”, c’è un’immagine recente che si fa strada nella memoria. Per Vincenzo Nibali quelle lacrime versate all’arrivo della conclusione dell’ultimo Giro di Sicilia contengono infiniti significati. Immaginate che cosa significa tornare a vincere, dopo tutto quel che ha passato in questi ultimi due anni, quello che ha letto e sentito su di lui, quei dubbi esasperanti nel proprio animo, davanti alla propria gente, quella stessa gente lasciata tanti anni fa, lui come tanti siciliani, per trovare fortuna nel Continente? Non c’era posto migliore per tornare ad azzannare il successo per lo Squalo. Certe volte anche i grandi uomini piangono…

Da Glasgow a Plouay, tre europei a confronto: parla Garzelli

03.09.2021
5 min
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L’Italia correrà in casa i prossimi campionati europei. Il 12 settembre, a Trento gli azzurri saranno chiamati a difendere il titolo conquistato lo scorso anno a Plouay da Giacomo Nizzolo, che ha regolato in volata Demare e Ackermann. Una storia di amore e passione quella tra i colori azzurri e la maglia di campione europeo, sono tre anni di fila che il tricolore svetta sul gradino più alto del podio. Il primo fu Matteo Trentin, nel 2018 a Glasgow ad aggiudicarsi la prima maglia stellata per gli azzurri (foto di apertura), a cui seguirono Elia Viviani ad Alkmaar e, appunto, Nizzolo in terra francese.

Abbiamo chiesto a Stefano Garzelli di ripercorrere con noi i trionfi azzurri per analizzarli fino in fondo e capire come abbia fatto l’Italia ad aggiudicarsi questo favoloso tris.

Nel 2019 ad Alkmaar, Viviani arriva da solo: soluzione inattesa
Nel 2019 ad Alkmaar, Viviani arriva da solo: soluzione inattesa
Il campionato europeo è nato nel 2016 ti piace come corsa?

Sono pochi anni che si corre, ma ha pienamente colto nel segno dal mio punto di vista, c’era già il mondiale come corsa lunga ad “esaurimento”. L’europeo invece, è una corsa moderna, corta, dove conta tanto la tattica. Un chilometraggio breve, si parte subito forte e questo giova allo spettacolo e alla vivacità della gara.

Com’è vista dai corridori?

A loro piace, quando è stato introdotto gli addetti ai lavori erano un po’ scettici, ma direi che ha fatto centro, anche per quando riguarda i commissari tecnici. Con questa corsa così diversa e non lontana dal mondiale, possono giostrare in modo diverso i corridori, è anche un banco di prova importante per qualche ragazzo giovane.

Così magari emergono anche altri tipi di corridori, come i nostri.

Dopo i 200 chilometri avviene una selezione naturale, mentre per vincere una corsa più corta serve più organizzazione tattica, per mettere nel sacco gli avversari. Emerge quindi la capacità di correre come squadra e di essere un gruppo coeso. Mentre in una gara più lunga come un mondiale ci si può nascondere, al campionato europeo bisogna correre in prima linea.

Giacomo Nizzolo, Arnaud Demare, Campionato europeo, Plouay, 2020
Lo scorso anno terza vittoria consecutiva: Nizzolo a Plouay piega. il padrone di casa Demare
Giacomo Nizzolo, Arnaud Demare, Campionato europeo, Plouay, 2020
Lo scorso anno terza vittoria consecutiva: Nizzolo a Plouay piega. il padrone di casa Demare
L’Italia ha sempre saputo leggere molto bene la corsa, dove la tattica la fa da padrona.

Noi abbiamo dominato le precedenti edizioni! Questo vuol dire che corriamo bene e sappiamo cosa fare per essere sempre protagonisti. Questo lo testimoniano i tre successi di fila. Quello che personalmente mi ha colpito di più è stato quello di Viviani nel 2019 (Alkmaar ndr).

C’era tanto vento…

Sono stati bravi a portarlo fuori nel momento migliore e hanno gestito i ventagli in maniera egregia, poi la sua grande condizione è uscita ed ha vinto in solitaria. Elia quel giorno volava, letteralmente.

Matteo Trentin aprì le danze.

Matteo è un corridore che con percorsi mossi ed ondulati emerge e si esalta, anche quando il clima è avverso non si fa fermare. In una giornata da tregenda mise dietro di sé Van Aert e Van Der Poel, questo vuol dire che sei forte. 

Se a Trento Colbrelli avrà la forma del tricolore e poi del Tour, alla sua portata c’è un grande risultato agli europei
Se a Trento Colbrelli avrà la forma del tricolore e poi del Tour, alla sua portata c’è un grande risultato agli europei
L’ultimo è stato Giacomo Nizzolo, in un’edizione un po’ particolare

Quello dello scorso anno è stato un europeo differente, a causa del Covid si è gareggiato in piena stagione, questo cambiava le carte in tavola. Giacomo era pronto per fare bene la prima parte di stagione dopo il nuovo inizio, infatti, in una settimana ha vinto il titolo italiano e quello europeo.

Un peccato che non possa difendere il suo titolo

Un peccato, ma non avrebbe potuto difenderlo al meglio delle sue possibilità. Quello di Trento è un percorso troppo duro per lui, la scelta è dolorosa ma corretta, lo vedo meglio al mondiale, nelle Fiandre.

Ci saranno altri dei “nostri” pronti a difendere il titolo, chi credi possa fare bene?

Trentin è il nostro uomo di punta secondo me, il terreno è adatto a lui, ormai siamo a livelli in cui anche corridori come Matteo reggono bene in salite di media percorrenza. Alla Vuelta sta andando forte, non ha vinto ma si è piazzato sempre bene. Sta andando forte anche in salita. Un altro è Sonny Colbrelli, campione italiano, che ha fatto un Tour de France molto forte (non ha vinto ma ha trovato due volte il podio, ndr).

Nonostante la stagione a corrente alternata per varie sfortune, agli europei Bagioli potrà dire la sua
Nonostante la stagione a corrente alternata per varie sfortune, agli europei Bagioli potrà dire la sua
Anche Bagioli sta andando bene, potrebbe correre l’europeo secondo te?

Assolutamente, è il suo terreno, va forte in salita ed anche molto molto veloce. Ha sfiorato più volte la vittoria alla Vuelta quest’anno. Mi aspettavo qualcosa in più in salita, ma nelle corse di un giorno la storia è differente. Penso possa essere una bella esperienza per lui e che possa dire la sua.

Stefano Garzelli Team, la scuola di ciclismo più grande di Spagna

31.07.2021
5 min
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Abbiamo spesso parlato di giovani e di squadre rivolte ai ragazzi. Ma lo abbiamo sempre fatto restando in Italia. Stavolta andiamo in Spagna, più precisamente a Valencia. Da quelle parti, infatti, c’è la Stefano Garzelli Team (un po’ d’Italia non manca mai!), che è anche una scuola di ciclismo.

La squadra nasce nel 2014 e oggi è una solida realtà. Tanto che lo scorso anno ha vinto la Coppa nazionale tra gli allievi e continua a vincere. Giusto ieri, Sergio Serrano, ha fatto sua la prima tappa della Volta a Portugal de Cadetes, il Giro del Portogallo per gli allievi. A dirigere il team c’è sì la maglia rosa del 2000, ma anche e soprattutto sua moglie Maria.

Serrano vince la 1ª tappa del Giro di Portogallo
Serrano vince la 1ª tappa del Giro di Portogallo

La scuola più grande di Spagna

«All’inizio – racconta con passione Maria Benimel – c’erano solo 6 bambini di cui 3 erano i nostri figli. Li avevamo aggiunti per sembrare che fosse una squadra più abbondante! Scherzi a parte, abbiamo creato la scuola perché nostro figlio maggiore voleva correre. Negli anni la società ha continuato a crescere e adesso è la scuola di ciclismo più grande di tutta la Spagna. Abbiamo quasi 100 ragazzi dai 4 ai 17 anni, tutti della zona di Valencia.

«Con la squadra allievi ci muoviamo in tutta la Nazione e facciamo anche qualche puntatina all’estero, come appunto la corsa in Portogallo di questi giorni. La squadra degli allievi è nata tre anni fa e il prossimo anno avremmo anche quella juniores. Vogliamo dare continuità a questo progetto. Tanto più che alcuni ragazzi sono dei talenti. Non sappiamo dove possiamo arrivare, ma vogliamo dargli la possibilità d’imparare… E dico che hanno un bel maestro di ciclismo!».

L’esperienza di Stefano

Maria racconta che Stefano li segue molto, almeno quando è in Spagna. E li segue soprattutto ad inizio stagione. Dà ai ragazzi molti consigli, anche sull’alimentazione, riporta molto le sue esperienze e spesso esce con loro.

Ma gli allievi del team, sanno chi è davvero Garzelli? Alla fine parliamo di gente che è nata anche dopo che Stefano aveva smesso di correre.

«Sì, sì – spiega Maria – sanno chi è Stefano. Si informano e soprattutto lo sanno perché Stefano insegna loro facendo molto ricorso all’esperienza, agli aneddoti, ai ricordi. Poi chiaramente si identificano di più con i nuovi campioni: Pogacar, Van Aert e Van der Poel visto che fanno anche cross.

«Io non sono stata una ciclista, ma è come se lo fossi stata, stando vicino a Stefano che ha corso tra i pro’ per 15 anni. Quindi ho imparato e ho visto abbastanza. Per questo noi vogliamo offrire ai ragazzi un ciclismo senza pressione. Vanno a scuola, devono studiare e se allenarsi diventa stressante finisce che non prendono più la bici».

Maria Benimel a lezione per i suoi ragazzi
Maria Benimel a lezione per i suoi ragazzi

Maria “direttora” e mamma

Ma se Stefano è un consigliere soprattutto per i più grandi, qual è il ruolo di Maria?
«Ho cominciato con bambini più piccoli di 4 e 5 anni, poi ho iniziato a formarmi e adesso sono una “direttora” (Maria è spagnola, ndr) di 3° livello. Seguo tutte le categorie. Mi piace soprattutto dare supporto psicologico ai ragazzi, perché alla fine sono bambini, alcuni un po’ più grandi, ma sempre bambini. Sono una direttrice-mamma! Mi piace tantissimo salire in ammiraglia, ma che stress! I ragazzi sono bravissimi a guidare la bici, ma non sempre sono abili a muoversi in corsa, nel gruppo e tra le ammiraglie. Devi essere attentissima.

«Non impongo mai delle tattiche. Prima del via chiedo ai ragazzi: cosa volete fare? Chi sta meglio? E vedi che loro iniziano a parlare, a prendere decisioni. Si crea una bella comunicazione tra di loro. Altra particolarità: noi non usiamo mai le radioline in corsa. Nelle gare nazionali potremmo farlo, ma niente. Per me i ragazzi devono avere creatività, saper decidere in gara, avere intuizione. E se queste qualità non le crei adesso poi è difficile».

Sponsor di alta qualità per la squadra di Garzelli
Sponsor di alta qualità per la squadra di Garzelli

Ragazze e rispetto

L’attività della Stefano Garzelli Team abbraccia tutti i fronti: non solo strada, ma anche Mtb, Ciclocross e per i più grandi c’è anche la pista.

«Abbiamo anche delle ragazze – riprende Maria – ma nella scuola e non nella categoria allievi. Alle fine sono poche e in zona ci sono già altri team femminili. Non vogliamo entrare in competizione con loro. Serve rispetto. Così quando arrivano a 14 anni, se vogliono continuare, passano in queste altre squadre. E poi che senso avrebbe fare tanti team piccoli? L’impegno, anche economico non è poco, se vuoi fare le cose fatte bene. E per questo dobbiamo ringraziare i nostri sponsor… e quelli che arriveranno! Per ora ci sono vicini Sidi, Level, Rudy, Alè… e una banca locale. Ma noi vogliamo arrivare lontano».

Pogacar, Roglic, la Ineos e la Movistar: il Tour secondo Garzelli

21.06.2021
6 min
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Ed eccola la settimana del Tour de France. Sabato prossimo scatterà la Grande Boucle. Già si parla del derby sloveno tra Pogacar e Roglic, di Thomas come terzo incomodo, la Movistar come quarto. Ma davvero il Tour de France è tutto qui? Ci potranno essere altri protagonisti? Altri corridori che scompagineranno gli equilibri di una gara che sulla carta è molto incerta? Ci potranno essere sorprese?

A queste domande cerchiamo di rispondere con Stefano Garzelli, grande ex e oggi commentatore tecnico per la Rai. Tra l’altro lui stesso sarà uno degli inviati in Francia della tv di Stato.

Garzelli (con Alessandra De Stefano) ai microfoni Rai al Tour de France
Garzelli (con Alessandra De Stefano) ai microfoni Rai al Tour de France

Slovenia favorita

«Roglic e Pogacar anche nel 2021 hanno dimostrato il livello dell’anno scorso – spiega Garzelli – Stanno andando fortissimo. Pogacar viene dalla vittoria al Tour e Roglic da quella della Vuelta. Entrambi sono molto motivati. Sono i più forti. Oltre a loro due vedo dei blocchi, a cominciare da quello della Ineos Grenadiers e dalla Movistar

«Gli Ineos nella passata stagione hanno avuto delle difficoltà legate secondo me anche al cambio di data, però hanno dimostrato con Porte, Thomas, Geoghegan Hart e Carapaz che vanno davvero forte. Però non sono i più forti nel duello diretto con i due sloveni e per questo dovranno inventarsi qualcosa, dovranno cambiare la loro tattica che li vede imporre alti ritmi nei momenti delicati. Ma con quella squadra ce la potranno fare. Da loro mi aspetto pertanto una corsa diversa rispetto al solito».

Al Giro di Svizzera Richard Carapaz ha vinto mostrando una grande condizione
Al Giro di Svizzera Richard Carapaz ha vinto mostrando una grande condizione

Carapaz e i due leader

Matteo Tosatto, diesse della corazzata inglese, ci aveva detto che Carapaz è leader designato per il Tour in casa Ineos. E non Thomas come tutti si aspettano. Però ci sono dei però: che garanzie dà l’ecuadoriano? Come se la vedrà con i 57 e passa chilometri a crono?

«Non sapevo di questa soluzione in casa Ineos – riprende Garzelli – e dico che ne sono convinto. Il Thomas visto al Delfinato mi è piaciuto molto. Ha corso e ha mostrato la condizione di  chi vuol vincere il Tour. Carapaz rispetto a lui ha l’handicap delle due crono, si difende, ma lui già sa che dovrà attaccare. Io lo vedo al pari di Thomas, poi sarà la strada a decidere chi sarà il vero leader. So per certo che si è preparato molto bene, che ha fatto tantissima altura a casa sua. Non credo che sacrificheranno uno dei due finché entrambi saranno nel pieno della lotta».

«E poi – continua Garzelli – avere due leader è buona cosa da una parte, ma meno buona dall’altra. E nei grandi Giri si è visto che il leader deve essere uno. Innanzitutto si corre in otto e non più in nove e avere due leader significa che hai solo sei gregari. Se c’è da lavorare, se ci sono ventagli… non è poco alla fine il lavoro in più nell’arco delle tre settimane».

Al Delfinato Valverde ha aiutato Lopez, sarà così anche al Tour…
Al Delfinato Valverde ha aiutato Lopez, sarà così anche al Tour…

I dubbi Movistar al Tour

E poi si va in Spagna. Anche Unzue presenta una gran bella corazzata. Miguel Angel Lopez sarà il leader, al suo fianco Soler, Mas, Valverde, Verona.

«Lopez lo ha preparato benissimo questo Tour. Ha avuto molti problemi con il Covid ma alla fine ha puntato solo su questo, anzi a quel punto lo hanno dirottato anche con la preparazione solo sulla Grande Boucle. Ha fatto un buon Delfinato e poi ha vinto sul Mont Ventoux. E’ vero che quel giorno il livello non era alto, ma infatti a me più che per la vittoria ha stupito per come andava. Pedalava con molta facilità. Sembrava si stesse allenando.

«Semmai della Movistar mi convince meno la tattica. Loro al Tour hanno sempre corso malino. Ricordo l’anno in cui avevano Quintana, Valverde e Landa. Una volta mandavano avanti uno, poi fermavano l’altro… hanno fatto dei “casini” pazzeschi. Una cosa è certa: con tutta quella crono Lopez e la Movistar dovranno attaccare».

Anche lo scorso anno Alaphilippe ha indossato la maglia gialla
Anche lo scorso anno Alaphilippe ha indossato la maglia gialla

L’errore di Alaphilippe

Se Argentin vede bene il campione del mondo al Tour, Garzelli non la pensa così. Dopo i blocchi della Slovenia, della Movistar e della Ineos, si passa agli outsider di lusso… ma sempre outsider, corridori che Garzo vede più lontani per la lotta al podio e tra i quali mette anche Julian.

«Secondo me Alaphilippe ha sbagliato a puntare sul Tour e a lasciare le Olimpiadi. Da quel che mi diceva Cassani quello di Tokyo era un tracciato perfetto per lui. E se ci rinunci è perché vuoi fare il Tour a tutta fino in fondo. Okay anche il percorso è disegnato per lui perché non ci sono tappe impossibili. Le Alpi non sono durissime. C’è il Ventoux ma l’arrivo non è in cima. Due anni fa si ritrovò a fare classifica, non ci era partito, il che è cosa ben diversa. Non sempre ti vengono bene le tre settimane se sei un uomo da corse di un giorno. E per me lui è un uomo da corse di un giorno.

«Poi può fare bene, per carità. Allo Svizzera è andato bene, anche a crono si è mostrato all’altezza e come ripeto il Tour è stato disegnato per lui. Già al secondo giorno c’è l’arrivo sul Mur de Bretagne. Quindi sarà una via nervoso. Le prime tappe di un grande Giro sono sempre nervose, ma quando non c’è il prologo lo sono ancora di più perché in tanti possono aspirare a prendere la maglia».

Gaudu ha vinto la maglia bianca di miglior giovane all’ultimo Delfinato
Gaudu ha vinto la maglia bianca di miglior giovane all’ultimo Delfinato

Sorprese? Anche no

Altri nomi il “Garzo” non ne vede, almeno non per il podio o per i primi cinque. E allora un nome glielo gettiamo noi sul piatto: David Gaudu.

«Un bel corridore, che sta crescendo. A crono è migliorato. E’ giovane, gli manca l’esperienza sulle tre settimane e poi ha il peso di essere francese. Lui rischia molto. I francesi aspettano un vincitore da anni ed hanno aspettative enormi. Lo vedo nei dieci, magari in lotta per vincere una tappa o con la magia a pois».

E poi?

«Poi – conclude Garzelli – non so… Mi viene in mente Uran. C’è Fuglsang. Avrei detto Hirschi, ma è passato alla Uae e dovrà aiutare Pogacar… e comunque parliamo di gente che al massimo può arrivare tra il quinto e il decimo posto. No, grosse sorprese non ne vedo. Nel ciclismo moderno i favoriti difficilmente sbagliano». 

Un bel bivio sulla strada di Nibali. Parla Garzelli…

18.05.2021
4 min
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Il pensiero dell’ultimo editoriale ha messo in moto un collegamento. Nibali potrebbe essere per Ciccone quel che Pantani fu per Garzelli nel 2000? Marco a quel tempo aveva 30 anni, era ancora lo scalatore più forte al mondo, ma usciva da un periodo drammatico. Nibali di anni ne ha 36 e il suo arrivo al Giro è stato piuttosto tormentato.

La corsa oggi riposa, Garzelli non ha incombenze televisive e si presta al ragionamento. I discorsi al Processo alla Tappa hanno fatto capire il continuo scambio di messaggi tra lui e Ciccone e il fatto che il varesino abbia già fiutato nel corridore della Trek-Segafredo il profumo della grande condizione, ma adesso andremo oltre.

«Stiamo vivendo un Giro bellissimo – dice Stefano – oggi al mondo i fenomeni sono Pogacar, Bernal ed Evenepoel e qui ne abbiamo due. In più con Bernal in maglia rosa, adesso salirà anche l’attenzione mondiale. E ancora non abbiamo fatto niente. Ho fatto i sopralluoghi delle ultime 10 tappe e da sabato prossimo sullo Zoncolan si apre un altro Giro. Ma secondo me, la tappa più pericolosa sarà quella di domani a Montalcino. Non conterà solo la gamba, serviranno anche abilità e fortuna».

Nibali e Ciccone: gli equilibri nella Trek-Segafredo stanno cambiando?
Nibali e Ciccone: gli equilibri nella Trek-Segafredo stanno cambiando?
Come vedi Ciccone?

Ha dimostrato una condizione impressionante. Già a San Giacomo. Ha fatto quel finale così bello, dopo essere stato per 30 chilometri all’attacco con Bettiol. Si è salvato grazie alla gamba che ha.

Lo vedi Nibali che lo aiuta come Marco con te nel 2000?

E’ un discorso fattibile e direi anche naturale. Vincenzo ci ha abituato a dei grandi recuperi, ma questa volta la vedo difficile. Un po’ per l’infortunio e un po’ perché gli anni passano. A Campo Felice si è difeso bene, ma ha davanti dei ragazzi fortissimi, predisposti per vincere, sia a livello fisico sia mentale. Non penso che Vincenzo abbia voglia di lottare per altre due settimane per arrivare ottavo. Non è nella sua indole.

Quindi?

Quindi gli consiglio l’opzione di aiutare Ciccone, oppure quella di uscire pesantemente di classifica e provare a vincere un paio di tappe. Ma se riesce ad assimilare la bellezza di quel patto col compagno, credo che ne avrebbe un grande giovamento anche lui. 

A Campo Felice, Ciccone è stato tatticamente impeccabile
A Campo Felice, Ciccone è stato tatticamente impeccabile
Il suo apporto servirebbe a far capre a Giulio il modo migliore per correre.

Questo è un altro punto. Secondo me, Giulio sbaglia a vivere giorno per giorno. Sei secondo in classifica, mettiti a ruota di Bernal e segui lui. Quando nel 2000 Casagrande prese la maglia sull’Abetone, io ero secondo e mi misi alla sua ruota. Avevo aiutato Marco a vincere il Giro, sapevo che cosa volesse dire gestire le tre settimane. Giulio dice di non volere pressioni, allora si limiti a seguire Bernal, perché il Giro è molto lungo. Anche perché se si muovesse ora, non gli lascerebbero spazio. Dovrà aspettare il momento giusto e semmai attaccare a colpo sicuro, quando ci sarà la possibilità di far davvero male.

Pensi che se ne renda conto?

Credo di sì, nonostante quello che dice. Si è allenato bene. La terza settimana nelle gambe ce l’ha, quando vinse a Ponte di Legno era verso fine Giro. Forse con lui siamo ripetitivi, perché in alcune occasioni ha corso male. Il Giro si vince con le gambe e con la testa. E a Campo Felice è stato perfetto. Ha tenuto bene Bernal, lo ha perso solo quando Egan ha messo il 53.

Nibali potrebbe aiutarlo a Montalcino?

Sarebbe decisivo, anche perché è uno di quelli che guida meglio. Vincenzo ricorda sicuramente quel che accadde nel 2010, quando lui rimase vicino a Basso. E io credo che domani la Trek-Segafredo dovrà fare una scelta e dare la precedenza a Ciccone. Almeno se ci fossi io sull’ammiraglia, farei così. Secondo me da domani anche Mollema dovrebbe smettere di andare in fuga. E anche Nibali potrebbe diventare un faro per Ciccone. Non credo pensino che Vincenzo possa arrivare sul podo.

Il consiglio di Garzelli per Ciccone: «A ruota di Bernal e aspetta» (foto Alessandro Federico)
Il consiglio di Garzelli per Ciccone: «A ruota di Bernal e aspetta» (foto Alessandro Federico)
Il campione che aiuta il compagno più giovane la vive bene o mastica amaro?

Un pochino mastica amaro, però lo fa. So che Marco non faceva i salti di gioia a stare accanto a me sull’Izoard, voleva andare a vincere la tappa e sappiamo bene che cosa avrebbe significato per lui. Per questo quel giorno ne uscì come un gigante. E credo che sarebbe così anche per Vincenzo. E’ uno che sembra sempre distaccato, ne acquisirebbe per primo un grande valore.