Quando si parla di Pantani, si pensa alle sue imprese, alla sua vita e alla sua capacità di smuovere le folle, ma qui vorremo parlare del suo rapporto con la bicicletta. Per capire come il Pirata si rapportava con le sue specialissime abbiamo parlato con Luigi Veneziano, il suo meccanico dal 1997 al 2000.
Pantani era uno pignolo
Se c’è una cosa in cui i corridori sono diversi è nel rapporto che hanno con la propria bicicletta. Ci sono campioni che potrebbero fare i meccanici e altri che non sanno nemmeno che pedivelle usano. Ma Pantani dove si collocava in merito a questo discorso?
«Lui era molto pignolo, guardava il millimetro in tutto – inizia a raccontarci Luigi Veneziano – quando ha vinto Giro e Tour aveva il sostegno totale di Bianchi che ci aveva fornito solo per lui 12 o 13 biciclette».
Pantani era un corridore che non si accontentava mai: «Cercava sempre qualcosa di nuovo. Dopo la vittoria del Giro ha voluto cambiare le misure della bicicletta. Ha provato con quelle nuove un prototipo che Bianchi aveva preparato per il Tour, ma alla fine è tornato alla soluzione precedente e ha corso il Tour con le misure con cui aveva vinto il Giro d’Italia».
Ricontrollava sempre
La precisione del Pirata nel settare la bicicletta era notevole.
«Mi chiedeva sempre di quanti millimetri avessi abbassato o alzato la sella. Facevo quello che mi diceva lui, però ogni volta andava a controllare di persona. Soprattutto all’inizio quando arrivò alla Mercatone Uno era un po’ diffidente, poi con il tempo ha imparato a fidarsi».
Si vince anche con i 18
Ci sono delle tappe che sono rimaste nella storia del ciclismo fra queste quella in cui rovesciò il Tour de France a suo favore.
«La mattina della tappa con arrivo a Les Deux Alpes pioveva forte – ci racconta Veneziano – lui correva con dei pneumatici da 18 millimetri di colore giallo. La tensione era alta e io non sapevo se Marco volesse cambiare i tubolari e mettere quelli verdi con un’altra mescola e un po’ più larghi. Allora cominciai a salire sul camper con la scusa di prendere il caffè e feci avanti e indietro due o tre volte. Marco se ne accorse e mi disse di lasciare le gomme gialle. Quel giorno fui io ad aiutarlo a infilare la mantellina presa sul Galibier. La sera in albergo mi disse, hai visto “Venezia” (è così che Marco lo chiamava, ndr) che si vince anche con i tubolari da 18?».
Pantani e la leggerezza
Ma la nostra domanda è se Marco abbia avuto una bici che preferiva più di altre.
«Non ha avuto una bicicletta preferita. Durante i grandi Giri partiva con una bici e finiva sempre con quella. Fra le tante ci fu una Bianchi che era stata fatta per le Olimpiadi di Sydney. Era in alluminio con delle tubazioni tedesche e pesava solo 900 grammi. La provò al Giro del Lazio e gli piacque molto, così Bianchi ne fece un’altra uguale per le Olimpiadi».
Il suo cruccio era la leggerezza, cercava sempre materiali nuovi che potessero fargli risparmiare peso: «Avevo un paio di cerchi Mavic leggerissimi che gli piacevano molto. Li montammo con dei mozzi Campagnolo e con dei raggi saldati per avere più rigidità. Due giorni prima arrivò anche un attacco manubrio ITM leggerissimo. Montammo tutto per la tappa del Fauniera, quella vinta da Savoldelli. Marco finì la tappa felicissimo, quell’assetto gli era piaciuto moltissimo. Il problema è che aveva distrutto i cerchi nella discesa del Fauniera e io non ne avevo di nuovi».
I materiali nuovi
Tra i tanti che trepidavano per le scelte tecniche di Pantani c’era anche Martinelli: «A inizio anno le aziende mandavano il materiale nuovo e Beppe mi chiamava per sapere se Pantani lo avesse provato e che scelte avesse fatto. Ma a inizio anno Marco non guardava nemmeno il materiale nuovo e quindi non sapevo cosa dire a Martinelli. Poi all’improvviso quando entrava in clima Giro o Tour, allora iniziava a chiedermi delle misure e dei materiali nuovi».
La guerra con Jaja
E poi c’era la guerra con Jalabert.
«Andava a vedere le cose degli altri e spesso capitava che Jalabert gli facesse vedere dei materiali super leggeri. Dopo Marco veniva da me e diceva: “Hai visto cosa ha Jalabert?”. Allora io andavo a vedere e dicevo a Jalabert di non fargli vedere quelle cose, perché noi avevamo meno libertà rispetto a loro nel montaggio della bicicletta e non potevamo usare certi componenti».
Come ci ha spiegato Veneziano, la Mercatone Uno aveva numerosi contratti di fornitura e non si poteva… sgarrare altrimenti erano multe salate.
Quali rapporti?
Ma quali rapporti usava abitualmente Pantani? «Lui usava sempre gli stessi – ci dice – solitamente aveva un pacco pignoni 11-23 con una guarnitura con il 39-53. Una volta ha montato il 24 per affrontare il Mortirolo, ma poi non l’ha mai usato perché quella mattina non partì».
E per quanto riguarda la lunghezza delle pedivelle? «Di solito usava le 172,5 ma ogni tanto mi chiedeva di montare le 170. Non c’era una logica, a volte la mattina si svegliava e mi chiedeva di cambiare le pedivelle, magari per una tappa sola e poi tornava alle 172,5».
Una sensibilità unica
Luigi ci tiene a sottolineare che Marco era molto sensibile alla guida e non potevi nascondergli nulla: «Una volta gli attacchi manubrio erano in alluminio saldati e per questo magari si allungavano di qualche millimetro. Una mattina avevo montato un attacco nuovo e avevo visto che era più lungo di 2-3 millimetri. Marco prese la bici e dopo 300 metri lo vidi tornare indietro. Si era accorto che l’attacco era più lungo e volle rimontare quello vecchio. Non potevi dirgli una cosa per un’altra, perché se ne accorgeva».