C’è una vasta letteratura goliardica su cosa faccia un corridore giunto a casa dopo il Giro d’Italia, ma questa volta Diego Ulissi ha subito messo giù la valigia e si è rifugiato nell’abbraccio delle sue donne. Arianna e le due bimbe. Troppo bislacca e dura la sua stagione per perdersi quel calore, troppo grande la voglia di staccare la spina. Il livornese di Lugano è uno dei corridori della Uae Emirates che a febbraio rimase bloccato nella quarantena di Abu Dhabi e perse per questo la nascita di Anna, la secondogenita. E forse rileggendo la stagione alla luce di quella violenza inattesa, si capisce perché fare il corridore sia certamente un privilegio sotto certi punti di vista, ma la vita del professionista non sia sempre rose e fiori.
Dov’è la bici, Diego?
In garage, sola soletta. Dopo il Giro non l’ho più presa. Sono stati mesi intensi. Alla fine è stato fatto un miracolo, portando a casa i grandi Giri e le classiche più importanti. E’ saltata solo la Roubaix. Hanno fatto un bellissimo lavoro. Ma di fatto siamo sempre stati in giro.
Tornavi a casa ogni tanto?
Ma proprio ogni tanto. C’erano le gare una dietro l’altra. Stavo un giorno e poi ripartivo, anche perché si doveva arrivare alle corse con 2-3 giorni di anticipo, per fare i tamponi.
Quindi alla fine è bello essere tornati a casa?
E’ stato bello ripartire ad agosto, è altrettanto bello ora riposare e godersi la famiglia. Girando così per l’Europa, la paura c’era. L’idea di portare il virus in casa. Mi sentivo in sicurezza, ma è una cosa che non si può prevedere. Abbiamo vissuto un insieme di stress.
Come stanno le piccole Ulissi?
Bene, grazie! La grande ora è a scuola, Anna si fa sentire. Lia l’ha accolta bene, ma ogni tanto le viene qualche botta di gelosia. Per cui dobbiamo essere bravi noi a bilanciare tutto. E’ come se ti arriva in squadra uno giovane, tutti seguono lui e a te viene il dubbio di non contare più nulla…
Una bella stagione la tua.
Ero già partito bene prima. Poi sono venuti quei tre mesi di sosta, tutti da gestire. Poi un sacco di piazzamenti sul podio e alla fine per fortuna la vittoria in Lussemburgo mi ha permesso di lavorare sereno per il Giro. Picchia e mena, picchia e mena, la vittoria doveva arrivare, perché andavo veramente forte.
Come è stato il lockdown in casa Ulissi?
Venti giorni fermo negli Emirati, facendo ben poco. Poi sono tornato a casa e uscivo volentieri per non prendere peso e anche perché avevo bisogno di respirare la libertà. E’ stato un periodo particolare che non dimenticherò mai. C’era paura. Il covid era solo all’inizio e non si sapeva nulla.
Due tappe vinte al Giro, Agrigento e Monselice, quale ti è piaciuta di più?
La prima. Stai bene e lo sai, ma finché non lo dimostri… Quel giorno abbiamo fatto tutto quello che si era detto sul bus. E poi battere un corridore come Sagan non capita sempre. Ho grande rispetto per Peter, è un campione e una brava persona. Sa rendere merito ai rivali e non penso che quel giorno abbia fatto lui un errore. Semplicemente Conti ed io abbiamo reso duro un finale che tanto duro non era.
Che rapporto c’è fra Ulissi e Valerio?
Di base, una bellissima amicizia. Ci conosciamo da tanto ed è bello per questo riuscire a mettere in atto assieme le tattiche.
Si è parlato tanto dei giovani del Giro, ma anche tu sei stato un giovane prodigio, con due mondiali juniores vinti. Cosa è cambiato?
Il mondo. Quando sono passato 11 anni fa, era la squadra in primis a tenerti tranquillo. Il primo anno feci solo corse piccole e nessuna grande corsa a tappe. Il secondo anno feci il Giro, ma gestivano i giorni di gara col contagocce. E anche noi fisicamente sentivamo il passaggio, faticavamo molto. Ora invece arrivano pronti e le squadre li buttano subito nelle mischie più importanti.
Come mai?
Forse perché vengono dalle continental. Forse perché da junior sono già dei piccoli pro’ che lavorano in modo scientifico e curano l’alimentazione. E’ tutto un insieme di cose.
Ulissi si sente vecchio come Nibali?
Posso dire che ancora mi difendo bene. L’importante è quello che hai dentro. La voglia di ottenere risultati e di migliorarsi sempre. Guarda Valverde, gli anni passano anche per lui, ma non molla. La testa spesso fa più delle gambe, ma certo a 20 anni trovare la forma è molto più semplice.
La Uae Emirates sta crescendo a vista d’occhio…
Si rinforza. Quando un team nasce, serve qualche anno prima che diventi top. Ora siamo ai vertici delle classifiche, Pogacar ha vinto il Tour e tutti ci siamo presi grandi soddisfazioni. In più sono stati ingaggiati corridori importantissimi, per i risultati che possono fare e per la propria esperienza.
Ultima cosa, poi ti lasciamo ad Anna… Come va a Lugano con il Covid?
Siamo a due passi da Milano, ma ci sono meno restrizioni. Contagi non mancano, intendiamoci, ma le scuole sono aperte e vedo meno paura in giro. Se ricordate, riaprirono anche prima, già a maggio. Stiamo a vedere. La settimana scorsa siamo stati in Toscana perché Lia aveva qualche giorno di vacanza per i Santi e si vede la differenza. Speriamo che passi presto…