EDITORIALE / Un’ammiraglia più decisa per il soldato Ciccone

14.02.2022
4 min
Salva

Direttori sportivi (bravi) si nasce. Allo stesso modo in cui sono pochi i campioni capaci di centrare determinate corse, il numero dei tecnici che nella storia li hanno guidati dall’ammiraglia si riduce a un elenco ristretto. Il ciclismo moderno ha riscritto gli incarichi, ma è palese che in alcuni team questa figura manchi. E di conseguenza gli atleti rischiano di ritrovarsi con un pugno di mosche perché l’ambiente squadra in cui si muovono non è all’altezza delle loro possibilità.

Il modello Mercatone Uno sarebbe davvero irripetibile? Crediamo di no. E’ quello che accade regolarmente e da sempre nel calcio. E quando in quel giorno di novembre del 1996 ci ritrovammo all’Hotel Monti del Re di Dozza ad ascoltare il vecchio e mai abbastanza rimpianto Luciano Pezzi, le sue parole scolpirono una verità.

Nella Mercatone Uno del 1997, Pezzi volle Pantani capitano, però Martinelli leader della squadra
Nella Mercatone Uno del 1997, Pezzi volle Pantani capitano, però Martinelli leader della squadra

Rivoluzione Pezzi

«Il vero capo è il direttore sportivo – disse aprendo una riflessione enorme – il vero capo di questa squadra è Martinelli, la sua forza è il gruppo. Con Gimondi ero io il leader, Felice era il capitano: i ragazzi devono capirlo. E’ per questo che Martinelli ha avuto carta bianca. Sarà lui a fare la squadra, a parlare con i corridori in caso di malumori o problemi. Il capitano invece dovrà pensare a correre, seppure in sintonia col direttore e le sue scelte.

«Martinelli non lo conoscevo, perciò l’ho convocato. Quando un’azienda deve assumere qualcuno, vuole prima capire di che pasta sia fatto, no? Non si trattò di un colloquio formale, ma ugualmente lo trovai preparatissimo. Signori, pensai, questo è il numero uno. In più ha delle finezze che mi commuovono. Sono segnali davvero importanti per noi che siamo appena agli inizi. Ed è grazie a ciò che la Mercatone Uno e il sottoscritto sono veramente tranquilli».

Sulla punta delle dita

Al UAE Team Emirates, Pogacar ha Hauptman, di cui si fida da una vita, e un pool di tecnici presi dalle prime ammiraglie di altre squadre e calati nella parte: l’unione fa la forza, Tadej fa il resto.

Roglic, Vingegaard e Dumoulin non possono contare su ammiraglie altrettanto efficaci e infatti, quando lo scontro è elevato, gli è capitato di perdersi.

Il Team Ineos Grenadiers ha vinto il Giro d’Italia con Tao Geoghegan Hart e poi con Bernal perché alla guida c’era Tosatto: se fossero stati diretti da un britannico tutto watt e schematismi, avrebbero lasciato ad altri almeno una maglia rosa.

La Quick Step-Alpha Vinyl ha corridori vincenti, ma il carisma di Peeters e di Bramati fa sì che siano sempre affiatati e motivati. Il Wolfpack non è per caso.

La Movistar ha regalato corse per anni, malgrado campioni come Quintana, Carapaz, Valverde e Landa, in nome di gestioni ancora da capire sull’ammiraglia.

L’Astana di Martinelli, dopo due anni in cui ha fatto il possibile con quello che aveva, vale a dire Vlasov e Fuglsang, è il team dei due Giri e un Tour vinti con Nibali, la Vuelta di Aru e vari altri podi. Martino è ancora una garanzia e non crediamo sia per caso che Vincenzo abbia scelto di tornarvi.

Il tris Vinokourov, Nibali e Martinelli (foto 1993) si è ricomposto: Martino è al centro delle operazioni
Il tris Vinokourov, Nibali e Martinelli (foto 1993) si è ricomposto: Martino è al centro delle operazioni

A casa di Ciccone

E poi c’è la Trek-Segafredo di Ciccone, da cui nasce questa riflessione. L’abruzzese, che ci sta molto a cuore, correrà il Giro e poi il Tour. Da un paio di stagioni viene indicato come incostante e di difficile gestione. Ma chi lo gestisce? Con quale direttore sportivo ha il rapporto stretto di fiducia che gli permetterebbe di sentirsi davvero guidato? Sarebbe interessante vederlo in mano a un tecnico dei precedenti. Capire in che modo gli verrà creata attorno la squadra, con quali uomini e quali possibilità correrà in Italia e poi in Francia.

I direttori sportivi attualmente in organico alla squadra americana sono bravissime persone, scrupolose, devote e puntuali, ma che hanno fatto le loro cose migliori in appoggio ad altri. E quando sei gregario, con la pur grande nobiltà insita nel termine, non riesci ad avere una gestione da capo della squadra.

Forse fra tante manovre di mercato, a costo di spendere una fortuna e contravvenendo alla regola balzana che non vuole un uomo al comando, Luca Guercilena, cui auguriamo di tornare presto in gruppo, dovrebbe investire su un direttore sportivo che gli dia la tranquillità raggiunta a suo tempo da Pezzi con Martinelli. Bramati oppure Tosatto? Perché no. In questo modo la società, Ciccone e dopo di lui Tiberi, Baroncini e l’intera squadra potrebbero andare in corsa sicuri di avere sulla plancia un vero leader. E Ciccone potrebbe preoccuparsi “solamente” di fare il capitano…