Gli ha reso omaggio persino una scorza dura come Laurent Jalabert, commentandone la vittoria a La Sappey en Chartreuse, annotando che nessuno aveva mai vinto una tappa al Delfinato dopo i 40 anni. Ma Valverde sembra nato per smontare i luoghi comuni. Così quando ai 330 metri ha visto che Tao Geoghegan Hart aveva il colpo in canna e Geraint Thomas gli reggeva il gioco, si è messo prontamente in caccia. Ha tenuto il corridore della Ineos nel mirino fino agli ultimi 50 metri e poi lo ha saltato con un rapporto lungo quanto le sue 41 primavere.
Tao nel mirino
Succedeva il 4 giugno, nella sesta tappa del Delfinato, sulla strada di avvicinamento al Tour de France, con alcune clamorose trenate di Miguel Angel Lopez nel finale, a tenere chiusa la corsa fino al momento giusto.
«Sono super felice – ha detto l’Embatido – tutto quello che riesco a fare ora è speciale. Essere davanti ai migliori, competere per queste vittorie. E’ tutto bello. Ma al di là della vittoria personale, è un successo cui abbiamo lavorato a livello di squadra. Miguel Angel ha controllato tutto in finale e io ho solo dovuto finire il lavoro. Abbiamo usato la tattica perfetta. Tao ha piazzato un grande attacco cui ho deciso di rispondere subito, dato che Geraint Thomas si è rialzato per fare il buco. Non volevo dare subito il massimo perché il traguardo era ancora lontano. Ho davvero aspettato fino all’ultimo momento…».
Di nuovo al top
Fra i corridori un po’ più… esperti, Alejandro è in proporzione quello che ha pagato di più il lockdown: non gli era mai successo di uscire da una stagione senza vittorie, cosa che è invece accaduta nel 2020.
«Mi sono reso conto dell’età – dice – l’anno scorso è stato molto difficile per me e i due mesi a casa sono stati la parte più dura. Non sono un fan dei rulli. Ho iniziato a pensare che stavo invecchiando a causa di quell’inerzia. Ma quest’anno ho ricaricato le batterie e mi sono concentrato sulla preparazione e sull’alimentazione. E finalmente sento di essere nuovamente al livello dei migliori».
La vittoria al Gp Indurain, la prima dopo il vuoto del 2020: Valverde non vinceva dalla Vuelta 2019 Sul podio con Miguelon, che ha smesso nel 1996
La vittoria al Gp Indurain, la prima dopo il vuoto del 2020: non vinceva dalla Vuelta 2019 Sul podio con Miguelon, che ha smesso nel 1996
Un pezzo di storia
Non sarà come quando parli con Rebellin, però da qualche tempo è lui per primo a parlare di se stesso come di un… vecchietto, mettendosi spesso in contrapposizione con i più giovani.
«Sono orgoglioso di far ancora parte di questo gruppo – dice – con il piacere di insegnare e anche di imparare. Non mi pesa dormire fuori, mangiare in luoghi sempre diversi. Se il corpo sta bene e c’è passione, questa è la vita più bella del mondo. I ragazzi qua fuori sono giovani, ma anche dei grandi professionisti. E anche se io sono ormai un pezzo della storia del ciclismo, credo di poter imparare da loro anche tante cose del mondo al di fuori della bici».
Tokyo e Vuelta
La vittoria ha messo i puntini sulle giuste lettere. E anche se in Spagna nessuno si sognava di lasciarlo fuori dalle Olimpiadi, per palmares e rispetto, la volata del Delfinato – che si somma alla vittoria nel Gp Indurain, il podio alla Freccia e il quarto posto della Liegi – ha fatto scrivere il suo nome sulla maglia in partenza per il Giappone.
«Olimpiadi e Vuelta – dice strizzando l’occhio, con le guance scavate e la barbetta che lo invecchia – mentre al Tour andrò per aiutare i compagni e allenarmi. Il rinvio dello scorso anno ha cambiato tutto. Avrei puntato sulle Olimpiadi e sui mondiali di Martigny. Invece le Olimpiadi ci saranno quest’anno e Martigny è diventata Imola. Però se l’anno scorso ero abbastanza giù e per un secondo ho valutato di fermarmi – ghigna – se questi sono i risultati e le sensazioni, finirà che dovrete sopportarmi per un anno ancora».