La carezza e lo schiaffo: parlando di giovani con Visconti

16.11.2022
9 min
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Prendi le ultime giornate belle e “calde” di questo autunno. Mettici un bosco, le colline toscane. Aggiungici un campione che la sa lunga e ha appena smesso di correre e il risultato è: una passeggiata nel bosco con Giovanni Visconti. Una passeggiata in cui si parla dei giovani. Del ciclismo che sarà. Anche se si parte da quello che è stato.

Giovanni ci viene a prendere al bar L’indicatore di San Baronto. Un caffè e sa già dove condurci. Magari si becca anche qualche fungo. Il panorama si apre sotto di noi, ma presto viene inghiottito dal bosco. Castagni, qualche grosso masso d’argilla, un viandante di tanto in tanto e una panchina, che doveva essere la nostra meta, ma che non si trova più!

L’autore dell’articolo con Visconti, a spasso nei boschi che sovrastano San Baronto, nel pistoiese
L’autore dell’articolo con Visconti, a spasso nei boschi che sovrastano San Baronto, nel pistoiese
Se chiudi gli occhi cosa ti resta di questa stagione? Qual è la tua immagine?

Non è facile. Io ho finito in malo modo. Avrei voluto farlo diversamente. Quindi ho passato i primi mesi con la testa fra le nuvole. Ho seguito “poco” il ciclismo. Non che fossi arrabbiato, ma insomma… Se proprio dovessi scegliere un momento, me ne viene in mente uno. Uno che racchiude tutti i momenti: l’abbraccio tra Valverde e Nibali. E’ la chiusura di un ciclismo che era anche il mio. E questo porta con sé altri argomenti. Si è chiuso un ciclismo okay, ma di là cosa c’è?

Cosa c’è?

C’è tanta confusione. Penso che noi italiani abbiamo tutte le carte in regola per avere un ciclismo forte. Ma le carte sono disordinate. Bisognerebbe fare un po’ di ordine e far rendere questo patrimonio. Non abbiamo dei brocchi: abbiamo giovani forti nei professionisti ed altri più giovani ancora che hanno numeri pazzeschi e sono stati testati anche dalla nazionale. E non li perdi dall’oggi al domani. Per questo mi viene in mente la passerella di Nibali e Valverde, perché bisogna passare ad un altro ciclismo. Quelle immagini sono una carezza e uno schiaffo. «Caro ciclismo noi siamo Nibali e Valverde e ce ne stiamo andando. Ora fai qualcosa». 

Per Visconti l’abbraccio tra Valverde e Nibali è il simbolo del definitivo passaggio di testimone al ciclismo dei giovani
Per Visconti l’abbraccio tra Valverde e Nibali è il simbolo del definitivo passaggio di testimone al ciclismo dei giovani
Questo ciclismo che verrà ha un’eta media più bassa. E’ sempre più il ciclismo dei giovani?

Sì, sì… lo è da qualche anno già. E quando parlo di quel momento, penso al ciclismo italiano perché in altre nazioni già si puntava sui giovani. Il fatto che la carriera si sia accorciata è anche un vecchio modo di dire. Okay si è accorciata, ma cosa cambia? Buon per loro, si godranno la vita prima, ma è anche vero che iniziano prima a fare certi sacrifici. Io da junior scappavo dal ritiro a mezzanotte per andare a mangiare la pizza o dalla ragazza. Cose che oggi si sognano, almeno gli juniores forti che sanno già che passeranno pro’.

Quindi alla fine i tempi si anticipano, non si accorciano le carriere?

Esatto. Se vuoi fare il ciclista c’è da anticipare i tempi. Avranno guadagnato soldi prima, saranno maturi prima e si fermeranno prima. Le carriere finiscono prima? E dove sta il problema? Oggi sono seguiti in ogni cosa, al millesimo. L’atleta finirà un po’ più stressato di testa, ma perfettamente integro per il resto. Non so se è per il bianco e nero, ma nelle foto del passato i venticinquenni di una volta sembrano i quarantenni di oggi.

Che poi non è solo nel ciclismo. Anche nel calcio. Tu che sei del Milan lo sai bene: avete una squadra giovanissima…

Tutto va avanti. Anche le tecnologie e gli strumenti. I ragazzi di oggi crescono con queste conoscenze, non con quelle di una volta. Se a un sedicenne oggi dici che le carriere finiscono prima, quello ti guarda e ti chiede: «Ma di cosa stai parlando?». Sono discorsi nostri, che dovremmo smettere di fare. I ragazzi devono crescere con le leggi di ora.

De Pretto ha fatto uno stage con la BikeExchange. E’ uno dei talenti del ciclismo italiano. In gruppo si è mostrato subito pronto
De Pretto ha fatto uno stage con la BikeExchange. E’ uno dei talenti del ciclismo italiano. In gruppo si è mostrato subito pronto
La tua ultima squadra, Giovanni, la Bardiani Csf Faizané, ha avviato un progetto sui giovani. Li hai anche visti in gruppo: hai notato queste differenze che hai detto?

Assolutamente sì, tanto che mi risultava difficile il mio ruolo da chioccia. Perché per fare la chioccia non basti tu, ma serve anche gente che è propensa ad ascoltarti e crede in te. Che parli la tua lingua. Io un po’ riuscivo a parlarci, ma avevo addosso l’indole del vecchio ciclismo. Dovevo insegnarli qualcosa, ma per esempio non potevo dirgli che non dovevano allungare troppo in allenamento. Primo, perché ormai i 18-20enni devono andare forte. Secondo, perché sanno già come allenarsi.

Non era facile neanche per te…

Alla fine mi ero buttato sul fare gruppo, che invece deve restare. Oggi ci si messaggia. Le squadre fanno le tattiche via mail. E già da anni. Quasi non c’è più bisogno di fare la riunione prima di partire. E l’armonia, quel filo che li lega, sono necessari. I team building avventurosi servono. Invece a dicembre ci si ritrova al primo ritiro e tutti vanno come moto, perché tanto è così. Se una volta facevi il medio, ora fai soglia. Se facevi soglia, fai fuori soglia. Poi è il nuovo ciclismo e va bene, anche perché a gennaio corrono, ma medierei un po’.

Facciamo invece un po’ di nomi. Chi è tra questi che ti ha colpito. Prima “a taccuino chiuso”, tra gli altri è emerso Alessandro Covi…

Covi quando ha avuto le sue giornate di gloria ha fatto dei numeri pazzeschi. Magari ci si attendeva un po’ più di costanza. Ha iniziato forte la stagione. Idem da Andrea Bagioli. Alterna momenti in cui può lottare con chiunque, e quando dico chiunque intendo tutti per davvero, a momenti in cui dovrebbe esserci e non c’è. Penso ai due mondiali: Imola e quest’anno.

L’impresa di Covi sulla Marmolada all’ultimo Giro d’Italia
L’impresa di Covi sulla Marmolada all’ultimo Giro d’Italia
Forse non sono costanti proprio perché sono giovani…

Sì, ma anche gli altri sono giovani! I giovani di oggi sono diversi. Che poi, giovani… Questa parola, come pure neopro’, andrebbe eliminata. Il neopro’ lo fa lo junior forte. Andate a vedere Evenepoel cosa faceva da junior. Tutti vogliono fare come lui, solo che non hanno lo stesso motore. Oggi le squadre testano molti ragazzi, poi magari quelli più bravi lì tengono lì, ma gli fanno fare la vita da professionisti. I primi 10 di ogni Nazione sono pro’ e sono quelli che passano. Anche in Italia. Vanno nelle development o addirittura in prima squadra.

In gruppo come sono? Timidi, spavaldi…

Qualcuno scherza, per esempio Pinarello. Passano dopo due anni vissuti “da pro’” e sono più sicuri, più pronti. Sanno quel che devono fare. Anche nell’atteggiamento. Quando toccò a me, solo a dire che ero un pro’ mi emozionavo. E quando vedevo qualcuno che si avvicinava per la foto, mi preparavo. Ora per loro è scontato. Si aspettano che tu gli chieda la foto. Hanno immediatamente un atteggiamento da pro’ affermato. E neanche gli puoi chiedere di essere umili. Per noi era un sogno, qui il loro sogno è scontato, è un percorso.

Torniamo ai nomi, uno dei giovani che hai vissuto di più è Filippo Zana

Pippo ha dei margini enormi. Ha già fatto vedere qualche numerino, senza strafare. Per me è cresciuto nel modo giusto e ha avuto la fortuna di trovare una squadra come la Bardiani che ti fa crescere così. Guardiamo Colbrelli. Se fosse stato nel ciclismo di oggi avrebbe vinto la Roubaix? Non avrebbe avuto tempo di dimostrare di essere un ottimo corridore. Idem Zana. Filippo ha fatto tre anni in Bardiani.

Già tre anni. Il primo ricordo di lui risale al Giro d’Italia del 2020: era stanchissimo, ma lo ha finito…

Il primo anno non si è quasi mai visto, poi sempre meglio. Ma per me è ancora lontano il suo salto. E queste fondamenta che ha creato alla Bardiani se le ritroverà alla BikeExchange. Anche perché per certi aspetti in gruppo avrà vita più facile. E’ la legge non scritta che le professional non possono stare davanti. In Bardiani ci stavo solo perché si accorgevano che ero io. E queste situazioni ti rendono la vita più difficile. Penso anche a Fiorelli in tal senso. Sapete quante energie in meno spenderebbe per arrivare a fare la volata? Fagli prendere una salita davanti a Zana…

Andrea Piccolo, magari lo conosci poco, ma lo hai visto all’italiano…

La miseria che corridore! Ci messaggiamo spesso. C’è una stima reciproca. Gli mandai un complimento e mi disse che era stato un onore ricevere un mio messaggio. Lui è un fuoriclasse e te ne accorgi anche dall’atteggiamento. In gruppo è un po’ mattarello, non presuntuoso, ma ha un suo mondo. E’ diverso da altri giovani. Per esempio Bagioli è più chiuso, lui invece è più spavaldo, ma al tempo stesso tranquillo. 

E tu hai qualche nome che vorresti dire?

Non è più giovanissimo, ma dico Lorenzo Rota: ci ho anche corso insieme. Questo ha classe, ragazzi. Quest’anno ha fatto un bel salto di qualità. Deve vincere una corsa più seria che gli darà sicurezza e farà ancora meglio. Poi mi piace come persona. Si tratta di un atleta serio, dedito al lavoro… Senza contare che ha passato momenti davvero difficili. Lorenzo stava per smettere. E non una volta. E ciò dimostra come ci sia bisogno di ricambio. Non può essere che uno come lui abbia dovuto bussare a più porte per continuare. Cambia la generazione del ciclista? Allora deve cambiare la generazione di chi gli sta intorno.

E’ cambiata oggi la figura del corridore da corse a tappe?

Già da un po’, direi. Lo scalatore puro per me non esiste più. Sto seguendo i giovani e mi rendo conto che tipo di atleta serve. Quando vedi un corridore da 55 chili, ti chiedi cosa può fare. Se vai al Tour, stacchi tutti in salita, arrivi da solo e vinci la tappa okay, ma se non arrivi da solo? Ti è servito? No… In volata perdi. In pianura non puoi neanche aiutare. A crono le prendi. Il corridore modello attuale è il corridore completo. Guardiamo Vingegaard, tra i top rider è l’unico che ha il fisico da scalatore puro, ma poi a crono va forte. Pogacar non è così. Evenepoel non è così.

Sono più muscolati…

Esatto, soprattutto Pogacar ne ha di margini sul piano muscolare… E per me può ancora perdere qualche chilo. Lui ha ancora spazio per migliorare, ne sono sicuro.

La famosa panchina non si trova… e ci si siede su una roccia
La famosa panchina non si trova… e ci si siede su una roccia
Altri nomi importanti sono Baroncini e Verre: perle dell’ultima infornata under 23.

Entrambi non li conosco molto. Però a Verre ho visto fare dei bei numeri in salita. Per lui può esserci quel problema di doversi completare come corridore. Non puoi essere solo uno scalatore in questo ciclismo. Perché o trovi una squadra che ti porta in un grande Giro e cerchi di vincere una tappa (tanto la classifica non la fai), oppure sono problemi. Anche Baroncini è un grande atleta. Anche perché altrimenti non vinci un mondiale U23, tanto più come ha fatto lui. 

E Battistella?

Ecco, con lui  parliamo di un corridore importante. Che ha una certa pedalata e una certa classe. E’ uno di quei corridori che a vederli è bello. E’ completo. Però lo deve dimostrare: l’estetica non basta, ma la base c’è tutta.