Remco a casa è una dura lezione per la Deceuninck

27.05.2021
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Remco Evenepoel lascia il Giro e torna a casa pieno di lividi, anche se forse le ferite peggiori se le porta dentro. Vero che il ragazzo è giovane e abbastanza sicuro di sé da farsene presto una ragione, eppure in tutta la storia c’è più di qualcosa che non convince. E la Deceuninck-Quick Step forse questa volta non è stata impeccabile. Si disse prima del via e si ripete oggi: quale senso ha avuto far rientrare il ragazzo al Giro dopo 9 mesi che non correva, puntando per giunta al bersaglio grosso? Serve a poco ora dire che così non era, basta andarsi a rileggere le dichiarazioni e ripercorrere le tattiche giorno dopo giorno.

Remco va a casa dopo la caduta di ieri, ma anche dopo la paura di Montalcino, la fatica dello Zoncolan e la batosta di Cortina. «Ovviamente – ha detto – è triste lasciare la gara e il mio primo grande Giro troppo presto, ma alla fine è stata una bella esperienza e spero di tornare un giorno di nuovo. Auguro il meglio a tutti i miei compagni di squadra per le tappe rimanenti».

Settimo nella crono di Torino, si parlava già di prodigio
Settimo nella crono di Torino, si parlava già di prodigio

Basso, 21 anni fa

La vicenda ne ha richiamata alla memoria una ancora più insolita, per le abitudini italiane, che nel 1999 riguardò Ivan Basso. Il varesino allora era campione del mondo under 23, uno dei giovani più promettenti a livello mondiale, e come tale aveva ripreso la stagione con la Zalf Fior. La Riso Scotti di Davide Boifava, con la quale aveva firmato, aveva acconsentito a lasciarlo per la primavera nella squadra di Castelfranco, finché qualcosa iniziò a scricchiolare. Perché non farlo restare tutto l’anno, chiesero, fino al mondiale di Verona? Quando Boifava capì che la stagione rischiava di prendere una brutta piega si impuntò. E Basso, terzo al Palio del Recioto e sesto al Gp Liberazione, cambiò maglia e senza alcun assaggio di professionismo debuttò al Giro d’Italia.

Bloccato psicologicamente sugli sterrati, con Almeida che lo aspetta
Bloccato psicologicamente sugli sterrati, con Almeida che lo aspetta

Damiani racconta

Sull’ammiraglia della squadra viaggiava Roberto Damiani, oggi alla Cofidis, che di lì a poco proprio per le sue attitudini sarebbe passato nella Mapei Giovani, antesignana delle attuali continental. Che cosa ha visto Damiani in questa gestione di Evenepoel? E in che modo l’avrebbe impostata se avesse vuto fra le mani il giovane talento belga, come a suo tempo ebbe Basso, poi Cancellara e Pozzato?

«Quella volta con Basso – ricorda – alla fine decidemmo noi. Ivan non prendeva una posizione, ma del resto era ingiusto pretendere che un ragazzo di 19 anni potesse scegliere una cosa del genere. Così lo portammo al Giro con un’idea precisa. Doveva fare esperienza. E dopo una settimana sarebbe andato a casa. Ricordo che lo presentammo ai vecchi del gruppo, a sceriffi come Cipollini e anche Pantani, e lui riuscì a farsi benvolere. La difficoltà più grande di quel Giro fu mandarlo a casa».

L’arrivo di Evenepoel è stato meno sommesso. Anzi, non sono mancati gli squilli di tromba…

E chi le ha suonate le trombe? Non so perché abbiano deciso di farlo debuttare qui, senza fare un Tour of the Alps o il Romandia. Lo ha deciso la squadra. Si sarebbe potuto dire che veniva per fare una prova. E se poi fosse andato davvero bene, ci sarebbe stato tutto lo spazio per esaltarlo.

Il suo caso è diverso da quello di Basso, ma…

Ma un corridore di 20 anni con quel talento resta comunque un patrimonio da tutelare, nonostante quello che dice e che gli si permette di dire. E’ vero che Evenepoel ha già più esperienza di quel Basso, ma il Giro d’Italia resta il Giro d’Italia.

Sullo Zoncolan, il primo cedimento vero, con 1’30” da Bernal
Sullo Zoncolan, il primo cedimento vero, con 1’30” da Bernal
Ora dicono che non fosse venuto per vincere.

Neanche io ho mai creduto che sarebbe successo. Quando sul pullman si parlava della corsa e dei protagonisti, eravamo tutti abbastanza sicuri, direttori e soprattutto i corridori, che non avrebbe potuto fare classifica nella terza settimana. Ma la Deceuninck-Quick Step è venuta perché credevano che potesse fare un grosso exploit.

Da cosa si capiva?

Dal fatto che dovunque andasse, aveva sempre tre uomini accanto. Dal fatto che Almeida è stato messo al suo servizio praticamente da subito. In questi casi si dice che le aspettative modificano il risultato. E loro erano venuti per vincere e provarci.

Lefevere ha rilasciato un’intervista a Het Laaste Nieuws, dicendo che Remco non aveva mai perso, che l’euforia di venire al Giro montata nelle Fiandre sia stata difficile da gestire e che il ragazzo esce da questo Giro con il morale ammaccato…

Non ho letto l’intervista, ma portarlo qui non è stata necessariamente una buona operazione. L’ego è proprio quello che ha permesso a Evenepoel di fare le grandi cose che tutti abbiamo visto. Ha dimostrato qualità non comuni. E non credo fosse necessario danneggiare il suo ego, mandandolo contro un muro alto come il Giro d’Italia e poi a casa così malridotto. Tutelare il talento, anche dalle aspettative troppo alte, significa proprio questo.

Il Giau spegne la luce di Remco, che non si arrende

24.05.2021
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Di colpo si è spenta la luce. La lezione è stata ben più pesante di quanto si aspettasse. Non è dato sapere se all’interno della squadra qualcuno lo avesse avvertito che sarebbe successo o fossero davvero tutti convinti che Remco Evenepoel, al primo Giro e dopo 9 mesi senza correre, sarebbe potuto durare più di dieci giorni ad alto livello. Con un po’ di sano realismo era logico aspettarsi che il giovane e fortissimo belga si sarebbe scornato contro la durezza dello Zoncolan, sebbene continuasse a lanciare proclami di cui oggi forse s’è pentito, mentre tutti intorno sembravano non rendersi conto che il ciclismo sia più serio di così.

E se sul Mostro friulano Remco si era dovuto inchinare senza tuttavia prostrarsi, il Giau e il freddo lo hanno portato brutalmente sulla terra, infliggendogli una lezione pesante come 24’05” di ritardo, dalla quale siamo certi che uscirà più forte. Secondo alcuni si ritirerà, ma conoscendo il suo orgoglio non ne siamo convinti per niente. Remco si rimetterà in sesto e magari proverà a vincere la cronometro di Milano.

A Montalcino, con Almeida che lo aspetta, ma lui è blocccato
A Montalcino, con Almeida che lo aspetta, ma lui è blocccato

Prove di bluff

«Perdere così tanto tempo – ha detto dopo la doccia e un bagno di realismo – dimostra che non ho fatto una buona tappa e che sentivo davvero la stanchezza alle gambe. Avevo già detto prima che non avevo aspettative rientrando in gara dopo quel lungo infortunio e con solo due mesi di allenamento, non credo che qualcuno pensasse che sarei potuto essere al massimo della forma per tre settimane».

In realtà il pensiero è stato avallato da dichiarazioni belle nella loro sfrontatezza. Ma se neppure Merckx al primo Giro riuscì ad andare oltre il 9° posto e due tappe vinte, sarebbe stato a dir poco incauto pensare che Remco avrebbe potuto fare meglio, in un ciclismo che nel frattempo ha visto impennarsi il livello medio delle prestazioni.

Sul Giau si è spenta la luce: eccolo da solo, con i migliori ormai lontanissimi
Sul Giau si è spenta la luce: eccolo da solo, con i migliori ormai lontanissimi

Fattore paura

E così fra i nodi venuti al pettine e le fasi su cui lavorare, dopo la paura di Montalcino, ora c’è la tenuta sulle grandi salite. Quel giorno in Toscana, proprio al rientro da un brutto incidente come il suo (ricordate cosa ci aveva detto al riguardo la psicologa Erika Giambarresi?), Remco che non aveva mai provato le strade bianche si è ritrovato a guidare ad alta velocità la bici che sembrava scappargli di sotto. Non è stato un problema di gambe, a giudicare dai watt espressi, ma di sicurezza nella guida che il trauma precedente ha reso anche più problematico.

«E’ stato un duro colpo – ha detto – ma allo stesso tempo è un processo di apprendimento che sono sicuro mi aiuterà in futuro. Sono felice per Almeida, che ha lavorato duramente per me negli ultimi due giorni e merita di essere tra i primi 10. Quindi d’ora in avanti aiuteremo lui nelle restanti tappe per raggiungere questo obiettivo».

Almeida ringrazia. Dice di aver corso per vincere la tappa. E chissà se pensa allo sfogo di qualche giorno fa, quando accusò la squadra di averlo fermato per aspettare Remco che non andava avanti. Il giorno dopo era tutto sanato. E da qui inizia un altro Giro per la Deceuninck-Quick Step.

Evenepoel: «Stupito da me stesso. Credo alla vittoria»

18.05.2021
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E qualche ora dopo Egan Bernal ecco parlare Remco Evenepoel. Il belga ha scelto di dedicarsi ai giornalisti dopo la sgambata. La sua conferenza è stata accompagnata, anzi introdotta, dall’annuncio di Patrick Lefevere del prolungamento di altri sei anni di contratto con Quick Step

Ma se Egan era più serio, Remco non stava fermo un attimo. Dondolava con le spalle e rideva, “irriverente” come in bici, anche se voci dal gruppo dicono si sia calmato parecchio.

Evenepoel stremato a Campo Felice
Evenepoel stremato a Campo Felice

Stupito da se stesso 

In realtà poi il giovane belga è molto più serio di quello che lascia sembrare. Ed è anche sensibile.

«Sono contento di essere in questa posizione al mio primo grande Giro – dice Evenepoel – quando sono in corsa non penso molto, ma poi quando salgo sul bus e guardo le classifiche resto un po’ stupito. E’ da tanto che non correvo. E’ incredibile quello che sto facendo. Sono secondo in classifica e per ora sta andando tutto bene.

«Per questo non sento pressioni, ma sono solo felice di essere qui, di poter correre se penso a come stavo nove mesi fa. Ma al Giro d’Italia ci credo. Se non avessi pensato di poter vincere, non sarei stato sulla rampa di lancio di Torino. Sto bene, sono qui al passo dei migliori scalatori. Vedremo le grandi montagne cosa diranno».

A Torino Remco ha dato a Bernal 20″ in 8,6 chilometri. Non poco pensando alla crono finale
Remco a Torino ha rifilato a Bernal 20″ in 8,6 chilometri.

La rivalità con Bernal

«Non siamo rivali. Corriamo per lo stesso obiettivo. Per me è un onore competere con chi ha vinto il Tour de France. In passato ci siamo incontrati solo un paio di volte, ma questa è la prima vera sfida. E comunque il Giro d’Italia non si riduce solo a me e a Bernal, ci sono tanti altri corridori, come Vlasov, Ciccone e Caruso che sono vicinissimi. E anche Yates. Insomma non eliminerei nessuno dei primi dieci in classifica».

Remco si sta riabituando a questi sforzi. Lui stesso, dopo le prime tappe, aveva ammesso di avere bisogno di questo… rodaggio, ma la forza ce l’ha eccome. Nell’arrivo di Campo Felice si è toccato con un corridore a circa 400 metri dall’arrivo, poco dopo l’affondo di Bernal. Ne aveva almeno otto davanti (Bernal e Ciccone esclusi) ed è arrivato quarto. 

Deceuninck-Quick Step e Ineos-Grenadiers: per la vittoria finale conterà molto la squadra
Deceuninck e Ineos: per la vittoria conterà molto la squadra

Sfida tra squadre

Intanto domani c’è una tappa importantissima verso Montalcino. Una frazione che a Remco non sembra preoccupare. In casa Deceuninck-Quick Step le classiche sono il pane quotidiano e avranno consigliato al meglio il giovane belga forte dell’esperienza con la Strade Bianche.

«No, non ho fatto sopralluoghi – dice Remco – mi fido di quello che mi hanno detto i meccanici. Di certo domani la gara esploderà. Si sprecheranno molte energie, ci sarà polvere, sarà dura. E immagino sarà più facile perdere tempo che guadagnarne».

Quella tra Egan e Remco è anche una sfida tra due squadroni: la Ineos-Greandiers domina nei grandi Giri e la Deceuninck-Quick Step nelle classiche. In tal senso l’ago della bilancia è a favore del colombiano, gli inglesi ormai sanno bene come gestire certe situazioni, però la Deceuninck quando punta difficilmente sbaglia e l’esperienza di pochi mesi fa con Almeida gli sarà stata utile.

In forma troppo presto? Le considerazioni di Pino Toni

08.05.2021
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Ricordate quando qualche settimana fa Mattia Cattaneo ci aveva detto di aver raggiunto il suo picco di forma nella prima gara all’Uae Tour? E sempre lui aveva aggiunto che dovendo correre al posto di alcuni compagni, causa Covid, la sua preparazione aveva un po’ sbarellato? Ebbene con coach Pino Toni vogliamo commentare questa situazione che tra l’altro non è stata l’unica.

Cattaneo sulle strade del Tour de Romandie, dove ha chiuso 12° nella generale
Cattaneo al Tour de Romandie ha chiuso 12° nella generale
Pino, ma davvero si può entrare in forma subito?

Partiamo dal presupposto che bisognerebbe conoscere i veri programmi della squadra, soprattutto in questo caso. In Deceuninck-Quick Step ci sono ragazzi di un certo valore e la squadra ci tiene a fare bene in tutte le corse a cui prende parte. Una volta loro puntavano quasi solo sulle classiche, adesso guardate che squadra hanno portato al Giro! Programmi che vengono fatti quindi secondo le necessità del team. Magari volevano fare bene subito all’Uae Tour e hanno individuato in Mattia l’uomo più adatto. Il Giro d’Italia per lui non era in programma mi è sembrato di capire. Quindi ci stava che partisse forte.

E hanno sfruttato il fatto che la Vuelta fosse finita tardi?

Esatto. Chiedi meno all’atleta durante l’inverno per entrare in condizione. Io poi penso che in quel team difficilmente i preparatori sbaglino se il corridore effettivamente fa quello che gli dice la squadra. Cattaneo non è un ragazzino: oltre ai dati dei file avrà comunicato loro anche i suoi feedback. 

Nelle Ardenne diceva di essere stanco, però poi al Romandia è andato forte…

Magari ha influito mentalmente il fatto che abbia corso quando invece doveva staccare. Ci sono tanti aspetti da valutare. Per esempio: qual era veramente il suo obiettivo? Cattaneo ha 30 anni, percepisce uno stipendio buono, è un ottimo gregario. Se ci sono delle gare in cui può puntare e poi non può prepararle come deve perché deve correre al posto di altri, ci sta che perda un po’ di motivazione. Ma queste sono supposizioni.

A crono una posizione pressoché perfetta per Cattaneo
A crono una posizione pressoché perfetta per Cattaneo
Chiaro, non siamo qui per fare il processo a Cattaneo ci mancherebbe. Vogliamo analizzare un aspetto tecnico che tra l’altro ha riguardato anche altri corridori. Un aspetto che ci dice quanto sia complicato progettare al giorno d’oggi una stagione agonistica.

Pertanto, tornando al nostro caso, è importante anche l’aspetto psicologico. Cattaneo ha fatto secondo a un Tour de l’Avenir che io ho seguito da vicino. E’ un corridore vero. Alla Deceuninck è migliorato ancora.

Vero, anche a crono come ha detto lui stesso…

Ecco su questo vorrei fare un appunto. Chi è che migliora a crono? Chi utilizza certe bici e fa certi investimenti sui materiali e di conseguenza sulle posizioni. E questo ha un costo. Un costo elevato. Penso al trattamento della catena, alle ruote, ai cuscinetti, alla riduzione del peso… una bici da crono di un campione professionista è totalmente diversa da quella che esce dalla casa. Ciò non toglie che Mattia sia andato forte.

Pino, torniamo al discorso del picco di forma trovato già all’Uae Tour. Comunque tra la Vuelta e la corsa asiatica ci sono tre mesi, non è poco.

Considerate che l’atleta esce da tre settimane di sforzo pieno e poi si deve riposare perché è a fine stagione. In questo modo fa una vera supercompensazione, tanto più l’anno scorso che la Vuelta è finita tardissimo. Quando riprende, il livello è molto più alto che se avesse fatto il Tour e poi si fosse trascinato fino a fine anno con gare di un giorno. Nel primo caso finisce la corsa a 140, dico un valore a caso, e riparte da 100. Nel secondo finisce il Tour a 140 ma poi scende man mano a 100 e riparte da 60. E’ un bel gap. Per questo da sempre sostengo che per far crescere un giovane la Vuelta è la miglior corsa.

Per Toni la Vuelta è il miglior modo per far crescere un giovane, Gaudu ne è l’esempio lampante
Secondo Toni con la Vuelta un giovane può crescere, Gaudu ne è l’esempio lampante
Per questo ha toccato il picco di forma a febbraio?

Anche in questo caso bisognerebbe conoscere i suoi dati reali: è stato davvero un picco di forma o era lui che “andava facile”? Mi spiego. Un conto è se in gruppo ci sono 100 corridori che sono al top e un conto se ce ne sono 20: le velocità cambiano. Per me non era al top lui.

Perché?

Perché altrimenti non avrebbe fatto il Romandia che ha fatto e non avrebbe tirato fuori quella prestazione a crono. E’ arrivato settimo in una frazione piena di campioni e specialisti. Per di più una crono molto esplosiva, 16 chilometri da fare a tutta, fuori soglia, in acido lattico. Per me al Romandia Cattaneo è andato più forte che all’Uae Tour, poi magari aveva sensazioni peggiori perché c’era tanta gente che andava più forte.

Remco a Torino: posizione a tartaruga e una super Shiv

04.05.2021
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Quest’anno non ha mai corso, esce da un terribile infortunio, eppure Remco Evenepoel fa paura. E la fa soprattutto pensando alla cronometro inaugurale del Giro d’Italia di Torino. Il fenomeno belga potrebbe conquistare la maglia rosa. Contro il tempo Remco è formidabile. Ma se delle sue reali condizioni si sa poco o niente, del suo destriero, la Specialized Shiv TT invece qualcosa di più possiamo dirvi.

Per scoprirne i dettagli abbiamo sentito Gian Paolo Mondini, responsabile tecnico di Specialized, colui che fa da “ponte” tra il marchio californiano e i team. E tra quelli che utilizzano Specialized c’è anche la Deceuninck-Quick Step di Evenepoel.

Gian Paolo Mondini
Il responsabile Specialized area racing strada, Gian Paolo Mondini
Gian Paolo Mondini
Il responsabile Specialized area racing strada, Gian Paolo Mondini
Gian Paolo, aiutaci a scoprire la Specialized Shiv TT che userà Remco a Torino.

Remco ultimamente non ha cambiato molto sulla sua bici da crono. Utilizzerà una ruota Roval 321 dietro, che è la nostra lenticolare, e la Rapide da 64 millimetri all’anteriore. E questa è una buona ruota, molto versatile. Abbiamo visto che riusciamo a farci un po’ tutte le crono. Per quel che riguarda le coperture, avrà dei copertoncini in cotone da 26 millimetri con camera d’aria in butile.

Cosa significa nello specifico che la Rapide è una ruota versatile?

Che si adatta bene alle diverse angolazioni del vento. Le condizioni della galleria del vento nella realtà non esistono praticamente mai, perché il vento non è mai perfettamente dritto rispetto all’avanzamento del corridore e più il vento è laterale e più la nostra ruota apporta dei vantaggi.

La Roval da 64 millimetri che vedremo all’anteriore sulla Shiv del belga
La Roval da 64 millimetri che vedremo all’anteriore sulla Shiv del belga
Manubrio: Remco ha cambiato qualcosa? Magari sulla scia dei 3D che utilizzano gli Ineos…

Si è fatto fare il calco delle protesi da un artigiano olandese. E’ lo stesso manubrio che ha utilizzato pochi giorni fa Cavagna (compagno di Evenepoel e campione francese contro il tempo, ndr). E’ un manubrio totalmente personalizzato che costa sui 5.000 euro.

Dopo l’infortunio Evenepoel ha cambiato qualcosa? Si è dovuto riadattare in qualche modo?

Difficile saperlo con precisione. Posso dire che mentre si disputava la Freccia Vallone lui e Asgreen erano a fare dei test in Germania e qualcosa sicuramente hanno provato. Ma di solito Remco non è uno che cambia molto, che ritocca. Ha la fortuna di essere abbastanza basso e quindi di non avere problemi con le misure imposte dall’Uci per quel che riguarda avanzamento e arretramento. Posso dire che sta svolgendo un grosso lavoro sulla sua posizione in bici.

Cioè?

Sul mettere la testa ben incassata tra le scapole per renderla un tutt’uno col resto del corpo. Noi la chiamiamo posizione “a tartaruga”. Dai test fatti abbiamo visto che si guadagnano 5-6 watt. Li facemmo già con Boonen certi test. Pensate che la posizione con i gomiti appoggiati sul manubrio, quella che l’Uci ha recentemente bandito, con la testa bassa, portava ad un guadagno dai 20 ai 30 watt a seconda della statura del corridore.

Le protesi stampate che ha utilizzato Cavagna al Romandia, le stesse che avrà Remco
Le protesi stampate che ha utilizzato Cavagna al Romandia, le stesse che avrà Remco
Ma è un guadagno enorme!

E infatti è un lavoro che curiamo particolarmente d’inverno con i nostri test metabolici. Sulla base di determinate posizioni cerchiamo d’individuare il punto estremo in cui si perde l’efficienza della respirazione. In quel momento si abbassa la perfomance e in accordo con il preparatore cerchiamo di rinforzare l’atleta affinché possa tenere al meglio quella posizione. E in tal senso Evenepoel è molto preciso. Già da juniores aveva capito quanto fosse importante tutto ciò, che vantaggi desse e ci teneva tantissimo a rispettare la posizione che gli veniva “data”. Poi lui, piccolo com’è, ha un Cx, coefficiente aerodinamico, notevole. Se ci mettiamo anche che riesce a stare basso e che ha tanta potenza si capisce perché vada forte a crono. E più sono dure e meglio è per lui. Per questo punta molto su quella olimpica che si dice sia durissima. E infatti dopo il Giro andrà a Morgan Hill nella nostra sede in California per fare altri test in galleria del vento.

Però! Torniamo alla bici di Torino: cuscinetti, catena… prevedono lubrificazioni particolari?

No, tutto nella norma, ma i prodotti CeramicSpeed hanno già dei trattamenti speciali di loro.

L’ultima crono fatta in gara da Evenepoel è quella dell’Algarve, datata 20 febbraio 2020
L’ultima crono in gara di Evenepoel è datata 20 febbraio 2020 (all’Algarve)
Che rapporti userà?

Di solito usa il 56, all’anteriore e la scaletta con l’11 dietro. Avrei anche ipotizzato un 58 per il Prologo di Torino visto che è pianeggiante e breve, ma il suo meccanico mi ha confermato che userà il 56. Avrà pedivelle da 172,5 millimetri.

Nonostante sia alto solo 1,71 metri? Ma le usa solo a crono, su strada monterà quelle da 170…

No, no, anche su strada.

Bello chiamarsi Evenepoel ed avere tanta potenza! Monterà il portaborraccia?

No, dai test fatti comunque abbiamo visto che praticamente non incide, né quello aero, né quello tradizionale perché resta nel “cono” d’aria della bici.

E i freni?

Chiaramente a disco: 140 millimetri all’anteriore e 120 al posteriore, come su strada.

Remco utilizza spesso la bici da crono?

Sì, una o due volte a settimana. Ha tre bici da crono: una a casa, una sul camion delle corse e una di scorta.

Honoré gregario tosto, un po’ danese, un po’ trevigiano

30.04.2021
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La “montagna”, se così si può dire, più elevata della Danimarca si chiama Moellehoje ed è alta 170 metri. Si trova sulla costa orientale del Paese ad una sessantina di chilometri a Nord di Fredericia. Ed è da questa cittadina di circa 40.000 abitanti affacciata sul mare Baltico che viene Mikkel Frolich Honoré, uno degli scalatori della Deceuninck-Quick Step.

Mikkel in testa al gruppo, tira per Almeida in rosa all’ultimo Giro
Mikkel in testa al gruppo, tira per Almeida in rosa all’ultimo Giro

Sulle tracce del nonno

Il ciclismo in famiglia lo aveva porto il nonno Joren, un buon pistard. E in qualche modo Mikkel ne è stato “contagiato”.

«Poche salite da me è vero – sorride Honoré – ho iniziato nel 2007 quando avevo 7 anni e da lì non mi sono più fermato. Nel 2016, da juniores, sono andato in Belgio (alla Lotto Soudal U23 ndr), poi sono venuto a vivere in Italia. Dal 2019 sono diventato professionista alla Deceuninck e spero di continuare così».

Mikkel taglia corto, ma per diventare il bravo corridore che è ha lasciato presto la Danimarca, come lui stesso ha detto. Un po’ come Nibali, Visconti e tanti ragazzi del Sud e del Centro Italia. La sua scuola è stata quella belga e forse anche per questo alla fine è approdato alla corte di Lefevere

Ma Honoré è stato sin da subito “internazionale” e nel 2015, inconsapevolmente, si era già legato all’Italia. In una gara juniores conosce la sua attuale fidanzata, Marilisa. Lei faceva la giudice di gara, lui cadde dopo il traguardo. Perse gli occhiali e lei glieli li riportò. Da lì nacque tutto. Fino alla proposta di matrimonio avvenuta l’anno scorso al via della cronometro di Conegliano al Giro d’Italia.

Oggi Mikkel è un buon cuoco, parla italiano, ma forse parla anche meglio il dialetto trevigiano (quello della sua compagna), e tifa per Valentino Rossi.

Remco Evenepoel e Mikkel Frolich Honoré in ritiro a marzo
Remco Evenepoel e Mikkel Frolich Honoré in ritiro sul Teide

Colonna per il Giro

Honoré è molto apprezzato anche dal suo team. Correre sempre o quasi in uno squadrone come la Deceuninck non è facile. Se ci riesci è perché ti chiami Alaphilippe o perché sei un uomo tosto, uno di quelli su cui si può contare in ogni situazione: classiche, corse a teppe, freddo, pioggia… Lo stesso campione del mondo nei giorni delle Ardenne ha ringraziato pubblicamente Honoré sia dopo la Freccia che in una conferenza stampa a ridosso della Liegi, dicendo proprio che Mikkel era un corridore su cui poter fare affidamento e molto generoso.

L’abbraccio con Alaphilippe in cima al Muro d’Huy, nella Freccia vinta dal francese
L’abbraccio con Alaphilippe in cima al Muro d’Huy, nella Freccia vinta dal francese

Non solo gregario

Sta andando fortissimo… «Sì, penso di sì! Io cerco di fare il mio lavoro al meglio. La forma è buona. Sono contento per la stagione fin qui e speriamo di continuare così già al Giro d’Italia. Ci sono Remco e Almeida che partono entrambi capitani. Non gli mettiamo pressione e vediamo durante il Giro come andranno le cose. Per me avere due leader è una buona situazione. Possono succedere tante cose. Bisognerà vedere soprattutto come Remco andrà con il suo infortunio. La preparazione è andata bene per ora».

E a proposito di Remco. A quanto pare non è solo Alaphilippe a volere il danese in gara. Si dice che Honoré sia l’uomo di fiducia del fenomeno belga. L’anno scorso in preparazione proprio per il Giro vissero in simbiosi sulle Dolomiti. E lo stesso hanno fatto quest’anno sul Teide.

«Eh, non so se è davvero così – sorride con un velo di timidezza, ma compiaciuto – sono contento di essere apprezzato e anche a me piace lui. Nonostante sia giovanissimo, Remco è un grande corridore. Ed esserci per lui durante questo Giro credo sia importante per entrambi».

Il danese vince ai Paesi Baschi, era in fuga col compagno Cerny
Il danese vince ai Paesi Baschi, era in fuga col compagno Cerny

Honoré sa graffiare

Il danese però non porta solo le borracce o prende vento in faccia. All’occasione sa anche dire la sua. La Deceuninck gli ha lasciato i suoi spazi, anche per riconoscenza per quanto fatto. E Mikkel ha sfruttato al meglio le opportunità. Ha vinto la tappa finale della Coppi e Bartali, tra l’altro con un’azione spettacolare (attacco di forza, da lontano con il leader della generale Jonas Vingegaard), e si è poi ripetuto in Spagna qualche giorno dopo, facendo sua la quinta frazione dei Baschi. Questo è stato anche il suo primo successo nel WorldTour.

«Quando sarò capitano? Eh, buona domanda. Al Giro, speriamo di esserlo in futuro, però sono anche contento così. Ho avuto le mie occasioni ai Paesi Baschi e alla Coppi Bartali e al Giro abbiamo abbiamo altri obiettivi più grossi come la classifica generale. Ma vedremo, giorno per giorno. Magari ci sarà un’occasione in una tappa anche per me…».

Honoré in azione alla Coppi e Bartali, alla sua ruota De Marchi e Swift
Honoré in azione alla Coppi e Bartali, alla sua ruota De Marchi

Corridore completo

Ma che corridore è Honoré? E’ giusto definirlo scalatore? Si dice sempre che nel ciclismo attuale se non sei specializzato in qualcosa sei tagliato fuori dai giochi. Eppure ci sono atleti solidi come lui che piano piano riescono a trovare la propria dimensione. Ricordiamo che parliamo di un ragazzo che ha compiuto 24 anni da pochi mesi.

«Non lo so, sai! Sento di andare bene un po’ dappertutto, sono un corridore “all-rounder”. Mi piace la salita, la discesa (è molto abile nella guida, ndr) e anche la pianura e la crono. Diciamo che non sono specializzato. Credo che questa sia anche una delle mie forze, ma al tempo stesso sono consapevole che può essere un limite».

In questi giorni Honoré, come molti del Giro, è in altura. Si gode quel po’ di riposo, alternandolo con gli ultimi allenamenti tosti. Inoltre lui doveva recuperare dalla caduta alla Freccia del Brabante, nella quale aveva riportato tagli profondi. Tagli che però non lo avevano intimidito nelle Ardenne. Davvero un carattere tosto per il danese-trevigiano.

Joao Almeida: «Al Giro con una squadra fortissima»

27.04.2021
5 min
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Dopo il Giro d’Italia dell’anno scorso, o meglio, di sei mei fa Joao Almeida non è più un corridore qualunque, ammesso lo sia mai stato. Fa parte dei big, dei nuovi big. Il portoghese, 15 giorni in maglia rosa, sarà uno dei favoriti al via da Torino.

Ma stavolta ci arriva in tutt’altro modo. Stavolta ci sono aspettative, un po’ di pressioni e attenzioni mediatiche. Insomma per Joao si tratta del primo vero, grande, banco di prova.

Almeida (22 anni) ha vinto la maglia di miglior giovane al Catalogna
Almeida (22 anni) ha vinto la maglia di miglior giovane al Catalogna

Verso le corse a tappe

Il portoghese lo abbiamo incontrato nelle classiche delle Ardenne, corse in appoggio ad Alaphilippe. Ed è lui stesso a ricordare il successo del 2018 proprio alla Liegi U23.

«Quella mattina al via stavo male. Pensavo addirittura di non poter finire la gara. Poi le cose sono andate sempre meglio. A quel punto volevo almeno aiutare i miei compagni. Sono andato in fuga, mi sono ritrovato in testa sulla Redoute, ho attaccato e sono arrivato da solo a Liegi.

«Mi piacciono le gare di un giorno – continua Almeida – ma adesso il mio interesse è rivolto più verso le corse a tappe».

E con quest’ultima frase Joao sposta di fatto il discorso sul Giro d’Italia. E l’approccio a quella Liegi, se ci si pensa, è un po’ il film della sua corsa rosa 2020, anche se non lo ha vinto. Tuttavia il discorso sulle aspettative non fa una piega.

A Sierra Nevada non è mancato il lavoro con la bici da crono (foto Instagram)
A Sierra Nevada non è mancato il lavoro con la bici da crono (foto Instagram)

Tutto secondo programma

Terzo all’Uae Tour, sesto alla Tirreno-Adriatico, Joao è poi un po’ “sparito” dai radar per allenarsi. Ha corso il giusto e se ne è andato in altura con l’altra punta di diamante della Deceuninck-Quick Step al Giro, Remco Evenepoel.

Il blocco di lavoro svolto a Sierra Nevada è stato davvero fruttuoso. Ha lavorato con Masnada, con Evenepoel e per qualche giorno anche con Alaphilippe. E non sono mancati i tanti chilometri a cronometro. 

«Ho avuto belle sensazioni già al Giro di Catalogna. Dove ho colto la terza top ten in altrettante gare a tappe fatte quest’anno. Ho anche vinto la maglia di miglior giovane. E’ stata una corsa solida, che mi ha dato fiducia. Mi sono espresso bene in salita e a crono. E questo fa ben sperare per il futuro. E poi in altura abbiamo fatto un bel blocco di lavoro con Remco». Merito anche – aggiungiamo noi – del buon meteo incontrato: tre settimane di sole che hanno consentito ai Deceuninck di fare molto volume e di farlo bene».

Ottimo cronoman, Almeida quest’anno è migliorato ancora tenendo testa agli specialisti
Ottimo cronoman, Almeida quest’anno è migliorato ancora tenendo testa agli specialisti

Obiettivo, maglia rosa

Ma può ripetere il grande exploit dello scorso anno? Quando glielo chiediamo espressamente Almeida risponde così.

«Sto lavorando per quello – dice molto timidamente dietro al suo cappellino, il suo tono è sempre molto pacato – le sensazioni sin qui sono state buone. Io cercherò di fare il mio meglio. Il Giro è il mio grande obiettivo, se sarà come quello scorso non lo so, ma partiamo per puntare alla maglia rosa. Avremo una squadra molto forte, Honorè, Masnada, Knox… tutti corridori molto forti per la salita e ci sarà anche Remco pensando alla classifica generale, quindi è tutto da vedere».

La Deceuninck-Quick Step, archiviate le classiche con un segno più che positivo, adesso potrà concentrarsi sul Giro. Già tra Fiandre e Ardenne si è assistito ad un graduale “cambio della guardia”, come era normale che fosse. Si è dato più spazio agli scalatori e agli uomini che vedremo in azione sulle nostre strade a partire dall’8 maggio. E la tattica è già chiara: avere uomini di fondo per aiutare Almeida (e Remco) sulle grandi montagne. Alla fine solo lo Stelvio respinse il portoghese l’anno scorso.

Joao Almeida, Stelvio, Giro d'Italia 2020
Almeida perse la maglia rosa sullo Stelvio. Ma in Portogallo è diventato un idolo
Joao Almeida, Stelvio, Giro d'Italia 2020
Almeida perse la maglia rosa sullo Stelvio. Ma in Portogallo è diventato un idolo

Almeida, un simbolo 

Quei giorni in rosa lo hanno lanciato in un’altra dimensione. Almeida ha riscosso un grande successo in Portogallo.

«Sono contento di essere un aiuto, un simbolo per i giovani ciclisti del mio Paese. Quei giorni in rosa dell’anno passato hanno inciso molto e per me è motivo di orgoglio. La mia vita è cambiata, ma io sono lo stesso. E’ un onore e una responsabilità avere questo ruolo per il mio Paese».

E tutto ciò si lega perfettamente a quanto detto in apertura sul discorso delle aspettative. Di certo se Almeida risponderà presente, magari anche riuscendo a salire sul podio, potremmo dire di aver trovato definitamente un altro grande. E che il Giro 2020 non è stato un passaggio fortunoso.

Per Bramati, suo diesse, i dubbi non ci sono. Ci disse grandi cose su Almeida già nelle prime tappe in Sicilia, figuriamoci adesso. In Sierra Nevada ha lavorato molto sulla distanza e le lunghe scalate, quello che gli è mancato lo scorso anno sullo Stelvio. Ma ripetiamo, non era certo in programma di arrivare in quelle condizioni, cioè in rosa, sin lassù e a poche tappe dal termine del Giro.

Il lavoro è stato abbondante anche a crono. Quest’anno tra gli uomini di classifica solo Pogacar lo ha preceduto, e di pochissimi secondi, all’Uae Tour e alla Tirreno. 

E Joao? Beh, lui come i suoi giovani connazionali continua a sognare e su Instagram mette storie del tipo: “Memorie di vita” e sullo sfondo lui in maglia rosa.

Lo strano caso di Cattaneo, in forma troppo presto

26.04.2021
4 min
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Mattia Cattaneo si trova in una situazione a dir poco particolare. E cioè, in qualche modo è entrato in forma troppo presto. Ce lo ha rivelato lui stesso nel corso dell’intervista.

Volevamo chiedergli come stesse preparando il Giro d’Italia e invece il discorso ha preso subito un’altra piega…

Mattia come sta procedendo la preparazione? Com’è la tua condizione?

Meglio partire da lontano per avere le idee chiare. Avevo fatto la Vuelta l’anno scorso. Quindi ho finito tardi e non ho dovuto fare un granché nel corso dell’inverno. Nel senso che finendo di gareggiare a metà novembre, ho fatto un paio di settimane di recupero e a dicembre ho iniziato subito. E infatti la condizione è stata subito buona. Forse troppo buona.

Mattia Cattaneo (30 anni) al via della Freccia Vallone
Mattia Cattaneo (30 anni) al via della Freccia Vallone
Beh, hai sfruttato la Vuelta è chiaro.

Sono arrivato un pelino stanco a questo punto della stagione. Come ripeto, avendo fatto la Vuelta così tardi e avendo ripreso a correre presto, e parecchio, nella prima parte della stagione sono un po’ più stanco del previsto. Ho fatto il Uae Tour, la Parigi-Nizza, quindi ho recuperato giusto un po’, ho fatto i Paesi Baschi (foto in apertura, ndr), le classiche e adesso vedremo…

Ma sarai al Giro d’Italia?

Sinceramente non penso che andrò al Giro.

Come mai tante gare?

Molto è dipeso anche dal Covid, ci sono stati dei cambi di programma, spostamenti vari… Insomma, mi sono ritrovato a correre molto e più del previsto.

Ma il Giro era nei programmi?

Non proprio. Sarebbe stato da definire. In ogni caso avrei comunque dovuto farlo per cercare di aiutare Evenepoel o Almeida per la classifica generale o per qualsiasi altro obiettivo che avesse in mente la squadra

E allora qual è stato il tuo primo picco di forma in questa prima parte di stagione?

All’inizio di stagione! Al Uae Tour sono andato davvero forte. Sono stato anche fortunato perché sono riuscito a prendere qualche ventaglio, e alla fine ho chiuso ottavo nelle generale. Andavo benone anche alla Parigi-Nizza. A sensazione, quest’anno credo di aver perso forse qualcosa in salita, però ho fatto uno step a crono. In tutte quelle che ho disputato, sono sempre arrivato nei 15 o comunque a ridosso dei primi, non lontano come tempo.

Come ci si gestisce quando ti rendi conto che il picco lo hai toccato subito? Non è facile poi tirare avanti, anche mentalmente. Immagino ne avrete parlato con i preparatori…

I preparatori ci seguono al 100% e sanno meglio loro di noi quando e quanto siamo stanchi. Per me nel ciclismo di oggi, soprattutto quest’anno dopo la stagione del Covid nella quale praticamente hanno recuperato tutti, siamo ad un livello altissimo e penso che si veda nelle corse. Se prima ad una gara c’erano due favoriti, adesso ce ne sono 15 che possono vincere realmente. E in qualsiasi gara, che sia WorldTour o meno, vai sempre forte, ma forte per davvero. Pertanto appena sei un pelino in calo devi solo recuperare. Basta, non hai altro da fare. E se corri molto sinceramente non ti puoi neanche allenare.

Quest’anno a crono, Cattaneo è migliorato. Merito anche dei test aerodinamici. E si vede…
Quest’anno a crono, Cattaneo è migliorato sensibilmente
Immaginiamo. Diventa un’altalena…

Fai tanto in corsa, arrivi a casa, fai recupero e sei già pronto a ripartire per la corsa dopo.

Però una stagione così se da una parte è stata dura, dall’altra è stata facile. Nel senso che ti sei dovuto allenare “poco”…  

Ah sì! Alla fine corri e recuperi, corri e recuperi… non puoi fare tanto, non avresti neanche tempo.

Facci un esempio di una giornata a casa tra una gara e l’altra…

La solita. Porto a spasso il cane (ricorderete la sua Laky, ndr)! Che sta crescendo sempre di più e quindi diventa sempre più impegnativa… A parte gli scherzi: colazione, un giretto in bici verso metà mattina e al pomeriggio magari un massaggio, due o tre volte a settimana per recuperare meglio. Stop.

Quanto ti alleni quando esci in questa situazione?

Due o tre ore, ma magari anche un paio di distanze se stavo a casa una settimana. Che poi distanze tra virgolette: al massimo quattro ore, quattro ore e mezza. Ci metto dentro anche un po’ di lavori, più che altro per non rilassarmi troppo. 

E che tipo di lavori? Anche massimali?

Massimali magari qualcosa, ma pochissimo veramente. Richiami di pochi secondi.

E la forza?

La forza tendo a farla sempre, in qualsiasi momento della stagione la tengo nella mia preparazione. 

Anche se sta passando, il Covid continua ad influire sullo svolgimento delle nostre vite. E questo vale anche per gli atleti. In molti risentono di quanto accaduto nella stagione scorsa. Sia in modo diretto che indiretto. Nel caso di Cattaneo, in entrambi i sensi: visto che è entrato in condizione troppo presto e che ha dovuto sostituire dei compagni nel corso di questa stagione.

Quando dice che si va forte e che se non si è al top non c’è molto da fare ha ragione. Lo stesso Giuseppe Martinelli, parlando di Ciccone, ci disse che era molto difficile recuperare in corso d’opera in questa fase del ciclismo.

Alaphilippe pronto alla sfida. Intanto coccola la nuova bici

24.04.2021
4 min
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Impossibile non continuare a parlare di Julian Alaphilippe. Il francese ha un seguito pazzesco, basta vedere la copertina che gli ha dedicato l’Equipe per la vittoria alla Freccia Vallone in tempo di Superlega.

Ieri sulla Redoute, durante la ricognizione solo per Gilbert, che lì è di casa nel vero senso della parola, ci sono stati gli stessi applausi e gli stessi incitamenti. «Allez Loulou!». E lui approvava facendo segno col capo.

Grande tifo sulla Redoute per Alaphilippe e i suoi compagni
Grande tifo sulla Redoute per Alaphilippe e i suoi compagni

Ma quale pressione! 

Il campione del mondo parte da super favorito per la Liegi: viene dalla vittoria della Freccia Vallone, non ha nascosto le sue ambizioni e, aggiungiamo noi, ha anche il dente avvelenato per come andò lo scorso anno, quando fu declassato al quinto posto. Con tutti questi preamboli la prima cosa che gli chiediamo è se sente la pressione.

«Sento quella giusta – risponde Loulou – quando ci sono questi grandi obiettivi, e la Liegi è quello più importante di questa parte di stagione, un po’ di pressione serve. Ho vinto la Freccia e questo già aiuta parecchio e poi dall’inizio dell’anno con la squadra abbiamo raccolto molte vittorie e anche questo ci fa stare tranquilli. Da un punto vista personale sono molto contento e spero di finire al meglio le classiche. Ma non c’è nessuna pressione speciale. E’ giusto voglia di fare le cose bene».

I ragazzi della nuova generazione, anche se Alaphilippe non è più un ragazzino (ha 29 anni), non smettono di stupire. Altra mentalità. Una mentalità alla quale dovremmo abituarci. Basta tornare indietro di dieci anni, non un secolo, e ricordare le vigilie tese di Cancellara o Boonen: a questi ragazzi sembra scivolare tutto addosso. Da una parte è un bene.

Pogacar e Hirschi chiacchieravano e ridevano ieri mentre pedalavano. Idem Gaudu e Madouas. Roglic forse era il più serio. 

La nuova Specialized Tarmac con i colori iridati per il francese (foto Twitter)
La nuova Specialized Tarmac con i colori iridati per il francese (foto Twitter)

Bici nuova

Julian invece prima si è coccolato la nuova bici “iridata” che gli ha consegnato Specialized e poi sornione se n’è andato con i compagni a fare la ricognizione. Solo sulla Roche aux Faucons ha fatto un piccolo allungo, ma forse era più un favore per i tanti fotografi al seguito. Comunque sia in quel tratto è passato da solo.

«In questi giorni dopo la Freccia ho pensato solo a recuperare – ammette Alaphilippe – La vittoria di mercoledì ha confermato la mia buona condizione, ma la Liegi è una gara diversa: è più lunga, ha un altro finale. Alla Freccia sai che devi aspettare il muro finale. La Liegi richiede molta energia e concentrazione ed è un attimo a ritrovarsi senza gambe. Io però penso di essermi ben preparato. Dopo le classiche fiamminghe, anche se non sono andato in altura, ho fatto parecchia salita. Ho fatto scalate più lunghe».

Alaphilippe in ricognizione sulla Roche aux Faucons, ultimo strappo della Liegi
Alaphilippe in ricognizione sulla Roche aux Faucons, ultimo strappo della Liegi

Quell’arrivo ad Ans

Come abbiamo visto, parlando con Marta Cavalli e Davide Formolo, il percorso sembra essere più selettivo, Alaphilippe però non è totalmente in linea con loro.

«C’è una nuova salita ed era giusto provarla, cosa che abbiamo fatto anche ieri, cambia un po’ ma non tantissimo. La Redoute e soprattutto la Roche-aux-Faucons faranno la differenza».

E allora gli chiediamo: «Preferivi il vecchio percorso con Saint Nicolas ed arrivo ad Ans o quello attuale?». 

«Bella domanda – ribatte Julian – mi piacciono tutti e due e ho corso su entrambi, ma viste le mie caratteristiche un po’ più da grimpeur forse era leggermente meglio l’altro, comunque la Roche-aux-Faucons è veramente difficile. La gara mi piace lo stesso».

Roglic in ricognizione a Boncelles, inizio della discesa su Liegi. Anche per lui bici nuova
Roglic in ricognizione a Boncelles, inizio della discesa su Liegi. Anche per lui bici nuova

Il duello con Roglic

E a proposito di Roglic. Lo sloveno è il campione uscente. Vista come è andata la Freccia già si parla di una gara a due. 

«Non dobbiamo “incendiarci” l’uno con l’altro – ha detto Alaphilippe – so bene che Primoz è molto forte. L’ho seguito al Giro dei Paesi Baschi, sapevo che era in buona forma. Chiaramente partiamo favoriti e sarà il primo avversario. In più l’anno scorso ha mostrato di saperla vincere. Ma ci sono tanti altri che possono trionfare e che vanno tenuti d’occhio. E poi ci sarà qualche corridore che vorrà anticipare».

Di sicuro gli avversari non mancano. Pogacar sarà fresco e voglioso di riscatto per non aver fatto la Freccia. E Pidcock è più o meno sulla stessa lunghezza d’onda. Il britannico ha detto che non si ricordava quanto fosse duro l’asfalto, ma anche che ha recuperato al meglio. Anzi, ci ha talmente preso gusto che la Liegi non doveva neanche farla, ma ha deciso di esserci lo stesso dopo la caduta verso Huy e la beffa dell’Amstel. E poi ci sono Valverde, Fuglsang... la lista è lunga.