E veniamo a lui, Giulio Ciccone. Speranza (e realtà) del nostro ciclismo che però sin qui ci è apparso un po’ indietro. L’abruzzese esce da un 2020 pressoché inesistente, lasciatecelo dire, ma non per colpa sua. Anzi, era anche partito bene vincendo la prima gara a Laigueglia. Poi lo stop, la ripresa e il Covid. Della sua situazione e del suo futuro, facciamo il punto con Stefano Garzelli e Giuseppe Martinelli.
Inizio lento (giustificato)
Covid che in lui ha inciso più di altri. Andare al Giro con i postumi del virus e una preparazione non adeguata non ha fatto altro che rallentarlo ulteriormente.
Ma forse proprio per questo motivo era lecito attendersi qualcosa di più in questa prima parte dell’anno. E’ vero che Giulio ha dichiarato che il suo grande obiettivo è la Vuelta, è vero che Luca Guercilena al via della Tirreno ci aveva detto che era un po’ indietro e che sarebbe andato in crescendo, ma non vedere mai un’attaccante nato come lui nel vivo della corsa un po’ ci spaventa. In più “Cicco” ha lasciato l’ultima gara a cui preso parte, il Catalunya, per un problema al ginocchio.
Insomma: che stagione dobbiamo aspettarci? Sono campanelli d’allarme o tutto sommato le cose procedono secondo programma? Un secondo posto ad inizio stagione (2ª tappa del Tour de la Provence) può farci stare tranquilli?
Garzelli lo attende
«Giulio – spiega Garzelli, ex maglia rosa e ora commentatore Rai – ha vinto la maglia azzurra di miglior scalatore del Giro ed anche una tappa molto dura e questo ha posto in lui grandi aspettative, però non ha ancora provato a far classifica veramente. Deve testare realmente il suo recupero, come tiene la pressione. Il fatto di avere Nibali vicino è un buon vantaggio: riflettori e attenzioni volgeranno molto più su Vincenzo che su di lui.
«Credo sia giusto avere delle aspettative su di Ciccone – riprende Garzelli – non è sopravvalutato, però deve provare a far classifica per saperlo. Come detto, deve avere la pressione addosso, fare delle crono davvero a tutta, testare il recupero, arrivare davanti anche nelle tappe veloci… Una gara di tre settimane non la vinci perché vai forte in salita, ma perché sei sempre davanti, perché ti salvi e non crolli nel giorno di crisi, che tanto c’è sempre».
Meno impulsività
Garzelli in qualche vuole aspettare che punti davvero ad una grande corsa a tappe, prima di giudicare Ciccone. Il potenziale c’è, ma va dimostrato.
«In Italia che possono far bene nelle gare a tappe, dopo Vincenzo, ci sono lui e Masnada, ma credo che Fausto dovrà aiutare i compagni. Giulio ormai ha un’età matura per fare questa prova. L’aver vinto la maglia azzurra ti consente di staccarti in qualche tappa, di mollare mentalmente e fisicamente. La maglia rosa no. Lui deve essere meno impulsivo, forse questo potrebbe essere il suo problema maggiore».
Infine il varesino si pone qualche dubbio sul perché Ciccone, se punta a fare bene al Giro, non sia in altura come tutti gli altri, capitani e non.
Martinelli lo ammira
E dalla voce del corridore passiamo a quella del direttore sportivo, Giuseppe Martinelli dell’Astana Premiertech.
«Ciccone è sicuramente uno di quei corridori buoni che abbiamo in Italia – dice Martinelli – Forse ci si aspettava qualcosa di più viste le sue vittorie, ma c’è chi matura prima e chi ci mette un po’ di più. Non dimentichiamo che questo ragazzo vinse una tappa al Giro “da bambino”, il che vuol dire molto. Adesso è chiamato al salto di qualità: ha l’età giusta, la squadra ideale e la vicinanza di Nibali che gli può insegnare molto».
“Martino” fa poi un’analisi molto interessante sul suo ritardo in questa stagione e in quella passata.
«Ciccone ha spesso avuto qualche inconveniente e nel ciclismo di oggi è molto, molto difficile recuperare. Non è come una volta che andavi alle corse ti mettevi a ruota e piano piano ritrovavi la forma. No, adesso devi essere pronto. E se non lo sei ti stacchi. Se il tuo cammino prevede, per esempio, Tirreno, altura, Tour of the Alps e Giro e va secondo i programmi okay, altrimenti te la porti dietro per parecchio tempo.
La continuità
«Cosa gli manca? Non posso rispondere con precisione perché non ho il ragazzo sottomano, né l’insieme dei suoi dati e poter vedere i suoi margini – continua Martinelli – E’ un corridore che a me è sempre piaciuto. Si butta nella mischia, non ha paura di attaccare, non sta lì ad aspettare. Ai tempi della Bardiani Cfs, con Shefer che lo conosceva bene, volavamo anche prenderlo, ma aveva già un contratto e non lo disturbammo.
«Deve forse aumentare un po’ il suo motore ma per farlo gli serve continuità. Come dicevo prima deve avere una serie di stagioni senza intoppi che gli consentano davvero di esprimersi. Altrimenti per quanto forte possa andare rischia di restare fuori dai podi già prima di partire, visto che ci sono 4-5 atleti che stanno vincendo tutto».
La pressione
Ma il fatto che alla Tirreno non sia andato benissimo, che al Catalunya si sia ritirato, non possono essere campanelli di allarme?
«Se non ha avuto un programma lineare c’è il rischio che al Giro possa brancolare un po’ nel buio – conclude “Martino” – ma potrebbe anche rientrare nel programma che la Trek-Segafredo ha deciso per lui. Magari lo hanno fatto per non mettergli addosso la pressione e che debba fare solo un assaggio di classifica. Consideriamo anche che ci sono delle strategie di comunicazione. Magari fa i primi dieci giorni e vede come va. Ma deve provare se i grandi Giri sono il suo obiettivo e non può aspettare che arrivi l’anno buono o perfetto, perché le stagioni passano».
Da parte nostra non possiamo che augurarci che Ciccone ritrovi presto la sua condizione. L’Italia ha bisogno di un corridore come lui che sa vincere… dando spettacolo.