Nella Vuelta corsa dopo la frattura di una vertebra, che gli ha impedito di fare il Giro d’Italia, nell’arco di tre settimane comunque soddisfacenti, ci sono stati due giorni in cui Mattia Cattaneo si è sentito nuovamente Mattia. La 6ª tappa con arrivo ad Aramon Formigal: 7° al traguardo. La 13ª tappa, cronometro individuale al Mirador de Ezaro: 6° a 46” da Roglic. Le sensazioni di tutta la corsa, unite a quei due giorni hanno dato al bergamasco la tranquillità di affrontare l’inverno con il piede giusto.
«Neppure io – dice – mi aspettavo di essere così competitivo dopo l’infortunio. Mi sono sentito un Cattaneo ad alti livelli, come non capitava da tempo in corse così importanti. E davvero mi ha dato fiducia. Quest’inverno ho lavorato tanto e bene. Già l’anno scorso, essendo nuovo in squadra, mi ero affidato ai preparatori del team e qualcosa era cambiato. Ora le cose fatte sono più o meno le stesse, ma mi sento di dire che è stato l’inverno migliore da quando sono pro’».
L’obiettivo resta aiutare Evenepoel al Giro?
Proprio quello, con la possibilità semmai di sfruttare qualche occasione personale. Remco è un fenomeno, gli basta poco per tornare in forma, ma forse se avesse aspettato un po’ prima di ripartire, adesso sarebbe con noi.
Quanto ti ha condizionato la caduta dell’Emilia?
Tanto, perché mi ha impedito di correre il Giro. Poi per fortuna nelle corse dopo il rientro sono andato bene, probabilmente perché avevo lavorato tantissimo e il lavoro non si è perso. Difficile dire come sarebbe andato il Giro della Deceuninck-Quick Step con Cattaneo in squadra. Di sicuro sarei stato importante e probabilmente avrei fatto una bella corsa.
Dei due giorni alla Vuelta, quale ti ha gratificato di più?
La crono, senza dubbio. E’ una specialità in cui ho sempre creduto tanto, mi piace essere competitivo anche se non tanti se lo aspettavano. E forse se sono in questa squadra, lo devo anche alla cronometro. Nel Giro del 2019, anche se con materiali diversi rispetto a quelli che utilizzo ora, arrivai 10° nella crono di San Marino e alla fine 8° in quella di Verona.
Pensi mai alla tua carriera?
Quando lo faccio mi rendo conto di essermi già mangiato abbastanza le mani. Sono molto oggettivo nelle cose, so di aver sprecato tanto tempo in passato.
E’ curioso che tranne te e Aru, pur con percorsi complicati, del bellissimo gruppo dei ragazzi del 90 non è rimasto poi molto…
Difficile dire perché. Ci sono stati 2-3 anni in cui eravamo tanti corridori che andavano anche bene e tanti c’erano anche all’estero. Prima che arrivassero i ragazzini di ora, quelli forti erano ragazzi della mia età, compreso Dumoulin che ha smesso. Sarà così breve anche la carriera di questi ragazzi?
E’ quello che si chiedono tutti, tu cosa pensi?
Molto dipenderà dalle pressioni e dalle aspettative che riporranno su di loro. Ho risposto a un’intervista su Dumoulin, giorni fa. Ho detto che comunque siamo uomini e tante volte possiamo avere dei problemi che da fuori non si vedono. Il ciclismo è estremizzato. Sai da te se puoi essere competitivo, perché i test ti dicono molto. Ci sono tante pressioni in allenamento, nel tenere il peso. Una volta potevi avere un chilo di più, ma se eri forte, vincevi lo stesso. Adesso con mezzo chilo in più, magari dei 10°. Non è facile, basta un piccolo intoppo e salti.
Crescendo si impara a gestirle?
Fino a un certo punto. A meno che non sei come Remco, che gli scivola tutto addosso. A meno che non hai deciso di fare quattro anni a tutta, battendo il ferro finché è caldo, e poi di mollare. Certo un corridore non è solo una macchina da corsa.
Quali corse hai in programma?
Comincio allo Uae Tour, poi la Parigi-Nizza e il Giro dei Paesi Baschi. A quel punto, forse il Romandia e poi il Giro d’Italia. Niente Ardenne, solo corse a tappe. Nelle corse di un giorno non sono questo granché…