Oggi facciamo un viaggio particolare nel dietro le quinte del ciclismo. Un viaggio che unisce la tecnica all’agonismo. Il nostro “Cicerone” è Gian Paolo Mondini, responsabile Specialized area racing strada, che ci fa scoprire la collaborazione tra la Deceuninck-Quick Step e il brand californiano. Un qualcosa che va ben oltre il rapporto di sponsorizzazione. E’ la collaborazione tecnica più longeva nel grande ciclismo.
Pacchetto completo
«Con loro – racconta Mondini anche lui ex pro – collaboriamo ininterrottamente dal 2012, ma con il gruppo di Patrick Lefevere già avevamo fatto tre anni a partire dal 2006. Noi forniamo tutto il pacchetto, quindi anche caschi, scarpe… Da quest’anno abbiamo per le scarpe una fornitura di squadra, mentre prima potevano scegliere i singoli atleti. Per noi è importante. Anche lì l’assistenza è totale, dalle solette al disegno. E quando alcuni corridori (anche importanti) ci chiedono le scarpe senza logo perché non possono utilizzare brand differenti nelle loro squadre, è una bella soddisfazione. E sì, che un corridore può avere sponsorizzazioni anche di 100.000 euro nell’indossare una scarpa. Se vi rinuncia per le nostre vuol dire che abbiamo fatto un bel prodotto».
«Come organizziamo il lavoro? Di solito facciamo un ritiro, che è più un meeting tecnico, a fine ottobre. Forniamo il materiale e prima svolgiamo le “visite” biomeccaniche partendo dalle selle scelte, soprattutto per chi viene da selle diverse. Finito questo incontro gli atleti hanno il materiale nuovo anno con già le posizioni definitive e il posizionamento delle tacchette. A quel punto nel secondo ritiro già iniziamo a verificare che tutto abbia funzionato bene».
Crono first
Successivamente si passa alla performance. Il lavoro verte molto sulla questione crono.
«Eseguiamo dei test metabolici dapprima su un nostro macchinario e poi verifichiamo il tutto sul campo in velodromo. Partiamo da una posizione estrema, la più aerodinamica possibile. Il test si esegue con la maschera dell’ossigeno alla soglia. Spostiamo in tempo reale la posizione di un millimetro alla volta fino a quando il consumo d’ossigeno ha un calo sensibile. Bisogna trovare il giusto compromesso tra aerodinamica e respirazione».
Quando il VO2 Max crolla, significa che quella posizione l’atleta non la tollera e che si è trovato un limite. Da questo test emergono le due-tre posizioni sulle quali lavorare.
Questo esame si fa con la bici da crono perché su quella da strada si hanno troppe variabili e inoltre gli atleti ci devono stare per molte ore e si presuppone che un pro’ abbia già una posizione consolidata. Poi chiaramente si cerca di migliorare, rivedere… ma non è un test riproducibile su bici da strada.
Oggi nel trovare la migliore posizione i tecnici di Specialized coinvolgono molto anche i fisioterapisti, specialmente per quel che concerne i nuovi arrivi o se qualcuno ha avuto infortuni, fratture… I fisio indicano dove insistere e dove no. Insomma i trascorsi del corridore contano eccome.
Le gomme di Alaphilippe
La corazzata belga è piena zeppa di campioni. Una volta puntava quasi solo alle classiche, adesso fa la voce grossa anche nelle corse a tappe. Remco Evenepoel, non ultimo Joao Almeida, e poi Julian Alaphilippe… E proprio di questi tre assi siamo curiosi.
«Sarà che collaboriamo con Alaphilippe già dal 2014 quando era nelle giovanili della Etixx. Sarà che il team gli ha dato tutto, ma Julian si fida proprio. Si lascia condurre. Gli dai il materiale e non discute mai. Non si è mai tirato indietro anche di fronte alle novità. Proprio per questo non ha un atteggiamento curioso. E’ l’opposto di Asgreen, lui chiede, prova, s’informa… Julian solo una volta è stato restio alle nostre dritte. E’ accaduto in occasione del mondiale di Imola con le gomme. Noi gli abbiamo proposto il copertoncino. Numeri alla mano, uno del suo peso avrebbe guadagnato 6 watt oltre i 40 all’ora. Tuttavia ha preferito usare le Roval 50 per tubolare. Io credo che la sua scelta non fosse stata tanto perché non si fidasse, ma perché aveva potuto provare poco quel setup. Noi glielo avevamo portato a fine giugno nel ritiro in Val di Fassa. Però il prossimo anno li userà. Lui, così come il team. Abbiamo lasciato delle “finestre” per alcune classiche, soprattutto Fiandre e Roubaix, ma faremo comunque dei test su campo tra fine gennaio e marzo.
«Li faremo con gli atleti perché per noi è importante avere dei feedback dai professionisti, soprattutto da quelli che già conoscono i materiali. E in tal senso l’appoggio della squadra è importante. Lefevere ha dato al team la giusta mentalità. E’ un crescere insieme. Tony Martin usò i copertoncini già nel 2015, a volte incappando anche in forature perché il lattice non era all’altezza… però per noi è stato importante questo passaggio. Il vero sviluppo avviene così. Pensate che solo per la Roubaix se dovessimo calcolare le ore impiegate c’è un mese di lavoro complessivo: tra gomme, bici, accessori… E se non hai un team che ti aiuta, non fai niente. Però siamo sempre nei primi cinque a fine gara».
Evenepoel verso Tokyo
«Di Remco riesci a vedere il ragazzino a cui brillano gli occhi quando consegni la bici nuova come accaduto quando gli abbiamo dato la bici con i colori del campionato europeo, e il professionista determinato, che vuol capire cosa deve avere per raggiungere i risultati.
«Per lui è molto importante il discorso della cronometro e il fatto che le Olimpiadi siano state rinviate di un anno è un bel beneficio per lui. Negli ultimi tre anni è cresciuto dai 30 ai 60 watt l’anno e sta ancora metabolizzando il lavoro fatto. Inoltre la crono di Tokyo è durissima, 40 chilometri e 1.500 metri di dislivello, quindi molto adatta a lui».
Remco è stato già inserito nel progetto Retul, specifico sulla crono. Ogni anno 4-5 atleti per i quali è importante lavorare su questa disciplina sono portati a Morgan Hill, nella sede Specialized, dove in galleria del vento si fanno dei test.
«Sella 3D? No, lui non la usa. Solo in due per ora l’hanno provata, ma il prossimo 8 dicembre abbiamo un incontro con il team proprio per presentarla». E’ importante che il prodotto passi dalla porta principale e soprattutto che i corridori siano ben consci di cosa possono usare.
Almeida e suoi margini
«Beh, il portoghese l’ho conosciuto tre anni fa quando era ancora nella squadra americana. Joao molto serio, non si lamenta mai e soprattutto non chiede nulla. Lavora a testa bassa, punto. Pensate che pur essendo stato un uomo di classifica ancora non era stato inserito nel programma Retul. E infatti lui così come Cattaneo, Bagioli, e persino Remy Cavagna (campione nazionale francese a crono, ndr) faranno parte del gruppo che verrà in California.
«Joao è davvero un ragazzo semplice. Anche al Giro non ha mai chiesto nulla, ha seguito le nostre indicazioni e stop. Anche sul vestire di rosa? Ah, per quello a inizio anno prepariamo maglie, calzini, salopette, caschi… con tutte le maglie di tutti i Giri in programma. Materiale che diamo alle squadre le quali lo gestiscono senza difficoltà. Prepariamo anche la bici, ma quella la diamo solo in caso di vittoria all’ultima tappa, come è stato per Bennet quest’anno al Tour. Gli abbiamo dato la bici verde (Sam ha vinto la maglia verde) il giorno prima».