Zambanini alla Vuelta e l’emozione della prima volta

15.09.2022
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Con la Vuelta ormai alle spalle il sole inizia a tramontare anche su questa stagione agonistica. Non prima, però, di illuminare gli ultimi impegni, tra cui mondiale e Giro di Lombardia, ultima classica monumento del calendario. In terra iberica è stato definitivamente consacrato il talento cristallino di Evenepoel. Il giovane belga ha indossato la maglia rossa alla sesta tappa e l’ha portata fino a Madrid. Tra i giovani in corsa si è messo in luce anche Edoardo Zambanini, migliore italiano in classifica generale: 36° a un’ora e mezza da Evenepoel. 

Il trentino di Riva del Garda era alla sua prima esperienza in un grande Giro. Si è messo a disposizione della squadra, portando a casa una bella prestazione ed un terzo posto alla nona tappa, che regala tanta motivazione e la voglia di tornare alla Vuelta e riprovarci. 

Edoardo Zambanini si è messo in luce dando una mano alla squadra e andando a caccia di fortuna in altre tappe
Zambanini si è messo in luce dando una mano alla squadra e andando a caccia di fortuna in altre tappe
Cosa fa un corridore quando torna dalla Vuelta?

Dopo tre settimane di corsa ininterrotta mi sono goduto la famiglia. Stare lontano da casa per così tanto tempo è strano, perché quando corri tutto scorre veloce, ma appena ti fermi realizzi che sei stato via un mese. Quindi, in questi giorni poca bici e tanto tempo con amici e parenti, mancavano. 

Qual è la cosa che ti ha colpito maggiormente?

Direi tante, ma quella che mi ha lasciato senza parole è il livello che si trova in corsa. Andavamo fortissimo tutti i giorni, praticamente sono state 21 corse di un giorno raggruppate tutte insieme.

Prima di partire che hai pensato?

Inizialmente ero abbastanza agitato, quando è arrivata la chiamata dalla squadra ero davvero nervoso. I miei diesse: Pellizotti e Florencio, mi hanno tranquillizzato dicendomi di pensare giorno dopo giorno. Così ho fatto, anche se, devo ammettere, che certi giorni pensavo «abbiamo ancora tante tappe davanti e tutte dure» poi mi ricomponevo e cercavo di non pensarci.

Zambanini Battistella 2022
Zambanini sulla ruota di Battistella, i due si sono messi in mostra alla Vuelta entrando in molte fughe
Zambanini Battistella 2022
Zambanini sulla ruota di Battistella, i due si sono messi in mostra alla Vuelta entrando in molte fughe
Quando hai scoperto che saresti andato alla Vuelta?

Pochi giorni prima dell’inizio, da un certo punto di vista è stato un bene, anche perché non ho avuto tanto tempo per tempestarmi di domande e agitarmi ancora di più (dice ridendo, ndr). Uscivo dal Giro di Polonia dove ho lavorato bene con il mio preparatore: Paolo Artuso. Abbiamo trovato un bel modo di fare e grazie a lui sono riuscito ad essere costante per tutta la stagione.

I giorni prima della partenza come li hai vissuti?

Ho realizzato di partire per la Vuelta solamente quando mi sono trovato la valigia vuota davanti. Lì, in quel preciso momento la tensione è schizzata ai massimi livelli. 

Immaginiamo allora in aereo, seduto davanti al finestrino…

Il viaggio l’ho fatto da Venezia, insieme a Franco (Pellizotti, ndr) e Roman Kreuziger, e direi per fortuna. Li ho tartassati di domande e dubbi, loro mi hanno tranquillizzato, mi hanno davvero aiutato molto. 

Qual è stata l’emozione più grande, la prima tappa o l’ultima?

Sono state due emozioni differenti: quella di Utrecht era un mix di agitazione e tensione, la partenza di un grande Giro. Prima lo avevo solamente sognato. Quella di Madrid è stata da pelle d’oca, c’era un mare di gente ad aspettarci nel circuito finale, in quel momento ho realizzato che avevo portato a termine una bellissima esperienza ed una grande corsa. 

Ti sei anche goduto la passerella finale di Nibali e Valverde.

Sì, che roba. Indescrivibile. Nel corso della tappa finale ho avuto anche modo di parlare con Vincenzo. Abbiamo avuto modo di confrontarci: sulle tappe, l’emozione di quel saluto calorosissimo… E’ un momento che ricorderò per sempre. E’ un corridore che ho sempre ammirato, ho il ricordo di me da bambino che lo guardavo vincere queste corse in televisione. Essere presente alla sua ultima è stato davvero particolare.

Con chi eri in stanza?

Con Luis Leon (Sanchez, ndr). Mi ha aiutato molto, soprattutto nella fase iniziale. Anche lui aveva capito che i primi giorni ero agitato, mi ha rassicurato dicendomi che sarebbe stata dura ma che facendo tutto per bene ce l’avrei fatta. 

Zambini in mezzo ai suoi due mentori di questa Vuelta: a sinistra Landa, a destra Luis Leon Sanchez
Zambini con al suo fianco Landa: un esempio da seguire, in corsa e fuori
Correre con Landa come capitano che sensazione ti ha lasciato?

Avevamo già corso insieme, al Tour of the Alps. Lui dietro lo schermo sembra sempre serio ma in squadra è molto gentile e simpatico. E’ un corridore che mi piace davvero molto, un esempio per tutti, soprattutto per me, anche come tipologia di atleta. E’ serio quando deve, insegna sempre qualcosa, e sa cogliere i momenti giusti per una battuta o uno scherzo.

Tappa preferita?

Mi è piaciuta molto quella di Sierra Nevada. Eravamo ben coperti in fuga con Gino Mader. Prima della salita finale ne dovevamo affrontare un’altra di 8-9 chilometri dove il gruppo si è frazionato. Sono riuscito a rimanere insieme ai primi, stare con loro mi ha dato una grande carica. Sulla salita finale sono rimasto fino a quando ho potuto con Landa, poi ho continuato con il mio passo. Avevo anche il tifo da casa, sono venuti a trovarmi i miei genitori e mia sorella, è stata una sorpresa, non ne sapevo nulla. Averli così vicini mi ha dato una carica in più. 

Durante l’ultima tappa Zambanini ha assistito alla passerella finale per Nibali e Valverde: una grande emozione
A Madrid Zambanini ha assistito da vicino alla passerella finale per Nibali e Valverde
Il giorno più difficile?

La 19ª tappa. Mi sono venuti i crampi in cima all’ultima salita, mi sono idratato poco e l’ho pagata. Ero riuscito a rimanere nel gruppo principale e in discesa ero pronto a lavorare per Landa. Ma appena passato lo striscione del Gpm ho sentito le gambe bloccate, ad un certo punto mi sono dovuto fermare a bordo strada dal dolore. E’ la tappa che mi è rimasta più indigesta, avevo praticamente terminato, mancavano solo la discesa e l’arrivo, invece i crampi mi hanno fermato. 

Insieme a Tiberi eri uno dei più giovani in gruppo. 

Era strano, soprattutto i primi giorni. Essere accanto a persone con così tanta esperienza, che sanno gestire queste corse mi ha messo un po’ in difficoltà mentalmente. Tiberi ed io siamo molto amici, negli anni abbiamo condiviso tante esperienze, anche in nazionale. Ci siamo sostenuti a vicenda, dicendoci che in futuro ci riproveremo, anzi magari ci daremo battaglia proprio noi due su queste strade (dice con voce allegra Zambanini, ndr). 

Emozione Evenepoel: l’anno perfetto, peccato per Roglic

11.09.2022
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Non si era mai visto un Remco così emozionato. L’ultima volta che in una conferenza stampa Evenepoel aveva raccontato una grande vittoria era stato nel giorno della Liegi, ma era parso rilassato e con la voglia di parlare. Con il trofeo della Doyenne davanti al volto, il piccolo belga che nel frattempo è diventato un gigante, aveva toccato con mano la realizzazione di un sogno. Questa volta è diverso. Ieri sull’Alto de Navacerrada, il belga avuta la conferma di aver vinto la Vuelta. Così prima è crollato in un bellissimo pianto liberatorio, poi ha riguardato la Vuelta alle sue spalle. Quella che segue è una raccolta delle sue frasi, come spicchi del giorno più bello.

Verso Navacerada, Evenepoel nella morsa di Mas e Arensman
Verso Navacerada, Evenepoel nella morsa di Mas e Arensman
Cosa ti è passato per la testa quando hai tagliato il traguardo?

Non so cosa mi stesse passando per la mente. Dopo tutti gli sforzi e anche dopo tutti i commenti negativi sulla mia persona dell’anno scorso, mi prendo questa rivincita. Ho risposto con i pedali. Questo è stato il primo grande Giro che ho iniziato completamente sano. Sono arrivato nelle migliori condizioni possibili. Sono molto contento di questa vittoria, la prima per il Wolfpack e la prima dopo tanto tempo per il Belgio. Questo è il giorno più bello della mia vita.

E’ stato duro arrivarci?

Ho pensato a tutti i sacrifici degli anni passati. Non è stato facile. Quella caduta al Lombardia di due anni fa, il ritorno a un buon livello. Ho ricevuto anche molte critiche. Io e la mia famiglia abbiamo avuto molti momenti difficili. Anche le ultime tre settimane non sono state facili. Dovevo stare in guardia ogni giorno. La pressione sulle mie spalle è enorme. Volevo salire sul podio e vincere una tappa. Ho vinto la classifica generale e due tappe. Non poteva andarmi meglio.

Eri nervoso stamattina?

Molto. Dall’esterno posso sembrare rilassato, ma non ho dormito molto. Sapevo che sarebbe stata una tappa dura, ma sono sopravvissuto. Ero già emozionato quando mi sono alzato. Perché sapevo di essere vicino al grande obiettivo.

Infine sul traguardo, il crollo emotivo di Evenepoel: la Vuelta è vinta
Infine sul traguardo, il crollo emotivo: la Vuelta è vinta
E’ stata tanto dura?

A parte l’arrivo a Sierra de la Pandera, questa è stata la tappa più difficile. Per il cuore, per il corpo, per la testa… Perché sei così vicino, ma devi continuare a lottare. A tre chilometri dal traguardo mi hanno detto che avrei vinto la Vuelta. Ho sentito i brividi su tutto il corpo e nelle gambe. Non mi importava più di sprintare per il secondo posto. Ho voluto solo godermi quegli ultimi 500 metri. Avevo ancora le gambe, ma non più la testa per uno sprint.

Hai avuto momenti difficili?

Solo la caduta. Due giorni dopo non ero ancora al mio livello. Senza quel problema, avrei concesso meno tempo a Mas sabato scorso.

Il ritiro di Roglic ti ha reso la vita meno dura?

Non si può dire. Le cadute fanno parte del ciclismo. Posso parlarne a ragion veduta, basti pensare al Giro di Lombardia 2020. Certo è un peccato per la Vuelta che Primoz sia scomparso dalla gara. Ma non è vero che sia stato più facile senza di lui. Mas è anche uno dei migliori scalatori del mondo. E’ già arrivato quinto al Tour e per tre volte è arrivato secondo alla Vuelta. Se non fossi caduto, non avrei avuto nemmeno una brutta giornata in questa Vuelta.

L’abbraccio con Ayuso durante l’incontro con la stampa: fra i due 3 anni di differenza
L’abbraccio con Ayuso durante l’incontro con la stampa: fra i due 3 anni di differenza
E’ davvero il giorno più importante della tua carriera?

E’ stato un grande anno, con la Liegi-Bastogne-Liegi San Sebastian e ora due tappe e la classifica finale alla Vuelta. E questo inverno mi sposo. E’ l’anno migliore che potessi immaginare. Ho solo 22 anni ed è solo il mio quinto anno in bici

Ci sarebbe ancora il mondiale…

Scusatemi con il tecnico della nazionale Vanthourenhout, ma al momento non mi interessa. Però posso promettergli che sarò pronto. Non ho pensato al mondiale per tre settimane e non lo farò stasera, né domani (oggi, ndr). Ma da lunedì mi concentrerò al 100 per cento sulla cronometro. Poi cercherò di recuperare per la corsa su strada. Non so cosa ci sarà nelle gambe per allora. E se sarà necessario aiuterò Van Aert.

Evans all’IBF: tra gravel, grandi Giri e il mondiale australiano

10.09.2022
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Nella confusione del paddock di Misano Marittima dove si sta svolgendo l’Italian Bike Festival, spunta un volto conosciuto: è quello di Cadel Evans. L’ex corridore australiano è nello stand BMC, a testare bici gravel con il sorriso di sempre. Evans ha smesso di correre nel 2015 proprio con il BMC Racing Team ed è rimasto nel panorama del brand svizzero. L’occasione di avere davanti una personaggio del suo calibro è ghiotta e ne approfittiamo.

Cadel Evans in questi giorni si sta divertendo a pedalare con la bici Kaius, soggetto di un nostro recente test
Cadel Evans in questi giorni si sta divertendo a pedalare con la bici Kaius, soggetto di un nostro recente test
Cadel, che cosa stai facendo ora?

Continuo il mio lavoro di brand ambassador, questa all’Italian Bike Festival è una delle prime esperienze che faccio dopo la chiusura dovuta al Covid. Sono contento di ritrovare tante persone che conosco da molti anni, è bello essere qui senza mascherina (dice ridendo, ndr) fare delle prime prove di bici è divertente. Pedalo con vecchie conoscenze (dietro di lui passa proprio Alessandro Ballan, altro ambassador BMC, ndr).

Ti sei votato al gravel ora?

Mi piace moltissimo, da quando ho smesso di correre faccio solo quello. Ho unito la mia passione per il fuori strada e la fisionomia delle bici da corsa.

Ci sarà anche il mondiale ad ottobre…

Sì. Un gran bell’evento, peccato non essermi preparato prima per correre e provare a vincerlo (ci dice con un sorriso malizioso, ndr).

Dal 2023 tornerà la Cadel Evans Great Ocean Road Race, gara del calendario WT (foto sito ufficiale)
Dal 2023 tornerà la Cadel Evans Great Ocean Road Race, gara del calendario WT (foto sito ufficiale)
Come ti trovi qui a Misano?

In 5 minuti sono entrato ed ho trovato 5 o 6 ex corridori professionisti. Anche mentre parcheggiavo la macchina, ho incrociato Bettini che mi ha consigliato un buon parcheggio (ride ancora, ndr). E’ incredibile perché ritrovo gente che conosco da quando correvo in mountain bike da junior, è divertente andare in queste fiere internazionali è trovare ancora le stesse persone. Ho tenuto un bel rapporto per fortuna!

Hai seguito ultimamente le gare?

Sì, seguo ancora molto. Certo, ora sono dalla parte dei tifosi, esco qualche volta con alcuni professionisti che abitano vicino a me. La mia corsa, la “Cadel Evans Great Ocean Road Race” ricomincia a gennaio del 2023 e stiamo lavorando sodo.  

Hai visto il Tour de France?

Certo, è stato molto bello, direi entusiasmante. Si è visto un po’ di tutto: sfortuna, cadute, attacchi, il crollo di Pogacar, che sembrava essere Superman ed invece si è scoperto umano. E’ stato molto bello anche per il movimento del ciclismo. Vingegaard ha corso in maniera molto intelligente, calcolando tutti gli sforzi.

La bellezza dell’ultimo Tour de France non ha lasciato indifferente l’ex corridore australiano, vincitore della Grande Boucle nel 2011
La bellezza dell’ultimo Tour non ha lasciato indifferente l’ex corridore australiano
La Jumbo Visma ha fatto un bel passo in avanti…

Negli anni scorsi ha investito molto ed ora tutto questo ha iniziato a pagare. E’ stato bello anche il momento della stretta di mano dopo la caduta di Pogacar tra lui e Jonas, una scena di ciclismo antico. 

Ed Evenepoel alla Vuelta?

Sta andando fortissimo, è impressionante. Tutti pensavano che che potesse crollare l’ultima settimana, ma per il momento resiste ancora in maniera solida (ieri, tappa 19 la corsa era ancora in mano al belga, ndr). Anche nella tappa dove è arrivato dietro Meintjes, la numero nove, è stato impressionante. Roglic era in crescita, ma non è andato come ci si aspettava, poi ha avuto l’ennesima sfortuna. Non so se va al mondiale, ma con la gamba che ha direi proprio che ci sarà (esclama con un mezzo sorriso, ndr), io lo porterei.

La resistenza di Evenepoel ha sorpreso tutti, anche Evans, il belga arriverà con morale e condizione al mondiale australiano
La resistenza di Evenepoel ha sorpreso anche Evans, il belga arriverà con morale e condizione al mondiale
I mondiali saranno in Australia, a casa tua, bello, no?

Soprattutto per il ciclismo in Australia, visto che per due anni non abbiamo avuto corse internazionali a causa del Covid. Spero che per il ciclismo australiano possa essere un bel modo per ricominciare con continuità e che i corridori possano tornare nel mio Paese. 

Andrai a vederlo?

Sì, sì. Partirò giovedì prossimo e sarò lì la settimana prima della corsa, come testimonial del mondiale. Penso che avrò un ruolo di riferimento per la stampa, vado con gran piacere a vederlo. 

Hindley, australiano anche lui, ha vinto il Giro quest’anno…

Sembrava potesse vincerlo nel 2020, ma poi ha perso il primo posto a favore di Geoghegan Hart. Nel 2021 ha avuto un anno di sfortuna e difficoltà, ma ha sempre lavorato per migliorare e quest’anno ha preso la sua rivincita

Anche la Bora è cresciuta tanto.

Hanno lavorato tanto ed investito altrettanto, adesso hanno cambiato modo di correre, passando da una squadra veloce ad una da salita. Si pensava che potesse ripartire, con convinzione, il movimento australiano, ma poi al Tour Haig e O’Connor hanno avuto qualche difficoltà.

Hai visto il percorso del mondiale?

Sulla carta, ma vorrei fare una ricognizione, è un anno che non vado a pedalare nella zona di Wollongong. Vederlo su una mappa è diverso, le strade in Australia sono larghe, quindi potrebbe uscire una corsa meno nervosa del previsto. Da quel che si legge molte nazionali stanno facendo una squadra vicina agli scalatori. 

Il profilo del mondiale di Wollongong risulta impegnativo, ma la larghezza delle strade potrebbe aiutare a rendere la corsa meno nervosa
La larghezza delle strade potrebbe aiutare a rendere meno nervoso il mondiale di Wollongong
Poi ci sarà Van Aert

Lui è una bel punto di domanda, nel senso della forma. Se sta bene, vince in salita, sugli Champs Elysees, insomma, sembra invincibile. 

Come saranno il pubblico e il clima di questo mondiale?

La voglia degli australiani di vedere questo mondiale è alta. Non abbiamo la tradizione ciclistica europea, ma siamo in grande attesa. Ora da noi si esce dall’inverno, penso che ci sarà un clima abbastanza mite, vedremo, manca sempre meno!

Il falso dubbio di Sierra Nevada: l’altura si gestisce così

10.09.2022
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C’era lo spauracchio di Sierra Nevada, con quei 2.500 metri a turbare teoricamente il sonno di Remco Evenepoel (in apertura nel giorno della gara, con Roglic ancora in corsa). In realtà c’erano anche le parole parzialmente tranquillizzanti del suo allenatore Koen Pelgrim, ma per tenere alta l’attenzione era parso interessante giocare sul dubbio. Come se la montagna e la sua altura potessero portare con sé quel tocco di mistero che rende certe tappe più pericolose di altre.

In realtà la strada ha detto altro. E se da una parte Lopez e Mas si sono avvantaggiati, Evenepoel e Roglic sono saliti più o meno allo stesso passo. Soltanto nel finale il leader della Jumbo Visma ha preso il largo, ma con un guadagno di pochi secondi e ammettendo a sua volta di non aver avuto gambe. Insomma, Evenepoel era giustamente cauto, ma in fondo sapeva che non ci avrebbe lasciato le penne.

Claudio Cucinotta, qui con Battistella, ha compiuto 40 anni a gennaio (foto Astana Qazaqstan Team)
Claudio Cucinotta, qui con Battistella, ha compiuto 40 anni a gennaio (foto Astana Qazaqstan Team)

Conta l’adattamento

Affrontiamo il tema con Claudio Cucinotta, uno degli allenatori della Astana Qazaqstan Team, per capire quanto ci sia di imprevisto in situazioni del genere e quanto in realtà si possano gestire, anche al cospetto di atleti di maggior esperienza e più attitudine a un certo tipo di sforzo.

«In casi del genere – spiega Cucinotta – conta di più quello che hai fatto nelle settimane e nei mesi precedenti rispetto a quello che hai fatto negli anni precedenti. Quindi anche se uno è abituato a correre in altura però nella stagione in corso non ha fatto periodi in quota, non è automaticamente avvantaggiato. Come i colombiani che dopo un po’ perdono l’adattamento. Quindi quello che diceva l’allenatore di Remco è assolutamente vero. Se lui ha lavorato tanto sullo Stelvio e comunque su salite con quote elevate, dal punto di vista fisiologico era adattato per affrontare un arrivo a quote così elevate».

A Sierra Nevada, Evenepoel è arrivato stremato, ma avendo limitato i danni alla grande
A Sierra Nevada, Evenepoel è arrivato stremato, ma avendo limitato i danni alla grande
Quindi attraverso l’analisi dei parametri fisiologici si riesce a capire l’eventuale perdita dovuta all’altura e lavorare per colmarla?

Sì, si riesce a capire percentualmente il calo di rendimento a quote elevate. C’è chi cala di più e chi meno, questo è soggettivo. E facendo un lavoro massiccio, si tratta di variazioni che si riescono ad assorbire e gestire, nel senso che si lavora per ridurre il calo dovuto all’altura. Quindi se ipoteticamente l’atleta mai stato in quota fa una salita di 2.500 metri ed ha un calo, dico a caso, del 10 per cento, allenandosi può arrivare averlo magari del 6 per centro.

Loro hanno sottolineato di aver lavorato sullo Stelvio a ritmo gara.

Sicuramente aiuta a migliorare, ma bisogna dire che l’altura va fatta e valutata in maniera abbastanza attenta. Se io vado in altura ad allenarmi per una gara che si svolgerà a livello del mare, allora dal mio punto di vista lavorare ad alta intensità in quota non ha sempre troppo senso. Viceversa se si lavora per la Vuelta, dove di solito ci sono sempre arrivi in quota, allora ha senso ed è anzi consigliabile lavorare anche ad alta intensità in alta quota. Perché poi è quello che andrò a fare in gara.

Non c’è nulla di casuale nella Vuelta di Evenepoel, dalla preparazione ai minuti dopo gara (foto Quick Step)
Non c’è nulla di casuale nella Vuelta di Evenepoel, dalla preparazione ai minuti dopo gara (foto Quick Step)
Due schemi diversi, insomma.

La prassi è che per preparare una corsa a livello del mare o comunque a quote non elevate, si dorme in alto e ci si allena in basso. Questo rende possibili gli effetti benefici dell’altura sullo stimolo della produzione di globuli rossi. Allenarsi a bassa quota invece non ha le limitazioni della quota, che mi mi impone di ridurre l’intensità. Se però, come dicevamo, devo preparare un evento in alta quota devo anche abituarmi a lavorare in altura ad intensità di gara. Immagino sia quello che hanno fatto.

Quanto deve essere vicino alla gara questo tipo di lavoro?

E’ un adattamento che si perde col tempo. Se ho la Vuelta a fine agosto, devo fare dei richiami. Faccio questi lavori a luglio, non basta averli fatti a febbraio. A volte basta un blocco massiccio d’altura anche a un mesetto dalla gara.

L’avvicinamento alla Vuelta è passato anche per un soggiorno all’Hotel Syncrosfera di Denia, con camere ipobariche
L’avvicinamento alla Vuelta è passato anche per un soggiorno al Syncrosfera di Denia, con camere ipobariche
Dormire in quota fino alla vigilia della gara aiuta a non perdere l’adattamento?

Aiuta a prolungare l’effetto della quota. Normalmente si tende a scendere una settimana prima dell’evento. Ma se per esempio la gara avesse l’arrivo in quota già in partenza allora varrebbe la pena scendere dall’altura a ridosso della partenza.

Grandi Giri: è ancora possibile puntare alla doppietta?

08.09.2022
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La Vuelta, in questi giorni giocherà le battute finali, nel segno della maglia rossa di Remco Evenepoel. Avevamo già analizzato come il ciclismo moderno si stesse “specializzando” arrivando a fare sempre meno giorni di corsa, ma con l’obiettivo di essere sempre performanti. Questo dato risulta ancor di più dalla corsa a tappe spagnola, alla quale hanno preso il via i primi tre della classifica finale dell’ultimo Giro d’Italia: Hindley, Carapaz e Landa. I quali non sono riusciti ad essere mai performanti per entrare nella classifica generale della Vuelta. Il più attivo è risultato Carapaz, con due successi di tappa, al netto dei 18 minuti di ritardo che paga al momento dal leader Evenepoel. 

Per Carapaz dopo il secondo posto al Giro due tappe alla Vuelta, ma una classifica compromessa già alla fine della prima settimana
Carapaz Pandera
Per Carapaz dopo il secondo posto al Giro, due tappe alla Vuelta, ma classifica subito compromessa

Cambio di rotta

Paolo Slongo, preparatore e diesse di grande esperienza ha vissuto tante epoche. E’ stato lui che ha guidato Nibali quando, nel 2013, il siciliano ha colto la sua prima vittoria al Giro e, pochi mesi dopo, il secondo posto alla Vuelta (foto di apertura con Nibali in maglia rossa, che passò a Horner a tre giorni dalla fine, ndr). 

«Penso che programmando bene – inizia a parlare Slongo – avendo in testa di correre Giro e Vuelta sia più fattibile fare classifica. Ci sono tempi più larghi, si riesce ad avere un maggiore stacco e di conseguenza un periodo di preparazione più ampio. Sono dell’idea che accoppiare Giro e Tour o Tour e Vuelta sia troppo difficile per il ciclismo moderno, dove devi essere sempre al 100 per cento.

«E’ troppo difficile anche mentalmente cercare di prolungare un periodo di forma per così tanto tempo, anche perché nelle poche settimane che passano tra queste corse si avrebbe solamente il tempo di mantenere la condizione. Diverso è se, per un motivo o per un altro, non riesci a performare in un Grande Giro e di conseguenza punti a quello successivo. Com’è stato il caso di Mas quest’anno al Tour, ora lo vedete forte alla Vuelta».

Mas, ritirato dal Tour causa Covid, ha preparato la Vuelta prolungando la preparazione e ricalibrando gli obiettivi stagionali
Mas, ritirato dal Tour causa Covid, ha preparato la Vuelta ricalibrando gli obiettivi stagionali

Una grande diversificazione

I metodi di lavoro e di preparazione sono cambiati molto, concentrando gran parte del lavoro negli allenamenti specifici, non più nelle gare. La corsa diventa il palcoscenico dove mostrare la propria forza, non un laboratorio nel quale provare e fare esperimenti. 

«Questo dipende da tante cose – continua Slongo – soprattutto da quel che vuole la squadra e dai suoi obiettivi. Una cosa però è certa: fino a pochi anni fa i leader correvano facendo degli avvicinamenti simili, disputavano le stesse corse, ora nemmeno questo. Si va troppo ad esasperare lo specifico appuntamento e li trovi corridori sempre pronti negli appuntamenti che contano. Evenepoel, per esempio, ha concentrato gran parte della sua stagione, se non tutta, sulla Vuelta. E’ ovvio che arrivi con maggiore motivazione e preparazione rispetto a chi ha già corso il Giro d’Italia o il Tour de France. Ha più fame di successo, gli altri invece sono appagati da quanto mostrato negli appuntamenti precedenti».

Tempi e mentalità diversi

Dal periodo post pandemia, quindi stagione 2020 compresa, è diventato ancora più difficile proporsi ad alti livelli in due Grandi Giri. In precedenza, nel 2017 Froome vinse il Tour e poi la Vuelta, infilando a seguire anche il Giro del 2018. L’ultimo ad andarci vicino è stato Roglic nel 2019 e nel 2020 quando fece terzo al Giro e poi vinse la Vuelta, quindi secondo al Tour e primo alla Vuelta.

«Vi faccio un esempio – racconta Slongo nuovamente – di quel che è cambiato negli anni. Vincenzo alla Tirreno-Adriatico non arrivava mai al massimo della condizione, ma era sempre competitivo. Negli ultimi anni fai fatica ad entrare nei primi dieci se non sei al massimo. In Australia, al Tour Down Under, vedi certi valori in salita che ritrovi poi al Tour de France. Se punti ad una corsa, ormai arrivi super preparato, anche se è ad inizio stagione. Prima, invece, individuavi un periodo e riuscivi a correre mantenendo una buona condizione per più tempo. Il cambiamento principale è arrivato negli ultimi 7-8 anni, quando la Sky con Froome sdoganò questo metodo di lavoro sempre più specifico. Nibali, quando ha vinto il Tour, ha dovuto trascurare tutte le gare di inizio stagione. 

I primi a cambiare metodo di lavoro sono stati la Sky e Froome, lavorando specificamente tutti gli anni per dominare al Tour
I primi a cambiare metodo di lavoro sono stati la Sky e Froome, lavorando specificamente tutti gli anni per dominare al Tour

La visione del preparatore

Come ultimo passo bisogna capire se questi nuovi metodi di approccio alle gare abbiano cambiato il lavoro del preparatore

«A mio modo di vedere – dice Slongo – non è cambiato il modo di lavorare. Alla fine devo seguire il metodo migliore per gli obiettivi del team a seconda delle richieste e dei progetti. Ho i miei sistemi e devo solo capire quando e come applicarli. Quel che cambia sono lo spettacolo ed il rapporto del pubblico con il ciclismo. C’è chi è felice perché ogni volta che guardi una corsa di un corridore top lo vedi sempre al massimo della condizione e delle prestazioni. Al contrario, alcuni preferirebbero vedere i corridori impegnati in più corse ed affrontarsi in uno scenario più ampio».

Due anni di cadute, la triste storia di Roglic

07.09.2022
5 min
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Roglic cade un po’ troppo, ma questo non vuol dire che non sia ogni volta una pena. Nei giorni del Tour, subito dopo la sua caduta provocata veramente da sfortuna, più di un corridore faceva notare che lo sloveno tenti spesso di infilarsi dove non si passa. Forse per aver iniziato a correre tardi, forse per la grande disinvoltura che a volte lo tradisce.

Dopo l’arrivo nella tappa di ieri, lo sloveno seduto a terra e sotto shock. Difficile pensare che potesse ripartire
Dopo l’arrivo nella tappa di ieri, lo sloveno seduto a terra e sotto shock. Difficile pensare che potesse ripartire

Caduta inspiegabile

La caduta di ieri che l’ha costretto a lasciare la Vuelta ha ancora del clamoroso: qualcosa di insensato per la dinamica e dopo il capolavoro di tattica e potenza di quell’allungo ai 3 chilometri dall’arrivo. Aveva fatto tutto alla grande, perché cercare Wright e non farsi portare all’arrivo?

«Subito dopo il traguardo – ha raccontato al belga Het Nieuwsblad il diesse Engels – riuscivamo a malapena a parlargli, era così deluso. Questo è un altro duro colpo per lui. Speravamo di lottare per la maglia di leader per un’altra settimana e sentivamo che era ancora lì. Ieri abbiamo fatto molto bene, era semplicemente inimmaginabile riuscire a guadagnare del tempo, poi quella caduta con enormi conseguenze…

«Non ho visto più di voi. Non c’è stato movimento brusco o qualcosa del genere. Sembra solo che sia un incidente molto sfortunato di cui nessuno è responsabile. Ma ovviamente ha enormi conseguenze. Si apre un’ultima settimana che è stata sottovalutata ed eravamo convinti di lottare fino a Madrid».

Parigi-Nizza 2021, ultima tappa. Roglic arriva ferito e con una spalla slogata
Parigi-Nizza 2021, ultima tappa. Roglic arriva ferito e con una spalla slogata

Parigi-Nizza 2021

Ma quel è lo storico delle cadute di Roglic? I momenti chiave sono sostanzialmente tre, senza i quali lo sloveno avrebbe potuto lottare per due Tour e avrebbe certamente in tasca un’altra Parigi-Nizza. E proprio dalla Costa Azzurra si comincia. Neanche tanto lontano, lo scorso anno.

Primoz ha vinto tre tappe, due addirittura consecutive. E’ la Parigi-Nizza dello sgarbo a Gino Mader, dopo il quale Roglic inizia la tappa conclusiva da leader, con 52 secondi di vantaggio su Maximilian Schachmann. La vittoria non può sfuggirgli.

A 70 chilometri dal traguardo invece cade per la prima volta. Si rialza e rientra rapidamente in gruppo, anche se con i pantaloni strappati. A 25 chilometri dalla fine è di nuovo a terra, proprio mentre gli uomini della Bora-Hansgrohe accelerano per Schachmann. E questa volta Roglic è isolato e perde sempre più terreno. Dicono che abbiano voluto fargli pagare la tappa del giorno prima, ma lascia sulla strada più di tre minuti ed esce addirittura dai primi dieci.

Tour 2021, caduta nella tappa di Pontivy: si ritirerà pochi giorni dopo
Tour 2021, caduta nella tappa di Pontivy: si ritirerà pochi giorni dopo

Tour 2021, un brutto colpo

La terza tappa del Tour 2021 arriva a Pontivy ed è disegnata per i velocisti. I primi chilometri sono nervosi, il percorso è frastagliato e i vari ostacoli provocano cadute.

Roglic è uno dei primi a rimanere invischiato nelle cadute. Finisce nella ghiaia della banchina e cade. Perde subito 1’21”. Tuttavia, riparte, rientra e rimane combattivo. E’ pieno di abrasioni e cerotti, ma va avanti lo stesso.

Tuttavia, dopo aver perso più di 35 minuti nella tappa de Le Grand Bornand, preferisce non ripartire l’indomani. Si sono corse appena 8 tappe. Tornerà per la Vuelta, vincendola. E vincendo in precedenza l’oro olimpico della crono.

La caduta del Tour 2022 è stata dovuta certamente alla sfortuna, ma perché sempre a lui?
La caduta del Tour 2022 è stata dovuta certamente alla sfortuna, ma perché sempre a lui?

Tour 2022: resa sofferta

La quinta tappa, quella sul pavé verso Wallers-Arenberg, è una brutta giornata per la Jumbo-Visma al Tour 2022. E’ il giorno del goffo intervento per assistere Vingegaard che ha forato. Il danese prende prima la bici di Nathan Van Hooydonck, che però è troppo grande. E quando poi l’ammiraglia gli consegna la sua, grazie a Van Aert il gap da Pogacar viene ridotto.

A Roglic però va peggio. Cade con Caleb Ewan a 30 chilometri dal traguardo. Una balla di fieno viene agganciata da una moto che la fa volare in mezzo alla strada: nessuno interviene e lo sloveno la prende in pieno. Taglia il traguardo pieno di graffi e con una spalla lussata. Perde più di due minuti su Pogacar, ma rimane al Tour. E’ decisivo nel giorno del Granon al fianco di Vingegaard, ma si ferma dopo la 14ª tappa per non compromettere la salute e la Vuelta.

La caduta di ieri nella tappa di Tomares: l’ultima ma in qualche modo la più dura
La caduta di ieri nella tappa di Tomares: l’ultima ma in qualche modo la più dura

Vuelta 2022: l’ultima beffa

E proprio alla Vuelta, giusto ieri, cade poco prima del traguardo dopo aver staccato Evenepoel. E’ volato in Spagna recuperando a tempo di record, la condizione è in arrivo e le speranze di vittoria ci sono ancora tutte.

Aveva già guadagnato terreno nelle due tappe di montagna prima del giorno di riposo e la fiducia in una quarta vittoria assoluta consecutiva non era svanita. Invece di colpo si ferma tutto. Il colpo è violento, sia per il corpo che per la mente. Si dice che Roglic sia inscalfibile. Si è rialzato dalla batosta del Tour 2020, ma quanto a lungo si può tirare la stessa corda senza che si spezzi?

Il Covid di Ayuso e quell’analisi velocissima prima del via

07.09.2022
4 min
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Prima Majka al Tour, ora Ayuso alla Vuelta. Due casi di positività al Covid per le quali l’atleta è rimasto in corsa, grazie alla bassa carica virale. Sicuramente un passo avanti rispetto all’intransigenza dei primi tempi, quando per il virus di uno si mandava a casa la squadra. La conseguenza, probabilmente, di una migliore conoscenza del problema e di strumenti che hanno permesso di arrivarci. Del resto i medici, i manager e tutti quelli che a vario titolo hanno voce in capitolo nel grande circo del ciclismo hanno iniziato da tempo a dire che con il Covid bisogna rapportarsi come con l’influenza.

Bennett e Majka: il primo ha dovuto ritrarsi dal Tour per Covid, il secondo ha corso ugualmente: differenze di carica virale
Bennett e Majka: il primo ha lasciato il Tour per Covid, il secondo ha corso ugualmente: differenze di carica virale

Il quinto tampone

Ayuso ha iniziato ad avere qualche avvisaglia dopo la cronometro di Alicante, affermando di aver avuto sintomi compatibili con il Covid la notte prima. I tamponi sono scattati in automatico: ne ha fatti tre e tutti negativi. Il mattino successivo altro controllo prima del via da ElPozo Alimentación: ancora negativo. Il giorno dopo è arrivato infine il test positivo: al quinto tampone, come raccontato allo spagnolo AS da Adriano Rotunno, medico del UAE Team Emirates, che avevamo contattato ai tempi della Parigi-Nizza per la commozione cerebrale di Trentin.

«Secondo i nostri protocolli interni – ha spiegato – Juan Ayuso si è sottoposto di mattina al test del coronavirus ed è risultato positivo. E’ asintomatico e dopo aver analizzato il suo test PCR abbiamo scoperto che ha un basso rischio di infezione, simile ai casi che abbiamo visto quest’anno al Tour. Abbiamo deciso di continuare la gara dopo aver consultato i rappresentanti medici della Vuelta e dell’UCI. Continueremo a monitorare il quadro clinico di Juan e seguire da vicino la sua situazione».

Ayuso ha raccontato di aver avuto i primi segni di malessere alla vigilia della crono di Alicante
Ayuso ha avuto i primi segni di malessere alla vigilia della crono di Alicante

La macchina PCR

Il dettaglio non è sfuggito. In passato, sottoposto a un tampone molecolare, il corridore sarebbe stato comunque fermato, in attesa che di conoscere la carica virale del suo campione. Sarebbe servito del tempo e difficilmente Ayuso, testato di mattina, sarebbe partito per la tappa di lì a un paio d’ore. L’accelerazione, esemplare per quanto riguarda la gestione delle risorse, è dipesa dalla scelta della squadra di Gianetti di dotarsi di uno strumento preposto all’uso.

«La situazione è complicata – ha confermato il team manager Matxin, riferimento per Ayuso – per cui testiamo tutti ogni due giorni, in aggiunta ai test effettuati dall’organizzazione. Abbiamo una macchina PCR dove possiamo controllare tutto, per avere sotto occhi prima di tutto la salute del corridore, quella del gruppo e poi il rispetto del regolamento di corsa. Nel caso di Ayuso, la luce era verde. Significava bassa carica virale».

Le prove successive di Ayuso hanno dimostrato che le sue capacità atletiche sono rimaste invariate
Le prove successive di Ayuso hanno dimostrato che le sue capacità atletiche sono rimaste invariate

Doppio verde

Assodato questo, il medico del team ha parlato con Xavier Vidart dell’UCI, gli ha spiegato i numeri e gli ha inviato tutti i dati. Una volta ottenuto il via libera, lo stesso Matxin si è messo in contatto con Javier Guillen, organizzatore della Vuelta, che ha dato a sua volta il benestare.

«Quando abbiamo avuto numeri rossi come nei casi di Laengen, Bennett, Trentin o Almeida al Giro – ha spiegato ancora Matxin – che mostravano rischio di contagio, non c’è stato da discutere. Avevamo già predisposto che Juan tornasse a casa, ma una volta scoperto che non sarebbe stato contagioso, abbiamo deciso di farlo continuare».

Ayuso ripartirà stamattina per una delle tappe più importanti della Vuelta al quarto posto della classifica generale, a 4’49” da Evenepoel. Le sue prestazioni in apparenza non hanno risentito del virus: per essere alla prima partecipazione in un grande Giro, il giovane spagnolo se la sta cavando davvero bene.

Roglic dal capolavoro all’inferno. Il racconto di Remco

06.09.2022
4 min
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Un gran casino, altro non si può dire della tappa della Vuelta. Doveva essere affare per velocisti, ma Roglic ha lanciato la bomba attaccando secco sull’unico strappo. Il tempo di rendersene conto e anche Evenepoel ha realizzato di avere una ruota bucata, senza che si vedesse arrivare l’ammiraglia. E mentre il belga dietro aspettava flemmatico la bici di scorta, davanti lo sloveno faceva il diavolo a quattro.

Pedersen vince la tappa, sullo sfondo si intravede Roglic che si rialza
Pedersen vince la tappa, sullo sfondo si intravede Roglic che si rialza

Caduta in volata

Non restava che la volata per dare una dimensione al vantaggio, quando Roglic si è toccato con Wright ed è caduto rovinosamente a terra. Escoriazioni, sangue e lo sguardo stordito.

Primoz è rimasto sull’asfalto per un tempo eterno. Poi si è rialzato, mentre accanto sfilavano quelli che aveva staccato. Ha raggiunto faticosamente il traguardo cercando di spingere l’undici. Poi si è seduto nuovamente per terra. Ha bevuto. E ha dato a lungo la sensazione di essere sotto shock.

Roglic ha appena attaccato, quando Evenepoel si accorge di aver bucato: l’ammiraglia non arriva
Roglic ha appena attaccato, quando Evenepoel si accorge di aver bucato: l’ammiraglia non arriva

Giuria al lavoro

La giuria ha impiegato un tempo altrettanto eterno per riscrivere la classifica. Essendo caduto negli ultimi 3 chilometri, Roglic è stato accreditato del tempo del gruppo in cui si trovava: quello dei primi. Per lo stesso motivo, Evenepoel è stato cronometrato con i primi inseguitori.

Per cui Roglic ha guadagnato 8 secondi sul leader, ma c’è da scommettere che avrebbe preferito mantenere il distacco di prima, senza farsi male. Le prime analisi escludono fratture, ma colpi del genere lasciano segni profondi. E domani si arriva in salita.

«Avevo un po’ paura degli ultimi cinque chilometri – racconta Evenepoel – abbiamo fatto la ricognizione nel giorno di riposo e sapevo che le strade erano davvero scivolose. La corsa negli ultimi tre chilometri è stata molto frenetica. Nella discesa siamo arrivati anche a 90 all’ora. Non è stato divertente. Ho perso alcune posizioni, poi ho scoperto che la mia gomma posteriore era a terra. Non stavo davvero guardando i chilometri, quindi non sapevo dove fossi rispetto al traguardo. In ogni caso sono contento che esista la regola dei 3 chilometri, altrimenti oggi avrei perso molto tempo».

Dopo l’arrivo, lo sloveno si siede nuovamente a terra e sembra sotto shock. Lo puliscono dal sangue
Dopo l’arrivo, lo sloveno si siede nuovamente a terra e sembra sotto shock. Lo puliscono dal sangue

Un capannello giallo

Di Roglic ovviamente non ci sono dichiarazioni e anche l’ufficio stampa della squadra non ha ancora fornito aggiornamenti. Sta di fatto che quando Evenepoel ha tagliato il traguardo, si è accorto del capannello di corridori Jumbo Visma davanti a una transenna e si è accostato per guardare. Capendo subito la portata del problema.

«Ho visto che Primoz è caduto – dice – spero che stia bene e che possa continuare la gara. Dopo il traguardo l’ho visto seduto per terra. Gli ho chiesto se stava bene, ma sembrava un po’ sotto shock per l’incidente e non ha risposto subito.

«Mi aspettavo il suo attacco. Tutti sanno che è molto esplosivo. Il finale era fatto per lui, anche più che per Pedersen. Nel momento in cui ho sentito che stava attaccando, ero piuttosto stressato. Solo il mio direttore sportivo Klaas mi ha confermato che avrebbero applicato quella regola. E allora mi sono calmato un po‘».

Dopo l’arrivo Evenepoel si avvicina e chiede come stia il rivale: gesto di grande sportività
Dopo l’arrivo Evenepoel si avvicina e chiede come stia il rivale: gesto di grande sportività

La notte dei dubbi

Ora le attenzioni si spostano sulla tappa di domani. Un Roglic così pimpante sarebbe stato una mina vagante, il rischio ora è che come al Tour tutto sia finito qui.

«Spero che possa partire – dice Evenepoel – anche se a prima vista non sembrava messo molto bene. Non è divertente per lui. Soprattutto con le salite in arrivo. La caduta è stata simile alla mia la scorsa settimana in discesa. Improvvisamente ti ritrovi per terra. Chissà, forse anche lui ha perso la concentrazione per un momento e il momento dopo sei messo così male…».

Poi, dopo aver confermato di essere di nuovo vicino a una buona condizione, il leader della Vuelta si è dedicato alle formalità del protocollo che ogni giorno gli portano via tempo prezioso. Sapremo nel corso della notte se ci saranno novità per lo sfortunato Roglic e se domattina sarà al via o sarà nuovamente costretto ad alzare bandiera bianca…

Vuelta, si riparte con tanta salita e tre punti di domanda

06.09.2022
5 min
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Jerez de la Frontera e il suo profumo d’arance sono alle spalle, da qui alla fine non ci sarà più tempo per recuperare. La Vuelta mette in tavola per oggi una tappa piatta con il finale per uomini da classiche, poi quattro giorni di montagna: tre con arrivo in salita. La classifica è corta. Alle spalle di Evenepoel, Roglic ha 1’34” di ritardo e subito dietro c’è Mas a 2’01”. Distacchi che sarebbero rassicuranti, a dire il vero, ma il fatto che per Evenepoel si tratti della prima volta nella terza settimana rende tutto meno scontato.

Roglic non ha approfittato di Sierra Nevada, ma resta il fatto che nelle ultime due tappe di montagna ha recuperato più di un minuto.

All’arrivo di Sierra de la Pandera di sabato, Roglic ha attaccato bene, guadagnando 52″ su Evenepoel
All’arrivo di Sierra de la Pandera di sabato, Roglic ha attaccato bene, guadagnando 52″ su Evenepoel

Evenepoel si salva 

Dopo il tappone di Sierra Nevada, i suoi avversari potrebbero essersi preoccupati nel sentire Evenepoel quasi soddisfatto per il bilancio di un fine settimana che poteva essere ben più pesante. Aver perso il giorno prima 52 secondi su Roglic a Sierra de la Pandera lo aveva preoccupato, mentre i 15 secondi di Sierra Nevada hanno detto due cose: che lo sloveno è stanco, oppure che il leader ha recuperato.

Del resto la caduta di giovedì nella tappa di Peñas Blancas ha lasciato inevitabilmente qualche strascico, come è emerso dalle parole del giovane belga, 22 anni.

«Ogni tappa ha la sua storia – ha detto domenica dopo il 10° posto di Sierra Nevada – ho ancora dolore alla coscia, ma sta migliorando. Il giorno di riposo arriva al momento giusto. Sabato è stata una giornata di merda. Oggi ho risposto bene all’attacco di Roglic. Sono sopravvissuto alle due grandi tappe della Vuelta ed è quello che conta. Il minuto che ho perso in due giorni su Roglic non mi preoccupa più di tanto. Avevo fatto il necessario per prendere un buon vantaggio. E’ stata la prima volta che correvo una tappa con l’arrivo così in alto. La terza settimana è meno dura e ho buone speranze di mantenere la maglia rossa fino alla fine».

La caduta di giovedì ha sicuramente avuto conseguenze sulla pedalata di Evenepoel
La caduta di giovedì ha sicuramente avuto conseguenze sulla pedalata di Evenepoel

Il bollettino di ieri dice che l’anca destra è a posto, i muscoli irrigiditi dalla caduta sono stati sciolti, le calorie sono state integrate e nel clan della Quick Step si respira una discreta fiducia.

«Non è ancora finita – ha detto ieri Remco – spero che stiano tutti calmi. Domenica avevo paura di scoppiare. Non è successo. Questa è una buona notizia».

Roglic rilancia

Roglic non è ancora il Roglic vincitore di tre Vuelta, oppure c’è da pensare che nelle occasioni precedenti non avesse mai incontrato un corridore del livello di Remco: impossibile saperlo e tantomeno dimostrarlo. Di sicuro lo sloveno è in crescita rispetto alle prime tappe e l’attacco di sabato ha fatto pensare che potesse riaprire la Vuelta. La sua ammissione di domenica sul fatto di aver finito le gambe è parsa invece una nota fuori dal coro.

Quando i suoi compagni di squadra sono entrati in azione, sia pure in modo goffo, tutti hanno pensato che fosse arrivato il momento della verità, anche se l’esito finale non è stato probabilmente quello che Roglic si aspettava. Quei 15 secondi hanno portato morale o sono stati una magra consolazione?

L’attacco di Roglic nel finale di Sierra Nevada non ha scalfito troppo le sicurezze del leader
L’attacco di Roglic nel finale di Sierra Nevada non ha scalfito troppo le sicurezze del leader

«Il piano c’era – ha raccontato Roglic dopo l’arrivo – volevamo fare la gara dura molto rapidamente e nella parte più difficile della salita. L’importante era guadagnare ancora tempo. Purtroppo non avevo le gambe migliori e non potevo attaccare prima. Alla fine ce l’ho fatta, ma ormai il traguardo era vicino. Il giorno di riposo è arrivato al momento giusto. La squadra è pronta per l’ultima settimana. Ho fatto un altro passo verso il mio obiettivo più grande, che è sempre quello di essere a Madrid con la maglia rossa sulle spalle».

Mas vuole di più

E poi c’è Mas, corridore da scoprire. Forse neppure lui sa cosa aspettarsi. I giorni si susseguono e non sono mai uguali. A Sierra de la Pandera ha perso terreno, mentre a Sierra Nevada è andato via con Lopez e alla fine l’ha pure staccato, senza però dargli un grande contributo. Di certo in quella scalata sghemba si sono pagati vecchi conti, come quelli che portarono all’inspiegato ritiro di Lopez dalla Vuelta 2021, quando ancora vestiva la maglia della Movistar e gli fu ordinato di fermarsi proprio in favore di Mas. In proporzione però la sua operazione è stata più redditizia dello scatto di Roglic, avendo guadagnato Mas 36 secondi su Evenepoel e 21 su Roglic. 

«Sono contento delle mie sensazioni – ha detto – sabato ho gestito male i miei sforzi e ho perso tempo. A Sierra Nevada sapevo che ci sarebbero state delle differenze. Io sono qui per il podio o anche meglio, Lopez per vincere una tappa. Ho riguadagnato tempo nella classifica generale e questo mi permette di restare in gioco. Ho sempre detto che avrei visto di giorno in giorno. C’è ancora una settimana e ci sono tappe dove è possibile fare le differenze. Ho fiducia in me stesso e questa tappa lo conferma. Ecco perché posso sempre sognare di essere in rosso a Madrid».