Slongo e il rientro del campione dopo un infortunio

22.08.2022
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Egan Bernal è rientrato in corsa 345 giorni dopo la sua ultima gara. Un lasso di tempo davvero importante, di fatto è una stagione. Non è facile gestire uno stacco così, specialmente dopo un infortunio e ancora di più quando di mezzo c’è un super campione. Tutto diventa più delicato: più accortezze, più attenzioni mediatiche, più interesse da parte di team, sponsor, tifosi…

Premesso che il colombiano in Danimarca si è ritirato per una caduta (foto di apertura), ma per precauzione, da Paolo Slongo diesse e in questo caso ancora di più, preparatore di lungo corso, ci facciamo spiegare come si gestisca questa fase. Lui ci è passato più volte con Vincenzo Nibali, in particolare dopo la caduta nella quale riportò la frattura di una vertebra al Tour de France sulle rampe dell’Alpe d’Huez.

Slongo Nibali Dorelan
Slongo ha lavorato per anni con Nibali. Anche nel 2018, quando lo Squalo si ruppe la vertebra al Tour
Slongo Nibali Dorelan
Slongo ha lavorato per anni con Nibali. Anche nel 2018, quando lo Squalo si ruppe la vertebra al Tour
Paolo, appunto, come evolve una situazione simile?

I campioni, ma direi i corridori in generale, chiaramente sono dispiaciuti quando sono vittime di infortuni, ma restano campioni anche in quel momento poiché sanno che non ci possono fare nulla. A livello psicologico è qualcosa che pesa, ma riescono a prenderlo dal lato giusto. E soprattutto dopo poco tempo hanno voglia di tornare. E qui si rischia l’errore.

Quale?

Quello di affrettare i tempi. Un errore che si ripercuote sia nell’immediato che nel lungo periodo. Il campione ancora di più deve dare tempo al corpo di riassestarsi. Il ciclista poi è un “gladiatore” e a seconda di cosa abbia, dopo una settimana ti chiede se può fare i rulli, oppure fare questa o quella attività.

Bisogna tenerlo a freno, insomma…

Esatto, ho constatato che è così. Poi però dall’altra parte subentra il discorso del peso. Perché è vero che non deve fare nulla, ma neanche può ingrassare e così gli devi stare dietro e dirgli di stare attento a cosa e quanto mangiare. 

In Danimarca Bernal si è messo a disposizione del team. Nonostante l’altimetria easy prima del ritiro aveva oltre 20′ di ritardo
In Danimarca Bernal si è messo a disposizione del team. Nonostante l’altimetria easy prima del ritiro aveva oltre 20′ di ritardo
E poi c’è il rientro…

La prima parte del ritorno in sella è quella forse più difficile. Il campione ha in testa ciò che era e dopo un’ora che pedala ha il fiatone oppure vede l’amatore che lo passa e pensa: una vita a costruire, un attimo a perdere tutto. La sua testa vorrebbe una cosa, le sue gambe e il suo corpo no. Eppure già dopo 7-8 giorni ritrova un colpo di pedale dignitoso e da quel momento tutto è un po’ più facile e il campione torna a volare con la testa. Alla fine ci sono delle fasi per il rientro.

E quali sono?

Nella prima fase prende coscienza dell’infortunio sul momento dell’incidente e realizza quando inizia a pensare che ne può uscire al meglio che può. La seconda fase è quella prima di ripartire o quando è appena ripartito e si rischia di affrettare i tempi (è ancora una fase psicologica). La terza è la ripresa graduale e traumatica, quando testa e corpo ancora non vanno all’unisono, come dicevamo. La quarta fase, la più facile, quando capisce che può tornare ai suoi livelli. E in quel caso regna l’ottimismo.

Magari non è bellissimo da dire, ma per un campione che è “più prezioso” e caro rispetto ad un corridore normale ci sono delle accortezze?

Secondo la mia esperienza, il medico del team cerca sempre più pareri, il più possibile autorevoli, interroga vari settori interessati a quell’infortunio: non si può sbagliare. L’atleta deve continuare a produrre determinate prestazioni. Poi c’è il team che cerca di non affrettare i tempi e la prima cosa (come sta facendo la Ineos-Grenadiers con Bernal, ndr) che vuole è che l’atleta torni come era prima dell’incidente. Valuta le varie opzioni per il suo rientro perché c’è un patrimonio da recuperare ed eventuali scelte anche sul suo futuro.

La sfortunata caduta di Nibali verso l’Alpe d’Huez nel 2018 che gli costò una frattura vertebrale
La sfortunata caduta di Nibali verso l’Alpe d’Huez nel 2018 che gli costò una frattura vertebrale
Paolo, parlando di termini più tecnici, abbiamo visto che Bernal, scalatore, è tornato in corsa al Danimarca, dove la salita più grande è poco più di un cavalcavia. Giusto o sbagliato?

Direi che questa è la quinta fase: la scelta del rientro alle corse. E per me Bernal e la sua squadra hanno fatto bene. L’importante è correre e non dove. Anzi, se non è una corsa troppo adatta alle caratteristiche del corridore è quasi meglio. Poi bisogna valutare anche altri fattori, come la paura dell’atleta. Per esempio penso ad Evenepoel quando è caduto in discesa al Lombardia: lì c’è anche un problema psicologico. In quel caso, e vado forse un po’ contro a quanto ho detto, cerchi anche di affrettare il suo rientro.

E’ come quando si cade da cavallo. Si dice che bisogna risalire in sella subito…

Esatto. Certe risposte, fisiche e mentali, le trovi sono in corsa. Se c’è la paura del gruppo, della caduta solo ributtandolo nella mischia vedi se il trauma è stato cancellato. Tornando al caso Bernal per me ha scelto la corsa migliore per rientrare.

Perché?

Ha potuto riprendere a correre con gradualità, non c’erano salite, doveva “solo” stare nella mischia e fare ritmo. In questo modo non ha avuto neanche bisogno di conferme per la salita, per lui che è scalatore. Magari si è staccato e questo gli è pesato. Lui deve fare le cose in progressione e alla sua squadra non interessava il risultato, ma ritrovare l’atleta.

I dati di una seduta di Egan: in Ineos chiaramente conoscevano il livello di Bernal prima di farlo gareggiare (foto Twitter)
I dati di una seduta di Egan: in Ineos chiaramente conoscevano il livello di Bernal prima di farlo gareggiare (foto Twitter)
Tanto che in Danimarca alla prima caduta lo hanno fatto fermare…

Per esempio, quando Nibali cadde al Tour e si ruppe la vertebra pensava al rientro al mondiale. Vincenzo è un campione e per il mondiale ha recuperato in tempi brevi, ma gli mancava qualcosa. Due settimane dopo al Lombardia ha fatto secondo, ma stava crescendo. Più passava il tempo e più era competitivo. Questo gli ha dato le risposte giuste. E ha potuto passare un inverno sereno, senza dubbi circa la possibilità di essere ancora competitivo. Se invece il Bernal della situazione si stacca avrebbe dei dubbi. Non avrebbe trovato delle risposte alle sue domande.

E con il ritmo come la si mette? Si fa parecchio dietro motore?

Dipende da come sta il corridore e quando torna. Ma ormai gli staff hanno i loro dati, i loro parametri. Di Bernal per esempio ho visto che già avevano pubblicato dei dati (incoraggianti) sulla sua Vam: hanno dei riferimenti. A quel punto la preparazione è quella standard prima di una corsa e se faceva dietro motore prima dell’infortunio, lo farà anche dopo il post infortunio.