EDITORIALE / Il nuovo ciclismo, poche corse e tante vittorie

08.08.2022
4 min
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E’ nato un nuovo ciclismo. Quello delle poche gare e delle tante vittorie. Evenepoel è maestro, ma anche Van Aert, Roglic e lo stesso Vingegaard sono allineati sulla stessa strada. Come loro, Pogacar.

In attesa di un altro cambio di direzione, sta avvenendo quello che la nascita dell’allora ProTour suggeriva: i grandi campioni nelle grandi corse, tutti gli altri a dividersi il resto. E non sarebbe neanche male, a pensarci bene, perché darebbe nuova linfa a gare dimenticate e sarebbe garanzia di spettacolo ad alta tensione in quelle più importanti. 

Modello Evenepoel

Evenepoel è l’emblema di questo nuovo ciclismo, perché dopo i campionati nazionali è rimasto a lungo senza correre. E’ rientrato a San Sebastian 34 giorni dopo e ha vinto. Nel frattempo ha trascorso tre settimane in altura, in un regime di vita super controllato che prevede allenamenti mai casuali, simulazioni di gara dietro moto, alimentazione customizzata uomo per uomo, in modo da essere certi dell’alto livello della prestazione. La scienza applicata al ciclismo ha portato vantaggi un tempo inimmaginabili, grazie ai quali i corridori di vertice e i loro gregari riescono a raggiungere standard pazzeschi anche senza sfinirsi di gara in gara.

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Gruppo più forte

Se tutti lavorano a questo modo, si può essere certi che le prestazioni in gruppo continueranno a crescere, di pari passo con lo sviluppo tecnologico, che porta a realizzare biciclette più leggere, ruote più veloci, freni più efficienti, capi di abbigliamento meno resistenti all’aria e tutto un mondo che rende i corridori macchine pressoché perfette.

Quando si analizzano le medie delle corse, è superficiale stupirsi per il fatto che si battano oggi le medie orarie rispetto al ciclismo degli anni 90: sarebbe anomalo se questo non accadesse. Può rimanere imbattuto il tempo di qualche salita, ma il livellamento verso l’alto di tutto il gruppo è palese. I corridori sono capaci di prestazioni clamorose pur non essendo capitani. Allo stesso tempo, è palese quanto sia più difficile per i campioni produrre differenze, per gli atleti professional tenere il ritmo e per i neopro’ inserirsi alla svelta.

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Progresso da pagare

Chiaramente tanto progresso va pagato, per cui il solco fra squadroni ricchi e gli altri si scava ancor di più. Fino a qualche tempo fa Specialized aveva l’esclusiva di certe attenzioni e certi sviluppi. Cavendish è tornato a vincere rientrando alla Quick Step e ha il cuore in lacrime all’idea di doversene andare. Gli ultimi mesi tuttavia hanno portato alla ribalta gli sforzi economici di altri grandi marchi che supportano altrettanti squadroni: bici e componenti. Dietro c’è un mondo, popolato di ruote, manubri, caschi e gallerie del vento che si aggiornano in continuazione.

Il lavoro di Cervèlo per Jumbo Visma ha lasciato il segno al Tour. Quello di Colnago per UAE Team Emirates ha dato una svolta nettissima al UAE Team Emirates. Giant, Trek, Cannondale e Canyon hanno il prodotto ma non ancora atleti top in grado di valorizzarlo. Invece il Team Ineos con Pinarello è il quarto tenore sul palcoscenico del WorldTour.

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Forse anche per questo Ganna ha scelto di rimanere nel team britannico fino al 2027. I suoi progetti di crono e Ora, unitamente a quelli olimpici con la nazionale non sono pacchetti replicabili in qualsiasi altra squadra.

Si va verso lo standard della Formula Uno. I soldi te li possono dare in tanti, ma i materiali vincenti sono appannaggio di pochi. E se un tempo prendevano i soldi poi cercavano di adattarsi, oggi l’attenzione verso i materiali e gli altri supporti è cruciale. E’ il nuovo corso, chi non sale sul treno resta indietro.