Ulissi, la gamba c’è. Ora caccia a vittorie e maglia azzurra

07.08.2022
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Un buon Tour de Pologne per Diego Ulissi, al rientro dopo lo stop estivo, tra l’altro viziato dal Covid preso al Giro di Svizzera. Ma Diego non si è perso d’animo. Ha lavorato, e bene, nella sua Toscana. La sua Donoratico con questo caldo e il mare appena al di là dell’Aurelia era il posto ideale per restare freschi e trovare quel giusto mix con il riposo dopo gli allenamenti.

Ulissi, l’eterno giovane del ciclismo italiano, ha compiuto da poco 33 anni. Ma l’entusiasmo e la fame sono sempre gli stessi. Qualche giorno fa al Polonia, per esempio, c’era la cronometro individuale. Una crono che il corridore della UAE Emirates ha affrontato a tutta. «Era un buon test. Certi sforzi sono utili anche per analizzare i dati e la condizione. E poi ero quarto in classifica».

Per il toscano un buon 17° posto a 53″ da Arensman, ma soprattutto un tassello importante per continuare a lavorare.

Ulissi al termine della crono di Rusinski con il body aperto sulla schiena
Ulissi al termine della crono di Rusinski con il body aperto sulla schiena
Diego, come stai?

Non male dai. Sono andato in Polonia ed era più di un mese che non gareggiavo. Ho ripreso discretamente, la gamba gira anche se non è ancora ottimale.

Non avevi finito lo Svizzera a causa del Covid…

E’ la seconda volta che lo prendevo, ma stavolta sono stato asintomatico, non mi ha dato fastidio. A febbraio sì che ero stato male. Sono dovuto stare fermo e attento. Con il mio problema al cuore non potevo rischiare nulla. Meglio stare fermo cinque giorni in più che creare “casini”. E anche stavolta sono stato attento, perdere diversi giorni di allenamento non è il massimo. Ma in carriera ne ho passate di peggio. A 33 anni non sono queste le cose che mi scoraggiano.

Decisamente no!

Poi, lo sapete, ogni stagione ha una storia a sé. Ci sono anni in cui non vai fortissimo e vinci. E stagioni in cui voli e porti a casa 2-3 vittorie in meno. Però io sono contento di quanto fatto sin qui quest’anno. Spesso mi sono messo a disposizione, ho lavorato per la squadra, sono stato presente…

In Polonia Ulissi rientrava dopo lo stop per Covid allo Svizzera
In Polonia Ulissi rientrava dopo lo stop per Covid allo Svizzera
Quale sarà il tuo calendario adesso? Farai anche la Vuelta?

No, niente Vuelta. In carriera tra l’altro non ho mai fatto due grandi Giri nella stessa stagione, ma solo uno. Dopo il Polonia farò il Tour du Limousin, Plouay, le due prove canadesi e quelle italiane fino al Lombardia. Insomma gare di un giorno o brevi corse a tappe più adatte alle mie caratteristiche. E poi spero nel mondiale.

Sempre più campioni andranno in Canada: ma come sono queste corse nordamericane?

Carine davvero. Posti molto belli, sempre un’ottima cornice di pubblico e poi solitamente si corrono in circuiti… come in un mondiale.

Mondiale, parolina magica! Ci pensi? Hai parlato con il cittì Bennati?

Ci siamo confrontati e dobbiamo vedere come andranno le corse e a quel punto ne riparleremo. La maglia azzurra è unica, fantastica… ma bisogna guadagnarsela. In Italia siamo tanti pretendenti e spettano a Bennati le scelte.

Cosa sai del percorso australiano?

Che alla fine sarà parecchio esigente secondo me. Insomma, il dislivello parla da solo, vero che non ci sono salite lunghe, ma lo strappo finale sembra essere davvero duro e, con una distanza superiore ai 260 chilometri, alla fine resterà nelle gambe a tanti.

Che foto! Bennati (oggi cittì) guida il treno azzurro a Bergen. Trentin, Puccio e Ulissi alla sua ruota. Saranno protagonisti anche in Australia
Bennati (oggi cittì) guida il treno azzurro a Bergen. Trentin, Puccio e Ulissi alla sua ruota. Saranno protagonisti anche in Australia
Hai detto che le salite non sono lunghe: conta più il dislivello complessivo o la loro lunghezza? Perché il dislivello è da tappa alpina…

Però bisogna fare una distinzione importante fra tappa alpina, magari inserita nella seconda o terza settimana di un Giro, e il dislivello in una corsa di un giorno. Le salite, specie se sono brevi in questo secondo caso sono più esplosive e cambia molto.

Insomma non è per gli scalatori puri. Chi potranno essere i favoriti?

I protagonisti sono sempre quelli. Il primo nome che mi viene in mente è Van Aert, basta pensare all’ultimo Tour: faceva paura per come andava! Poi Van der Poel. Lo stesso Tadej (Pogacar, ndr) se riesce a ritrovare la sua gamba per il finale di stagione. E per me anche Alaphilippe. Lui era ripartito bene dopo la caduta alla Liegi, ma si è dovuto rifermare subito per il Covid. Ma quel percorso potrebbe essere per lui.

I francesi parlavano anche di Demare?

Eh, ma così allora è aperto a tutti! Per me no, troppo esigente per i velocisti come lui.

Dopo colazione, due parole con Carapaz ancora assonnato

06.08.2022
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Il Tour de Pologne è la corsa dalla quale riprende la stagione di Richard Carapaz, dopo la delusione della maglia rosa persa alla penultima tappa del Giro d’Italia. Approfittiamo dell’hotel in comune e la mattinata tranquilla che precede l’ultima frazione, la settima, e chiediamo al suo diesse Tosatto di parlare con lui. Il campione olimpico accetta.

Carapaz scende dal camion cucina della Ineos Grenadiers alle 10,15. La sua faccia è ancora un po’ assonnata. La colazione è terminata e ha già lo zaino in spalla: tra poco si parte per Skawina.

Richard ha concluso la prova contro il tempo di giovedì scorso al 32° posto, a più di un minuto dal vincitore Arensman
Richard ha concluso la crono al 32° posto, a più di un minuto dal vincitore Arensman
E’ la prima corsa dopo tanti mesi, come ti senti?

La verità è che mi sento bene, dopo un po’ di riposo e di allenamenti sono venuto qui al Tour de Pologne per ritrovare le sensazioni della corsa. Ovviamente non posso essere al meglio, ma non mi posso lamentare.

Una buona corsa per prepararsi alla Vuelta…

Sì, sono tante tappe e molti chilometri. Non ci sono parecchie salite, ma alla fine devo riprendere il ritmo di corsa. E questo è quel che conta. Nell’unica tappa con arrivo in salita ho sofferto un po’ l’accelerazione di Higuita, ma sono riuscito a rimanere attaccato ai migliori.

Carapaz a colloquio con Lang, organizzatore dell’evento, prima della partenza della seconda tappa
Carapaz a colloquio con Lang, organizzatore dell’evento, prima della partenza della seconda tappa
Sei stato fermo per un po’ di tempo, che hai fatto?

Esattamente, sono stato a casa in Ecuador, non ho fatto competizioni. Me ne sono stato tranquillo in casa con la mia famiglia e dopo qualche giorno ho ripreso ad allenarmi.

Come ti sei preparato?

Dopo il Giro d’Italia mi sono allenato in altura a casa mia restando sempre sopra i 3.000 metri e sfruttando il tempo per recuperare mentalmente.

La Pinarello Dogma F dorata di Carapaz che celebra la vittoria olimpica di Tokyo
La Pinarello Dogma F dorata di Carapaz che celebra la vittoria olimpica di Tokyo
Quanto è importante tornare a casa per te?

Molto, soprattutto per l’altura, quello che è importante per me alle fine, dal punto di vista atletico è questo. Io sono un corridore che rende bene a certe altitudini e tornare ad allenarmi a queste quote mi serve per non perdere la qualità. Quando riesco a farlo mi sento molto meglio. Poi quando rientro alle corse ottengo sempre buoni risultati.

Sei riuscito anche a goderti la famiglia?

Dopo il Giro sì, ora penso di ritornarci dopo la Vuelta. Però alla fine siamo sempre in movimento, una volta vado io un’altra vengono loro qui.

Come hai vissuto la delusione del Giro?

Certamente perdere la maglia il penultimo giorno non è stata una bella sensazione. Però alla fine dopo qualche giorno guardo il bicchiere mezzo pieno. E’ stata una buona prestazione alla fine, sia per me che per la squadra. Si può dire che è stato un bel risultato anche per il mio Paese, soprattutto ed anche per me è stato un lavoro importantissimo.

Carapaz durante la presentazione dei team è stato fermato da tanti tifosi e dalla stampa locale
Carapaz durante la presentazione dei team è stato fermato da tanti tifosi e dalla stampa locale
Come detto prima tra pochi giorni arriva la Vuelta…

Sono molto motivato, è il primo anno che faccio la combinazione Giro e Vuelta. Sarà una corsa molto dura, ma questo mi dà ancora più carica. Abbiamo una grande possibilità di ottenere un podio e vogliamo coglierla.

Quanto è difficile preparare due Grandi Giri insieme?

In realtà non tantissimo, alla fine io devo concentrarmi sulle corse a tappe, quindi si deve costruire un calendario con metodo fin dall’inizio della stagione, così da avere i giusti giorni di corsa e di riposo proprio in funzione di quelle corse (Carapaz fino ad ora ha disputato 51 giorni di corsa, di cui 42 nella sola prima metà di stagione, Giro compreso, ndr). La verità è che negli ultimi anni riuscire a preparare Tour e Vuelta non è stato semplice perché la corsa francese è sempre molto serrata e recuperare tra l’una e l’altra non è facile.

Non hanno vinto, ma con nella crono gli Ineos si sono confermati in testa alla classifica a squadre
Non hanno vinto, ma con nella crono gli Ineos si sono confermati in testa alla classifica a squadre
Cosa pensi del percorso?

Sarà una corsa abbastanza dura, si parte in Olanda con tre tappe che saranno molto stressanti. Ci sarà molto vento probabilmente. E saranno frazioni importanti anche per la classifica generale, come quelle del Nord della Spagna: saranno dure. Nella parte finale della Vuelta farà anche molto caldo e questo è un fattore che va calcolato.

E il futuro?

Per il momento non vogliamo annunciare nulla, più avanti diremo tutto in un evento pubblico e lì faremo l’annuncio rispetto a cosa succederà la prossima stagione.

Chiaramente Carapaz non può dire nulla, ma è praticamente certo che dal prossimo anno vestirà la maglia della EF Education EasyPost. Finito di parlare con Richard ci mettiamo in macchina e ci lasciamo alle spalle i prati verdi e le colline di Bukowina, la strada davanti a noi sembra una lingua che si srotola dalle montagne verso la città. Davanti a noi il bus della Ineos che, probabilmente, ancora per poco porterà con sé il campione ecuadoriano.

Tiberi è pronto: «Ultimi dettagli e poi si parte per la Vuelta»

06.08.2022
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Antonio Tiberi plana verso la Vuelta Espana, sua prima grande corsa a tappe, una bella prima esperienza per un ragazzo giovane ma che si è meritato la convocazione sul campo. Appena 21 anni, con alle spalle già una stagione tra i professionisti in casa Trek Segafredo.

Si è costruito questi buoni risultati grazie alla costanza del lavoro fatto lo scorso anno. Tanti piccoli gradini che lo hanno portato vicino al bordo, pronto per spiccare il volo e planare sulla Vuelta. 

Tiberi si è guadagnato la convocazione alla Vuelta grazie alla costante crescita, il passo decisivo la vittoria al Tour de Hongrie
Tiberi ha vissuto una crescita costante, il passo decisivo è stato la vittoria al Tour de Hongrie

In cerca del ritmo

Antonio lo incontriamo al Tour de Pologne e approfittiamo della sua gentilezza e disponibilità per parlarci quasi ogni giorno. D’altronde il bello delle corse è poter guardare i corridori negli occhi, cogliendo ogni smorfia del loro volto.

«E’ stata la prima gara dopo un periodo di assenza dalle corse – dice – l’ultima corsa era stata il campionato italiano. Nel mezzo c’è stato il classico periodo di altura dove si è lavorato per richiamare la condizione.

«In Polonia mi sono riabituato ai ritmi di gara. Agli sforzi massimali che in allenamento ovviamente non riesci a fare. Sfrutto questa gara per avvicinarmi al meglio alla Vuelta».

Al Polonia il corridore laziale (classe 2001) ha rifinito la condizione per la Vuelta
Al Polonia il corridore laziale (classe 2001) ha rifinito la condizione per la Vuelta

Gli ultimi passi

Prima di partire alla volta di Utrecht (quest’anno le prime tre tappe della Vuelta si correranno in Olanda) Tiberi ha mosso gli ultimi passi per arrivare pronto e carico. 

«Ad essere sincero – dice Antonio – ho fatto anche un po’ di stacco, per recuperare le energie, fisiche e mentali, tre settimane di corsa non le ho mai fatte, è un bel banco di prova. Il fatto di aver intensificato gli allenamenti, soprattutto quelli lunghi e di aver fatto un bel po’ di corse a tappe mi ha aiutato. E’ la prima esperienza, si impara anche facendo. Poi sono andato in altura dove ho fatto lavori di qualità, con qualche salita ma anche tanta cronometro (il laziale ha vinto il mondiale di specialità nello Yorkshire, nel 2019, categoria juniores, ndr).

«Qui in Polonia ho fatto un po’ di lavori di rifinitura. E poi… Si parte! Non sono ancora in preda all’emozione. Ci penserò sicuramente da oggi, cioè nelle tre settimane tra la fine del Tour de Pologne e l’inizio della Vuelta».

Antonio ha curato molto anche la cronometro, una disciplina che gli piace molto e con la quale si è tolto grandi soddisfazioni
Antonio ha curato molto anche la cronometro, una disciplina che gli piace molto

Obiettivi e ambizioni

Parlare di ambizioni e di obiettivi può sembrare paradossale, ma un corridore professionista, in quanto tale, si pone dei traguardi da raggiungere, proporzionali all’età e alle capacità.

«Non abbiamo ancora parlato nello specifico di quel che farò – spiega Tiberi – la squadra mi ha già accennato che dovrò andare lì con la massima tranquillità. Questo è anche uno degli aspetti positivi del team, mi lasciano lo spazio per crescere e fare esperienza, senza pressioni.

«Il fatto di aver lavorato abbastanza sulla crono in altura è dovuto un po’ al fatto che ce ne saranno due belle lunghe in Spagna (54 chilometri complessivi, ndr). Poi è una disciplina che mi piace molto, di conseguenza cerco sempre di curarla un po’. E infatti speravo di fare bene nella cronoscalata».

Purtroppo, proprio nella cronometro, Tiberi è stato vittima di una caduta che ne ha compromesso la prestazione finale.

«Oltre ad avermi lasciato dei bei segni sul corpo – dice Tiberi – ho dei segni sulle gambe, un bell’ematoma sulla schiena ed uno anche sul fianco. Speriamo non comprometta il mio avvicinamento alla Vuelta, ma c’è tempo per rimettersi in sesto»

Il ritorno in gara di Antonio prosegue spedito, qui dopo l’arrivo della terza tappa vinta da Higuita
Il ritorno in gara di Antonio prosegue spedito, qui dopo l’arrivo della terza tappa vinta da Higuita

Pendenze toste

Nell’arrivo della terza tappa del Tour de Pologne, Sergio Higuita ci aveva raccontato come le pendenze incontrate sullo strappo finale (1,5 chilometri con punte al 13 per cento) siano molto simili a quelle che si troveranno alla Vuelta. Motivo per cui molti corridori che correranno la corsa a tappe iberica, passano dalla Polonia per affinare la gamba. Come si è trovato Tiberi su queste pendenze?

«Allora diciamo che mi trovo anche abbastanza bene – ride per un attimo e poi risponde – ma su salite un po’ più lunghe. Con strappi così brevi e sforzi massimali un po’ li soffro perché sono strappi adatti a gente esplosiva.

«La Polonia è stata un bel banco di prova, ci sono tanti corridori competitivi e forti. Vi faccio un esempio: nella tappa che dice Higuita (la terza, ndr) l’anno scorso ho fatto 21° a 25 secondi dal primo. Ieri sulla stessa salita sono arrivato 34° sempre a 25 secondi. Però va bene anche così, sono venuto qui per fare un po’ di fuori giri e di fatica. Nei giorni che mi separeranno tra la fine del Tour de Pologne e la Vuelta non farò molto a livello di preparazione, oramai il più è fatto».

Da un Hayter all’altro. Ethan conquista il Tour de Pologne

05.08.2022
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Il 79° Tour de Pologne si conclude con una volata di gruppo, così prospettavamo e così è stato. Arnaud Demare regola tutti gli altri velocisti e si porta a casa un successo di tappa all’ultima occasione utile, guidato dal solito Guarnieri.

«Una di quelle volate che piace a me – dice il francese – un po’ caotiche e dove si va a zigzagare per cercare la giusta posizione. Rimaneva una tappa e abbiamo sfruttato al meglio l’occasione. Eravamo venuti qui per vincere e così è stato».

Ethan Hayter, il giovane corridore della Ineos Grenadiers, porta a casa il bottino grosso: la classifica generale. «E’ il primo britannico che potrebbe vincere il Tour de Pologne», ci aveva detto ieri un collega suo connazionale. Ora possiamo anche togliere il condizionale. 

Giovani e forti 

In Ineos sta cambiando il vento, arrivano tanti giovani che iniziano a prendersi i propri spazi e responsabilità. E’ una tendenza del cambiamento che si vede molto bene. Ed ora, con la vittoria di Hayter e il secondo posto conquistato da Magnus Sheffield nella cronometro di ieri, possiamo dire che è ormai concreto.

«Siamo tanti corridori giovani in Ineos – dice Ethan – e stiamo facendo le nostre esperienze. Una corsa come il Tour de Pologne penso sia l’ideale. E’ una gara che mi piace molto, devo ammettere.

«Io, Sheffield, Tulett, Pidcock e Turner siamo tutti inglesi. La nostra è una scuola in crescita. Ora ci sarà anche mio fratello Leo, la definirei una settimana positiva, sono davvero entusiasta di averlo qui con me».

Sheffield, 20 anni, secondo ieri nella crono di Rusinski, è un altro dei giovani terribili della Ineos che, ricordiamo, ha preso anche Leo Hayter
Sheffield, 20 anni, secondo ieri nella crono di Rusinski, è un altro dei giovani terribili della Ineos che, ricordiamo, ha preso anche Leo Hayter

Lontano dai rischi

Hayter risponde in modo sbrigativo alle domande, a volte distoglie lo sguardo dall’interlocutore e si perde. Così, mentre tutti pendono dalle sue labbra lui va a firmare autografi e scattare foto e poi ritorna.

Ethan è un corridore capace di fare bene in volata così come nelle tappe mosse con arrivi su strappi brevi ed esplosivi, è un corridore polivalente. 

«Oggi non ho fatto la volata perché la cosa più importante per me ed il team era portare a casa la classifica generale. Diciamo che sono arrivato in sicurezza – ci dice Ethan ridendo con la sua faccia innocente – una volta saputo che ero al sicuro ho praticamente smesso di pedalare.

«Però è vero, nelle volate vado bene e penso che sia merito dell’attività su pista, mi dà una maggiore potenza nei brevi tratti».

Il prossimo passo?

Hayter con questa vittoria ha definitivamente fatto un passo in più verso la sua affermazione nel grande ciclismo. Dopo la classifica generale del Tour of Norway ecco la prima corsa a tappe WorldTour. E’ normale, in un mondo che corre veloce, pensare a quale possa essere il prossimo passo di Hayter. 

«Spero di poter partecipare alla Vuelta quest’anno – dice Ethan – ma sarà la squadra a decidere, non ho particolare fretta ma mi piacerebbe fare questo passo. Il primo grande Giro però non posso pensare di farlo da protagonista, devo imparare a stare in gruppo per tanto tempo ed essere performante nell’arco delle tre settimane.

«Sicuramente sarebbe un sogno partecipare al mio primo grande Giro, ma non ho molta fretta, anche perché mi aspettano gli impegni su pista».

Il sole tramonta lento sulle vie di Cracovia, gli addetti ai lavori e gli operai smontano le transenne ed il palco per l’ultima volta.

Il Tour de Pologne si conferma una grande palestra per giovani talenti: da qui è passato anche Vingegaard. In questa edizione sono emersi altri ragazzi terribili: Kooij, Arensman ed infine Hayter. E proprio ieri vi avevamo parlato di suo fratello, altro ragazzino rampante. Il futuro, non solo quello di Sua Maestà, è qui.

Padun: «I problemi sono alle spalle, ora guardo avanti»

05.08.2022
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Mark Padun si era lanciato in questa nuova avventura in maglia EF Education EasyPost con tutta la voglia di riscattarsi. Le prospettive hanno sempre parlato di un buon corridore che però difficilmente ha trovato la continuità necessaria per emergere del tutto. Tutto sembrava iniziato per il meglio con la WorldTour americana, uno dei team a rischio “retrocessione”

Una buona preparazione ed un debutto in Spagna al Gran Camino che aveva dato riscontri più che positivi: terzo posto nella classifica generale e vittoria di tappa nella cronometro conclusiva.

Poi, da marzo ad aprile solamente due corse: Tirreno-Adriatico e Giro dei Paesi Baschi con un DNF (un ritiro) a sancire che qualcosa non stesse andando nel verso giusto. Tra maggio e giugno ha corso al Delfinato e la Route d’Occitanie, finendo solo la prima ma in maniera completamente anonima.

La stagione di Padun era inizia bene: una vittoria (a crono) e il podio finale al Gran Camino
La stagione di Padun era inizia bene: una vittoria (a crono) e il podio finale al Gran Camino

Ennesimo stop

Incontriamo Padun al bus del team alla partenza della quinta tappa del Tour de Pologne. Volto magro e squadrato e poca voglia di scherzare, un paio di brevi battute con i meccanici e risale sul bus a sistemare le ultime cose. Quando scende ha addosso spessi occhiali neri che non lasciano trasparire alcuna emozione. 

«Ora sto bene – dice subito – ma nel mezzo sono stato malato, per un lungo periodo non riuscivo a stare bene. Ho avuto l’influenza, con quattro giorni di febbre alta, ma non era Covid, ho fatto dei tamponi ed erano tutti negativi. Fatto sta che nonostante mi fossero passati i sintomi mi sono sentito debole per le 3-4 settimane successive. Ero comunque motivato a ricercare la condizione migliore, avevo voglia di rifarmi e di essere di nuovo competitivo».

Padun (classe 1996) ci è apparso molto magro, come non si vedeva da tempo (foto Instagram)
Padun (classe 1996) ci è apparso molto magro, come non si vedeva da tempo (foto Instagram)

Altura a doppia faccia

Quando un corridore è in cerca della condizione va in altura per lavorare in maniera serena e senza distrazioni. Ma quando ti alleni senza essere al cento per cento della condizione fisica e mentale rischia di farsi del male.

«A maggio non ho corso – racconta appoggiato alla sua Cannondale bianca – sono andato in altura per quattro settimane perché volevo riprendermi ed allenarmi forte, ma quando vai in ritiro e stai male poi le cose vanno anche peggio, questo è stato un errore di valutazione mio.

«Quando sono tornato alle corse ero finito. Sono andato al Delfinato e l’ho finito per miracolo. Nei miei programmi, concordati ad inizio stagione con la squadra c’era il Tour de France, una gran bella occasione che però è sfumata a causa dei continui problemi».

Nella crono del Polonia l’ucraino si è piazzato al decimo posto
Nella crono del Polonia l’ucraino si è piazzato al decimo posto

Il prossimo futuro

Al Tour de Pologne Padun ha ritrovato compagni e corse, il sorriso arriverà, si spera. Ora Mark si gode il ritorno alle corse e qualche certezza in più e guarda ai prossimi impegni con fiducia. L’ora della partenza si avvicina e il corridore ucraino si allontana lentamente in sella alla sua bici, ma prima ci scambiamo ancora qualche battuta.

«In questi ultimi due mesi sono stato sempre meglio. Non ho fatto viaggi, sono rimasto a casa e mi sono allenato in maniera adeguata.

«Alla EF sto bene, con i compagni mi sento a mio agio e questo è un buon punto. Sono qui perché nonostante tutto potrei fare la Vuelta, ma sarà la squadra a decidere ovviamente. Spero in una buona seconda parte di stagione, è ora di avere un po’ di fortuna».

Arensman di forza. E adesso non è più il delfino di Bardet

04.08.2022
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Thymen Arensman è alto e magro, viso pallido e gote rosse, battuta pronta e sorriso che invoglia a parlarci assieme. La sesta tappa del Tour de Pologne è una cronometro di poco meno di 12 chilometri che dal paesino di Gronkov porta alla stazione sciistica di Rusinski.

Su queste estese colline ricoperte da verdi prati l’occhio si perde verso l’orizzonte, dove si trovano le vette più alte. Inizia a fare caldo in Polonia, dopo sei giorni di nuvole e temperature al di sotto dei 20 gradi, finalmente, esce il sole

La prima da pro’

I giovani olandesi vanno forte, sono venuti qui in Polonia e stanno facendo vedere grandi cose. Prima la volata di potenza e classe di Olav Kooij, poi la cronometro di Arensman, in forza al Team DSM. Una prova di forza da parte di un ragazzo che è nato nel 1999 e che promette un gran bene. Che la cronometro potesse essere il momento decisivo lo si sapeva. E nessuno si è mai nascosto dal dirlo.

«E’ la prima vittoria da professionista e ne sono estremamente felice – i suoi occhi non mentono, dice Arensman – è il primo passo di una carriera che è iniziata da davvero poco tempo. E’ veramente un giorno speciale, la prima vittoria da professionista coincide con la prima nel WorldTour.

«Questa sera avrò qualcosa da festeggiare con i miei compagni, considerando che sono salito anche in seconda posizione nella classifica generale».

Incontro ravvicinato

Mentre ci spostiamo velocemente dal traguardo alla mix zone, notiamo una bici nera che brilla sotto il sole di Rusinski. E’ il mezzo, la Scott Plasma con il quale il giovane olandese ha appena vinto la crono a 40,075 di media oraria, ma con 337 metri di dislivello! Così chiediamo di visionarla ed il meccanico accetta volentieri e ci spiega anche qualche dettaglio. 

«Thymen – ci dice – ha scelto di montare il 56 davanti, la strada era sì in salita ma nella prima parte, ed in alcune sezioni, bisognava fare tanta velocità. Poi lui ha le leve lunghe e quindi ha più facilità nello spingere un rapporto del genere. Al posteriore siamo andati sul classico 30, non servivano altri rapporti (era un percorso da “rapportone” diremmo noi, ndr)».

Terzo nella classifica generale al al Tour of the Alps e miglior giovane, l’olandese corre forte e il futuro lo attende
Terzo nella classifica generale al al Tour of the Alps e miglior giovane, l’olandese corre forte e il futuro lo attende

Crono che passione

Thymen Arensman lo abbiamo visto correre bene, soprattutto in Italia: due secondi posti al Giro d’Italia, il terzo posto nella classifica generale della Tirreno-Adriatico ed il secondo al Tour of The Alps. Una grande passione anche per le cronometro: nelle quattro disputate quest’anno non è mai uscito dalla top ten.

«Le cronometro – dice l’olandese- mi piacciono e le curo bene, per essere un corridore completo da Grandi Giri serve andare forte anche lì. Generalmente percorsi brevi come questo, o quello di Budapest al Giro, non mi piacciono molto. Preferisco avere “minutaggi” più lunghi, anche se oggi ci ho messo 18 minuti, quindi direi che va bene».

La squadra lo ha affiancato a Bardet. Al Tour of the Alps, i due si sono aiutati moltissimo. Soprattutto, Thymen aveva aiutato Romain, il vecchio, il capitano. Ricoprire certi ruoli è importante per crescere e formarsi. Questa vicinanza, che si stava ripetendo anche al Giro lo aveva etichettato come il “delfino di Bardet”: sarà ancora così dopo questo Tour de Pologne?

Una lunga giornata per Arensman che viene via da Rusinski solamente al calar del sole
Una lunga giornata per Arensman che viene via da Rusinski solamente al calar del sole

Verso Cracovia

Arensman ha 23 anni e quest’anno ha corso la sua terza grande corsa a tappe: il Giro, supportando, fino a quando è rimasto della partita, Romain Bardet. Il suo debutto lo ha fatto alla Vuelta, nel 2020, quando è stato prelevato dalla Seg Racing Academy (dove ha corso per 6 mesi con Marco Frigo) e “trasportato” alla Sunweb, poi l’anno successivo diventata DSM. 

«Alla Vuelta sono andato bene già dalla prima esperienza – spiega Arensman – ho ottenuto un terzo posto a Sabinanigo ed un sesto a Ourense. Nel 2021 sono tornato alla Vuelta, facendo prima qualche corsa a tappe sempre in Spagna (Volta a Catalunya e Vuelta a Burgos, ndr).

«Le grandi corse a tappe sono tutte difficili e impegnative, ho fatto prima più gare in Spagna per imparare. Ho un buon recupero tra una tappa e l’altra e la resistenza nell’arco delle tre settimane mi soddisfa, vedremo cosa potrò fare, per ora sono contento così».

Thymen si ferma a parlare con altri colleghi della stampa locale, lo ringraziamo e torniamo a scrivere. Oggi ha vinto un altro olandese, mentre Ethan Hayter si prende la maglia di leader. Domani si arriva a Cracovia, e si chiuderà il 79° Tour de Pologne, probabilmente con una volata di gruppo e pochi sconvolgimenti nella classifica generale. Ma mai dire mai nel ciclismo di oggi.

Viviani: «Cerco la vittoria, ma questi giovani vanno forte»

03.08.2022
6 min
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Ce lo aveva raccontato Jacopo Guarnieri alla partenza di Kielce, il Tour de Pologne è una corsa molto gettonata dai velocisti. Tra i tanti uomini veloci che ci sono qui in Polonia c’è anche Elia Viviani, alla sua prima stagione nella Ineos Grenadiers, con la quale aveva già corso in passato quando portava il nome di “Sky”.

Quando Elia scende dal pullman per parlare con noi sono passate da pochi minuti le dodici. Il sole splende alto nel cielo e inizia a fare un gran caldo. Ci saluta, chiede ai suoi meccanici le ultime informazioni per sapere se la bici è pronta, nello specifico si informa della pressione delle gomme. 

Elia Viviani e Richard Carapaz sono stati tra i corridori più ricercati dai media al Tour de Pologne
Elia Viviani e Richard Carapaz sono stati tra i corridori più ricercati dai media al Tour de Pologne

Le prime risposte

Viviani raccoglie grandi consensi ovunque vada, con un palmares come il suo è difficile passare inosservati. Mentre parliamo molte persone si avvicinano incuriosite e scattano foto, il veronese torna alle corse dopo un periodo di pausa. Le domande sono molte e le risposte piano piano arriveranno.

«Sto bene dai – ci dice coperto dai grandi occhiali scuri che non fanno percepire il suo sguardo – alle prime gare, dopo un periodo di altura c’è sempre da scoprire come si sta. Fino ad ora ci sono state due volate, la prima l’abbiamo fatta per Ethan Hayter, nella seconda mi sono lanciato io ma ho raccolto un settimo posto che non può accontentarmi.

«Però quando si rientra nella mischia è sempre così, qui ci sono tante squadre attrezzate per fare bene. Vedremo se ci saranno ancora una o due occasioni, sicuramente l’ultimo giorno con arrivo a Cracovia ci si riproverà».

Una delle due occasioni che diceva Elia si è presentata oggi. La quinta tappa di questo Tour de Pologne portava con sé alcune difficoltà che avrebbero potuto disarmare i velocisti, nonostante ciò il gruppo si è presentato compatto all’ultimo chilometro. Purtroppo per Viviani, una curva presa a tutta velocità ha causato una caduta a 700 metri dall’arrivo ed il veronese è rimasto intrappolato nelle retrovie.

Altura e pista

In questo periodo di metà stagione sono tanti i corridori che sono stati a preparare la seconda parte di stagione in altura. Cosa ha fatto il velocista veneto tra le vette delle montagne?

«Sono rimasto 15 giorni ed ho lavorato sulle volate – riprende Viviani – alla fine devo vincere quelle e lì mi concentro. Ho fatto 4 giorni di lavori specifici: due giorni solo volate e gli altri due su lunghe salite. Per il resto ho gestito un po’ i giorni lavorando sulla condizione in generale. L’altura da questo punto di vista dà sempre qualcosa in più.

«Sono sceso due giorni prima di venire qui, in quel breve periodo ho fatto qualche lavoro in pista giusto per velocizzare ed arrivare qui pronto».

Viviani accanto a Milan durante la prima tappa del Tour de Pologne, corsa in supporto a Hayter
Viviani durante la prima tappa del Tour de Pologne, corsa in supporto a Hayter

L’esclusione dal Giro

Avevamo lasciato Viviani escluso dal Giro, con il suo diesse Matteo Tosatto che ci aveva promesso che Elia sarebbe tornato forte ed affamato. Sulla professionalità dell’ex campione olimpico non si discute.

«Prima di fare il ritiro in altura ho corso tante gare di secondo livello (Giro di Ungheria, ZML Tour e Route d’Occitanie, ndr). Tanti piazzamenti nei cinque ma nessuna vittoria, quindi ovvio che la stia ricercando con tutto me stesso. L’avevo trovata all’inizio della stagione in Francia al Tour de la Provence e poi non l’ho più ritrovata».

«Da qui a fine stagione farò tante gare di un giorno, torna ad esserci Amburgo, che ho vinto nelle ultime tre edizioni e mi piacerebbe metterci un cerchio rosso. Poi Giro di Germania e Tour of Britain, sono tutte gare che servono per aggiungere qualche numero 1 alle statistiche».

La Ineos sempre più piena di campioni, sia per la classifica che per le volate, è difficile trovare spazio per un velocista puro come Elia
La Ineos sempre più piena di campioni, sia per la classifica che per le volate, è difficile trovare spazio per un velocista puro come Elia

Una stagione senza grandi giri

Per quest’anno Viviani guarderà le grandi corse a tappe da casa, non succedeva dal 2017, il suo ultimo anno in Sky. Una scelta dettata dal team e dalle sue esigenze, ma anche dalle poche vittorie trovate, come ha preso questa decisione Elia?

«Sono in un team dove sapevo che avrei avuto poco spazio per fare le grandi corse a tappe da protagonista – spiega Viviani – Anzi sarebbe stato difficile anche entrare nella selezione.

«La squadra punta molto alla classifica generale nelle corse a tappe ed è chiaro che concentrino le loro forze in quella direzione, non è un problema, la convocazione va meritata ed io non ho vinto quanto sperato».

«Per quanto riguarda le vittorie direi che è un mix di tanti fattori che mi tiene lontano dalla prima posizione, alla fine le volate son volate. Quando non vinci tanto vuol dire che qualcosa manca, a volte ero troppo dietro, altre non mi posizionavo bene. Bisogna ritrovare la fiducia. Che poi è il classico “una vittoria tira l’altra”».

Viviani Kooij 2022
Elia battuto da Kooij allo ZLM Tour, il velocista veronese ha visto da vicino la forza delle nuove generazioni
Viviani Kooij 2022
Elia battuto da Kooij allo ZLM Tour, il velocista veronese ha visto da vicino la forza delle nuove generazioni

Giovani alla riscossa

Viviani si è scontrato molto quest’anno con i giovani, e ne ha potuto vedere le qualità da vicino. Per fare un esempio: ha trovato sulla sua strada Olav Kooij, prima al ZML Tour, vinto proprio dal giovane olandese, e poi qui in Polonia.

«Sicuramente abbiamo avuto conferma anche a questo Tour de Pologne, dove il parterre dei velocisti è competitivo, hanno vinto i giovani. La prima tappa proprio Kooij e la seconda dal belga Thijssen, stanno arrivando. Probabilmente a livello internazionale Jakobsen e Kooij sono i velocisti più forti, Philipsen subito a ruota. In questa annata stanno dominando i giovani e si vede: a partire da Bennet, Cavendish e Ewan, non stiamo avendo una super stagione».

Quella di oggi è un’altra occasione sfumata per Viviani. Il quale, come detto anche a noi ha messo nel mirino la tappa di Cracovia, l’ultima occasione per non tornare a casa a mani vuote. Vincere aiuta a vincere – lo ha detto anche lui – ma prima bisogna trovare l’equazione giusta per tornare a superare per primo quella maledetta linea bianca.

A tutto Formolo. Intanto Ackermann vince di forza

02.08.2022
5 min
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Tour de Pologne. A Sanok, in un arrivo in volata atipico, visto lo strappo di 300 metri poco prima della linea del traguardo, vince Pascal Ackermann. Un successo di forza, voluto e cercato con tutte le energie rimaste dopo un finale ad altissima velocità. Pascal taglia il traguardo per primo e la folla, riunitasi nella piazza di Sanok, contornata da edifici rinascimentali color pastello, esplode in un boato. «Domani sarà l’Ackermann day», aveva scherzato sul palco della presentazione dei team giovedì scorso Formolo, con qualche giorno di ritardo ma potremmo dire che quel momento è arrivato.

«Quello trascorso per me è stato un periodo difficile – dice il tedesco con il volto rosso mentre si disseta avidamente da una bottiglietta d’acqua – l’infortunio patito a inizio stagione mi ha frenato. Ora sto bene, dopo il secondo posto di domenica ecco la vittoria, ci voleva.

«Il mio grande obiettivo sono gli europei, ma dovrò capire se riuscirò a far parte del team. Poi ci sarà la Vuelta, sarà dura ma la fiducia c’è e la voglia di fare bene anche».

Ackermann vince la quarta tappa del Tour de Pologne con forza e determinazione, ora sogna gli europei
Ackermann vince la quarta tappa del Tour de Pologne con forza e determinazione, ora sogna gli europei

Il solito sorriso

Il parcheggio dei bus delle squadre a Chelm, dove incontriamo Davide Formolo, è a pochi metri dal palco del foglio firma. Arriviamo nel piazzale intorno alle 10, il cielo sopra di noi è grigio e minaccia di piovere, le nuvole sono così basse che hai l’impressione di poterle stringere in una mano. Piano piano arrivano i bus dei team, uno dei primi è quello del UAE Team Emirates, con a bordo Davide Formolo e compagni. 

Davide ci accoglie seduto sulle scalette del bus, tuta della UAE Emirates, occhiali tondeggianti ed il sorriso stampato in faccia, quello non glielo toglie nessuno. «Vi va bene se facciamo l’intervista sulle scale? – ci dice, noi accettiamo, come si fa a dirgli di no? – così non metto le scarpe». Gli chiediamo subito come sta.

«Sto bene, ormai sono un affezionato del Giro di Polonia, è la mia sesta partecipazione, quando facevo Giro e Vuelta era perfetto per prepararsi perché cade esattamente ad un mese dall’inizio della seconda. Quest’anno però non farò la corsa spagnola, ma le corse in Italia quindi siamo più tranquilli non dovendo preparare una grande corsa a tappe.

«Dopo il Polonia mi sposterò in Canada e correrò lì. Prepariamo un bel finale di stagione, ci sono tante belle classiche: il Giro dell’Emilia, il Lombardia, dove aiuterò Tadej a conquistare il bis. Poi ci sono anche le due nuove gare in Veneto che sono interessanti, spero di poter giocare le mie occasioni nelle gare di casa».

Formolo non perde mai il buon umore, eccolo che scherza con i compagni durante la presentazione delle squadre
Formolo non perde mai il buon umore, eccolo che scherza con i compagni durante la presentazione delle squadre

Il Tour da casa

Quest’anno Formolo non ha corso il Tour accanto al suo amico Pogacar, lo ha visto da casa, ma il suo supporto all’amico e compagno di squadra non è mancato.

«Che gara che è venuta fuori – esclama Davide – è stata impressionante, bellissima da vedere. Il fatto che Tadej non avesse addosso la maglia gialla lo ha spinto ad attaccare sempre, lo ha fatto anche sugli Champs Elysées – ridacchia – più di così non poteva fare. Io ho visto il solito Pogacar, un corridore che attacca e che non si tira mai indietro. Non lascia nulla al caso, ha una serenità che gli permette di tentare anche queste azioni da lontano».

«Mi ricordo alla Vuelta del 2019, dove fece terzo, che eravamo caduti nella crono a squadre, doveva recuperare minuti e l’ultima settimana l’aveva fatta sempre all’attacco. Quest’anno è stato simile, questo suo modo di fare dimostra un po’ quel che è lui, un ragazzo che non ha perso la sua essenza della quale ci siamo tanto appassionati».

Davide poco prima del via della seconda tappa: Chelm-Zamosc
Davide poco prima del via della seconda tappa: Chelm-Zamosc

Due contro uno

Cosa pensa Formolo, compagno di migliaia di giornate in sella, della crisi che ha colpito Pogacar sul Granon? Una situazione anomala che sembrava non dovesse arrivare mai per lo sloveno. 

«E’ stato strano vederlo soffrire – dice con una grande risata – è ciclismo, doveva succedere prima o poi che dovesse perdere. Certo che perdere e fare secondo al Tour non è mica male – dice prolungando la risata – sarebbe bello perdere sempre così. La Jumbo-Visma aveva una bella squadra, Vingegaard è andato forte ed è stato bravo ad amministrare il vantaggio che aveva, facendo la stoccata finale quando ha vinto sull’ultimo arrivo in salita.

«Il duplice attacco della Jumbo nella tappa del Granon era inaspettato, si è trovato in una situazione diversa e dovrà imparare a gestirla, alla fine è giovane. Nel calcio c’è un proverbio che dice “O si vince o si impara” e quest’anno Tadej ha vinto un po’ meno ed ha imparato qualcosa in più».

Formolo è stato tante volte accanto a Tadej, eccoli alla Sanremo di quest’anno
Formolo è stato tante volte accanto a Tadej, eccoli alla Sanremo di quest’anno

Ci vuole pazienza

Il foglio firma chiama e Formolo parte insieme ai compagni di squadra. A pochi minuti dal via vediamo il corridore veneto parlare e scherzare con Zhao, l’addetto stampa del suo team. Davide non perde mai il buon umore e la calma, una personalità come la sua aiuta a distendere i nervi nei momenti tesi della corsa. Magari quel che è mancato alla UAE Emirates in Francia è stata proprio la serenità che Formolo è in grado di portare.

«I miei compagni hanno fatto una grande corsa – dice con serenità – ci sono state anche delle complicazioni non indifferenti. I numerosi casi Covid e qualche episodio sfortunato, come la rottura della catena da parte di Majka. Alla fine a Parigi sono arrivati solamente in quattro, non si può rimproverare nulla a nessuno. Tadej lo incontrerò in Canada probabilmente, non so ancora con precisione i suoi programmi. Dopo il Tour non sono riuscito a sentirlo, anche perché lui è tornato ed in contemporanea io sono venuto qui in Polonia».

Da segnalare il terzo posto di Jonathan Milan, il secondo in terra polacca. «Ci ho preso gusto!» dice scherzando prima di fuggire ai bus delle squadre. Il meteo minaccia pioggia, meglio mettere la testa al riparo, Il Tour de Pologne è ancora lungo. E magari anche Formolo potrà ritrovare una vittoria.

Scaroni: testa all’Astana e… cuore alla Gazprom

02.08.2022
6 min
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Sulle strade del Giro Polonia tra volate e maglie gialle che passano di consegna c’è una storia che ci sta particolarmente a cuore: quella di Christian Scaroni. Lo avevamo lasciato sulle strade dell’Adriatica Ionica Race dopo due vittorie che gli avevano donato un po’ di speranza. A quella si è aggrappato il corridore ex Gazprom, che da una settimana è passato all’Astana Qazaqstan, dove ha ritrovato la certezza di poter fare il corridore a tutti gli effetti, non dovendosi più preoccupare del futuro, anche se ormai, suo malgrado, più di qualche lezione l’ha imparata.

Scaroni è passato dall’azzurro della nazionale ad un azzurro diverso, quello dell’Astana, vederlo alle corse è bello ed emozionante. Il bresciano classe 1997 riparte dalla Polonia per finire una stagione che era partita con grandi speranze, ma che poi è naufragata nel silenzio di chi lo circondava.

Il foglio firma, una pratica semplice ma che per tanti mesi è mancata nella routine di Christian
Il foglio firma, una pratica semplice ma che per tanti mesi è mancata nella routine di Christian
Ora hai una nuova casa, potremmo dire…

Ora sono all’Astana – ci dice alla partenza della terza tappa – una squadra WorldTour, ancora meglio, ora cercherò di lavorare bene per farmi trovare pronto nelle gare di fine agosto.

Che sensazioni provi nel tornare a correre?

Mancava tutto questo, andare alle corse senza una certezza era duro per la testa. Ora si hanno più motivazioni anche perché conosco il calendario ed è una cosa che quest’anno non avevo ancora provato, sarà più facile allenarsi e rimanere concentrati.

Ti avevamo lasciato con due vittorie all’Adriatica Ionica Race, che periodo è stato quello passato?

Sicuramente lasciare l’ultima corsa con una vittoria ha dato una grande soddisfazione e un po’ più di morale. Dopo il campionato italiano, corso bene anche quello, ho staccato qualche giorno, non mi aspettavo di tornare in corsa così presto. Questa trattativa è stata molto veloce, ha sorpreso anche me il fatto di essere già qui al Polonia. Ringrazierò per sempre il cittì Bennati per avermi dato la possibilità di correre con la nazionale, se sono qui in Astana è soprattutto grazie al suo impegno.

Com’è stato passare dalle vittorie all’incertezza del giorno dopo?

Non so spiegarmelo nemmeno io, perché ero un corridore pronto a fare un salto di qualità, a correre. Aver vinto due tappe all’Adriatica ed il giorno dopo essere a casa, non era facile di testa. Sapevo, però, che se avessi tenuto duro sarebbe arrivata una squadra che mi avrebbe dato una possibilità.

Scaroni riparte dal Polonia e dal numero 26, il primo indossato con la maglia Astana
Scaroni riparte dal Polonia e dal numero 26, il primo indossato con la maglia Astana
I tuoi ex compagni li senti ancora?

Sì, soprattutto i reduci della nazionale: Carboni, Malucelli e Canola. Spero vivamente che riescano a trovare una sistemazione adeguata, se lo meritano. Se non avessi trovato dei compagni come loro non sarei mai arrivato preparato agli impegni con la nazionale. Abbiamo fatto squadra anche se ormai una squadra non c’era più, sono stati dei grandi compagni di viaggio.

E’ un viaggio che è finito o finirà quando anche l’ultimo avrà trovato il suo posto?

La seconda, sono sempre in contatto con loro, mi auguro che tutti e tre trovino una situazione adeguata alle loro potenzialità. Considererò il discorso chiuso quando anche loro avranno una squadra, se lo meritano come me lo sono meritato io.

Cosa ti è rimasto di questa esperienza?

Il fatto di non avere certezze nel futuro, il tempo passava e non si sapeva cosa sarebbe successo, nonostante ciò continuavo ad allenarmi. Nessuna squadra sembrava volerci dare la possibilità di correre, passavano i mesi e non succedeva nulla. L’unico modo per muovere qualcosa era rispondere sul campo facendo risultati. Anche per questo ringrazio la nazionale, senza di loro non avrei avuto modo di rispondere con i fatti.

Adriatica Ionica Race, vittoria di Scaroni nell’ultima tappa: qui in mezzo tra Carboni e Malucelli, i tre sono unitissimi (photors.it)
Adriatica Ionica Race, vittoria di Scaroni nell’ultima tappa: qui in mezzo tra Carboni e Malucelli, i tre sono unitissimi (photors.it)
Quelle dell’AIR erano vittorie di rabbia e di cuore, adesso che emozioni provi?

Mi sento soddisfatto, so di essermi meritato quello che ho, sono state vittorie davvero raccolte con il cuore e con tanti sacrifici. Adesso rimango concentrato, ci sono due mesi davanti ancora, anzi quasi tre per fare bene e voglio dare tutto per dimostrare che non sono qua a caso.

Com’è entrare in una squadra a stagione in corso?

Non è facile di solito, non conosci l’ambiente, è tutto un po’ nuovo però ho avuto la fortuna di trovare tanti connazionali, soprattutto due bresciani: Martinelli e Gazzoli. Anche Battistella lo conoscevo bene, abbiamo corso tanto insieme con la nazionale tra gli under 23. E’ stato un inserimento più facile, devo imparare tante cose su come lavorano ma sono sicuro che con il tempo ci riuscirò.

Canola ha 33 anni, era alla Gazprom dal 2020, anche lui ha sofferto tanto in questi mesi per la chiusura della squadra
Canola ha 33 anni, era alla Gazprom dal 2020, anche lui ha sofferto tanto in questi mesi per la chiusura della squadra
La firma è arrivata solamente 7 giorni fa e sei già in corsa, un battesimo di fuoco…

Esatto, non me lo aspettavo minimamente di venire subito qui, ma la squadra non aveva moltissimi uomini a disposizione. La preparazione non è ancora al top ma sono qui anche come allenamento e per dare una mano a Battistella e per cercare una gamba che mi permetta di fare risultato nelle prossime gare.

Ti hanno scritto i tuoi ex compagni della Gazprom?

Sì, prima che uscissero i primi articoli ci ho tenuto particolarmente ad avvisarli di persona della firma in Astana. Ritenevo giusto avvertirli prima che lo venissero a sapere dai giornali, visto quel che abbiamo passato insieme.

Per Scaroni l’ambientamento nella nuova squadra è stato più facile viste le conoscenze fra corridori e tecnici
Per Scaroni l’ambientamento nella nuova squadra è stato più facile viste le conoscenze fra corridori e tecnici
Che effetto ti fa essere così vicino alla guerra che ha scatenato il domino che vi ha travolto?

Ci ho pensato ieri, quando siamo passati a 10 chilometri dal confine, anche se questo non mi ha fatto pensare all’effetto domino che ci ha coinvolti. Ho pensato a tutto quello che ho passato in questi mesi: da quando la squadra ha chiuso, alle corse con la nazionale, fino ad oggi che sono qui con una nuova maglia.

Bennati lo hai sentito?

Mi ha fatto i complimenti per il passaggio qui all’Astana, è contento per me, ne abbiamo fatti di giorni insieme. C’è un rapporto speciale tra me, lui e tutti i miei compagni di nazionale.

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