I corridori Gazprom porgono l’altra guancia. E poi?

24.05.2022
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Il silenzio dell’UCI sul caso Gazprom è assordante. Il presidente Lappartient ha messo la testa sotto la sabbia e ha voltato le spalle a 21 corridori rimasti senza squadra dal primo di marzo. Anzi, i 21 corridori cui quel giorno ha chiuso la squadra.

La vicenda Gazprom resta una ferita aperta, anche se il mondo del ciclismo passa avanti e finge di non accorgersene. Al punto che alcuni corridori, invitati a indossare il braccialetto azzurro con cui l’Accpi e il CPA intendono fare una garbata pressione sull’UCI, hanno declinato l’invito.

Nella conferenza stampa che si è tenuta ieri a Salò, le parole più giuste le ha usate Mauro Vegni, padrone di casa. «Era una questione straordinaria – ha detto il direttore del Giro che in apertura stringe la mano a Canola – è stato sbagliato affrontarla come fosse ordinaria».

Nella tappa di oggi si chiederà ai corridori di indossare il braccialetto WHY
Nella tappa di oggi si chiederà ai corridori di indossare il braccialetto WHY

No agli scioperi

Bugno ha ripetuto ad oltranza lo stesso concetto: non si tratta di una protesta. E mentre lo diceva ci chiedevamo: perché dopo tre mesi così non dovrebbero protestare?

«I corridori non hanno colpe – ha detto – abbiamo cercato di trovare alleanze e soluzioni, che non sono mai state accettate. Non ci sono molte soluzioni. I braccialetti con cui intendiamo sensibilizzare il gruppo e la stampa servono a capire il perché di questo atteggiamento. Non sono una protesta. Chiediamo che questi ragazzi possano parlare e l’UCI ha il dovere di farlo. Una richiesta che deve arrivare da tutto il gruppo, perché loro ne fanno parte pur essendone stati allontanati. Non è un discorso di soldi, correrebbero anche domattina. Sono stato corridore anche io, so che in questo momento la bici è tutto. Ma gli scioperi non portano a risultati. Ne ho fatti e ho visto come sono finiti (qui però in ballo non c’è una tappa da correre sotto la pioggia, qui si parla di vite umane, ndr). Il nostro scopo è sensibilizzare l’ambiente».

Canola al limite

Se stai male, vuoi un dottore che ti curi o uno che ti tenga la mano sulla fronte? La ricerca della soluzione diplomatica in tre mesi non ha prodotto alcun frutto. E se non fosse per la nazionale che ha fatto correre a sprazzi gli italiani, sarebbero fermi da marzo.

Dopo un po’ si nota che Marco Canola al tavolo dei diplomatici ci sta stretto. Forse perché l’ammalato è lui e delle cure palliative ricevute sinora comincia ad averne le tasche piene. Lo tengono a freno, perché l’obiettivo non è protestare, ma distendere.

«Questo braccialetto non aiuterà a risolvere il problema – dice – ma a far capire quello che stiamo passando. Non capisco perché dei colleghi non debbano metterlo, non è un brand, non danneggia il loro sponsor. La situazione è insostenibile. Siamo qui in due (facendo un cenno a Cristian Scaroni, seduto accanto, ndr), gli altri sono a casa col morale a terra e stanno male per la disperazione. Non sanno se potranno continuare, quello che sta accadendo rende vani i sacrifici di una vita. Non è giusto che paghiamo per una colpa non nostra. Vogliamo che l’Uci ci dia risposte, quelle che abbiamo avuto sono state molto vaghe. Abbiamo provato la via diplomatica, senza sortire effetto. Se questi sono i capi del ciclismo, non meritano di governare il nostro bellissimo sport, perché non ne incarnano i valori».

Le bugie di Lappartient

Il silenzio dell’UCI è assordante. Il presidente Lappartient ha messo la testa sotto la sabbia e ha voltato le spalle ai 21 corridori cui il primo marzo ha chiuso la squadra. All’indomani della Liegi, ha organizzato una conferenza online, invitando tutti i professionisti – uomini e donne – tranne quelli della Gazprom. E a Gilbert che ha chiesto loro come mai, ha risposto che li avrebbe chiamati di persona. Non lo ha mai fatto. E’ troppo presto per parlare di dimissioni?

Le richieste erano chiare, le risposte sono state secche e prive della volontà di arrivare a una soluzione.

Non si può alzare il tetto dei 31 corridori, perché siamo al primo anno delle retrocessioni e promozioni. Perciò, se una squadra si mettesse al riparo dalla discesa o conquistasse la salita al WorldTour grazie a corridori presi durante l’anno, si potrebbe creare il presupposto per un ricorso. Non sarebbe sufficiente stabilire che i corridori ex-Gazprom ingaggiati non portano punti alla squadra? Nessuna risposta.

In Italia c’è il limite di 16 corridori per continental e il tetto a due soli ex professionisti. Non si può concedere una deroga? Nessuna risposta.

Nessun rispetto

Se questa è la considerazione dell’UCI per i suoi interlocutori, atleti e loro rappresentanti, viene da pensare che quantomeno i secondi non si siano conquistati il rispetto sul campo. Che forse dire sempre di sì non paga. Magari è giusto continuare a perseguire la via diplomatica anche dopo tre mesi di mancate risposte. Secondo altri però si potrebbe pensare di protestare come quando nelle fabbriche avvengono licenziamenti di massa.

«Così facendo – risponde Salvato – si danneggerebbero gli organizzatori». Si è mai visto uno sciopero che non abbia creato disagio? Si sciopera per quello. Ci fosse un po’ di Francia anche in Italia… Scommettete che se si trattasse di corridori francesi, una soluzione l’avrebbero trovata?

Comunque per ricordare al signor Lappartient che sta disprezzando le vite di uomini e non le loro statistiche, abbiamo realizzato due brevi interviste ai corridori presenti ieri a Salò. Canola e Scaroni. Guardatele. Parlano di dolore e carne viva. Non concorreranno all’Oscar del cinema, ma almeno in questo modo il presidente potrà guardarli in faccia. E magari chiedergli scusa.

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