Quando taglia il traguardo della terza tappa del Tour de Pologne, Sergio Higuita ha una smorfia di dolore e di fatica sul volto. Tappa e maglia, la doppietta più classica del ciclismo. Lo sforzo fatto per arrivare in cima alla collina poco fuori Przemysl è stato brutale. Un chilometro e mezzo con pendenze che si fanno sempre più cattive, metro dopo metro.
Dall’alto di questa verdeggiante collina, situata nel voivodato (antico feudo) dei Precarpazi, si può ammirare tutta la pianura circostante. Le pendenze proibitive fanno emergere gli uomini esplosivi, compatti, con un elevato rapporto peso/potenza.
Le pendenze sulla salita finale erano davvero impegnative, si toccava il 13 per cento Ecco la vista dalla collina fuori Przemysl, sede di arrivo della terza tappa del Tour de Pologne
Breve ma intenso
Ai piedi dello strappo conclusivo arrivano pochi corridori, non più di trenta, a giocarsi la corsa. E’ la BikeExchange a prendere in mano la situazione, ma il loro ritmo dura ben poco perché un attacco velleitario di Teunissen scombina le carte in tavola. Lo scatto cattivo, ma troppo anticipato, dell’olandese crea scompiglio e la Ineos-Grenadiers prende in mano la situazione. Ma dopo qualche metro Carapaz perde le ruote dei compagni, queste non sono le sue salite.
«Una tappa lunga – racconta Matteo Sobrero, che coglie un incoraggiante quarto posto – tosta con una serie di salite nel finale che hanno tagliato le gambe. Come lo scorso anno la selezione si è fatta sulle salite che anticipavano quella finale.
«Higuita è partito nel momento giusto e si è giocato molto bene le poche chance di portarsi davanti all’ultima curva. Io ho provato a tirare su il 53 per rilanciare l’andatura ma la catena ci ha messo un attimo di troppo a salire e non sono riuscito a fare la volata».
Il ritmo in corsa si alzato non appena sono arrivati i primi strappi, tanti scatti nel gruppo dei migliori ma nessuno decisivo Uno stremato ma soddisfatto Matteo Sobrero che dopo lo sforzo si disseta con un’aranciata
Il ritmo in corsa si alzato non appena sono arrivati i primi strappi, tanti scatti nel gruppo dei migliori ma nessuno decisivo Uno stremato ma soddisfatto Matteo Sobrero che dopo lo sforzo si disseta con un’aranciata
Pendenze familiari
Quando Sergio Huguita arriva in zona mista la smorfia di fatica ha lasciato spazio al solito sorriso. La maglia del leader della classifica generale che gli hanno dato sul podio è enorme. E’ più grande di almeno tre taglie. Le maniche gli si ripiegano su se stesse e il bordo di fine maglia al posto che essere in vita gli arriva a quasi metà cosce.
«Un bel finale di tappa – dice Higuita – esplosivo come piace a me. In Colombia abbiamo tante salite così, più lunghe chiaramente, sempre con pendenze toste. Sono salite dove sei a tutta dall’inizio alla fine, ma la vera differenza la fai quando la strada spiana.
«In quel momento devi essere bravo a rinforzare il rapporto e a spingere ancora. Sono contento perché una vittoria così dà morale anche per gli appuntamenti successivi. Sappiamo tutti che la vera tappa decisiva sarà la cronoscalata, dove i gap saranno maggiori».
Rotta sulla Vuelta
Il percorso di Higuita è stato lineare e perfettamente calibrato per arrivare a far bene al suo primo grande Giro in maglia Bora: La Vuelta. 39 giorni di corsa fino ad ora per Higuita, tanti se si pensa che non ha fatto grandi corse a tappe nel frattempo. Un calendario concordato che concilia bene gare e recuperi, con molte corse a tappe di una settimana al massimo.
«E’ un altro step fondamentale per arrivare con la condizione e la giusta motivazione alla Vuelta. Ho programmato questo obiettivo con la squadra dal giorno zero dell’inverno. Abbiamo deciso insieme il calendario per arrivare al meglio al mio primo grande giro con la Bora. Tanta altura e poi corse per aumentare la condizione grazie al ritmo gara. E’ la mia quarta vittoria stagionale, a cui va aggiunta la classifica generale della Volta a Catalunya e il secondo posto, sempre nella classifica generale, del Giro di Svizzera a inizio giugno».
Domani Higuita ripartirà con la maglia di leader, speriamo della sua misura. E’ vero che una rondine non fa primavera, ma quando il suo volo è aggraziato come l’ondeggiare di Higuita sui pedali non si può che sperare che questa primavera possa sbocciare, come il talento del colombiano.