Germani, vacanze (quasi) finite: lo aspetta il WorldTour

05.11.2022
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Lorenzo Germani sta per riprendere a lavorare in vista della sua prima stagione da vero professionista nel WorldTour. Con Lorenzo Milesi è stato in vacanza alle Canarie. Lì, hanno incontrato tanti altri colleghi. «Finalmente – dice il ciociaro – ho potuto staccare veramente. Perché tra Covid e cadute, anche di testa erano due anni che ero sempre impegnato».

Lorenzo è pronto a passare dalla continental alla prima squadra dell’Equipe Groupama Fdj. La società francese è un sodalizio affatto banale. Abbiamo visto dal vivo come lavorano. La squadra di Marc Madiot è stata tra le prime a credere nello sviluppo “fai da te” dei giovani.

Il loro centro di Besançon è una vera perla. E’ la loro casa. E i risultati si vedono. Quest’anno dal vivaio arrivano otto corridori. E che corridori…

Lorenzo, partiamo dagli ultimi tuffi nel mare delle Canarie…

E’ stato uno stacco vero, anche con la testa. Nelle settimane di questo riposo mi sono davvero goduto la vita. Era un bel po’ che non scendevo dalla bici.

Quando hai fatto l’ultima uscita?

In realtà mezz’ora fa! Giusto oggi (ieri per chi legge, ndr) ho deciso di fare una piccola passeggiata. Ma di fatto ero fermo dall’8 ottobre. L’ultima corsa è stata la Ronde de l’Isard che è finita il 2 ottobre. In quella settimana ho fatto 10 ore scarse di sella e poi appunto ho iniziato lo stacco completo. In squadra vogliono che stiamo fermi almeno 4-5 settimane.

E quando riprenderai?

Dalla prossima settimana. Per arrivare poi con qualche chilometro al primo ritiro della stagione, che faremo dal 9 al 20 dicembre a Calpe, in Spagna. Lì, immagino, faremo molte ore di sella. Ma non tanti lavori specifici.

E le misure del vestiario, i nuovi materiali?

Già fatto. Abbiamo fatto tutto nella prima settimana di ottobre, visite mediche incluse e lo stesso quella biomeccanica.

Germani corridore totale: ha aiutato la squadra in pianura, in salita e ha anche vinto. Oltre al tricolore, sua una tappa al Val d’Aosta (in foto)
Germani corridore totale: ha aiutato la squadra in pianura, in salita e ha anche vinto. Oltre al tricolore, sua una tappa al Val d’Aosta (in foto)
Hai cambiato qualcosa riguardo alla posizione in bici?

Abbastanza. In pratica ci siamo accorti che ero parecchio arretrato. E così abbiamo avanzato il baricentro. 

Ti sei spostato in avanti: la distanza punta sella-manubrio è più corta così?

In realtà no, perché anche il manubrio è stato avanzato. E infatti ho un “attaccone” da 140 millimetri! In più ho cambiato anche il manubrio stesso. Ne ho preso uno più piccolo, ideale per la larghezza delle mie spalle. Si tratta di una piega da 38 centimetri. Quindi adesso abbiamo la bici nuova con il manubrio integrato. Bellissima!

Passerai nel WorldTour e lo farai con molti dei tuoi compagni di squadra. Siete la banda di “JiGi” (Jerome Gannat, il diesse della continental) come lo chiamavate voi…

E questo è bello. Ci ritroveremo insieme in tante corse, soprattutto in quelle minori. Magari non ci sarà Lenny (Martinez, ndr) in quelle più veloci, ma per il resto saremo noi e qualche corridore più esperto. Devo dire che abbiamo trovato un bell’ambiente.

La Groupama-Fdj Continental è sempre stata protagonista nelle corse più importanti U23
La Groupama-Fdj Continental è sempre stata protagonista nelle corse più importanti U23
Come vi hanno accolto?

Alla grande. I ragazzi della WorldTour sono stati contenti, a partire da Gaudu, Kung, Madouas… Tutti molto disponibili. Uno chissà cosa pensa… Sai, ti ritrovi di fronte un Kung, che fin lì hai visto solo alla tv e resti un po’ spiazzato. Invece sono ragazzi semplici. In particolare Gaudu, proprio perché ci ha visto essere un bel gruppo, ci ha detto di non isolarci, che tutti siamo una squadra. Ci stiamo conoscendo…

Chi sarà il tuo direttore sportivo di riferimento?

Benoit Vaugrenard, lui ha fatto tutta la sua carriera in questa società. E’ molto esperto. Inoltre ho cambiato anche il preparatore. Adesso è uno del gruppo WorldTour.

Sai già quali gare farai, più o meno?

Di certo farò delle gare WorldTour nelle quali imparerò e lavorerò per il team con l’obiettivo di crescere ancora. Mentre nelle altre gare più piccole, tipo quelle della Coppa di Francia, le 1.1, 1.Pro, ci hanno già detto che saremo abbastanza liberi. Sono corse dall’andamento più garibaldino, più simili a quelle a cui eravamo abituati nella continental. Si adattano bene al nostro profilo.

Gannat (il secondo da sinistra) è il diesse del forte gruppo della continental, passato quasi tutto in prima squadra
Gannat (il secondo da sinistra) è il diesse del forte gruppo della continental, passato quasi tutto in prima squadra
E al Giro d’Italia ci pensi?

Eh – sospira Lorenzo – sarebbe bellissimo, soprattutto quest’anno che ci sono molte tappe al Centro-Sud e si arriva a Roma… Ma ci hanno già detto di no. Arriva troppo presto nel corso della stagione. Servirebbero una certa esperienza e una preparazione diversa. Al Tour invece portano il top team. Resta la speranza della Vuelta. Arrivando più in là, sia dal punto di vista della preparazione che dell’abitudine al WorldTour, dovremmo essere più pronti. Ma certo il Giro…

Eppure Lorenzo, vi abbiamo visto dal vivo più volte, e voi del gruppo continental siete davvero forti. A nostro avviso potreste già essere più pronti e “sfacciati” di quel che si possa pensare…

Siamo una squadra e questo è ciò che conta. Da parte mia sono felice che abbiano apprezzato molto il lavoro che ho fatto e hanno riconosciuto le mie qualità. Anche per questo io potrò passare dal gruppo dei velocisti a quello degli scalatori: da Demare a Gaudu, potranno scambiarmi senza problemi. In più hanno visto che so fare gruppo.

Nieri: «La Qhubeka ridiventa una vera development»

01.11.2022
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«Come l’anno scorso avevo detto che era una perdita non avere più il team Qhubeka dei pro’, adesso che è tornato dico che sarà un guadagno», Daniele Nieri direttore sportivo del Team Qhubeka commenta così il ritorno della prima squadra.

Douglas Ryder, ex team manager della Qhubeka WT, torna in pista con la Q36.5, una professional. La squadra avrà sede in Svizzera, un’anima sudafricana e un grande apporto italiano, tra cui quello di Vincenzo Nibali. Tra le due squadre, la professional e la continental, pertanto ci sarà un certo contatto, proprio come avviene con le WorldTour e i rispettivi team development.

Daniele Nieri (classe 1986) è in ammiraglia già dal 2018
Daniele Nieri (classe 1986) è in ammiraglia già dal 2018

Development sul serio

E infatti Nieri è molto chiaro: «Si ritorna development nel vero senso della parola. L’anno scorso avevo detto che la perdita della Qhubeka ci avrebbe dato qualche limite in termini di calendario e di possibilità per i ragazzi. Ma al tempo stesso avrebbe aumentato la visibilità mediatica su di noi. Quest’anno è il contrario».

Dal punto di vista tecnico e pratico quindi la squadra dei giovani ci guadagna. Sapere di avere un punto di appoggio “in alto”, nel professionismo, vuol dire molto.

«Oltre al calendario superiore che andremo a fare, i ragazzi qualora lo meriteranno, potranno fare delle esperienze con la prima squadra e perché no, passare con loro nella stagione successiva.

«A gennaio faremo il ritiro in Spagna tutti insieme. Non sappiamo ancora le date di preciso ma staremo insieme. Sarà un’ottima occasione di crescita».

Nicolò Parisini (in foto) si è ben distinto in stagione
Nicolò Parisini (in foto) si è ben distinto in stagione

(Quasi) dodici

L’organico definitivo della Qhubeka sarà comunicato tra qualche giorno, ma Nieri ci anticipa che i ragazzi dovrebbero essere dodici, due sono ancora in ballo. Rispetto alla passata stagione c’è un grande rinnovamento e un certo ringiovanimento della rosa. Il prossimo anno ci saranno solo due atleti di quarto anno.

«E ne restano solo quattro di quelli in rosa nel 2022 – dice Nieri – tra questi Raffaele Mosca».

Ma in arrivo ci sono anche tre ragazzi italiani, uno svizzero e cinque ragazzi africani provenienti da un po’ tutto il Continente.

«Con i ragazzi africani non ho avuto molte possibilità di parlare personalmente, ma ci siamo scambiati dei messaggi. Però con due di loro, qualche confronto in più c’è stato. E ci ha parlato soprattutto Kevin Campbell (uno dei manager del team, ndr) che li ha diretti all’Avenir. In Francia hanno corso con il team dell’Uci e a dargli supporto tecnico, staff e mezzi, eravamo noi».

Qui il Tour du Rwanda. Il livello delle corse esotiche, tra cui quelle africane, sta crescendo nettamente
Qui il Tour du Rwanda. Il livello delle corse esotiche, tra cui quelle africane, sta crescendo nettamente

Calendario mondiale

Daniele Nieri ha parlato di un calendario più importante. Gare U23 ma anche esperienze con la professional e corse all’estero. Nel ciclismo che si espande a livello mondiale un progetto simile non può esimersi dal fare determinate esperienze.

E poi basta pensare che nel 2025 i mondiali si disputeranno in Rwanda… Bisogna insistere.

«Faremo di certo anche noi delle corse in Africa – spiega Nieri – e le faremo sia noi che la professional. Rwanda e Amissa Bongo ormai sono corse vere, ci vanno le squadre buone, ci sono in ballo punti Uci. E sì: ci vogliamo andare».

Le prime uscite, soprattutto con ragazzi africani di primo anno, non sono semplici da gestire (foto Instagram)
Le prime uscite, soprattutto con ragazzi africani di primo anno, non sono semplici da gestire (foto Instagram)

Solidaretà totale

Lavorare con ragazzi che arrivano da Paesi lontani, con culture sportive (e non solo sportive) molto diverse dalle nostre non è facile. E non lo è anche nel concreto. Magari in allenamento, specie nei primi mesi, Nieri e il suo collega Simone Antonini, si ritrovano corridori che hanno parecchia differenza tra di loro, specie con gli atleti di primo anno. Coordinarsi non è facile. Non è così scontato trovare una certa coralità in tempi brevi.

«Chiaro che cerchiamo di prendere chi va più forte – spiega Nieri – ma prima di far firmare un ragazzo non valutiamo solo i dati, ma andiamo a vedere anche la persona. 

«Per quanto riguarda l’integrazione è un bel lavoro. Per un ragazzo dei nostri stare con loro non è facile. I ragazzi africani sono bravissimi, gli darei un polmone se ce ne fosse il bisogno, ma certe differenze sono evidenti. Differenze anche culturali: l’uso dei social, del telefonino, dell’alimentazione, usare GoogleMap… In questo caso mi danno una grossa mano i ragazzi italiani».

«Dico loro di stargli vicino, di aiutarli nella vita quotidiana. Devono essere bravi a capire tutto ciò. In questi anni ho avuto un ragazzo che non è stato bravo… di più. Ed è Luca Coati. Una spanna sopra a tutti. Luca ha svolto un grande lavoro.

«E tra tutti si è stabilito un così bel rapporto che Tesfatsion, per esempio, nonostante abbia cambiato squadra ha preso casa vicino a me. Ed Henok Mulubrhan scherzando Coati lo chiama “Amore”! Fuori dalla bici gli si deve dare una mano e in gara li si deve aiutare a leggere la corsa».

Tosatto: «Rodriguez sa cosa vuole, è tosto e migliora»

23.10.2022
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Primo grande Giro concluso al settimo posto. Una caduta tremenda. Tante buone prestazioni e una tenuta psicofisica da veterano nell’arco delle tre settimane e dell’intera stagione. Vogliamo tornare a parlare di Carlos Rodriguez. E lo facciamo con chi in quella Vuelta lo ha guidato dall’ammiraglia e gli è stato vicino da Utrecht a Madrid, vale a dire il diesse Matteo Tosatto.

Il gioiellino spagnolo della Ineos Grenadiers è un campione che, a nostro avviso, dovremmo imparare a conoscere. E bene. Meno appariscente del suo “storico” rivale Juan Ayuso e di un Remco Evenepoel, non ha però meno sostanza di loro. Anzi…

Matteo Tosatto (classe 1974) è sull’ammiraglia dal 2017
Matteo Tosatto (classe 1974) è sull’ammiraglia dal 2017
Matteo, Carlos Rodriguez: cosa dici di questo atleta?

E’ un bravissimo ragazzo, molto giovane. Ha già fatto vedere belle cose. E’ arrivato da noi che era uno juniores. E la cosa più importante è che anno dopo anno si è sempre migliorato e lo ha fatto su ogni terreno: salita, crono, sprint… Quest’anno avevamo in programma di fargli fare il primo grande Giro ed è arrivato alla Vuelta consapevole di poter far bene. Aveva vinto il campionato spagnolo, una tappa ai Paesi Baschi e avendo fatto altre belle performance era fiducioso. Poi noi gli abbiamo lasciato carta bianca.

Poteva quindi attaccare, essere libero?

Poteva fare classifica o aiutare Carapaz nel caso Richard fosse stato in lotta per la Vuelta. Poi Richard è uscito quasi subito dai giochi e Carlos è stato più libero. Unico rammarico: la caduta terribile. Questa non gli ha permesso di lottare per il podio o arrivare quarto. Nei primi cinque ci sarebbe stato di sicuro. E’ arrivato settimo, ma per noi è come se fosse stato tra i primi cinque. Un altro sarebbe andato a casa.

Una brutta caduta in effetti, almeno da quel che si è visto dalle immagini…

Bruttissima. Ha mostrato una solidità impressionante. Vi dico solo che al Lombardia aveva ancora le ferite della Vuelta. Dopo la caduta è ripartito subito. Ma avendo rotto il casco lo abbiamo fermato. Ci sono dei protocolli da rispettare. Gli dicevo di fermarsi, di aspettare un attimo. E lui: “Sto bene, sto bene. Vado avanti”. “No – ribattevo io – hai rotto il casco, hai sbattuto la testa dobbiamo essere sicuri che puoi continuare”. 

Coriaceo…

Io dalla macchina gli chiedevo: “Come ti chiami?”. Lui mi guardava un po’ così, ma rispondeva bene, quasi con ironia. “Mi chiamo Carlos Rodriguez, Matteo Tosatto. E sono nato ad Almunécar il 2 febbraio 2001. Sto bene e voglio andare avanti”. Dopo una decina di chilometri, visto che si andava piano, lo abbiamo fermato. Ha parlato con il dottore. Ha fatto i suoi test per una trentina di secondi ed è ripartito.

E quella sera?

Già sul bus, poverino, era martoriato. In hotel, poi, mi diceva che gli faceva male tutto, ma anche che sarebbe potuta andare peggio. Lì ho davvero capito che non voleva mollare di un centimetro. Il giorno dopo ancora, ancora. Ma due giorni dopo ha sofferto tantissimo. Bisogna solo fargli un monumento per ciò che ha fatto. Ha mostrato un grande carattere.

E si è anche guadagnato il rispetto dei compagni?

Quello già ce lo aveva. E’ un ragazzo che si fa voler bene. Ma ho visto che dallo staff, dai meccanici ai massaggiatori, tutti hanno detto e capito quanto grande sia stato a portare a termine la Vuelta in quelle condizioni. Nelle ultime tappe gli ho detto: “Noi proviamo, ma se ti stacchi anche nei primi dieci minuti di corsa la tua Vuelta l’hai già vinta prima della caduta”. E lui: “No, la mia Vuelta finisce domenica”. Questo ti fa capire tante cose e quanto sia determinato.

Un punto forte di questo ragazzo è la testa dunque?

Assolutamente sì. Non ha mollato. Ma allo stesso tempo, a mio parere, non sente la pressione. Si concentra e s’innamora delle corse che gli piacciono. Alla sua età sa già cosa vuole. Prima di quest’anno per esempio ci ha detto: “Voglio fare la Strade Bianche perché una corsa che mi piace”. Era la prima volta che la faceva è stato l’unico che ha risposto agli attacchi di Pogacar. Idem il Lombardia e la Vuelta. Vuole migliorare ogni anno… E’ questo il piano nella sua testa ed è un piano chiaro.

Nella crono di Alicante Rodriguez è stato quarto a 1’22” da Evenepoel
Nella crono di Alicante Rodriguez è stato quarto a 1’22” da Evenepoel
In salita è un po’ al limite o per te ha dei margini ulteriori?

Per me ha dei margini. Non ha lo scatto secco o il cambio di ritmo netto, ma preferisce andare di passo e con le sue doti da cronoman e la sua giovane eta, ricordo che ha 21 anni, può fare ancora molto. Abbiamo visto i suoi dati e i suoi step di stagione in stagione e per me anche fisicamente non è del tutto maturo.

Il fatto che Carlos non abbia la “botta secca” è una limitazione nel ciclismo moderno?

Non penso. Ognuno ha il suo modo di correre, ma rispetto ad altri va più forte a crono. E sulla bici da crono ci lavora tanto e questo è di certo un punto favorevole.

Ti ricorda qualcuno? Tu sia da corridore che da diesse nei hai visti tanti…

Mah – ci pensa un po’ Tosatto – forse un Ivan Basso, uno regolare. Ha le caratteristiche di un passistone ma che va forte in salita. Non è lui che ti fa dieci scatti in salita. Però ha la capacità di essere al limite per tanto e si sa gestire in quei momenti. Ed è una cosa a dir poco importante.

Che programmi di lavoro avete previsto? 

Per ora non lo sappiamo. Nel ritiro degli scorsi giorni abbiamo stilato il programma di gare che faremo come squadra ma ancora non siamo scesi nello specifico. A dicembre, con i feedback dei coach e con gli incontri tra gli atleti e i direttori, vedremo cosa fare. E di conseguenza decideremo, soprattutto per i grandi Giri e per le classiche maggiori.

Il duello tra Carlos Rodriguez e Juan Ayuso ha infiammato la Vuelta e gli spagnoli
Il duello tra Carlos Rodriguez e Juan Ayuso ha infiammato la Vuelta e gli spagnoli
C’è la possibilità di vederlo al Giro d’Italia?

Può avere delle possibilità. Ma dipende da molte cose. Per esempio se vuol fare bene la primavera con le classiche e la Strade Bianche, o più avanti con il Catalunya e i Baschi. Inoltre dovremmo vedere chi sarà il capitano. Di certo dopo la Vuelta può provare a fare altro. L’Italia gli piace. Ama le nostre corse e magari questo inciderà. Ma essendo così solido magari dirà alla squadra: “Voglio andare al Tour”. O non mi stupirei se volesse fare la Vuelta da leader. Ma sono idee mie.

In Spagna hanno messo su un dualismo con Ayuso…

Fanno i paragoni con Ayuso perché entrambi sono vincenti, forti, giovani e lottano già dalle categorie minori. Carlos ha un anno di più… Poi dopo che anche Valverde ha smesso i media vogliono creare un po’ rivalità, fare notizia. In più sono molto diversi, come persone e come corridori.

Lo scorso anno all’Avenir, sul Piccolo San Bernardo abbiamo la sua immagine mentre attendeva il verdetto: si giocava la maglia gialla finale per una questione di secondi. Ha mostrato il suo essere ingegnere in tutto e per tutto: una sfinge. Ma è davvero così chiuso e serio o a “telecamere spente” è più aperto?

E’ professionale al 110%, ma quando si stacca il numero è altrettanto professionale… a fare festa! I genitori lo hanno educato bene. Ha grande rispetto per ogni membro dello staff. Sa cosa vuol dire fare fatica e rispetto. Ha le basi solide per una lunga e ottima carriera.

Quanto è dura per i giovani italiani? Discorsi con Bramati

14.10.2022
5 min
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Nell’ultimo editoriale avevamo fatto una riflessione secondo la quale molti giovani stando spesso al servizio dei capitani non hanno attitudine con i finali di corsa. Non hanno quello spunto tattico che gli consente di vincere o semplicemente di non sbagliare. Per fare un esempio, Pogacar al Fiandre commette un pasticcio in volata, al Lombardia si ritrova in una situazione simile, ma grazie anche a quell’esperienza non si fa cogliere in castagna.

Ma in generale, i giovani che militano nel WorldTour sono spesso adombrati dai campioni e poiché non ci sono squadre totalmente italiane tutto ciò riguarda di più i “nostri” ragazzi. 

Davide Bramati (classe 1968) ha corso fino al 2006 ed è subito salito in ammiraglia
Davide Bramati (classe 1968) ha corso fino al 2006 ed è subito salito in ammiraglia

Parla Bramati

Ne abbiamo parlato con Davide Bramati, direttore sportivo di stampo moderno, che è alla guida di uno dei team più titolati, la Quick Step-Alpha Vinyl. Nella sua squadra per esempio ci sono due dei talenti italiani più forti, vale a dire Davide Ballerini e ancora di più , vista la sua età, Andrea Bagioli. 

«Io – spiega Bramati – credo che le opportunità alla fine ci siano per tutti. Poi bisogna analizzare stagione per stagione. Parlando di Ballerini e Bagioli quest’anno non sono mai stati al 100%, hanno avuto parecchia sfortuna tra cadute, Covid e quest’ultima influenza che li ha debilitati non poco. Per esempio Ballerini aveva vinto ad inizio stagione, poi aveva ritrovato il successo in estate e quando iniziava a stare bene è caduto a Burgos non arrivando al meglio al mondiale. Ha iniziato a stare bene quando la stagione era finita.

«Facendo un discorso generale, nelle squadre più grosse ci sono grandi campioni e chiaramente c’è più possibilità che i giovani debbano mettersi a disposizione. Un giovane che passa deve sapere che può fare il gregario, ma deve mantenere quello spirito, quella voglia di vincere che aveva da dilettante. Poi ripeto, alla fine le possibilità vengono date a tutti».

Bramati insiste molto sul fatto che negli ultimi anni il Covid abbia condizionato moltissimo la situazione. Racconta che loro, che sono una squadra votata alle classiche, specie quelle del Nord, spesso hanno avuto difficoltà a mettere insieme sei corridori anche per il pavé. Una situazione simile non avvantaggia nessuno, men che meno i giovani.

Giro 2021: Ganna tira per Bernal… Molti reclamarono: la maglia rosa avrebbe meritato più rispetto
Giro 2021: Ganna tira per Bernal… Molti reclamarono: la maglia rosa avrebbe meritato più rispetto

Come Ganna

In apertura abbia parlato del fatto che i ragazzi italiani possano pagare più dazio rispetto ad altri. Facciamo un discorso generale, non relativo solo alla Quick Step-Alpha Vinyl. Oltre a Bagioli e Ballerini, pensiamo a Oldani, Conca (in apertura mentre tira per la Lotto Soudal), Aleotti, Tiberi, Covi… Ecco, Alessandro nonostante abbia già ottenuto buoni risultati, quando ci sono Pogacar o Almeida, deve mettersi a disposizione.

Rota e Pasqualon si sono salvati un po’ meglio perché corrono in un team in cui il loro peso specifico è maggiore.

Ma in generale tutti questi corridori (e altri) quanta fatica hanno fatto per trovare il loro turno? Di certo in un team del tutto italiano avrebbero qualche difficoltà in meno. Quantomeno sarebbero più tutelati. Ricordiamoci quando Ganna in maglia rosa e campione mondiale a crono dovette mettersi a disposizione di Bernal.

E’ anche vero che il ciclismo è cambiato e spesso anche i super campioni lavorano per i compagni, però da lì a fermare una maglia rosa italiana al Giro… ce ne vuole.

E quanti giovani che magari non hanno il “mega motore” di Ganna, o non sono cronoman che possono mostrare il loro valore individualmente, rischiano di restare nascosti? Passa una stagione, ne passano due ed ecco che un potenziale campione rischia di non fiorire del tutto.

Andrea Bagioli, al lavoro per Alaphilippe. Andrea è tra i giovani più promettenti del nostro ciclismo
Andrea Bagioli, al lavoro per iAlaphilippe. Andrea è tra i giovani più promettenti del nostro ciclismo

Se fatica Bettini…

Lo stesso Paolo Bettini, per esempio, forte di due mondiali e correndo alla Quick Step, non potè mai del tutto puntare al Giro delle Fiandre in quanto chiuso dell’enfant du pays, Tom Boonen. C’era sì, ma non con tutta la fiducia del team. Bramati all’epoca era un corridore di quella corazzata.

«Però – racconta Bramati – se è vero che c’era gente come Boonen, è anche vero che Bettini viste anche le sue caratteristiche puntava forte sulle Ardenne. E arrivare al top dalle classiche del pavé alle Ardenne è lunga. E comunque l’anno che vinse la Sanremo ci ha provato.

«E poi c’è un’altra cosa da dire. Se vuoi provare a vincere un Fiandre, prima devi fare altre corse sul pavé. E fare quelle corse significa per forza di cose rinunciare ad altre gare. Magari se punti alle Ardenne vai al Paesi Baschi: strappi, salite, ritmo, maltempo…».

A inizio stagione Covi ha avuto spazio. Al Giro fino quando c’è stato Almeida ha aiutato. Poi ha sfruttato al massimo le sue possibilità
A inizio stagione Covi ha avuto spazio. Al Giro fino quando c’è stato Almeida ha aiutato. Poi ha sfruttato al massimo le sue possibilità

Ragazzi pronti

Prima Bramati ha detto una cosa importante: mantenere lo spirito vincente che si ha da U23.

«Bisogna mantenerlo – ripete – perché come ho detto la tua occasione arriva. Noi qualche anno fa vincemmo con ben 19 corridori. Lo spirito non lo devi perdere perché può capitare che ti ritrovi davanti in un finale di corsa, perché puoi ritrovarti in una situazione favorevole».

Vero, ci si può ritrovare davanti, ma se hai poca esperienza perché hai sempre aiutato cosa ti inventi? È normale che non si abbia la freddezza necessaria, che ci sia il batticuore.

«Un campione è campione perché sa quando e come muoversi – dice Bramati – è anche una questione di carattere. Poi certo l’esperienza serve in certi casi, ma se su dieci finali di corsa ne perdi la metà, l’altra la devi azzeccare. E se non lo fai c’è qualcosa che non funziona. E ugualmente non è detto che non sia un campione. Se si ritrovano in un finale Van Aert, Alaphilippe e Van der Poel, chi vince? E chi perde non è un campione?

«E’ difficile dire se sia più facile o difficile affermarsi oggi per un ragazzo. Il ciclismo è diverso, il calendario è diverso, il gruppo è diverso. Prima oltre agli europei c’erano un colombiano e un australiano. Adesso ce ne sono dieci di colombiani. E oltre a loro tanti altri. Adesso il giovane che passa, passa perché è pronto. Può e vuole vincere subito… E anche in questo caso non è detto che se non vince subito non possa essere un campione».

I giovani, i veterani, gli scatti… un martedì da leoni

04.10.2022
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Ma quanto è bello questo ciclismo? Nessuno lascia nulla a nessuno. Si combatte fieramente. Tutti “cagnacci sull’osso”. E che cagnacci! La Tre Valli Varesine ci ha regalato un martedì pomeriggio di ciclismo a dir poco entusiasmante. Quasi, quasi, neanche al mondiale c’erano questi nomi.

Pogacar che insegue Mas. Nibali che insegue e rilancia. Valverde che non cede mezzo passo. Ulissi che un po’ lavora e un po’ sembra poter dire la sua. Pozzovivo, Bardet, Yates…

Antipasto Lombardia

E sì che sabato si corre il Giro di Lombardia, l’ultima classica monumento della stagione ma, ragazzi, se questo è l’antipasto… chissà come sarà il primo! Però, e torniamo al bello di questo ciclismo, i corridori oggi a tutto sembravano pensare tranne che al Lombardia. Oggi c’era la Tre Valli Varesine e per la Tre Valli si è corso.

E forse il miglior riassunto lo ha fatto Vincenzo Nibali alla Gazzetta: «Siamo andati fortissimo dall’inizio alla fine e il fatto che si sia arrivati in volata vuol dire che in tanti stanno bene in vista di sabato».

E’ il ciclismo 2.0. Un ciclismo dove i “vecchietti”, quelli super, sgomitano con i ragazzini. Ragazzi che non hanno “rispetto”, anche se è decisamente meglio utilizzare il termine, riverenza per nessuno.

Magari nel ciclismo di qualche anno fa il buon Bax, l’altro giorno all’Agostoni non si sarebbe mai permesso di togliere la vittoria ad un Valverde che sta chiudendo la carriera. E oggi nessuno avrebbe chiuso con tanta insistenza su Nibali, alla penultima gara della vita da pro’. Ma questo è: duelli sinceri ed aperti. E un po’, va detto, i punti in ballo per la classifica UCI a squadre hanno il loro peso.

Valverde e Mas, coppia di classe e di forza per il Lombardia
Valverde e Mas, coppia di classe e di forza per il Lombardia

Mas sontuoso

Ma se la Tre Valli ha illuminato questo martedì e al tempo stesso ha brillato di luce propria, è innegabile che il piatto forte resta il Lombardia. E in tal senso i due nomi che svettano sono gli stessi dell’Emilia: Enric Mas e Tadej Pogacar.

Stavolta il corridore della UAE Emirates si è preso una rivincita sul rivale della Movistar. Una vittoria a testa.

In questo avvicinamento, il cammino dello sloveno con un secondo e un primo posto sembra migliore rispetto a quello dello spagnolo. Tuttavia l’analisi qualitativa delle corse lascia protendere leggermente l’ago della bilancia in favore del majorchino.

E’innegabile che Mas in salita abbia mostrato di avere qualcosa di più, almeno sino ad oggi. Riesce a spingere quel dente in più che a Tadej sembra mancare sin dal Tour. I suoi scatti non creano il vuoto come ci aveva abituato. E’ stato così per certi aspetti oggi (poco), ma soprattutto sul San Luca tre giorni fa.

Mas dal canto suo sembra in uno stato di grazia. Pedala sciolto. La sua azione è morbida. Insomma, si vede che ne ha.

Lo sprint: l’arma in più di Pogacar
Lo sprint: l’arma in più di Pogacar

Il morso di Pogacar 

Però Pogacar è Pogacar. E ci sta anche che dopo una stagione, anzi un’estate difficile, possa essere sulla via del recupero totale o semi-totale. E sappiamo che un Pogacar anche al 95% è devastante. E poi è veloce. Magari non farà il vuoto in salita, ma se poi non lo si stacca sono dolori. Valverde lo ha imparato a Liegi un anno fa. E lo ha ripassato oggi a Varese.

Di fatto il suo avvicinamento al Lombardia è migliore di quello dello scorso quando si fermò all’Emilia e fu terzo alla Tre Valli Varesine. Mas di Lombardia ne ha fatti due, uno in più di Pogacar, il suo miglior risultato è stato un 13° posto nel 2019. Dalla sua ha la resistenza della Vuelta che potrebbe agevolarlo in una corsa che misura oltre 250 chilometri e che presenta salite (e un dislivello) ben più duri di oggi.

E non va dimenticata l’incognita Vingegaard. Oggi il danese era assente, ma anche lui si presenta con un coltello ben affilato dopo il ritorno spumeggiante in Croazia. Magari tra i due litiganti il terzo gode.

Passerella Remco 

E sempre in questo assolato martedì pomeriggio, mentre in Italia ci si scornava di brutto, un migliaio di chilometri più a Nord, il Belgio s’inchinava e abbracciava Remco Evenepoel. Il loro beniamino vestiva per la prima volta la maglia iridata in corsa.

In più i belgi sapevano che sarebbe stata l’unica volta. Per rivederla dovranno attendere l’anno nuovo. Con la testa Remco ha già staccato. Ed è già sull’altare… si sposerà a giorni. E’ arrivato ultimo, per la precisione terzultimo. Erano in tre hanno chiuso la corsa ad oltre 6′. Anzi che l’ha conclusa.

All’arrivo è stato laconico: «Vi posso dire con il sorriso che la mia stagione è finita». Probabilmente era finita prima di partire, ma il bello è anche questo: concedersi ai tifosi. Concedersi ad una nazione che oggi era riversata a bordo strada tutta per lui. Neanche si fosse trattato di una Liegi.

Guzzo vince, aiuta, si piazza ma per ora niente professionismo

20.09.2022
3 min
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Tira, aiuta, vince. Federico Guzzo (in apertura foto Cycling Shoots), classe 2001, è uno dei corridori più completi della  Zalf Euromobil Desiree Fior. Il trevigiano quest’anno si è già portato a casa cinque corse, tre secondi posti, un terzo e ha colto altri due piazzamenti nei primi dieci.

Guzzo ha vinto San Vendemiano e la Piccola Sanremo, il che denota una certa capacità ad adattarsi a tracciati differenti. Lui si definisce un corridore che ama attaccare, che non ha paura di prendere il vento in faccia. Ideale per i percorsi misti e per le salite brevi.

Guzzo (il secondo da destra) dopo la vittoria di Bruttomesso al Giro U23. Federico si fermerà alla terza tappa, caduto su uno spartitraffico
Guzzo (il secondo da destra) dopo la vittoria di Bruttomesso al Giro U23. Federico si fermerà alla terza tappa, caduto su uno spartitraffico

Regista vincente

Questa estate, al termine della prima tappa del Giro U23, vinta dal compagno Alberto Bruttomesso, era stato il portavoce del team. Parlò lui a nome di tutti e furono proprio i ragazzi a dirci di confrontarci con Federico.

«Mi fa piacere – dice Guzzo – con i compagni ho un ottimo rapporto, vado d’accordo con loro e loro con me. Siamo un gruppo di amici e quando c’è da faticare insieme siamo uniti e questo fa la differenza.

«Sicuramente non sono un corridore egoista, mi piace aiutare soprattutto se il lavoro è finalizzato alla vittoria. Ma mi piace anche se ci muoviamo bene, se facciamo il nostro. Mi prendo le mie responsabilità, quando ho dovuto fare la corsa l’ho fatto e anche bene».

Guzzo sul podio della Firenze-Empoli. Il ragazzo di Conegliano ha iniziato alla grande la sua stagione
Guzzo sul podio della Firenze-Empoli. Il ragazzo di Conegliano ha iniziato alla grande la sua stagione

Niente pro’…

Un corridore con caratteristiche simili ricorda vagamente Lorenzo Germani. L’atleta della Groupama-Fdj  è davvero un regista in corsa. È lui che orchestra le operazioni della squadra.

Eppure nonostante le vittorie importanti, il prossimo anno sarà ancora un under 23, Guzzo sembra non passare con i grandi.

«Al momento – spiega Federico – non ho avuto offerte. Perché? Non lo so… Forse perché ho mancato un po’ di continuità.

«Vedremo cosa fare. Un conto è se passo professionista e un conto se resto under 23… devo valutare un po’ tutto. In più adesso devo sistemare alcune cose personali, che vorrei tenere per me. Ma comunque l’idea è di andare avanti».

Guzzo conquista la quinta vittoria a Sovizzo (foto Cycling Shoots)
Guzzo conquista la quinta vittoria a Sovizzo (foto Cycling Shoots)

Alti e bassi

«In generale – dice Guzzo – la stagione è stata buona. Sono partito forte. Ho vinto a San Vendemiano (e prima alla Firenze-Empoli, ndr) ed è il successo che ho sentito più mio. Si correva sulle strade di casa e la società organizzatrice, il Velo Club San Vendemiano, è quella in cui sono cresciuto. E’ stato un po’ come ripagarli».

«Poi però nel corso dell’anno ho avuto un calo. Un calo sensibile. Un po’ per la caduta al Giro under e un po’ per qualche errore mio. Non mi sono allenato sempre benissimo in concomitanza con il caldo e di fatto sono sparito dagli ordini di arrivo per due mesi, i mesi più caldi appunto. Io soffro le alte temperature.

«Però adesso sto di nuovo bene».

Per questo finale di stagione, Guzzo si sta preparando per le ultime gare: Collecchio (che si corre giusto oggi), Coppa Varignana, Ruota d’Oro.

«Sono tutte corse under 23, con i pro’ abbiamo finito per quest’anno».

Valerio Piva: «Pronti ad accogliere Delle Vedove»

17.09.2022
4 min
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Alessio Delle Vedove (in apertura foto Philippe Seys) passerà nelle fila della Intermarché Wanty Gobert. O meglio sarà nell’orbita di questo team, in quanto approderà nella squadra giovanile della WorldTour belga che nascerà giusto a partire dal 2023.

Ne avevamo parlato qualche tempo fa con il ragazzo stesso. Si tratta di un ennesimo super giovane che approda al professionismo e di un altro italiano che lascia la propria nazione per un’esperienza all’estero. 

Su carta sembra ideale il Belgio per Delle Vedove: è un corridore potente, veloce, di una certa “stazza”. Il corridore della Borgo Molino Rinascita Ormelle va forte anche a crono, ha già saggiato il pavé nella Roubaix juniores con la maglia azzurra. E soprattutto ha talento. Può fare bene.

Lassù troverà un tecnico italiano, Valerio Piva, direttore sportivo che di esperienza ne ha in abbondanza, ma forse anche per lui ritrovarsi con uno juniores è una novità.

Valerio Piva (classe 1958) è alla Intermarché Wanty Gobert dal 2021
Valerio Piva (classe 1958) è alla Intermarché Wanty Gobert dal 2021
Valerio, Delle Vedove sarà con voi, lavorare con un “ragazzino” è una novità anche per te?

In effetti è qualcosa di insolito anche per me. Ma ricordo che Delle Vedove andrà nella nostra squadra giovanile e ogni tanto potrà fare delle gare con la WorldTour. L’obiettivo è di farlo crescere nel modo migliore. Dobbiamo coltivare il suo talento. E’ importante che stia comunque con noi, che stia in Belgio. Alessio deve imparare i nostri metodi di allenamento, i nostri modi di fare.

Come lo avete individuato?

Abbiamo chi è addetto allo scouting, chi segue i giovani e non decide solo in base ai risultati. Io almeno non mi baso su quelli. Il risultato è il finale di un percorso. Io cerco di capire chi è davvero il ragazzo, come corre, che famiglia ha alle spalle, che gare ha fatto… è un insieme di cose. E poi chiaramente ho anche chiesto informazioni a dei tecnici che conosco, che sono esperti del mondo giovanile, che personalmente non ho troppo tempo di seguire essendo sempre in giro con la prima squadra.

Delle Vedove (classe 2004) impegnato a cronometro (foto Instagram)
Delle Vedove (classe 2004) impegnato a cronometro (foto Instagram)
Delle Vedove starà in Belgio con voi?

Sì, ma facciamo una precisazione. Noi della WorldTour abbiamo la sede a Courtrai, più verso il confine con la Francia, non lontano da Lille, mentre la sede della continental è nel magazzino della logistica che si trova più nel centro del Belgio, più o meno a metà strada tra Leuven ed Anversa. Anche perché con le gare di cross lì è molto più comodo. Detto ciò: sì, gli daremo l’opportunità di stare in Belgio, abbiamo un appartamento per i ragazzi. Poi è anche vero che stare in Belgio in certi periodi dell’anno non sia propriamente un regalo!

Ah, sicuro: il clima non è dei migliori…

Però potrà prendere feeling con il clima, con il pavé, con la nostra mentalità… 

Alessio sembra essere un corridore potente, un passista veloce. Ed anche in virtù di queste doti è stato portato in pista, tra l’altro con ottimi risultati. Gli lascerete aperta la porta del parquet?

Chiaramente i programmi li decideremo insieme. Noi siamo più propensi alla strada, ma se dovesse rientrare nei programmi della Federazione e della nazionale, okay. La pista è una scuola. Anche io vengo da lì. Può essere utile per il suo futuro, contribuisce allo sviluppo atletico e tecnico dell’atleta. E’ un bel bagaglio che si porta dietro. Quindi non sono contrario. Però, ripeto, prima facciamo i programmi.

Van Melsen (classe 1985) smetterà di correre fra pochi giorni e salirà in ammiraglia alla guida dei giovani della Intermarché
Van Melsen (classe 1985) smetterà di correre fra pochi giorni e salirà in ammiraglia alla guida dei giovani della Intermarché
Seguirai tu stesso Delle Vedove?

Lo seguirà Kevin Van Melsen, che tra l’altro in questi giorni sta ancora correndo in Italia e terminerà la carriera a fine stagione. Abbiamo scelto appositamente un tecnico giovane, fresco di gare. Uno che conosce e ha praticato fino all’ultimo il ciclismo moderno. Io potrò essere certamente un contatto e un aiuto per lui, specie per la lingua.

Hai già conosciuto il ragazzo?

Non ancora. Adesso io sono in Italia per queste gare di fine anno. Poi tornerò in Belgio e poi ancora riscenderò in Italia per le ultime gare. Magari lo vedrò a ridosso del Lombardia. In ogni caso a fine ottobre ci conosceremo di sicuro, in quanto con la squadra stiamo organizzando un incontro, che sia una cena di gala o un team building, vedremo.

Invece Valerio, qual è il tuo pensiero sui giovanissimi che passano? Al netto che Delle Vedove ufficialmente sarà in una continental…

Io dico che per me si dovrebbe arrivare al WorldTour per gradi. E’ come a scuola: prima le medie, poi le superiori, poi l’università… Le eccezioni ci sono state. Che poi la vera eccezione è stata una: Evenepoel e nonostante tutto anche lui ha avuto le sue belle difficoltà e ha pagato lo scotto di questa crescita veloce. Io preferisco una crescita graduale: juniores, under 23, pro’. Tutti oggi vanno a caccia del talento. C’è chi lo fa per lavoro e li fanno firmare il più presto possibile. Vogliono arrivarci prima degli altri e quando è così diventa un business e non va bene. Prima di fare certi salti i ragazzi devono imparare tante cose. Devono diventare uomini e poi atleti. 

BikeExchange e Colleoni, un progetto che doveva andare avanti

17.09.2022
4 min
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E’ notizia di qualche giorno fa il prolungamento del contratto di Kevin Colleoni con la BikeExchange-Jayco. Ed è una buona notizia per un giovane italiano che milita in una squadra WorldTour. Questo consente al ragazzo lombardo di poter passare un inverno sereno e soprattutto di dare continuità a questo processo di crescita.

Lo spettro, diciamolo pure, era che senza risultati altisonanti e con il frettoloso ricambio generazionale che si è innescato, l’avventura di Colleoni nel WorldTour potesse interrompersi. Fortunatamente così non è stato. Copeland e i suoi tecnici, tra cui un certo Marco Pinotti, hanno creduto su questo atleta.

Colleoni (classe 1999) è rientrato in corsa nelle prove canadesi. Ora sotto con quelle italiane
Colleoni (classe 1999) è rientrato in corsa nelle prove canadesi. Ora sotto con quelle italiane
Kevin, hai rinnovato per un’altra stagione. Come è andata?

In realtà l’accordo c’era già da un po’ di tempo e per questo ero tranquillo. Era un accordo preso già ad inizio anno, poi quando me lo hanno proposto concretamente ho accettato subito.

Perché?

Perché mi sono sempre trovato molto bene in questo team e non avevo nessun motivo per rifiutare o cercare altro. Io sono contento e fiducioso. Sento che ogni anno faccio dei progressi. So che ci sono anche ragazzi più giovani e forti di me, ma non devo guardare a quei fenomeni che si contano sulle dita di una mano. Voglio crescere con costanza. E l’importante è non avere delle fasi di calo.

Avevi avuto altre offerte?

No, o almeno non so. Io ho cercato sempre e solo di parlare con la BikeExchange, pertanto non so se ci sono state, o ci sarebbero potute essere, altre offerte. Questo era l’obiettivo e l’ho raggiunto.

La dirigenza ha creduto in te, dunque…

Quando ero ancora un under 23 l’obiettivo con loro era quello di crescere e fare esperienza. E lo scorso anno prendendo parte a più gare di seconda fascia un po’ ne ho fatta. Quest’anno sento che vado meglio, ho fatto qualche step e già lavoro in ottica 2023, per continuare a crescere ed arrivare a fare più gare di prima fascia.

Per crescita Colleoni intende anche il feeling con la squadra e la sua maturità nell’essere corridore a 360°
Per crescita Colleoni intende anche il feeling con la squadra e la sua maturità nell’essere corridore a 360°
Quanto ha contato la presenza del tuo coach, Marco Pinotti?

Per me ha inciso tanto. L’anno scorso era un ambiente nuovo per tutti. Sono arrivato in una squadra australiana e mi ha aiutato a non essere una figurina. Marco mi ha aiutato sia dal punto di vista della preparazione che da quello gestionale all’interno della squadra.

Hai parlato di corse di primo livello. Sei reduce dalla trasferta americana con le due gare WorldTour in Canada. Sei soddisfatto?

Senza più la Vuelta, venivo da un periodo di stacco di tre settimane: niente corse. E quella era l’occasione giusta per iniziare a gareggiare pensando alle gare italiane, che sono il vero obiettivo, e per aiutare Matthews. Sono in crescita ma non sono ancora al meglio.

E quali saranno queste gare italiane in cui vuoi fare bene?

Farò la Coppa Agostoni il 29 settembre, quindi l’Emilia, la Tre Valli e il Lombardia.

Prima hai detto che non hai fatto la Vuelta, che invece era da programma: come mai? E ancora: fare un grande Giro è l’obiettivo del prossimo anno?

Sì, è uno dei goal del prossimo anno. Io mi sono posto come obiettivo la partecipazione al Giro d’Italia. Poi ne discuteremo bene a fine anno con la squadra. Riguardo alla Vuelta, non sono più andato per una decisione della squadra e anche per potermi concentrare meglio sul finale di stagione, su quelle gare che vi ho detto.

Colleoni è seguito da Marco Pinotti, con lui cura anche il discorso della crono
Colleoni è seguito da Marco Pinotti, con lui cura anche il discorso della crono
Con il discorso dei punti come sei messo? Fai parte dei primi dieci del team, quelli che contribuiscono al punteggio?

Fortunatamente sì e forse anche per questa motivazione non sono andato alla Vuelta e ho preso parte ad altre gare. L’obiettivo è fare più punti possibili da qui a fine anno, aiutando Simon Yates, che rientra dopo il Covid della Vuelta, e cercando il risultato personale.

Hai le idee chiare… Tra quelle che hai nominato, quale classica ti piace di più?

Il Lombardia. So che è WorldTour ed è più difficile, ma parte da Bergamo dove sono nato e dove mi alleno a volte. L’ho fatto anche l’anno scorso, mi era piaciuto e stavolta parto con un po’ di esperienza in più. E poi la gara di Montreal, dove sono andato bene, per certi aspetti gli somiglia. Insomma la base per fare bene c’è.

Te lo auguriamo…

E anche la Agostoni mi piace molto. Quella è un po’ la corsa di casa. Lissone è a dieci chilometri da casa mia e quelle delle Brianza sono le strade dove mi alleno tutti i giorni.

Colleoni, la crescita c’è, ma il grande Giro deve attendere

11.08.2022
4 min
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Tra le belle notizie dello Sazka Tour, non c’è stata solo la vittoria di Lorenzo Rota, ma anche l’ottima prestazione di Kevin Colleoni. Il lombardo della BikeExchange-Jayco è arrivato terzo, ma quel che più conta è stato il segnale che ha dato e le sensazioni che avuto.

Kevin ci racconta di essere in crescita, che la gamba inizia a girare e che la differenza rispetto allo scorso anno, quando era un debuttante tra i pro’, si sente.

Da oggi sarà impegnato in Norvegia, all’Arctic Race. Gambe e morale sono alti. «L’obiettivo – ammette Colleoni – è fare punti per la squadra con Groenewegen per le volate e Schultz per la generale. Magari per me è un po’ complicato fare risultato, ma vedremo giorno per giorno».

In Repubblica Ceca per Colleoni (classe 1999) un ottimo terzo posto finale
In Repubblica Ceca per Colleoni (classe 1999) un ottimo terzo posto finale

Crescita concreta

Kevin è stato un ottimo dilettante. Magari senza l’avvento del Covid avrebbe vinto di più e sarebbe passato con un palmares ancora più importante, chissà…

«Le cosa vanno bene, dai… Sto preparando questa seconda parte di stagione. Dopo lo stacco e la preparazione a Livigno sento che va bene. Meglio dello scorso anno. Mi sento più maturo e la differenza l’ho vista proprio in Repubblica Ceca».

«Riesco a stare meglio davanti, avere un obiettivo e arrivarci pronto… non è sempre scontato. Tutto sommato sto andando come mi aspettavo, non ho avuto problemi. E forse ho fatto anche qualcosina in più di quel che mi potevo attendere.

«L’anno scorso, al primo anno, è stata dura, adesso invece quando si va forte davvero sto davanti “facile”. Ci sono anche più motivazioni. E’ una crescita a 360 gradi».

A Livigno molte ore di allenamento, anche con la sua compagna Arianna Fidanza
A Livigno molte ore di allenamento, anche con la sua compagna Arianna Fidanza

Niente Vuelta

Colleoni aveva anche preso parte al Delfinato e di solito chi disputa quella corsa, a meno che non esca dal Giro, è dirottato verso il Tour. Vedendolo tra i partenti abbiamo sperato in una sua presenza alla Grande Boucle.

«Al Delfinato – dice Colleoni – sono andato per supportare la squadra e Gronenewegen in particolare. E a dire il vero il Delfinato lo avevo fatto anche l’anno scorso, ma solo per fare esperienza. 

«Il Tour non è mai stato nei programmi, quel che era in programma invece era la Vuelta, ma poi il team ha cambiato i piani e per il mio primo grande Giro dovrò aspettare il prossimo anno. E mi dispiace, perché ero pronto e l’ho dimostrato».

Neanche Kevin conosce le motivazioni reali di questo cambio di programma in corso d’opera. Probabilmente di mezzo c’è la questione dei punti o magari la scelta di andare in tutto e per tutto con un team a supporto di Simon Yates. Senza Vingegaard e Pogacar e un Roglic dato non in super condizione potrebbe essere un’occasione ghiottissima.

Colleoni sin qui ha quasi sempre lavorato per la squadra
Colleoni sin qui ha quasi sempre lavorato per la squadra

Con Pinotti…

Una cosa è certa: Pinotti è dalla sua parte. Marco segue direttamente Colleoni. Questa collaborazione va avanti da un anno e si sta rafforzando. 

«Con Pinotti mi trovo benissimo – dice Colleoni – parliamo tanto, siamo vicini di casa e abbiamo la possibilità di confrontarci faccia a faccia, a volte persino in bici. Quest’anno a Livigno, Marco è stato davvero presente».

«Lo scorso anno era la prima stagione che lavoravo con lui: non ci conoscevamo bene. Ho dovuto apprendere i suoi metodi… Adesso invece ci si fida di più, si parla di più e possiamo correggere meglio il tiro. Per esempio se un giorno non va scarichiamo, un altro giorno invece facciamo di più. Sono cose che migliorano col tempo».

Kevin Colleoni, Giovanni Aleotti, Aprica, Giro d'Italia U23 2020
Kevin Colleoni con a ruota Giovanni Aleotti nella tappa dell’Aprica Giro d’Italia U23 2020
Kevin Colleoni, Giovanni Aleotti, Aprica, Giro d'Italia U23 2020
Kevin Colleoni con a ruota Giovanni Aleotti nella tappa dell’Aprica Giro d’Italia U23 2020

Scalatore dentro

All’inizio avevamo parlato di un Colleoni dilettante molto forte. Un talento che sapeva destraggiarsi molto benone su tutti i terreni. Fortissimo in salita se la cavava anche in volata. E se c’era da andare in fuga non si tirava indietro. 

Adesso dopo un anno di professionismo che corridore è?

«Personalmente – conclude Colleoni – mi sento più scalatore che altro. Più da corse a tappe, magari brevi o corse di un giorno dure. Sin qui non ho mai disputato gare a tappe più lunghe di 10 giorni (il Giro U23, ndr) o di otto giorni tra i pro’, quindi non saprei dire se sono per i grandi Giri.

«E anche per questo sono molto motivato e curioso di vedere come posso andare in un grande Giro. E a fare sempre di più in generale».