Giovani promesse, che fatica confermarsi

09.12.2021
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Il mondo dei professionisti corre veloce, in tutti i sensi. I corridori sono sempre più preparati e le squadre sono alla continua ricerca dei giovani talenti. Non sempre però i ragazzi sono pronti per il grande salto dal mondo under 23 a quello dei pro’. Ormai è diventato normale vedere ragazzi diventare professionisti alla fine del secondo anno da under.

Non è però semplice emergere e per uno che ci riesce sono molti i ragazzi che a causa del loro passaggio prematuro rischiano di perdersi. Potrebbe essere il caso di Daniel Savini, fino al 2021 della Bardiani-CSF-Faizanè. Con la squadra di Reverberi è passato professionista molto giovane, nel 2018, a 20 anni. Dopo quattro stagioni, il suo percorso con la Bardiani si è concluso, abbiamo voluto parlare con Leonardo Scarselli, suo diesse alla Maltinti, che non era favorevole al suo passaggio nei professionisti così presto.

Leonardo Scarselli, diesse della Maltinti è passato pro’ a 25 anni, per gli standard moderni sarebbe stato considerato “vecchio”
Leonardo Scarselli, diesse della Maltinti è passato pro’ a 25 anni
Come mai non ritenevi che Daniel fosse pronto per il mondo dei pro’?

Io avevo espresso la mia opinione basata su quel che vedevo. Daniel a livello di numeri espressi era uno dei migliori corridori in gruppo, era nell’orbita della nazionale e gli veniva tutto semplice. Ha avuto una carriera a livello giovanile agevole, grazie alle sue grandi doti è sempre riuscito a fare bene.

Quindi quali erano i tuoi dubbi?

Non lo ritenevo pronto a livello mentale. Nonostante i risultati non era concentrato sulla bici e su quel che è la vita da atleta. Commetteva dei piccoli errori che a livello dilettantistico non paghi, ma quando passi professionista certe cose sono date per scontate e non puoi sbagliarle.

Errori di gioventù, ma come avrebbe potuto evitarli?

Non li eviti, sono parte della maturazione atletica, mentale e psicologica del corridore. Quando correva con me ebbi un colloquio con Zanatta, diesse della Bardiani. Gli dissi che Daniel andava seguito da vicino per farlo rendere al massimo, ma nei professionisti non funziona così. In quella categoria sei un numero. Se vai forte bene, altrimenti ne prendono un altro…

Fondamenta poco solide

Accantoniamo la situazione di Daniel e parliamo del movimento dei giovani con Leonardo Scarselli. Il suo ruolo gli ha permesso di vedere tanti ragazzi e di capire come, negli ultimi anni, il movimento ciclistico si sia mosso per tutelarli, o meno.

Anche nella categoria juniores si guarda al risultato esasperando così la crescita dei corridori
Negli juniores si guarda al risultato esasperando così la crescita dei corridori

«Come ho detto prima: non è una questione atletica – dice Leonardo Scarselli – i ragazzi possono esprimere anche ottimi valori, ma senza la maturazione corretta non possono ritagliarsi il loro spazio nei professionisti. Il problema è che una volta emersa un’eccellenza, come Evenepoel, si va tutti alla loro ricerca ma se si usa questa parola ci sarà un motivo».

Cosa bisognerebbe fare per tutelare i corridori?

Intanto smetterla di cercare il prodigio, ma il problema è ben più radicato…

Ci spieghi.

Le squadre non tutelano più i ragazzi, già dalla categoria juniores si guarda al risultato. Negli altri Paesi, da dove escono i corridori giovani e pronti sia fisicamente che mentalmente non fanno così. Si fa una scuola di ciclismo, insegnano a guidare il mezzo, magari facendo la doppia disciplina. Impari a stare in gruppo, ad alimentarti, a leggere la corsa… e poi ti fanno sbagliare.

Ormai si pensa che a 22-23 anni un ragazzo sia “vecchio”.

Questa cosa mi fa ridere, un corridore a 23 anni non può essere considerato vecchio. Nelle corse c’è sempre stata la classifica per i giovani (ragazzi fino ai 25 anni, ndr), ci sarà un motivo. La categoria under 23 prevede 4 anni di militanza perché si è sempre pensato che sia il periodo giusto per crescere ed i motivi sono tanti.

Quali?

Come prima cosa puoi sbagliare, se accorci i tempi gli errori concessi diminuiscono. L’under 23 è la categoria dove si impara di più sulle dinamiche di corsa e allenamento. Come detto prima, da juniores se uno va forte ed è un… mascalzone la può fare franca, ma da under 23 i primi nodi vengono al pettine. Però se invece avere 4 anni per imparare ne hai 2, il discorso va in frantumi.

Daniel Savini ha corso una sola stagione alla Maltinti nel suo secondo anno da under 23, prima del passaggio in Bardiani
Daniel Savini ha corso una sola stagione alla Maltinti
E le squadre cosa devono fare?

I casi sono due: se si continua ad abbassare l’età media dei neoprofessionisti, allora bisogna che le squadre si facciano carico della loro crescita. Li devi seguire da vicino, stare con il fiato sul collo e così li aiuti. Non si inventa nulla di nuovo, è quello che abbiamo sempre fatto noi diesse negli under 23.

Il secondo caso?

Si smette questa rincorsa folle al giovane prodigio e si lasciano in pace i ragazzi. Anche se il mondo cambia e le continental sono sempre di più. Anche loro non aiutano molto…

In che senso?

Non sono contrario alle continental, ma sono state create con le motivazioni sbagliate. Vogliono accaparrarsi i migliori corridori under 23 con la promessa di correre gare con i pro’. Ma le corse a cui vengono invitate sono limitate e poi va a finire che ce le ritroviamo a correre nelle gare regionali o nazionali con noi. In questo modo vincono sempre loro e le squadre under 23 spariranno.

Se vincono sempre loro…

Esatto, cosa spinge uno sponsor a fare una squadra di under 23 se poi alla fine vincono sempre le stesse?

Allora che bisogna fare?

Le continental fanno il loro lavoro, ma allora si crei un calendario adatto alle possibilità che hanno, con gare internazionali. Così si tutela il movimento ciclistico in tutte le fasce.