Covili, tutto quello che serve per sognare il WorldTour

07.12.2022
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CASTELFRANCO EMILIA – Gli interminabili scaffali pieni zeppi di libri della Biblioteca Comunale “Lea Garofalo” di Castelfranco Emilia fanno da cornice all’incontro con i giovani campioni del ciclismo modenese voluto dal comitato provinciale. Fuori piove, fa freddo. Le parole di Luca Covili (foto Demetra Photography) e Rachele Barbieri, gli attori protagonisti dell’evento, scaldano l’animo della platea.

La premiazione diventa un pretesto per sentire le parole di due ragazzi coetanei cresciuti sul loro Appennino a venti chilometri di distanza l’uno dall’altra. All’appello mancano Giovanni Aleotti, Luca Paletti e Gaia Masetti – trattenuti da impegni di squadra – però ci sono Stefano Masoni, Matteo Pongiluppi e Francesco Calì, le nuove leve che militano in continental italiane.

Nono posto: in Repubblica Ceca Covili ha disputato un buon Sazka Tour, vinto da Rota
Nono posto: in Repubblica Ceca Covili ha disputato un buon Sazka Tour, vinto da Rota

Loro tre, assieme ad altri giovanissimi corridori, ascoltano attenti quello che dicono Covili e Barbieri. E se Rachele ormai è diventata una nostra fedelissima, a fine serata ci prendiamo invece qualche minuto per una chiacchierata con il 25enne scalatore della Bardiani-Csf-Faizanè, alla vigilia del loro training a Massa Marittima (fino al 20 dicembre). Approfondiamo qualche spunto e buttiamo uno sguardo alle prossime stagioni di Luca.

Che effetto fa presenziare a manifestazioni del genere insieme ad altri colleghi?

Sono momenti che risvegliano l’orgoglio modenese che c’è in ognuno di noi. Come c’è scritto sulla pergamena di Rachele e sul riconoscimento che ho ricevuto io, siamo degli ambasciatori di valori e della nostra terra attraverso il nostro sport. Ma serate come queste sono importanti per i più piccoli. Lavoriamo per essere degli esempi per loro. Non sono un campione ma sono sempre onorato quando qualche giovanissimo mi dice che vorrebbe diventare come me. E’ una cosa che stimola.

Che 2022 è stato per te?

E’ stata un’annata divisa in due. Così così fino ai primi 5 giorni del Giro d’Italia. Molto buona dalla quinta tappa sino a fine stagione. Senz’altro è stata la mia migliore stagione da quando sono pro’. Sono cresciuto in tutto. Più esperienza, resistenza, forza, tenuta sulle salite lunghe e recupero. Quello ce l’ho sempre avuto buono fin da giovane, ma adesso è migliorato.

Come mai queste differenze?

A febbraio avevo iniziato bene sia in Oman che al UAE Tour, poi alla Milano-Sanremo sono caduto battendo la coscia sinistra. Ero arrivato lo stesso al traguardo, ma qualche giorno dopo alla Coppi&Bartali non riuscivo a spingere e mi sono dovuto ritirare. Ho recuperato, però venti giorni dopo al Giro di Sicilia sono caduto nuovamente andando contro un guardrail, colpendolo col ginocchio e facendomi pure un occhio nero. Peccato perché mi sentivo bene in salita. Non nascondo che mi sono spaventato e preoccupato. Pensavo di aver perso il treno per andare al Giro. Ho corso il Tour of the Alps praticamente con una gamba ed anche un po’ demoralizzato. Invece è arrivata la convocazione per partire per l’Ungheria.

Nel 2022 Covili ha disputato 72 giorni di gara con nove giri a tappe
Nel 2022 Covili ha disputato 72 giorni di gara con nove giri a tappe
Alla fine è stato un bene la chiamata per il Giro…

Sì, assolutamente. In realtà fino alla tappa dell’Etna ho sofferto. Quel giorno ho preso venti minuti. Ma da lì in avanti sono stato sempre meglio. Ho iniziato a recuperare posizioni e condizione. Il sesto posto a Cogne è stato forse il momento migliore dell’anno. Sono andato in fuga, eravamo in tanti e molti erano forti. In vista del traguardo sono riuscito a staccare uno tosto come Mollema. Moralmente mi ha caricato nei giorni successivi. La buona forma del Giro l’ho poi sfruttata alla Adriatica Ionica Race in cui stavo veramente bene. Sul Grappa ho tirato quasi sempre io visto che avevamo Zana che poteva prendere la maglia da leader. Infatti lui ha vinto la generale ed io ho chiuso quarto assoluto. Sono andato forte anche al Sazka Tour e mi sono stupito…

La crono è il vero tallone d’Achille di Covili. Lui vorrebbe lavorare di più su posizione e materiali
La crono è il vero tallone d’Achille di Covili. Lui vorrebbe lavorare di più su posizione e materiali
Come mai?

Perché da quando sono pro’ era la prima volta che dopo un lungo periodo lontano dalle corse sono rientrato competitivo. La AIR l’abbiamo finita ai primi di giugno, mentre in Repubblica Ceca abbiamo corso due mesi dopo precisi. Nel mezzo mi sono riposato e allenato, però non credevo di essere a quel livello. Lassù c’era della qualità. Alla fine ho fatto nono lavorando per Zana che ha concluso quarto ad otto secondi da Rota. Anche questo significa che sono cresciuto e che ho lavorato bene.

Visto che proprio Zana è andato via, sarà Luca Covili quello deputato a prendere il suo posto? Roberto Reverberi cosa dice?

Filippo è un talento e mi piacerebbe ripetere anche solo una parte del suo percorso o dei suoi risultati. Sicuramente voglio alzare l’asticella, cercando di prendermi uno spazio maggiore. Roberto sa quali sono i miei obiettivi e i miei margini. Credo sia anche per quello che mi ha fatto firmare anche per il 2024. Penso di essere all’80 per cento del mio processo di crescita. Vorrei colmare parte del restante gap nei prossimi tre anni. L’intenzione è andare in un team WorldTour o in una professional estera più quotata. Prima però devo sistemare un po’ di cose.

Covili Cogne
Luca soddisfatto (e sesto) al traguardo di Cogne al Giro. Spera di fare altrettanto anche al Lombardia
Covili Cogne
Luca soddisfatto (e sesto) al traguardo di Cogne al Giro. Spera di fare altrettanto anche al Lombardia
Quali sono? In cosa devi migliorare per vederti davanti nel 2023?

Innanzitutto la differenza la fanno i dettagli e dovrò continuare a curarli. Devo limitare le giornate storte. Devo capire se sono un uomo-classifica per grandi o piccoli giri a tappe. A crono soffro tanto. Al momento non ci sto lavorando molto. Mi piacerebbe lavorare un po’ di più sulla posizione per capire quanto posso contenere i distacchi. E poi vorrei migliorare nelle gare di un giorno siccome sono sempre stato uno che andava bene dal secondo o terzo giorno di corsa in poi. Ad esempio, quest’anno sono stato a lungo in fuga al Lombardia. Nel 2023 un obiettivo sarà provare a stare con i migliori il più possibile. Quella è una classica che mi piace tanto.

Staff performance: 3 nuove figure per alzare il livello

24.11.2022
4 min
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La Bardiani CSF Faizanè rivoluziona il proprio staff performance, anzi, si potrebbe dire che lo crea. La squadra di Roberto e Bruno Reverberi ha tre nuovi membri nel proprio staff: Maurizio Vicini, Andrea Giorgi e Borja Martinez Gonzalez. La cosa che li accomuna? Tutti arrivano dalla Drone Hopper Androni, il team di Savio che da quest’anno non sarà più una professional. Chiediamo allo stesso Roberto Reverberi come e quando è nata l’idea di questa piccola rivoluzione, che in realtà nasconde molto dietro di sé.

Il gruppo giovani della Bardiani avrà ora un supporto più incisivo con l’arrivo dello staff performance
Il gruppo giovani della Bardiani avrà ora un supporto più incisivo con l’arrivo dello staff performance
E’ uno staff completo preso da un team già esistente…

Esattamente. Negli anni come Bardiani abbiamo avuto più volte l’intenzione di portare da noi Vicini, medico sociale. Una figura che avremmo voluto implementare nel nostro staff perché averne due è sempre meglio. Lui è molto bravo e preparato, in più abita vicino a noi. Ma lui è sempre stato corretto nei confronti di Savio e ha declinato le nostre offerte. 

Poi c’è stato il ridimensionamento della Drone Hopper.

E’ brutto da dire, ma è la verità. La chiusura della Drone Hopper è un peccato, appena saputo questo Savio ha “liberato” lo staff e sono arrivate queste tre nuove figure.

I giovani sono tutti da crescere, a loro va insegnato molto sul modo del ciclismo (foto Okolo Slovenska)
I giovani sono tutti da crescere, a loro va insegnato molto sul modo del ciclismo (foto Okolo Slovenska)
Gli altri due, Giorgi e Borja, chi sono?

Andrea Giorgi è colui che si occuperà di fare i test e seguirà i ragazzi sul piano dell’alimentazione. Un punto sul quale ci siamo accorti di dover fare dei passi in avanti. Borja, invece, si occuperà di verificare gli allenamenti dei ragazzi tramite Training Peaks e si interfaccerà con i diesse per tenerli sempre aggiornati. Non abbiamo un preparatore legato al team, ogni ragazzo è libero di scegliere chi vuole. Ovviamente, il tutto sarà sotto i nostri occhi, anzi quelli di Borja.

Un passo in avanti quindi?

Sentivamo la necessità di ampliare lo staff, più che altro il ciclismo moderno ci porta a lavorare più ad ampio raggio. Ventisei corridori sono tanti e sono tutti sparsi per l’Italia, quando succede qualcosa è difficile andare sul posto e seguirli. In questo modo avremo maggiore monitoraggio e meno problemi. 

Prima di Giorgi chi curava l’alimentazione?

Non abbiamo mai avuto un nutrizionista, come detto sarà Giorgi ad occuparsi di questo ruolo. Sempre se i ragazzi vorranno essere seguiti, non obblighiamo nessuno, però ci siamo accorti di questa necessità. 

Il livello nel ciclismo moderno ha portato la Bardiani ad inserire uno staff tecnico di qualità
Il livello nel ciclismo moderno ha portato la Bardiani ad inserire uno staff tecnico di qualità
Questa è una piccola rivoluzione…

Giorgi farà anche il piano alimentare per le corse e per gli allenamenti, li seguirà anche a livello tecnico. I ragazzi dal ritiro si abitueranno a pesare gli alimenti, perché a seconda del peso e del fisico si sono differenti piani alimentari da seguire. Avremo anche una bilancia che daremo ad ogni corridore e tramite un applicazione potremo monitorare il peso e capire se ci sono correzioni da fare. 

Puntate molto nel migliorare l’alimentazione.

Ce ne siamo accorti in particolar modo quest’anno, non si può fare tutto ad occhio. Molti ragazzi giovani non hanno la minima idea e cultura di come si fa il corridore. Loro hanno tante informazioni che possono prendere ovunque ma ci vuole una persona di riferimento. Fanno errori anche i corridori più navigati, per farvi un esempio, lo stesso Fiorelli quando era dilettante pesava 67 chili, ora 69. Tutti hanno da imparare. Noi vogliamo mettere i nostri ragazzi nelle condizioni di poter far bene, poi sta a loro metterci quel qualcosa in più, non possiamo arrivare ovunque. 

Pino Toni ha seguito molti dei nuovi acquisti della Bardiani, anche Lucca
Pino Toni ha seguito molti dei nuovi acquisti della Bardiani, anche Lucca
Giorgi andrà a sostituire Pino Toni?

Non lavoreremo più con Pino, continuerà, in maniera privata, a seguire qualche nostro corridore e quando avrà qualche corridore interessante magari lo manderà ancora da noi. 

Però Toni ha seguito i nuovi acquisti per il 2023, come mai?

Quando abbiamo contattato Vicini, che era la figura principale della quale necessitavamo, ci è stato detto che avremmo dovuto prendere lo staff completo. Ci hanno chiesto loro di lavorare senza altre persone in mezzo, per avere maggior controllo. Volevano muoversi tutti e tre insieme e ci hanno messo davanti a delle scelte.

Carretti e tradizioni, nell’inverno “a modo” di Fiorelli

23.11.2022
6 min
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Il carretto che viene alla luce dalla penombra del garage ha colori sgargianti e una cura pazzesca dei dettagli. Fiorelli lo sposta con leggerezza e orgoglio. Questi oggetti d’arte sono la sua vera passione da prima che arrivasse la bicicletta. Peccato che il tempo sia pessimo e non si possa attaccare il cavallo, per questo l’appuntamento è rimandato alla prossima estate. Oppure a primavera, quando da Catania arriverà il carretto nuovo, che poi Filippo decorerà con il nonno Matteo.

Il primo carretto

La strada che porta da Bagheria a Ficarazzi è inondata dalla pioggia che cade pesante dal mattino. Prima è arrivato il vento, poi secchiate d’acqua che hanno trasformato le vie in fiumi. Il mare ribolle sullo sfondo. Verso le montagne e verso Palermo, il cielo è cupo come una minaccia. Stamattina Fiorelli non si è allenato, preferendo correre a piedi. L’inverno è nel pieno e lui a breve partirà per il ritiro della Bardiani alla Tenuta il Cicalino. Oggi però ci ha aperto le porte di casa per soddisfare la curiosità sbocciata nel vedere alcune immagini su Instagram. Siamo qui, l’avrete capito, per la passione di Filippo per i carretti siciliani.

«Il primo vero e proprio lo sto facendo proprio adesso – dice con orgoglio – perché finora avevo sempre quelli di mio nonno. Non ho mai avuto bisogno di acquistarne uno, adesso invece l’ho comprato, perché avevo da tanto il desiderio di farlo insieme a mio nonno. La mia passione vera è proprio questa, il cavallo e il carro. La bici è nata in un secondo momento e ne ho fatto il mio lavoro. Però io sin da piccolo sono sempre andato dietro mio nonno. E mio nonno mi ha portato in questa cultura del carretto siciliano».

In giro sul cavallo

Dell’attaccamento per la sua terra ci aveva raccontato già l’anno scorso, tuttavia scoprire questo tipo di passione ci ha colpito parecchio.

«Solo in Sicilia ci sono queste cose – sorride – magari al Nord ci sono diversi tipi di carretti, perché anche qui nascevano per il trasporto in campagna. Però la mia è proprio una passione, tanto che quando ero piccolo mi prendevano in giro e mi dicevano che ero antico. Perché il carretto è un mezzo di trasporto antico. A me piace andarci in giro. In inverno, quando ho un po’ di tempo libero. Oppure quando andavo a scuola e, tra virgolette, ero un nulla facente, andavo in giro col cavallo per passare il tempo. Ormai qui ci sono poco, ma non mi lamento, perché il ciclismo è il mio lavoro. Però il distacco della Sicilia è davvero una cosa brutta…».

Nel garage di fronte casa, Fiorelli tiene due carretti, cui d’estate lega il cavallo di un amico
Nel garage di fronte casa, Fiorelli tiene due carretti, cui d’estate lega il cavallo di un amico

Un inverno speciale

Non sarà un inverno come gli altri. Lo ha detto il suo mentore Giovanni Visconti. La prossima stagione sarà quella per capire se il salto in uno squadrone sia possibile o se la sua carriera proseguirà alla Bardiani. Basta guardarlo per rendersi conto di quanto si sia sfinato. Dopo l’ultima corsa ha staccato per 20 giorni, lasciando stare la bici come non aveva mai fatto e correndo semmai a piedi.

«Il prossimo sarà l’anno decisivo – ammette Fiorelli – perché ho 28 anni e quindi devo cominciare a dimostrare qualcosa di buono, sia a me sia alla mia squadra e alle persone che credono in me. Questo inverno ho cominciato a lavorare bene. E’ vero che sono concentrato sul peso, perché è quella la cosa che mi impedisce di salire il gradino per tenere gli ultimi metri in salita e arrivare in volata con i 20-30 che sono alla mia portata. Ho vinto volate di gruppo, come al Sibiu Tour, ma solo perché avevo una squadra davvero super che mi ha lanciato bene nella volata. Ma io non mi reputo un velocista».

Il quinto posto nella volata confusa di Plouay, nel giorno di Van Aert, ha fornito ottime indicazioni
Il quinto posto nella volata confusa di Plouay, nel giorno di Van Aert, ha fornito ottime indicazioni

Pensando a Plouay

Il pensiero torna al giorno di Plouay e al quinto posto dietro il vincitore Van Aert. Una corsa impegnativa, che poteva essere alla portata di Fiorelli.

«Quella – dice – è stata una gara di gambe, una gara di forza e quindi davanti sono rimasti quelli più cui era rimasta più energia nelle gambe. Io sono rimasto un po’ imbottigliato, perché è stata una volata un po’ confusa. Però se le cose si fossero messe bene, non dico che potevo battere Van Aert, però subito dopo di lui potevo arrivarci benissimo. L’obiettivo è lottare in questo tipo di gare, in qualche classica. Quella corsa si è svolta come meglio non potevo chiedere. Partenza regolare, pronti via e la selezione che mi ha permesso di restare davanti. Lavorerò pensando a questo, dal 5 dicembre saremo in ritiro e cominceremo a parlare di obiettivi».

Tonelli: “maestro” e cacciatore di punti in Bardiani

21.11.2022
5 min
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L’inverno è il momento dei cambi di casacca, delle nuove avventure, tutto vero. Allo stesso modo questo periodo è anche quello delle conferme, dei prolungamenti di contratto. E’ anche il momento di parlare di un corridore che ha deciso di continuare a vestire la maglia del team che lo ha lanciato. La divisa è quella della Bardiani CSF Faizanè, e il corridore in questione è Alessandro Tonelli.  

«Ho avuto qualche offerta da qualche squadra ma erano tutte professional – racconta Tonelli – una di queste era la Eolo. E’ stato un rinnovo un po’ travagliato, ma con la Bardiani siamo riusciti a trovare l’accordo a settembre. Alla fine per rimanere allo stesso livello ho preferito rimanere qui, conosco l’ambiente e sono sempre stato bene. Sanno come vado e cosa sono abituato a fare, inizia così il mio nono anno ed è bello dare continuità».

La stagione di Tonelli è iniziata all’UAE Tour con un 4° posto nella sesta tappa
La stagione di Tonelli è iniziata all’UAE Tour con un 4° posto nella sesta tappa

La chiamata mai arrivata

La chiamata di un team WorldTour, non nascondiamolo, è uno dei sogni di chi si affaccia nel mondo del ciclismo. Non è facile ottenerla ed arrivati ad una certa età si chiude il cassetto con dentro il sogno e si guarda di più alla realtà.

«Il mio rapporto con Bruno e Roberto (Reverberi, ndr) è sempre stato molto trasparente – riprende – e questo aiuta a creare un legame forte. Quest’anno è la prima volta che rinnovo per due stagioni, in precedenza ho sempre firmato contratti di anno in anno. Non era mancanza di fiducia, anzi, tutto il contrario. Visto proprio il bel rapporto che ho con Roberto e Bruno abbiamo sempre preferito far così perché se fosse arrivata la chiamata di una WorldTour avrei potuto coglierla al volo. Passare in una formazione del genere ora sarebbe difficile, gli equilibri sono diversi, hanno capitano e la squadra lavora per lui. Mentre nelle professional ci si affida a quei 3-4 corridori che si possono giocare le loro possibilità».

Tonelli, insieme a Rivi, ha vivacizzato la Milano-Sanremo con ben 279 chilometri di fuga
Tonelli, insieme a Rivi, ha vivacizzato la Milano-Sanremo con ben 279 chilometri di fuga

Il nuovo ruolo

Se si guarda nella rosa per la stagione 2023 della Bardiani ci si accorge che Alessandro Tonelli sarà il più “vecchio” nonostante abbia compiuto da poco 30 anni. Un dato che fa pensare a due cose: l’avanzata dei giovani e all’accorciarsi delle carriere.

«Non nascondo che a questa cosa ho pensato, mi sono domandato per quanto ancora possa andare avanti. Da ora sarò un “responsabile” in corsa della squadra, se si guarda al ciclismo di adesso mi potete considerare già vecchio. L’età media si è abbassata e questo valorizza l’esperienza, avrò questa funzione di insegnante. Un ruolo nato in parte già quest’anno grazie al progetto giovani, mi hanno preso come uno dei punti di riferimento in squadra, vista anche la mia quasi decennale esperienza in maglia Bardiani».

L’apporto di corridori di esperienza come Tonelli e Gabburo, qui in foto con Tolio, è importante per far crescere i giovani
L’apporto di corridori di esperienza come Tonelli e Gabburo, qui in foto con Tolio, è importante per far crescere i giovani

I giovani

Allora viene da chiedersi cosa vede l’occhio del maestro a contatto con le giovani leve. 

«Tolio quando ha corso da protagonista allo Slovenia si è appoggiato ai miei consigli ed a quelli dei ragazzi più grandi per rimanere davanti nella tappa più dura. Un altro esempio è la stessa fuga che ha fatto sempre lui al Lombardia: dovevamo entrare nell’azione giusta e Gabburo lo ha spinto a seguire quella che si è rivelato il gruppo buono. Avere un occhio esperto come il mio è importante in gara perché noto dove sprecano e cerchi di dirgli cosa fare e dove migliorare. Gli errori li faranno comunque ma è parte dell’apprendimento, hanno tanta grinta e voglia di fare. Se dovessi trovare una differenza rispetto a quando sono passato professionista io direi che è il periodo di adattamento. Questi giovani sembrano già pronti per le distanze ed i carichi di allenamento, io a differenza loro ho avuto bisogno di una stagione di rodaggio».

Il risultato più importante per Tonelli nel 2022 è arrivato al Giro d’Italia con un terzo posto nella 19ª tappa
Il risultato più importante per Tonelli nel 2022 è arrivato al Giro d’Italia con un terzo posto nella 19ª tappa

A caccia di punti

Parlando con Tonelli emerge un discorso interessante: quello della classifica UCI per le squadre professional. Dal 2024 cambieranno un po’ di regole ed è per questo che ne sono nate di nuove in questo periodo.

«Se alla fine del 2023 non si riesce ad entrare nelle prime 30 professional al mondo non si potranno ottenere le wild card ed essere invitati agli eventi WorldTour 2024. La nostra è una classifica a punti che si aggiorna ogni anno ma i punteggi assegnati sono gli stessi che hanno caratterizzato il triennio WorldTour. Fino a quest’anno non c’è una classifica che decreta l’accesso agli inviti, quindi anche una professional appena nata come la Q36.5 può partecipare a corse come il Giro. Questa classifica non distingue tra professional e continental. Se una squadra come la Colpack, per fare un esempio, dovesse entrare nelle prime 30 potrebbe cambiare la sua collocazione e diventare professional, scalzando via team come il nostro».

Alla luce di questo si capisce subito come dal prossimo anno ogni corsa diventi fondamentale. Corridori di grande esperienza e di qualità come Tonelli sono merce rara e vanno tenuti stretti.

«Nel 2022 ho fatto ben 82 giorni di corsa, infatti queste vacanze mi servivano (ride, ndr). Di recente sui social mi hanno taggato in una classifica che faceva vedere la top 20 dei corridori che sono stati più in fuga. Io sono undicesimo e primo degli italiani con 1214 chilometri. Si tratta di una bella caratteristica per una professional, che deve sempre cercare di entrare nelle fughe e che dovrà anche inziare a pensare ai punti. Il Giro d’Italia e Sanremo sono state l’apice della stagione, al primo sono entrato in due fughe cogliendo anche il terzo posto nella diciannovesima tappa. Mentre alla Sanremo mi hanno ripreso solamente a 8 chilometri dall’arrivo».

La carezza e lo schiaffo: parlando di giovani con Visconti

16.11.2022
9 min
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Prendi le ultime giornate belle e “calde” di questo autunno. Mettici un bosco, le colline toscane. Aggiungici un campione che la sa lunga e ha appena smesso di correre e il risultato è: una passeggiata nel bosco con Giovanni Visconti. Una passeggiata in cui si parla dei giovani. Del ciclismo che sarà. Anche se si parte da quello che è stato.

Giovanni ci viene a prendere al bar L’indicatore di San Baronto. Un caffè e sa già dove condurci. Magari si becca anche qualche fungo. Il panorama si apre sotto di noi, ma presto viene inghiottito dal bosco. Castagni, qualche grosso masso d’argilla, un viandante di tanto in tanto e una panchina, che doveva essere la nostra meta, ma che non si trova più!

L’autore dell’articolo con Visconti, a spasso nei boschi che sovrastano San Baronto, nel pistoiese
L’autore dell’articolo con Visconti, a spasso nei boschi che sovrastano San Baronto, nel pistoiese
Se chiudi gli occhi cosa ti resta di questa stagione? Qual è la tua immagine?

Non è facile. Io ho finito in malo modo. Avrei voluto farlo diversamente. Quindi ho passato i primi mesi con la testa fra le nuvole. Ho seguito “poco” il ciclismo. Non che fossi arrabbiato, ma insomma… Se proprio dovessi scegliere un momento, me ne viene in mente uno. Uno che racchiude tutti i momenti: l’abbraccio tra Valverde e Nibali. E’ la chiusura di un ciclismo che era anche il mio. E questo porta con sé altri argomenti. Si è chiuso un ciclismo okay, ma di là cosa c’è?

Cosa c’è?

C’è tanta confusione. Penso che noi italiani abbiamo tutte le carte in regola per avere un ciclismo forte. Ma le carte sono disordinate. Bisognerebbe fare un po’ di ordine e far rendere questo patrimonio. Non abbiamo dei brocchi: abbiamo giovani forti nei professionisti ed altri più giovani ancora che hanno numeri pazzeschi e sono stati testati anche dalla nazionale. E non li perdi dall’oggi al domani. Per questo mi viene in mente la passerella di Nibali e Valverde, perché bisogna passare ad un altro ciclismo. Quelle immagini sono una carezza e uno schiaffo. «Caro ciclismo noi siamo Nibali e Valverde e ce ne stiamo andando. Ora fai qualcosa». 

Per Visconti l’abbraccio tra Valverde e Nibali è il simbolo del definitivo passaggio di testimone al ciclismo dei giovani
Per Visconti l’abbraccio tra Valverde e Nibali è il simbolo del definitivo passaggio di testimone al ciclismo dei giovani
Questo ciclismo che verrà ha un’eta media più bassa. E’ sempre più il ciclismo dei giovani?

Sì, sì… lo è da qualche anno già. E quando parlo di quel momento, penso al ciclismo italiano perché in altre nazioni già si puntava sui giovani. Il fatto che la carriera si sia accorciata è anche un vecchio modo di dire. Okay si è accorciata, ma cosa cambia? Buon per loro, si godranno la vita prima, ma è anche vero che iniziano prima a fare certi sacrifici. Io da junior scappavo dal ritiro a mezzanotte per andare a mangiare la pizza o dalla ragazza. Cose che oggi si sognano, almeno gli juniores forti che sanno già che passeranno pro’.

Quindi alla fine i tempi si anticipano, non si accorciano le carriere?

Esatto. Se vuoi fare il ciclista c’è da anticipare i tempi. Avranno guadagnato soldi prima, saranno maturi prima e si fermeranno prima. Le carriere finiscono prima? E dove sta il problema? Oggi sono seguiti in ogni cosa, al millesimo. L’atleta finirà un po’ più stressato di testa, ma perfettamente integro per il resto. Non so se è per il bianco e nero, ma nelle foto del passato i venticinquenni di una volta sembrano i quarantenni di oggi.

Che poi non è solo nel ciclismo. Anche nel calcio. Tu che sei del Milan lo sai bene: avete una squadra giovanissima…

Tutto va avanti. Anche le tecnologie e gli strumenti. I ragazzi di oggi crescono con queste conoscenze, non con quelle di una volta. Se a un sedicenne oggi dici che le carriere finiscono prima, quello ti guarda e ti chiede: «Ma di cosa stai parlando?». Sono discorsi nostri, che dovremmo smettere di fare. I ragazzi devono crescere con le leggi di ora.

De Pretto ha fatto uno stage con la BikeExchange. E’ uno dei talenti del ciclismo italiano. In gruppo si è mostrato subito pronto
De Pretto ha fatto uno stage con la BikeExchange. E’ uno dei talenti del ciclismo italiano. In gruppo si è mostrato subito pronto
La tua ultima squadra, Giovanni, la Bardiani Csf Faizané, ha avviato un progetto sui giovani. Li hai anche visti in gruppo: hai notato queste differenze che hai detto?

Assolutamente sì, tanto che mi risultava difficile il mio ruolo da chioccia. Perché per fare la chioccia non basti tu, ma serve anche gente che è propensa ad ascoltarti e crede in te. Che parli la tua lingua. Io un po’ riuscivo a parlarci, ma avevo addosso l’indole del vecchio ciclismo. Dovevo insegnarli qualcosa, ma per esempio non potevo dirgli che non dovevano allungare troppo in allenamento. Primo, perché ormai i 18-20enni devono andare forte. Secondo, perché sanno già come allenarsi.

Non era facile neanche per te…

Alla fine mi ero buttato sul fare gruppo, che invece deve restare. Oggi ci si messaggia. Le squadre fanno le tattiche via mail. E già da anni. Quasi non c’è più bisogno di fare la riunione prima di partire. E l’armonia, quel filo che li lega, sono necessari. I team building avventurosi servono. Invece a dicembre ci si ritrova al primo ritiro e tutti vanno come moto, perché tanto è così. Se una volta facevi il medio, ora fai soglia. Se facevi soglia, fai fuori soglia. Poi è il nuovo ciclismo e va bene, anche perché a gennaio corrono, ma medierei un po’.

Facciamo invece un po’ di nomi. Chi è tra questi che ti ha colpito. Prima “a taccuino chiuso”, tra gli altri è emerso Alessandro Covi…

Covi quando ha avuto le sue giornate di gloria ha fatto dei numeri pazzeschi. Magari ci si attendeva un po’ più di costanza. Ha iniziato forte la stagione. Idem da Andrea Bagioli. Alterna momenti in cui può lottare con chiunque, e quando dico chiunque intendo tutti per davvero, a momenti in cui dovrebbe esserci e non c’è. Penso ai due mondiali: Imola e quest’anno.

L’impresa di Covi sulla Marmolada all’ultimo Giro d’Italia
L’impresa di Covi sulla Marmolada all’ultimo Giro d’Italia
Forse non sono costanti proprio perché sono giovani…

Sì, ma anche gli altri sono giovani! I giovani di oggi sono diversi. Che poi, giovani… Questa parola, come pure neopro’, andrebbe eliminata. Il neopro’ lo fa lo junior forte. Andate a vedere Evenepoel cosa faceva da junior. Tutti vogliono fare come lui, solo che non hanno lo stesso motore. Oggi le squadre testano molti ragazzi, poi magari quelli più bravi lì tengono lì, ma gli fanno fare la vita da professionisti. I primi 10 di ogni Nazione sono pro’ e sono quelli che passano. Anche in Italia. Vanno nelle development o addirittura in prima squadra.

In gruppo come sono? Timidi, spavaldi…

Qualcuno scherza, per esempio Pinarello. Passano dopo due anni vissuti “da pro’” e sono più sicuri, più pronti. Sanno quel che devono fare. Anche nell’atteggiamento. Quando toccò a me, solo a dire che ero un pro’ mi emozionavo. E quando vedevo qualcuno che si avvicinava per la foto, mi preparavo. Ora per loro è scontato. Si aspettano che tu gli chieda la foto. Hanno immediatamente un atteggiamento da pro’ affermato. E neanche gli puoi chiedere di essere umili. Per noi era un sogno, qui il loro sogno è scontato, è un percorso.

Torniamo ai nomi, uno dei giovani che hai vissuto di più è Filippo Zana

Pippo ha dei margini enormi. Ha già fatto vedere qualche numerino, senza strafare. Per me è cresciuto nel modo giusto e ha avuto la fortuna di trovare una squadra come la Bardiani che ti fa crescere così. Guardiamo Colbrelli. Se fosse stato nel ciclismo di oggi avrebbe vinto la Roubaix? Non avrebbe avuto tempo di dimostrare di essere un ottimo corridore. Idem Zana. Filippo ha fatto tre anni in Bardiani.

Già tre anni. Il primo ricordo di lui risale al Giro d’Italia del 2020: era stanchissimo, ma lo ha finito…

Il primo anno non si è quasi mai visto, poi sempre meglio. Ma per me è ancora lontano il suo salto. E queste fondamenta che ha creato alla Bardiani se le ritroverà alla BikeExchange. Anche perché per certi aspetti in gruppo avrà vita più facile. E’ la legge non scritta che le professional non possono stare davanti. In Bardiani ci stavo solo perché si accorgevano che ero io. E queste situazioni ti rendono la vita più difficile. Penso anche a Fiorelli in tal senso. Sapete quante energie in meno spenderebbe per arrivare a fare la volata? Fagli prendere una salita davanti a Zana…

Andrea Piccolo, magari lo conosci poco, ma lo hai visto all’italiano…

La miseria che corridore! Ci messaggiamo spesso. C’è una stima reciproca. Gli mandai un complimento e mi disse che era stato un onore ricevere un mio messaggio. Lui è un fuoriclasse e te ne accorgi anche dall’atteggiamento. In gruppo è un po’ mattarello, non presuntuoso, ma ha un suo mondo. E’ diverso da altri giovani. Per esempio Bagioli è più chiuso, lui invece è più spavaldo, ma al tempo stesso tranquillo. 

E tu hai qualche nome che vorresti dire?

Non è più giovanissimo, ma dico Lorenzo Rota: ci ho anche corso insieme. Questo ha classe, ragazzi. Quest’anno ha fatto un bel salto di qualità. Deve vincere una corsa più seria che gli darà sicurezza e farà ancora meglio. Poi mi piace come persona. Si tratta di un atleta serio, dedito al lavoro… Senza contare che ha passato momenti davvero difficili. Lorenzo stava per smettere. E non una volta. E ciò dimostra come ci sia bisogno di ricambio. Non può essere che uno come lui abbia dovuto bussare a più porte per continuare. Cambia la generazione del ciclista? Allora deve cambiare la generazione di chi gli sta intorno.

E’ cambiata oggi la figura del corridore da corse a tappe?

Già da un po’, direi. Lo scalatore puro per me non esiste più. Sto seguendo i giovani e mi rendo conto che tipo di atleta serve. Quando vedi un corridore da 55 chili, ti chiedi cosa può fare. Se vai al Tour, stacchi tutti in salita, arrivi da solo e vinci la tappa okay, ma se non arrivi da solo? Ti è servito? No… In volata perdi. In pianura non puoi neanche aiutare. A crono le prendi. Il corridore modello attuale è il corridore completo. Guardiamo Vingegaard, tra i top rider è l’unico che ha il fisico da scalatore puro, ma poi a crono va forte. Pogacar non è così. Evenepoel non è così.

Sono più muscolati…

Esatto, soprattutto Pogacar ne ha di margini sul piano muscolare… E per me può ancora perdere qualche chilo. Lui ha ancora spazio per migliorare, ne sono sicuro.

La famosa panchina non si trova… e ci si siede su una roccia
La famosa panchina non si trova… e ci si siede su una roccia
Altri nomi importanti sono Baroncini e Verre: perle dell’ultima infornata under 23.

Entrambi non li conosco molto. Però a Verre ho visto fare dei bei numeri in salita. Per lui può esserci quel problema di doversi completare come corridore. Non puoi essere solo uno scalatore in questo ciclismo. Perché o trovi una squadra che ti porta in un grande Giro e cerchi di vincere una tappa (tanto la classifica non la fai), oppure sono problemi. Anche Baroncini è un grande atleta. Anche perché altrimenti non vinci un mondiale U23, tanto più come ha fatto lui. 

E Battistella?

Ecco, con lui  parliamo di un corridore importante. Che ha una certa pedalata e una certa classe. E’ uno di quei corridori che a vederli è bello. E’ completo. Però lo deve dimostrare: l’estetica non basta, ma la base c’è tutta.

Pinarello, la Tre Valli come premio per il suo 2022

08.11.2022
5 min
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Ha già la mente proiettata sul 2023 quando potrà dedicarsi alla bici fin dai primi mesi. Quest’anno Alessandro Pinarello ha dovuto districarsi tra la maturità, il Covid e gli impegni con la Bardiani-Csf-Faizanè. Contestualizzando il tutto, è riuscito a farlo piuttosto bene.

«Sono rientrato da pochi giorni dalle vacanze – ci spiega al telefono il 19enne trevigiano – che ho fatto a Marsa Alam con alcuni compagni di allenamento della mia zona. Ci eravamo già messi d’accordo questa estate di andare via tutti assieme. Adesso inizierò la preparazione invernale, visto che a metà dicembre dovremmo fare il primo raduno in Toscana».

Pinarello con Zana alla Tre Valli. Per il 19enne correrla è stata un premio della squadra
Pinarello con Zana alla Tre Valli. Per il 19enne correrla è stata un premio della squadra
Alessandro, partiamo dal finale di stagione che ci sembra sia stato positivo.

Sì, è stato così in effetti. In pratica sono rientrato ad agosto. Ho fatto Poggiana, Capodarco, una gara in Olanda, il Flanders Tomorrow Tour (gara a tappe per U23, ndr), poi tra i pro’ Giro di Slovacchia e Tre Valli Varesine. In mezzo ho corso il Piccolo Lombardia chiudendo al settimo posto. E con un po’ di rammarico.

Perché?

E’ stata una gara combattuta e strana. Il gruppo si è rotto dopo pochi chilometri. Mi sentivo bene. Così ho attaccato sul Ghisallo facendo selezione, ma proprio in cima ho rotto la bici. In pratica ho tirato fuori la fuga decisiva in cui non c’ero dentro. Con Busatto della General Store e Villa della Biesse-Carrera abbiamo provato a rientrare. Ce l’avevamo quasi fatta, ma sugli ultimi strappi abbiamo pagato lo sforzo. Piuttosto mi spiace che con me non sia rimasto Martin (Marcellusi, ndr) perché sono convinto che avremmo potuto fare qualcosa di più. Peccato, ero un po’ deluso, ma sono stato anche sfortunato. E se ci penso, davanti c’erano due quasi pro’ come Fedorov e Segaert, che ha la mia età e va come una moto.

Pinarello ha esordito tra i pro’ al Giro di Slovacchia disputando buone prove
Pinarello ha esordito tra i pro’ al Giro di Slovacchia disputando buone prove
La maturità è stata spartiacque per la tua attività. Come hai gestito scuola e bici?

Fino a giugno ho fatto fatica. E’ stato un periodo molto duro perché avevo giornate piene e facevo orari un po’ sballati. Andavo a scuola, durante la ricreazione mangiavo il pranzo che mi ero fatto la sera prima. Poi arrivavo a casa, mi infilavo i vestiti della bici che avevo già preparato al mattino ed uscivo ad allenarmi. Tornato a casa mi mettevo a studiare e preparavo tutto per il giorno seguente. E così via tutti i giorni. Certe sere ero cotto e andavo a dormire tardi perché dovevo finire. Diciamo che a scuola mi sono venuti poco incontro, considerando i miei impegni. Tuttavia sono riuscito a diplomarmi bene, anche se non con la votazione che speravo. Va bene così.

Dopo l’esame invece com’è andata?

Non ho trascorso una estate bellissima. Come dicevo prima, sono rientrato ad agosto perché ho preso il Covid. Al Val d’Aosta stavo già male ma ero ancora negativo ai test. Qualche giorno dopo a casa ero positivo. Lo sapeva solo la squadra. Ho dovuto riprendere quasi daccapo. Avrei dovuto fare l’altura però mi è saltata. Mi sono allenato a casa e poco per volta ho ritrovato una buona condizione.

Come è stato invece correre in mezzo ai professionisti?

In Slovacchia c’erano quattro formazioni WorldTour e, benché non avessero le prime punte, il livello della corsa era piuttosto alto. Di base è andata molto bene, in due tappe specialmente. Nella seconda mi sono staccato solo a 5 chilometri dal traguardo dove si arrivava in salita. Nella terza invece, che era lunga 210 chilometri con quattromila metri di dislivello, ho chiuso col gruppo di testa. Ho imparato a conoscermi meglio. Alla Tre Valli invece è stato un premio che mi ha fatto la squadra. Ero già su per il Piccolo Lombardia e mi hanno detto che l’avrei corsa. Ma va bene così, posso dire di aver corso con Pogacar e con due mostri sacri come Nibali e Valverde prima del loro ritiro.

Alessandro Pinarello nel 2023 manterrà un calendario prevalentemente di gare U23 (foto TM Marketing)
Alessandro Pinarello nel 2023 manterrà un calendario prevalentemente di gare U23 (foto TM Marketing)
Cosa ti hanno detto i tuoi tecnici di questa annata?

Beh, il giorno della Tre Valli, visti i calibri in gara, mi hanno detto che avrei dovuto solo portare la bici all’arrivo (sorride, ndr). Per il resto so che Roberto (Reverberi, il team manager, ndr) ha parlato bene di me in un’intervista e me lo ha anche detto. Però quest’anno è stato più vicino a me Mirko (Rossato, il diesse della formazione U23, ndr) perché ci guidava lui nelle nostre gare. Anche lui ha speso belle parole per me. Naturalmente mi fanno piacere questi riscontri. Sono motivazioni importanti per la prossima stagione.

Tu e il tuo compagno Pellizzari eravate stati al centro di un caso particolare nel passaggio a pro’. Ora che è finita la stagione, consiglieresti la stessa cosa ad uno junior?

Senza entrare nel merito delle questioni burocratiche che non mi competono, direi proprio di sì. Quest’anno io ho fatto un’attività uguale a quella che avrei fatto in una qualsiasi altra formazione U23. Mi hanno concesso il tempo di studiare e di organizzarmi a dovere con la scuola. Mi hanno aspettato quando ho avuto problemi. Ed il programma delle gare è stato fatto in modo graduale. Ora mi sento più responsabilizzato e noto la mia crescita mentale. Ogni giorno devi sapere che hai fatto bene i tuoi lavori. La tua coscienza deve essere sempre a posto. Per me è stato così.

Al Giro di Slovacchia, Pinarello si è piazzato settimo nella classifica dei giovani (foto Okolo Slovenska)
Al Giro di Slovacchia, Pinarello si è piazzato settimo nella classifica dei giovani (foto Okolo Slovenska)
A questo punto, che obiettivi ha Alessandro Pinarello per il 2023?

Di sicuro potrò dedicarmi solo alla bici. Quindi sarò più pronto a chilometraggi più lunghi. Dopo la maturità avevo pensato di iscrivermi all’università di agraria a Udine, ma ho rimandato a fra qualche anno, quando avrò ben capito come potermi gestire al meglio. Ho avuto la conferma che adesso nel ciclismo devi curare ogni dettaglio perché il livello è alto ovunque. Quest’anno ho fatto alcune corse dove volevo strafare. Una euforia che mi ha portato a sbagliare. Per l’anno prossimo il mio intento è fare lo stesso calendario, ma farlo molto meglio. Soprattutto nelle corse attorno a casa come Piva, Belvedere o San Vendemiano vorrei andare molto forte. O anche vincere, perché no…

Lucca tra i pro’: emozioni e promesse mantenute

05.11.2022
4 min
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Spuntare la casella delle categorie di bici.PRO nella sezione “News” e “Professionisti” parlando di Riccardo Lucca ci riempie il cuore di gioia. “Succede a chi ci crede” così potremmo definire l’Odissea di Lucca, che nel 2023 sarà nelle file della Bardiani CSF Faizanè, che nella nuova stagione cambierà nome. Il trentino di Rovereto approda nel mondo dei professionisti all’età di 25 anni. Tardi se si considera la media di queste ultime stagioni, ma i sogni ed il destino non stanno a guardare i giorni o i mesi, loro passano, anche quando meno te lo aspetti.

Il 19 agosto arriva la notizia dai canali social della Bardiani: Lucca farà parte del team per le prossime due stagioni
Il 19 agosto arriva la notizia dai canali social della Bardiani: Lucca farà parte del team per le prossime due stagioni

L’inverno tanto atteso

Questo inverno, che ancora tale non si può definire viste le temperature anomale, è quello della certezza per Lucca. Ce l’ha fatta, ma da qui si riparte, guai pensare di essere arrivati.

«Dopo le corse – ci dice da casa sua – mi sono fermato per un bel periodo. Basta, avevo bisogno di fermarmi. Non sono andato in vacanza, non ne ho avuto modo. Ho cercato per un po’ qualcuno con cui andare via, poi ho deciso di godermi la tranquillità di casa. Stavamo ristrutturando e sono rimasto qui a lavorare, abbiamo demolito qualche muretto (dice ridendo, ndr). Ho iniziato in questi giorni a fare qualcosa: un po’ di corsa, qualche camminata in montagna, ma nulla di che. Il primo ritiro con la squadra sarà a metà dicembre».

La Bardiani ha già fatto un mini ritiro a fine ottobre, per conoscersi e fare gruppo
La Bardiani ha già fatto un mini ritiro a fine ottobre, per conoscersi e fare gruppo

Un’estate “leggera”

Il 19 agosto, sui social della squadra di Reverberi, è arrivata la notizia della firma di Lucca. Una gran bella notizia, per tanti motivi: il primo sicuramente personale per il corridore. Il secondo, è per tutti gli altri elite, mai smettere di crederci.

«A fine giugno ho avuto i primi contatti con la Bardiani – racconta Lucca – e avevo in programma un test con Pino Toni, poi slittato a causa del Covid. Avere un contratto per il 2023 mi ha fatto vivere gli ultimi mesi qui alla Work Service in maniera consapevole. L’obiettivo delle mie ultime stagioni era stato finalmente raggiunto, questo mi permetteva di andare alle corse libero di testa. Questa “spensieratezza” mi ha permesso di vincere ancora in stagione.

«Quando mi sono trovato il contratto firmato davanti ho fatto un bel respiro (dice ridendo, il buon umore non glielo toglie nessuno ora, ndr). Me lo sono proprio sudato, mi sono passate per la mente tante immagini. Quello che ho fatto prima non si cancella, anzi, mi deve aiutare a ricordare da dove sono partito».

Pochi giorni dopo l’annuncio della firma con la Bardiani la vittoria sullo Zoncolan al Giro del Friuli (foto Bolgan)
Pochi giorni dopo l’annuncio della firma con la Bardiani la vittoria sullo Zoncolan (foto Bolgan)

Il professionismo

Lucca ci ha corso con i professionisti, la sua non sarà un’esperienza “da zero”. Anzi, la sua vittoria più bella è arrivata proprio tra i grandi, all’Adriatica Ionica Race, nella soleggiata Sirolo.

«Sicuramente il livello si alzerà ulteriormente rispetto alle gare fatte fino ad ora, quando una professional corre tra i grandi alza le aspettative. Arrivo ad un’età più matura, questo non so se può essere un vantaggio o meno, dipende da tante cose. A 25 anni ho una maggiore consapevolezza delle mie qualità e delle mie caratteristiche, mi sento più sicuro e formato. Affronterò corse più lunghe, con chilometraggi che non ho mai fatto nemmeno in allenamento e gare a tappe più impegnative. I margini di crescita non mancheranno».

Lucca e il ds Contessa sono legati da una promessa fatta nel 2019 e finalmente realizzata: il passaggio di Riccardo tra i pro’
Lucca e il ds Contessa si sono fatti una promessa nel 2019: il passaggio tra i pro’. Matenuta!

La rivincita di Contessa

«Riccardo potrebbe essere un buonissimo gregario per una WorldTour, speriamo che almeno possa provarci in una professional». Queste le parole di Contessa, diesse della Work Service, dopo la vittoria di Lucca all’AIR

«Lui per me è contentissimo – racconta Riccardo – e io lo sono per lui. Questa è stata la nostra rivincita, Contessa in me ci ha sempre creduto. Avevamo già lavorato insieme quando ero al quarto anno, nel 2019. Mi aveva promesso che avremmo lavorato insieme per farmi passare e se non ci fossimo riusciti sarebbe stata una doppia sconfitta: per me e anche per lui. Ci siamo riusciti alla fine, anche se a distanza di qualche anno. La cosa bella è che quando sono tornato alla Work Service, non sapevo che ci sarebbe stato anche lui, forse il destino ci ha fatto riunire per mantenere quella promessa fatta qualche anno fa».

Le vacanze in Kenya, poi per Zana inizia la nuova vita

15.10.2022
5 min
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Il tricolore da far splendere nel WorldTour. La vittoria nel campionato italiano di fine giugno in Puglia ha spalancato le porte della Bike Exchange-Jayco a Filippo Zana, che con gli australiani ha firmato un contratto triennale. C’è tanta voglia di crescere nel ventitreenne vicentino sbocciato nella Bardiani Csf-Faizanè che, oltre a vestirsi con il simbolo del primato nazionale, ha sfiorato l’azzurro ai mondiali in Australia.

Sobrero e Zana sono stati i messaggeri di Bennati al mondiale: nel 2023 correranno insieme alla Bike Exchange
Sobrero e Zana sono stati i messaggeri di Bennati al mondiale: nel 2023 correranno insieme alla Bike Exchange
Ti avevamo lasciato su quel ponticello 4 chilometri dal traguardo della prova iridata: ce lo racconti?

Eravamo io e Sobrero. Sicuramente sarebbe stato bello correre, però è stata una gran bella esperienza: tutto serve nella vita.

C’è un punto in comune tra il campionato italiano che hai vinto e il mondiale, ovvero l’assenza di radioline: ci sveli qualche retroscena?

Al campionato italiano andavamo dietro alla macchina, anche perché la prima parte era in linea e non avevamo molte informazioni. Anch’io andavo dietro per chiedere come eravamo messi e che cosa dovevamo fare: per fortuna è andata per il meglio per me.

Per il tuo modo di correre è stato un vantaggio non avere riferimenti?

Diciamo che alla fine servono sempre le gambe. Poi, le radioline danno qualche vantaggio, ma se hai le gambe stai davanti, altrimenti ti stacchi

La vittoria del tricolore in Puglia, venuta dopo la Adriatica Ionica Race, ha segnato per Zana la svolta
La vittoria del tricolore in Puglia, venuta dopo la Adriatica Ionica Race, ha segnato per Zana la svolta
E al mondiale?

Cercavamo di dare più riferimenti e informazioni possibili ai nostri compagni. Probabilmente con le radio sarebbe potuto cambiare qualcosa e, magari, il gruppo di Rota non sarebbe stato ripreso. Comunque, Evenepoel ha fatto vedere di essere il più forte e il nome del vincitore non sarebbe cambiato. Non trovo tanto il senso che si corra sempre con le radioline e poi manchino nelle due o tre volte l’anno in cui ti giochi qualcosa di molto importante. Le regole stanno così, perciò mi adeguo e cerco di fare del mio meglio.

Il 2022 è stato un anno incredibile per te: te l’aspettavi?

Diciamo che quest’anno ci sono stati tanti alti e bassi. Al Giro d’Italia non ero molto felice, poi per fortuna è arrivata la condizione, per cui c’è stato un mese e mezzo che mi sono fatto vedere, dopodiché è arrivata anche la maglia.

La maglia tricolore di Zana sul San Luca, accanto a Izagirre, all’ultimo Giro dell’Emilia
La maglia tricolore di Zana sul San Luca, accanto a Izagirre, all’ultimo Giro dell’Emilia
Cos’è cambiato da quando hai indossato il tricolore?

La maglia pesa un po’, cerco di onorarla sempre al meglio. E’ dura, ma mi auguro di partire col piede giusto anche l’anno prossimo, in cui avrò tante motivazioni. Il passaggio di squadra mi stuzzica, fa bene al morale, speriamo di fare bene.

Che cosa ti aspetti da questa avventura alla Bike Exchange?

Penso che entrare nel WorldTour sia il sogno di tutti i ragazzi che cominciano a correre in bici. Sono riuscito a realizzare quello che da bambino sembrava così lontano e ora corro al fianco di grandi campioni

Siamo in anni di grandi cambiamenti, con l’avvento di tanti giovanissimi talenti come Pogacar, Van Aert, Evenepoel: che ne pensi?

Sono dei fenomeni contro cui dobbiamo correre. Spero di farmi valere e di farmi valere ogni tanto. 

Anche Zana, come qui Simon Yates, ha sostenuto le visite mediche a Torino nei giorni scorsi (foto BEX Media)
Anche Zana, come qui Simon Yates, ha sostenuto le visite mediche a Torino nei giorni scorsi (foto BEX Media)
Ti piacerebbe più fare un grande Giro o hai messo nel mirino qualche classica?

Vorrei fare un grande Giro in supporto di qualche mio compagno poi, se ce ne sarà occasione e la condizione mi assisterà, magari avere qualche giorno di libertà se si è lì davanti con un po’ di gamba. Le classiche sono bellissime, forse un po’ meno adatte a me, ma se ci fosse qualche possibilità… La più adatta a me potrebbe essere la Liegi, poi mi piacerebbe fare la Roubaix almeno una volta nella vita ed entrare nell’inferno del pavé. Tutte le gare a cui si va, sono buone per vincere.

Col tuo tricolore rappresenti il movimento italiano, che sta brillando su pista trascinato da Ganna, ma che sta ricevendo anche troppe critiche su strada…

Tanti hanno criticato il nostro movimento e parlato di crisi, ma non credo sia così in difficoltà, visto che anche al mondiale eravamo là davanti e siamo stati tutto il giorno in corsa. Certo, adesso non abbiamo un fenomeno che possa vincere le classiche o grandi Giri alla Pogacar o Evenepoel. Magari ci manca quella stella poliedrica, però mi sembra eccessivo dire che siamo messi malissimo. Col passare degli anni possiamo crescere ancora molto. Abbiamo tanti giovani che stanno crescendo, per cui speriamo di trovare anche noi un fenomeno italiano.

Il mondiale, sia pure da riserva, ha permesso a Zana (qui con Trentin) di mettere un piede nel ciclismo dei grandi
Il mondiale, sia pure da riserva, ha permesso a Zana (qui con Trentin) di mettere un piede nel ciclismo dei grandi
Ti concederai un po’ di relax?

Sento il bisogno di una bella vacanza. Era da tanto che volevo andare in Kenya e ci andrò con la mia ragazza.

Il tuo tipico allenamento autunnale?

Cerco di uscire sempre, dopo la quarantena i rulli hanno preso solo polvere. La mia salita personale è il Costo che va ad Asiago, perché penso sia la più calda del Veneto in inverno. E poi è il ritrovo dei ciclisti dell’Alto Vicentino.

Da solo o in compagnia?

Ci sono un po’ di professionisti che abitano in zona, per cui ci troviamo per strada. C’è Brambilla, poi Battistella e Richeze, che abita a Bassano. In allenamento ci si incrocia e ci si trova, per cui è bello anche così.

Modolo, dagli sprint in Croazia la spinta per il gravel

08.10.2022
5 min
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Tra i protagonisti del mondiale gravel del fine settimana ci sarà anche Sacha Modolo. Saranno tanti gli italiani presenti alla sfida in Veneto, quel che differenzia un po’ la presenza della Bardiani CSF Faizané è il suo cammino di avvicinamento, privo di appuntamenti specifici a parte il tricolore di Argenta chiuso al secondo posto e passato continuando a fare quel che è il suo lavoro: le corse professionistiche.

Il veneto è reduce dal Cro Race, la gara a tappe croata dove non è certo stato una comparsa ma che gli ha lasciato anche un brutto ricordo: «Mi sono preso un brutto raffreddore che non è la cosa migliore da portarsi dietro a pochi giorni da un mondiale. Niente comunque che non si affronti, ma sarebbe stato meglio non ci fosse stato…».

Il podio tricolore di Argenta con Modolo terzo vicino al compagno di team Zoccarato
Il podio tricolore di Argenta con Modolo terzo vicino al compagno di team Zoccarato
Sei più salito su una gravel da Argenta in poi?

No, sia perché sono stato impegnato, sia perché avevo notato alcuni problemi alla corona e ai rapporti e così ho lasciato la bici al mio meccanico di fiducia, l’ho ritirata appena tornato dalla Croazia.

Come ti avvicini all’evento iridato?

Come a una gara normale. Se devo basarmi sul tricolore, mi aspetto una gara corsa più come una prova su strada, senza che ci sia selezione subito. Se non ci fossero salite, potrebbe anche esserci una soluzione con volata ristretta.

Ti sei già fatto un’idea di che gara sarà?

No, devo studiare il percorso, ma quando si parla di gravel è sempre un’incognita. Con sentieri stretti e single track sarebbe più simile al fuoristrada, tipo una marathon di mtb. Con strade più larghe è più difficile che la corsa sia subito all’insegna della selezione, che sia una sfida uno contro uno com’è stato ad Argenta.

Modolo sullo sterrato al Giro di Danimarca. La sua esperienza nell’offroad è molto limitata
Modolo sullo sterrato al Giro di Danimarca. La sua esperienza nell’offroad è molto limitata
Come sei arrivato a questa avventura, avevi esperienza nel fuoristrada?

Mai gareggiato nell’offroad. Avevo fatto un po’ di pista quasi dieci anni fa e ricordo che Villa in quelle pochissime uscite mi disse che avevo colpo d’occhio. Se rinascessi farei pista e strada come avviene ora. Ho a casa la mtb, la uso per qualche purtroppo rara uscita con gli amici oppure per allenarmi in alternativa alla strada, quando sento un po’ di rifiuto e quindi preferisco fare qualcosa di diverso.

La Croazia ha detto che la condizione c’è…

Effettivamente stavo bene, infatti me la sono giocata in ogni volata e mi spiace soprattutto per la prima tappa, ma ho trovato un Milan davvero monstre, non c’era nulla da fare. Prima per una ragione o l’altra non andavo mai, infatti mi sono messo a disposizione degli altri come con Fiorelli al Giro. La condizione è arrivata con l’estate, anche a Plouay avevo davvero una gran gamba ma ho forato due volte e non sono riuscito ad emergere e giocarmi le mie carte.

Modolo seminascosto dalla sagoma di Milan che lo precede nella prima tappa in Croazia
Modolo seminascosto dalla sagoma di Milan che lo precede nella prima tappa in Croazia
Il campionato italiano gravel che sensazioni ti ha dato, al di là del risultato?

Puro divertimento. Non c’è tattica, non c’è grande gioco di squadra, entri sullo sterrato a tutta e te la giochi con gli altri sulla base di quello che hai. Si fa fatica, questo è sicuro, per questo spero che domenica non sia una gara tirata sin dall’inizio. E’ una specialità dove conta tanto la tecnica: ad Argenta mi sono ritrovato insieme a Colledani, che viene dalla mtb, in discesa la differenza era abissale e infatti recuperava molto.

La gravel secondo te è una specialità più vicina alla strada o alla mtb?

Con chilometraggi da 200 circa più per stradisti, perché alla lunga diventano fondamentali le doti di resistenza, i biker dopo un paio d’ore iniziano a soffrire e quindi quelle differenze tecniche si annullano ed emerge l’abitudine allo sforzo che noi acquisiamo. Dipende molto da che direzione si intende dare alla specialità.

Dopo un Giro d’Italia opaco, il veneto ha ritrovato verve e vuole chiudere l’anno con un buon risultato
Dopo un Giro d’Italia opaco, il veneto ha ritrovato verve e vuole chiudere l’anno con un buon risultato
Da questo punto di vista che opinione ti sei fatto?

E’ da capire se s’intende mantenere l’impostazione attuale che è vicina a noi stradisti, se si scelgono distanze più corte per avvicinarle alle prove della mountain bike o se si sceglie una strada propria, come negli Usa con competizioni di oltre 300 chilometri con un sapore più avventuristico ed escursionistico. Io credo che in quel caso si accelererebbe un processo di specializzazione che alla lunga escluderebbe le altre specialità. C’è però un altro fattore…

Quale?

L’evoluzione dello sport insegna che si tende a generare gare sempre più brevi, perché siano più appetibili televisivamente e da parte di chi guarda. La gente, lo vedo anche per la strada, vuole gare che durino meno tempo e avere magari più passaggi dei corridori a cui assistere. Credo quindi che la crescita del movimento seguirà queste linee guida.