Fuga in Sicilia: la provocazione (rientrata) di Auro Nizzoli

10.12.2022
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L’Italia del ciclismo non è unita e guai fingere che lo sia. Sentite cosa è successo quando Auro Nizzoli, sponsor di un team juniores di Reggio Emilia, ha annunciato l’intenzione di affiliare la squadra in Sicilia. La sua non era una provocazione, ma lo è diventata. E ha fatto capire che c’è tanto da fare.

Lo avevamo ascoltato durante un recente viaggio in Sicilia, lo abbiamo richiamato per approfondire il discorso. La sua azienda ha esperienza decennale nell’attività di demolizione, bonifica, autotrasporti e, a partire dal 2014, anche nell’edilizia. Auro è del 1959, ha corso fino al 1981 e ha dentro una passione sconfinata per il ciclismo, che vede soprattutto come una scuola di vita. Mentre parlavamo era davanti alla palestra, con i ragazzi dentro al lavoro. Il ritorno in sella ufficiale avverrà invece ai primi di gennaio, con un ritiro a Noto.

Anche i ragazzi del team emiliano-siculo di D’Aquila e Nizzoli hanno partecipato ai test della nazionale a Montichiari
Anche i ragazzi del team emiliano-siculo hanno partecipato ai test della nazionale a Montichiari
Com’è la vita da sponsor?

Ho corso per tanti anni. Mi sono divertito. Ho conosciuto un sacco di persone che mi hanno aiutato. E quando ho smesso e ne ho avuto la possibilità, ho cercato di dare indietro quello che ho ricevuto. A stare in mezzo ai giovani si rimane giovani. Le persone che ho vicino hanno passione e volontà. Sono sacrifici e soldi, ma vado avanti da 22 anni. Non c’è ritorno economico, il ritorno è la persona che sei. Se fai delle cose di cuore per i giovani, che tu sia un ingegnere oppure uno che non ha studiato, sicuramente quello che ti dà il ciclismo è un valore aggiunto.

Come nasce l’abbinamento con la Sicilia?

Per puro caso. Conoscevo da quasi vent’anni la famiglia D’Aquila. Mi aveva presentato un mio grandissimo amico, Giancarlo Ceruti (presidente FCI dal 1997 al 2005, scomparso nel 2020, ndr), che era amico anche di Salvatore d’Aquila. Mi propose di andare da lui, avrei conosciuto una persona valida e squisita e avremmo partecipato alla corsa che organizza: il Memorial Cannarella. Mi disse anche che portando giù la squadra, avremmo fatto vedere in Sicilia un po’ di movimento. Ho conosciuto così Salvatore. Sono sempre andato alla sua corsa e ho visto l’impegno che mette per far crescere il ciclismo. Così ho pensato di dargli una mano. Avevo delle biciclettine da giovanissimi e gliele ho portate giù. Poi, a distanza di anni, quegli stessi ragazzini li abbiamo fatti passare juniores.

Ha visto la sua stessa passione?

E’ una cosa di famiglia. Di Salvatore e di Giuseppe, suo figlio. Investono. Ci mettono soldi loro. Quando incontri queste persone e cominci a parlarci, senti la voglia di collaborare. Il progetto è nato così.

Il progetto Sicilia nacque dalla conoscenza con Salvatore D’Aquila, a sinistra di Nizzoli
Il progetto Sicilia nacque dalla conoscenza con Salvatore D’Aquila, a sinistra di Nizzoli
Perché affiliarsi in Sicilia?

Perché la Sicilia ha bisogno di far vedere qualcosa. Finché noi portiamo via i ragazzi più forti, come si può creare una cultura ciclistica giovanile sull’isola? I genitori devono lasciare che il figlio a 16 anni vada in un’altra famiglia o in un ritiro dove vivrà da solo o con altri ragazzi come lui. Sono dei bimbi, dopo 22 anni di juniores vedo bene cosa sia un sedicenne di oggi. Quando Nibali è venuto su, era il fenomeno che in Sicilia staccava tutti e si faceva fughe di 30 chilometri da solo. Trovò una famiglia (quella di Carlo Franceschi a Mastromarco, ndr) e fu fortunato. Altri vivono nei ritiri, devono cucinarsi, andare a scuola e allenarsi. Per quella che è l’opinione di Auro Nizzoli, è troppo presto. Come può crescere così il ciclismo giovanile?

Quindi l’obiettivo è non farli partire?

Ho pensato che se riesci a fare qualcosa di locale, se fai vedere che c’è un movimento, allora nasce la mentalità, che è importante quanto i soldi. Il genitore si fa anche 200 chilometri per portare suo figlio alla corsa e lo vede. Vede i dirigenti e la gente che gli sta attorno. Si entusiasma e magari lo trasmette ad altri genitori. Condivide e assapora qualcosa di diverso.

Adesso funziona diversamente.

Facile vincere quando prendi due forti, li porti su perché sono dotati, li metti lì e fanno qualcosa. Ma il rischio qual è? Quando a un giovane di 16 anni chiedi di dare il massimo e lo fai sentire importante, puoi star certo che non andrà lontano. A quell’età non hai la mente per resistere. E quando la vita si farà dura sul serio, lui mollerà. La sua asticella mentale resta bassa, quindi c’è bisogno che crescano in maniera diversa. Quello che ho fatto voleva essere un segnale, visto che sono stati tolti i vincoli regionali.

Il Memorial Cannarella si svolge a maggio a Monterosso Almo (foto Ragusa Oggi)
Il Memorial Cannarella si svolge a maggio a Monterosso Almo (foto Ragusa Oggi)
Poteva funzionare?

L’Emilia Romagna ha tanti corridori e comunque la mia attività sarà svolta principalmente qui. Non è che tutte le domeniche potrò fare avanti e indietro con la Sicilia, però saremo un po’ giù e un po’ qua. L’Emilia poteva anche sfruttare questa cosa per far capire ci potrebbero essere delle sinergie. Invece mi hanno ostacolato, questa cosa l’hanno utilizzata contro i miei ragazzi e i genitori. E’ stato difficile, ma comunque io non mollo. Vorrei dire ai due Comitati Regionali che dovrebbero dialogare per il futuro del nostro ciclismo…

Cosa pensa Nizzoli dell’eliminazione dei vincolo regionale?

Gli juniores sono una categoria internazionale e in Italia ci sono cinque squadre semi professionistiche. Offrono soldi a ragazzi di 16 anni, fanno delle squadre vincenti con dentro 5-6 corridori fortissimi. Per me è sbagliatissimo. Di quei cinque, forse uno diventerà un corridore, mentre gli altri smetteranno. Intanto però ammazzano la corsa e mettono in ombra l’80 per cento del gruppo, composto da quelli che stanno crescendo e prendono paura. Sono preparatissimi, stipendiati, sono già dei professionisti. Se invece ci fosse una cultura di crescita anche per questi più forti, in squadre in cui non li gestiscano come fenomeni, allora può darsi che il nostro ciclismo migliorerebbe.

Era prevedibile che l’Emilia Romagna si mettesse di traverso?

Diciamo la verità, ci sta. Dopo 22 anni che sono tesserato in regione, penso di aver dato qualcosa al ciclismo emiliano e togliersi non è bello. Forse dovevo dialogare, andare a parlare con loro del progetto. Forse potevo anche aspettare un anno per vedere come andava con questo nuovo regolamento. Ma i segnali sono chiari…

Il diesse Scribano e Damiano Caruso, entrambi cresciuti alla Libertas Ibla del professor Guarrella
Il diesse Scribano e Damiano Caruso, entrambi cresciuti alla Libertas Ibla del professor Guarrella
Cioè?

In Emilia Romagna, i 6-7 corridori più forti sono stati presi e portati in altre regioni. Hanno cercato anche qualcuno dei miei. Gli hanno offerto uno stipendio, ma hanno detto di no. Non è corretto pagarli. Io spendo già soldi per formarli, dovrei pagarli perché stiano con me? Non sarebbe più una scuola di ciclismo, almeno io la penso così. Mi dispiace solo per la figura, perché Salvatore lo aveva annunciato. Ho dovuto ritirare quello che ho detto e non è bello. Però questo non sposta niente, io continuo. Perché al di fuori dei tesserini di cui non mi importa nulla, noi saremo emiliani e siciliani. 

Come fate a tenerli insieme?

Si confrontano oggi tutti i giorni sui canali a disposizione. Le problematiche, gli allenamenti, anche su quello che fanno a scuola. Fra le regole della nostra società, la scuola è al primo posto. E’ tassativo che a giugno tutti vengano promossi e questa è la prima vittoria per tutta la squadra. A chi viene bocciato, taglio il tesserino. Se vinci a scuola perché ti impegni, vuol dire che puoi andar bene anche in bicicletta. Dopo 22 anni, ho fatto la media dei ragazzi passati da me che hanno vinto e che andavano bene a scuola. Quelli che hanno continuato nello sport non sono quelli che vincevano di più, ma quelli che andavano bene a scuola. La scuola apre la mente e impari a gestirti meglio. 

Dal 2022 ad allenare i ragazzi di Nizzoli è Adriano Malori, che nel team ha corso da allievo
Dal 2022 ad allenare i ragazzi di Nizzoli è Adriano Malori, che nel team ha corso da allievo
Qualche esempio?

Covili, ma come lui anche Zhupa, Malori e altri che sono arrivati al professionismo. Covili ha vinto una corsa in due anni da junior, era un ragazzo come tutti gli altri. A scuola andava benissimo e passato dilettante, è sempre migliorato. Non ha mai vinto, ma ora è professionista. Ha fatto l’università e sta migliorando di continuo. Magari non è un fenomeno, ma ha la testa per fare belle cose ed è importante per il nostro territorio. Oggi si diventa professionisti, perché c’è la testa. Le gambe servono per vincere nei giovanissimi, negli esordienti e negli allievi. Poi arriva il momento che devi collegare il cervello alle gambe e la differenza la fai per i sacrifici, i chilometri, per la tattica e perché sai dosare la fatica.