Il 53 dopo il muro e Buratti si prende (anche) Capodarco

16.08.2022
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Capodarco è sempre Capodarco. Il caldo, la gente, il “Maracanà” del muro, la bagarre… E tutto ciò non è mancato neanche oggi, cinquantesima edizione di questa super classica d’estate. Un po’ come la vecchia Amstel Gold Race, chi scollina in testa sul muro il più delle volte non ce la fa. Perché il rischio è quello di finirsi proprio lì. La differenza si fa dopo, sul falsopiano. E anche oggi, più o meno, è andata cosi con Nicolò Buratti.

Dal momento in cui spiana alla linea d’arrivo ci sono 300 metri, ma con l’acido lattico persino sulle dita della mano per cambiare rapporto, quelle poche centinaia di metri diventano infinite. Vince chi ha nel taschino quel briciolo di energia, quel margine che si è riusciti a tenersi sul muro.

Lo spettacolo del muro di Capodarco, borgo del fermano (foto Mario Zannoni)
Lo spettacolo del muro di Capodarco, borgo del fermano (foto Mario Zannoni)

Doppietta e sicurezza…

Buratti, classe 2001, del Cycling Team Friuli è in uno stato di grazia. La corsa è nervosa. Scatti, controscatti, continui rimescolamenti. A volte stare davanti è anche questione di “fortuna”, o quanto meno di occasione e non solo di gambe. Nicolò ha avuto entrambe.

Ma per cogliere quell’occasione spesso non bastano neanche testa e gambe, serve un terzo elemento: la convinzione. E convinzione per Buratti fa rima con GP Sportivi di Poggiana. Solo 48 ore prima Buratti aveva trionfato nell’altra (importante) classica d’estate. Il successo che mancava.

«Sapevamo che Nicolò stesse bene – dice con il fiatone il suo diesse Alessio Mattiussi, mentre risale in bici verso il podio – La vittoria a Poggiana gli ha dato quella sicurezza che gli mancava. Non che Buratti sia un timido, ma si sa, il corridore è una persona particolare che ha bisogno anche di queste conferme. 

«Nicolò ci ha messo un po’ a sbloccarsi. Il Giro under 23 era l’obiettivo, ma a parte qualche piazzamento nei dieci non è andato benissimo. E anche all’italiano, era presente nella fuga buona ma non ha finalizzato. A quel punto abbiamo deciso di risposarci un po’ e di arrivare al meglio per questo finale di stagione».

Solo due giorni fa Nicolò aveva conquistato il GP Sportivi di Poggiana, ancora davanti ad uno Zalf, Guzzo (foto Photors)
Solo due giorni fa Nicolò aveva conquistato il GP Sportivi di Poggiana, ancora davanti ad uno Zalf, Guzzo (foto Photors)

Testa e gambe

Mattiussi ci parla di un corridore sempre sul pezzo. Sempre nelle azioni importanti e soprattutto in quella decisiva. 

«Una grande fetta di merito – riprende Mattiussi – è anche di Fran Miholjevic, che ha fatto un lavorone, e di tutta la squadra direi… anche dello staff! Perché il ciclismo è così: vince uno, ma lavora una squadra. In ammiraglia mi sono venuti i capelli bianchi».

«Come a Poggiana, c’erano i migliori al mondo e anche per questo siamo contenti. Abbiamo lavorato bene. Nicolò è un passista con un ottimo spunto veloce, ma ora che ha anche preso consapevolezza, con la sua gamba se la può giocare con i migliori al mondo».

Questa corsa è veramente difficile da controllare. Il suo percorso così irregolare è un invito a nozze per imboscate ed attacchi. Azzeccare le accelerazioni giuste non è facile. Il rischio è quello di sprecare molto. 

«Quest’anno la tattica mi ha favorito – dice Buratti – e non come l’anno scorso che la fuga era partita nei primi giri in basso. Stavolta si andava ad eliminazione nei giri finali.

«Il momento chiave c’è stato a sei giri dalla fine. Quando siamo andati via in 18. Inizialmente non ero dentro, ma poi collaborando con una decina di ragazzi siamo rientrati. Da lì in poi ad ogni passaggio sul muro si staccava qualcuno e per me andava bene così».

Buratti chirurgico

Nicolò non sta nella pelle. Ammette che vincere Capodarco, un’internazionale, è una bella emozione tanto più dopo Poggiana. Tutto è amplificato. «Una doppietta importante», dice.

«All’ultimo giro – racconta – siamo rimasti in sei. La corsa si poteva decidere sullo strappo o in volata. Io ho tenuto duro. Controllavo soprattutto De Pretto, che su un arrivo così esplosivo era molto pericoloso. Sì, lui forse ha scollinato sul muro mezza ruota davanti a me, ma poi io spinto a tutta. Ne avevo».

«Come la strada è spianata ho tirato su il 53 e ho dato il massimo. Mancavano 300 metri. Sono uscito all’ultima curva ai 200 metri credendo di essere partito un po’ troppo presto. Ma ho continuato a spingere. Ai 50 metri mi sono voltato e ho visto che avevo fatto il vuoto».

A quel punto Nicolò ha festeggiato, tanto da tagliare il traguardo a mani basse… come si dice in gergo.

Il podio con Buratti, De Pretto e Marcellusi (foto Mario Zannoni)
Il podio con Buratti, De Pretto e Marcellusi (foto Mario Zannoni)

Sogno azzurro

Non sta nella pelle Buratti. E fa bene. Non solo ha messo nel sacco due vittorie importanti, che di certo incideranno in positivo anche sul suo passaggio al professionismo, ma si è messo dietro fior fior di corridori. A partire dai temutissimi ragazzi della Groupama-Fdj.

«Direi – racconta Buratti – che è un ordine d’arrivo di tutto rispetto (anche Marcellusi terzo, ndr). La concorrenza era tanta e di qualità. I Groupama erano la squadra faro, ma noi del CFT abbiamo collaborato bene».

«Credo poi che un percorso come questo sia adatto a me. Sono d’accordo con Mattiussi: sono un passista veloce, ma salite di 3-4 chilometri come quelle di Capodarco sono nelle mie corde. E si è visto… Fare il muro di Capodarco con la gamba buona è davvero bello e tutto viene un po’ più facile. Anche se poi vincere non è mai banale».

«Adesso? Adesso – aggiunge il diesse Mattiussi – tiriamo avanti fino al Giro del Friuli e poi andiamo a caccia di una maglia azzurra per il mondiale».