La crono, Lutsenko, il Belgio… Ecco il mondo di Fedorov

01.10.2022
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«Yevgeniy Fedorov è sempre stato forte. Lo era da quando era ancora un ragazzino». Alexandre Shefer è una delle persone che meglio conosce il neo campione del mondo under 23. Il direttore sportivo dell’Astana Qazaqstan è kazako come Fedorov. E’ stato un corridore coriaceo come Fedorov e come lui è arrivato in Europa piuttosto giovane.

Ma non solo Shefer conosce bene Fedorov. Anche Moreno Nicoletti può aprirci “il libro” di questo ragazzo. Moreno è il suo procuratore e nella sua scuderia ha già altri atleti di quel team e quella Nazione. Con il loro aiuto scopriamo meglio questo interessante atleta, che non ha l’aspetto di essere una meteora. E lo facciamo da un punto di vista più tecnico con il diesse e da un punto di vista più umano con il manager.

Parola a Shefer

«Yevgeniy – racconta Shefer – è davvero un ottimo corridore, ma ancora non ha espresso tutte le sue potenzialità. Non è uno scalatore, chiaramente, visto che è alto quasi due metri, ma è un eccellente passista. Uno da classiche del Belgio per capirci. E infatti già quest’anno lo abbiamo portato lassù per fare qualcosa, ma veniva dai campionati asiatici (vinti a crono, ndr) e il suo avvicinamento non è stato dei migliori. Però sono convinto che in futuro possa fare bene in quelle corse».

Shefer racconta di un corridore e di un ragazzo tranquillo e… grezzo. «Grezzo – spiega – nel senso che ancora non è formato del tutto dal punto di vista dei muscoli. Non è definito. Ha una grande fisico ma sul quale deve ancora lavorare parecchio».

Yevgeniy Fedorov (classe 2000) nella crono iridata corsa con gli elite ha chiuso al 28° posto a 3’05” da Foss
Yevgeniy Fedorov (classe 2000) nella crono iridata corsa con gli elite ha chiuso al 28° posto a 3’05” da Foss

Numeri importanti

Fedorov è figlio del progetto sportivo del Kazakhstan. Sappiamo che il governo kazako, grazie soprattutto a Vinokourov (primo campione olimpico del Paese asiatico), ha investito non poco nel ciclismo. E Yevgeniy mostrando un certo piglio nelle corse locali e buone doti  fisiche, finì presto nell’orbita della nazionale. Vinse il campionato kazako juniores e le Olimpiadi giovanili in Brasile. Quindi approdò alla Vino-Astana Motors, la continental dello stesso team manager dell’Astana. Una prosecuzione naturale.

«Sin da junior ha dimostrato di essere un ottimo passista – riprende Shefer – fece già dei numeri nelle corse in quella categoria. Vinse delle gare andando via da solo in pianura. Un po’ come fece in Malesia (Tour de Langkawi) due anni fa, prima vittoria da pro’: 50 chilometri di fuga da solo».

In realtà quel giorno Fedorov non era da solo. Erano in due, ma il secondo era un thailandese dal nome impronunciabile – Boonratanathanakorn – che non fu in grado di dargli cambi.

«Vista anche la sua altezza si è mostrato sempre un ottimo cronoman. A Wollongong puntavamo molto sulla cronometro. Noi volevamo fargli fare quella degli under 23. E’ lì che lo avevamo iscritto, ma una volta laggiù i giudici ci hanno detto che non avrebbe potuto competere in quella categoria in quanto aveva vinto la cronometro dei campionati asiatici elite. Pertanto ha fatto la crono con i pro’.

«In generale – dice con tono soddisfatto Shefer – per noi è un orgoglio vedere Fedorov con quella maglia. E’ il secondo campione mondiale del Kazakhstan in dieci anni. Prima di lui Lutsenko, e sapete cosa possa significare tutto ciò per un Paese come il nostro? Tantissimo. E’ frutto di un bel lavoro di lungo termine. Fedorov è stato portato alla Vuelta proprio per preparare il mondiale».

Parola a Nicoletti

Yevgeniy Fedorov, viene dalla zona di Almaty, la capitale economica del Kakakhstan. Si trova nella zona centro orientale del Paese, più verso la Cina dunque. I grattacieli s’innalzano improvvisi dalla steppa, su un terreno pianeggiante o composto di dolci colline. Questo è quello che ci si potrebbe aspettare immaginandosi lo scenario.

«Fedorov viene da Almaty – racconta Nicoletti – come un po’ tutti i corridori kazaki. Ha una famiglia che sta bene o comunque normale: i genitori lavorano entrambi. Suo papà mi sembra sia impiegato in banca, a differenza di altri come Lutsenko per esempio che da piccolo ha sofferto tantissimo, per lui c’è stata un’infanzia più lineare. Quindi si è giocato le sue carte. Mi dicono avesse questa forte passione per il ciclismo. Provarono a fargli fare un po’ di atletica, ma la bici era scritta nel suo Dna. 

«Io non lo conoscevo, ma due anni fa Manuele Boaro, “mio” corridore, mi fa: “Guarda Moreno che c’è questo ragazzo della squadra di Vinokourov che ha un motore pazzesco. Va forte”. A quel punto chiamo Lutsenko, altro mio atleta. Gli chiedo informazioni e lui mi risponde: “Moreno, lui buono cavallo”. Poi “Luts” mi ha detto anche che era molto giovane e che ogni tanto non s’impegnava al massimo.

«E così sono entrato in contatto con Fedorov. Lutsenko (e ogni tanto Pronsky) facevano da traduttori perché Yevgeniy non parla nulla oltre il russo».

Fedorov viene da Almaty. E’ un passista puro, che può puntare forte alle classiche del Nord
Fedorov viene da Almaty. E’ un passista puro, che può puntare forte alle classiche del Nord

E ora l’inglese

«Posso dire – continua Nicoletti – di aver incontrato un ragazzo rispettoso, educato, fortissimo. Ha dei valori pazzeschi. Solo che i kazaki lo hanno buttato subito nella mischia dei pro’, nonostante avesse solo 20 anni. Ma lui non è una novità. L’anno scorso, se ricordate, fu davanti anche nel mondiale di Leuven.

«Lutsenko lo ha un po’ preso sotto la sua ala. E’ andato a vivere a Benidorm in Spagna dove appunto risiede Alexey. Nell’ultimo anno e mezzo gli è stato vicino. Si allenano insieme, lo ha aiutato a inserirsi nel mondo europeo perché veniva da una realtà molto diversa».

Nicoletti racconta di un atleta volenteroso. Al primo ritiro sul Teide, nonostante la sua stazza, 193 centimetri per 80 chili, si impegnava moltissimo. E anche in virtù dei risultati in allenamento era stato selezionato per andare al Tour. E’ stato il Covid a cambiare i programmi e a dirottarlo sulla Vuelta. Quando si dice il destino: magari se non avesse preso il Coronavirus non avrebbe vinto la maglia iridata.

«Fedorov – continua Nicoletti – ha capito che ha un grande potenziale, ma anche che deve allenarsi bene. Vuole fare il corridore e ha capito che per farlo deve impegnarsi.

«Prima del mondiale mi aveva detto: “Sto bene, sto bene… domani faccio il possibile”. Poi mi sveglio alle 5 del mattino e lo trovo là davanti che battaglia. Cade, rientra con facilità… Pensavo avesse sprecato troppo e invece… Ragazzo bravo, ma se imparasse l’inglese sarebbe bravissimo!»

Air Atlas: il casco aerodinamico campione del mondo

29.09.2022
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I limiti sono fatti per essere superati, soprattutto nello sport, dove un secondo può fare la differenza tra vittoria e sconfitta. Chiedete a Yevgeniy Fedorov, il giovane kazako che si è laureato campione del mondo under 23 sul traguardo di Wollongong, precedendo Mathias Vacek per un solo secondo. In una sfida testa a testa ogni particolare è utile per avere la meglio sul proprio avversario. Limar questo lo sa e sviluppa da sempre nuovi prodotti per superare ogni limite. L’azienda bergamasca offre tutto questo all’Astana Qazaqstan Team, squadra dove milita il neo iridato under 23. E uno dei prodotti usati da Fedorov per trionfare domenica è stato il casco Air Atlas.

Forgiato dal vento

Il casco Air Atlas è studiato e progettato da Limar per essere il più aerodinamico possibile, non dimenticando però un altro elemento fondamentale: il comfort. Questo è un prodotto che cattura l’attenzione, pronto per essere notato e per farsi notare. Creato dai tecnici Limar che si sono basati sulle forme più aerodinamiche esistenti: la goccia d’acqua e le ali di un aeroplano. 

Il lavoro fianco a fianco con i professionisti dell’Astana ha portato un grande sviluppo. I consigli ed i pareri tecnici di chi il casco lo usa tutti i giorni sono fondamentali per avere un prodotto che racchiuda il massimo delle prestazioni. Nibali e compagni hanno avuto modo di provare il nuovo casco sulle strade della Vuelta. 

Debutto con i fiocchi per il nuovo casco Air Atlas, alla Vuelta ha aiutato Lopez a conquistare il quarto posto finale
Debutto con i fiocchi per il nuovo casco Air Atlas, alla Vuelta ha aiutato Lopez a conquistare il quarto posto finale

Arriva l’Ufo

Ufo, per gli appassionati di fantascienza, vuole dire “oggetto volante non identificato”. Per Limar questo termine assume tutt’altro significato: Ufo, infatti è il nome dell’appendice che si può attaccare nella parte posteriore dell’Air Atlas. Questo oggetto ha la funzione di aumentare la performance aerodinamica portandola ad un livello ancora più alto.

Dalle prove effettuate in galleria del vento sono emersi alcuni dati estremamente importanti sul casco Air Atlas. Alla velocità di 40 chilometri orari il risparmio in termini di prestazioni, rispetto al modello Air Speed, è di 0,7 watt. Se si passa ai 50 chilometri orari il risparmio di energia raddoppia, passando a 1,4 watt

Limar

Il falso dubbio di Sierra Nevada: l’altura si gestisce così

10.09.2022
4 min
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C’era lo spauracchio di Sierra Nevada, con quei 2.500 metri a turbare teoricamente il sonno di Remco Evenepoel (in apertura nel giorno della gara, con Roglic ancora in corsa). In realtà c’erano anche le parole parzialmente tranquillizzanti del suo allenatore Koen Pelgrim, ma per tenere alta l’attenzione era parso interessante giocare sul dubbio. Come se la montagna e la sua altura potessero portare con sé quel tocco di mistero che rende certe tappe più pericolose di altre.

In realtà la strada ha detto altro. E se da una parte Lopez e Mas si sono avvantaggiati, Evenepoel e Roglic sono saliti più o meno allo stesso passo. Soltanto nel finale il leader della Jumbo Visma ha preso il largo, ma con un guadagno di pochi secondi e ammettendo a sua volta di non aver avuto gambe. Insomma, Evenepoel era giustamente cauto, ma in fondo sapeva che non ci avrebbe lasciato le penne.

Claudio Cucinotta, qui con Battistella, ha compiuto 40 anni a gennaio (foto Astana Qazaqstan Team)
Claudio Cucinotta, qui con Battistella, ha compiuto 40 anni a gennaio (foto Astana Qazaqstan Team)

Conta l’adattamento

Affrontiamo il tema con Claudio Cucinotta, uno degli allenatori della Astana Qazaqstan Team, per capire quanto ci sia di imprevisto in situazioni del genere e quanto in realtà si possano gestire, anche al cospetto di atleti di maggior esperienza e più attitudine a un certo tipo di sforzo.

«In casi del genere – spiega Cucinotta – conta di più quello che hai fatto nelle settimane e nei mesi precedenti rispetto a quello che hai fatto negli anni precedenti. Quindi anche se uno è abituato a correre in altura però nella stagione in corso non ha fatto periodi in quota, non è automaticamente avvantaggiato. Come i colombiani che dopo un po’ perdono l’adattamento. Quindi quello che diceva l’allenatore di Remco è assolutamente vero. Se lui ha lavorato tanto sullo Stelvio e comunque su salite con quote elevate, dal punto di vista fisiologico era adattato per affrontare un arrivo a quote così elevate».

A Sierra Nevada, Evenepoel è arrivato stremato, ma avendo limitato i danni alla grande
A Sierra Nevada, Evenepoel è arrivato stremato, ma avendo limitato i danni alla grande
Quindi attraverso l’analisi dei parametri fisiologici si riesce a capire l’eventuale perdita dovuta all’altura e lavorare per colmarla?

Sì, si riesce a capire percentualmente il calo di rendimento a quote elevate. C’è chi cala di più e chi meno, questo è soggettivo. E facendo un lavoro massiccio, si tratta di variazioni che si riescono ad assorbire e gestire, nel senso che si lavora per ridurre il calo dovuto all’altura. Quindi se ipoteticamente l’atleta mai stato in quota fa una salita di 2.500 metri ed ha un calo, dico a caso, del 10 per cento, allenandosi può arrivare averlo magari del 6 per centro.

Loro hanno sottolineato di aver lavorato sullo Stelvio a ritmo gara.

Sicuramente aiuta a migliorare, ma bisogna dire che l’altura va fatta e valutata in maniera abbastanza attenta. Se io vado in altura ad allenarmi per una gara che si svolgerà a livello del mare, allora dal mio punto di vista lavorare ad alta intensità in quota non ha sempre troppo senso. Viceversa se si lavora per la Vuelta, dove di solito ci sono sempre arrivi in quota, allora ha senso ed è anzi consigliabile lavorare anche ad alta intensità in alta quota. Perché poi è quello che andrò a fare in gara.

Non c’è nulla di casuale nella Vuelta di Evenepoel, dalla preparazione ai minuti dopo gara (foto Quick Step)
Non c’è nulla di casuale nella Vuelta di Evenepoel, dalla preparazione ai minuti dopo gara (foto Quick Step)
Due schemi diversi, insomma.

La prassi è che per preparare una corsa a livello del mare o comunque a quote non elevate, si dorme in alto e ci si allena in basso. Questo rende possibili gli effetti benefici dell’altura sullo stimolo della produzione di globuli rossi. Allenarsi a bassa quota invece non ha le limitazioni della quota, che mi mi impone di ridurre l’intensità. Se però, come dicevamo, devo preparare un evento in alta quota devo anche abituarmi a lavorare in altura ad intensità di gara. Immagino sia quello che hanno fatto.

Quanto deve essere vicino alla gara questo tipo di lavoro?

E’ un adattamento che si perde col tempo. Se ho la Vuelta a fine agosto, devo fare dei richiami. Faccio questi lavori a luglio, non basta averli fatti a febbraio. A volte basta un blocco massiccio d’altura anche a un mesetto dalla gara.

L’avvicinamento alla Vuelta è passato anche per un soggiorno all’Hotel Syncrosfera di Denia, con camere ipobariche
L’avvicinamento alla Vuelta è passato anche per un soggiorno al Syncrosfera di Denia, con camere ipobariche
Dormire in quota fino alla vigilia della gara aiuta a non perdere l’adattamento?

Aiuta a prolungare l’effetto della quota. Normalmente si tende a scendere una settimana prima dell’evento. Ma se per esempio la gara avesse l’arrivo in quota già in partenza allora varrebbe la pena scendere dall’altura a ridosso della partenza.

Grandi Giri: è ancora possibile puntare alla doppietta?

08.09.2022
5 min
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La Vuelta, in questi giorni giocherà le battute finali, nel segno della maglia rossa di Remco Evenepoel. Avevamo già analizzato come il ciclismo moderno si stesse “specializzando” arrivando a fare sempre meno giorni di corsa, ma con l’obiettivo di essere sempre performanti. Questo dato risulta ancor di più dalla corsa a tappe spagnola, alla quale hanno preso il via i primi tre della classifica finale dell’ultimo Giro d’Italia: Hindley, Carapaz e Landa. I quali non sono riusciti ad essere mai performanti per entrare nella classifica generale della Vuelta. Il più attivo è risultato Carapaz, con due successi di tappa, al netto dei 18 minuti di ritardo che paga al momento dal leader Evenepoel. 

Per Carapaz dopo il secondo posto al Giro due tappe alla Vuelta, ma una classifica compromessa già alla fine della prima settimana
Carapaz Pandera
Per Carapaz dopo il secondo posto al Giro, due tappe alla Vuelta, ma classifica subito compromessa

Cambio di rotta

Paolo Slongo, preparatore e diesse di grande esperienza ha vissuto tante epoche. E’ stato lui che ha guidato Nibali quando, nel 2013, il siciliano ha colto la sua prima vittoria al Giro e, pochi mesi dopo, il secondo posto alla Vuelta (foto di apertura con Nibali in maglia rossa, che passò a Horner a tre giorni dalla fine, ndr). 

«Penso che programmando bene – inizia a parlare Slongo – avendo in testa di correre Giro e Vuelta sia più fattibile fare classifica. Ci sono tempi più larghi, si riesce ad avere un maggiore stacco e di conseguenza un periodo di preparazione più ampio. Sono dell’idea che accoppiare Giro e Tour o Tour e Vuelta sia troppo difficile per il ciclismo moderno, dove devi essere sempre al 100 per cento.

«E’ troppo difficile anche mentalmente cercare di prolungare un periodo di forma per così tanto tempo, anche perché nelle poche settimane che passano tra queste corse si avrebbe solamente il tempo di mantenere la condizione. Diverso è se, per un motivo o per un altro, non riesci a performare in un Grande Giro e di conseguenza punti a quello successivo. Com’è stato il caso di Mas quest’anno al Tour, ora lo vedete forte alla Vuelta».

Mas, ritirato dal Tour causa Covid, ha preparato la Vuelta prolungando la preparazione e ricalibrando gli obiettivi stagionali
Mas, ritirato dal Tour causa Covid, ha preparato la Vuelta ricalibrando gli obiettivi stagionali

Una grande diversificazione

I metodi di lavoro e di preparazione sono cambiati molto, concentrando gran parte del lavoro negli allenamenti specifici, non più nelle gare. La corsa diventa il palcoscenico dove mostrare la propria forza, non un laboratorio nel quale provare e fare esperimenti. 

«Questo dipende da tante cose – continua Slongo – soprattutto da quel che vuole la squadra e dai suoi obiettivi. Una cosa però è certa: fino a pochi anni fa i leader correvano facendo degli avvicinamenti simili, disputavano le stesse corse, ora nemmeno questo. Si va troppo ad esasperare lo specifico appuntamento e li trovi corridori sempre pronti negli appuntamenti che contano. Evenepoel, per esempio, ha concentrato gran parte della sua stagione, se non tutta, sulla Vuelta. E’ ovvio che arrivi con maggiore motivazione e preparazione rispetto a chi ha già corso il Giro d’Italia o il Tour de France. Ha più fame di successo, gli altri invece sono appagati da quanto mostrato negli appuntamenti precedenti».

Tempi e mentalità diversi

Dal periodo post pandemia, quindi stagione 2020 compresa, è diventato ancora più difficile proporsi ad alti livelli in due Grandi Giri. In precedenza, nel 2017 Froome vinse il Tour e poi la Vuelta, infilando a seguire anche il Giro del 2018. L’ultimo ad andarci vicino è stato Roglic nel 2019 e nel 2020 quando fece terzo al Giro e poi vinse la Vuelta, quindi secondo al Tour e primo alla Vuelta.

«Vi faccio un esempio – racconta Slongo nuovamente – di quel che è cambiato negli anni. Vincenzo alla Tirreno-Adriatico non arrivava mai al massimo della condizione, ma era sempre competitivo. Negli ultimi anni fai fatica ad entrare nei primi dieci se non sei al massimo. In Australia, al Tour Down Under, vedi certi valori in salita che ritrovi poi al Tour de France. Se punti ad una corsa, ormai arrivi super preparato, anche se è ad inizio stagione. Prima, invece, individuavi un periodo e riuscivi a correre mantenendo una buona condizione per più tempo. Il cambiamento principale è arrivato negli ultimi 7-8 anni, quando la Sky con Froome sdoganò questo metodo di lavoro sempre più specifico. Nibali, quando ha vinto il Tour, ha dovuto trascurare tutte le gare di inizio stagione. 

I primi a cambiare metodo di lavoro sono stati la Sky e Froome, lavorando specificamente tutti gli anni per dominare al Tour
I primi a cambiare metodo di lavoro sono stati la Sky e Froome, lavorando specificamente tutti gli anni per dominare al Tour

La visione del preparatore

Come ultimo passo bisogna capire se questi nuovi metodi di approccio alle gare abbiano cambiato il lavoro del preparatore

«A mio modo di vedere – dice Slongo – non è cambiato il modo di lavorare. Alla fine devo seguire il metodo migliore per gli obiettivi del team a seconda delle richieste e dei progetti. Ho i miei sistemi e devo solo capire quando e come applicarli. Quel che cambia sono lo spettacolo ed il rapporto del pubblico con il ciclismo. C’è chi è felice perché ogni volta che guardi una corsa di un corridore top lo vedi sempre al massimo della condizione e delle prestazioni. Al contrario, alcuni preferirebbero vedere i corridori impegnati in più corse ed affrontarsi in uno scenario più ampio».

Battistella alla Vuelta, replay di una volata già vista

27.08.2022
4 min
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«Cercasi qualcuno che mi insegna a fare le volate ristrette! Un secondo posto che brucia, ma ci saranno altre occasioni». Scrive così Samuele Battistella su Instagram dopo la volata di ieri alla Vuelta. E quando stamattina parliamo dopo colazione, il… rodimento s’è solo parzialmente attenuato.

Sul traguardo di Cistierna è sembrato di rivedere il film dei mondiali U23 di Harrogate 2019. Il vicentino divenne sì campione del mondo, ma perse allo stesso modo la volata contro Nils Eekhoff, poi squalificato per rientro irregolare.

«Una volata identica – conferma con una punta di amarezza. Anche quella volta ero in fondo, poi presi la ruota dell’olandese e invece di passarlo a destra, mi spostai a sinistra. Identica. E feci pure secondo».

Il video del mondiale U23 di Harrogate 2019: la volata dal minuto 2’10”

Volata dalla coda

Era riuscito tutto alla perfezione, compreso prendere la fuga che in questa Vuelta sempre a cento all’ora non è affatto scontato. Dall’ammiraglia Martinelli gli aveva detto di stare attento a Herrada e Wright, i due più veloci. Per questo Samuele si era messo in ultima posizione, pronto a partire in rimonta. Prima di parlare con lui abbiamo anche riletto il pezzo in cui Ulissi spiegava come si faccia a non fallire certi arrivi, anche se la ricetta non è uguale per tutti. Anche se a parole siamo tutti campioni.

Quindi?

Sapevo che Herrada era veloce, ma stando in fondo ho perso due metri quando è partito. Ho visto che avrebbe fatto la volata a sinistra. Ero nella sua scia e avrei potuto passare dalla stessa parte, ma ho pensato che se si fosse allargato, mi avrebbe portato fuori. In quel momento si è aperto il varco a destra e mi sono infilato. Andavo a doppia, ma non è bastato. Ho rivisto il video e ho capito di aver fatto una cavolata. Per questo il giramento c’è ancora.

Il pianto di Herrada dopo la vittoria: non alzava le braccia da febbraio 2021
Il pianto di Herrada dopo la vittoria: non alzava le braccia da febbraio 2021
L’hai rivisto da solo?

No, insieme a Martinelli, Zanini e Mazzoleni

Capirai, Zanini certe volate sapeva farle alla grande, ti avrà mangiato…

A dire il vero Zazà è stato anche pacato, invece Martinelli proprio no. Mi ha detto che sono in debito con lui di due vittorie. Quella di ieri e il campionato italiano…

Sono attimi, le volate ristrette non sono facili da interpretare…

Non sai mai chi sia più veloce, chi abbia fatto il furbo. Servono occhio ed esperienza e io sto imparando. Appena trovo la formula giusta, applico sempre quella e sono a posto (sorride, ndr). Copia e incolla.

Per esempio hai pensato di partire tu per primo?

Ero dietro per evitare che qualcuno mi fregasse. Janssens e Wright erano quelli che in pianura erano sembrati più forti ed erano davanti pronti a prendere la ruota del primo che fosse partito. Non ho voluto rischiare, ho preferito giocarmela così.

Con quale rapporto hai sprintato?

Il più lungo, il 54×11, anche perché la strada un po’ scendeva. Il lato positivo, perché va sempre cercato il lato positivo, è che adesso manca solo la ciliegina. La torta l’ho costruita e forse una vittoria dal nulla avrebbe un altro sapore. Sono certo che ci saranno altre occasioni, fra la prossima e la terza settimana.

Battistella si è giocato la sua carta nella tappa di ieri a Cistierna, 7ª della Vuelta
Battistella si è giocato la sua carta nella tappa di ieri a Cistierna, 7ª della Vuelta
Hai già visto dove riproverai?

Onesto, non ancora. In questi giorni ho lavorato parecchio per Lopez e Nibali e posso assicurarvi che è una Vuelta pazza, si va a tutta tutti i giorni.

Bennati si è fatto sentire?

Mi ha chiamato due giorni fa. Mi ha chiesto di farmi vedere e ieri sono andato in fuga. Non so se mi porterà ai mondiali, ma di sicuro l’ho preso alla lettera. Certo però (fa una breve pausa, ndr), se vincevo era meglio…

Le Ardenne saltate e il peso da scalatore: Battistella, a te…

08.08.2022
4 min
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Nell’area dei bus prima della cronometro al Tour de Pologne c’era un gran via vai di tifosi, ammiraglie e corridori. Era la sesta e penultima tappa della corsa polacca, nonché quella decisiva e i pronostici si sprecavano. Molti guardavano a Higuita, altri a Carapaz. Pochi pensavano di mettere tra i favoriti Arensman, poi vincitore di giornata o magari Samuele Battistella, dell’Astana Qazaqstan, che è andato ben più forte di molti nomi attesi.

Dopo l’esclusione forzata dal Tour de France, causa Covid, il veneto è tornato alle corse. Ed è partito senza grandi certezze, ma solo una grande voglia.

«Dopo la delusione del Tour ho staccato per qualche giorno – diceva Battistella, ancora in “borghese” prima della partenza – non era possibile portare avanti la condizione per così tanto tempo. Sono rientrato ufficialmente alle corse in Spagna, al Villafranca, ed ho fatto un buon piazzamento. In Polonia cercavo la condizione».

Nella crono del Polonia per Battistella un ottimo settimo posto a 30″ da Arensman
Nella crono del Polonia per Battistella un ottimo settimo posto a 30″ da Arensman
Com’è stato il Covid? Ti ha colpito duramente?

Ho avuto una leggera tosse ma niente di più. Mi è durata una settimana più o meno. Poi ho fatto tutte le necessarie visite del cuore, ma non mi è stato riscontrato nulla. E quindi ho potuto riprendere.

Visite che, dopo il caso Garofoli, sono ancora più approfondite nella vostra squadra?

Sì, con il fatto che Gianmarco ha avuto la miocardite la squadra ha deciso di monitorare tutti. Meglio una visita in più che una in meno. 

Ora come stai?

Sereno, so che la condizione è buona. Devo e voglio arrivare alla Vuelta molto bene, quindi ho un obiettivo sul quale lavorare. Anche perché quest’anno, fino ad oggi, ho fatto meno di trenta giorni di gara, che a questo punto della stagione sono proprio pochi. 

Terzo all’italiano in Puglia, Battistella, a destra, era pronto (e in ottima condizione) per il Tour. Poi il Covid ci ha messo lo zampino
Terzo all’italiano in Puglia, Battistella, a destra, era pronto per il Tour. Poi il Covid ci ha messo lo zampino
Non sei riuscito a trovare la condizione giusta?

Troppi pochi giorni di gare e troppe interruzioni per trovare la gamba giusta. Penso che la condizione che avevo prima del Tour non fosse possibile prolungarla per molto tempo. Nel mese di luglio ho sacrificato un po’ la forma anche perché dovrò arrivare a correre fino a metà ottobre. Di conseguenza ho preferito fare un periodo di stacco nel mezzo, una settimana tranquilla, senza bici. 

Quindi ora mirino puntato sulla Vuelta…

Esatto, quelli di agosto, settembre ed ottobre saranno tre mesi di fuoco. Per la Vuelta mi sento bene, peso quasi scalatore! Quindi potrò essere d’aiuto a Nibali e Lopez. Non so che aspettarmi perché è la prima grande corsa a tappe dell’anno.

Dal dispiacere del Tour al fare una corsa a tappe con Nibali e Lopez, è andata male ma non malissimo, sarà una bella esperienza…

Ripiegare sulla Vuelta non è stato così male. Visto anche il tanto lavoro fatto per arrivare pronto al Tour abbiamo deciso, insieme alla squadra, di non buttarlo via. 

Tenacia e sorriso non li ha mai persi Battistella (foto Instagram – @Gettysport)
Tenacia e sorriso non li ha mai persi Battistella (foto Instagram – @Gettysport)
Le sensazioni in corsa come sono?

Buone, i miei compagni in Polonia mi hanno dato supporto (ne aveva parlato anche Scaroni giorni prima, ndr). Peccato per l’arrivo esplosivo, quello della quarta tappa vinta da Ackermann, perché lì è mancata un po’ di potenza. E’ normale essendo alla prima corsa importante dopo un po’ di tempo. 

Ti proietti già in là nel tempo, pensando anche alla prossima stagione?

Sicuramente. Ci sono stati tanti errori, o meglio tanti momenti, che non ho potuto controllare. In questa stagione non ho disputato le corse che avevo cerchiato nel calendario. Soprattutto le classiche delle Ardenne, l’anno scorso dopo la caduta non ero riuscito a farle ed è già il secondo anno che le salto per problemi fisici. E mi dispiace proprio.

Quanto ti ha condizionato aver avuto così tante interruzioni nell’arco della stagione?

Beh, sicuramente non mi ha aiutato – Battistella risponde con un sorriso amaro – andare in bici, allenarsi, correre e poi di punto in bianco stare fermo per un mese non è facile. Soprattutto dal punto di vista mentale, perché sai che quando ci sono di mezzo dei problemi fisici il tempo di recupero è lungo. Sono stato fortunato a rimanere sempre “duro” di testa. Sono stato bravo a rimanere concentrato, sempre. 

Velasco, riflessioni del primo italiano al Tour

07.08.2022
4 min
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C’è un particolare elenco che da un paio di settimane, al fianco di campioni come Coppi, Gimondi, Pantani comprende anche Simone Velasco. Ed è l’elenco dei primi italiani classificati al Tour de France. Intendiamoci: è solo un puro dato statistico.

E’ chiaro che c’è una bella differenza se si parla di campionissimi che hanno vinto la Grande Boucle o di un corridore arrivato 31° e Velasco lo sa bene. Ma è pur sempre qualcosa, considerando anche che l’elbano era partito per la Francia certamente non per fare classifica. Il compito era lavorare per gli altri, nella fattispecie Lutsenko.

Velasco ci risponde dall’Elba, dove è approdato dopo la classica di San Sebastian per qualche giorno di meritato riposo con la famiglia.

«E’ un caso che sia risultato il miglior italiano – dice – certamente non correvo con questo obiettivo. E’ venuto dopo ritiri importanti, come quello di Caruso. Io sono soddisfatto a prescindere, dovevo aiutare Lutsenko, poi entrando in qualche fuga ho anche migliorato la mia classifica. A dir la verità è più il rammarico per come sono andate le cose proprio in un paio di occasioni».

Velasco Tour
Velasco, 27 anni il prossimo 2 dicembre, ha chiuso 31° un Tour molto regolare
Velasco Tour
Velasco, 27 anni il prossimo 2 dicembre, ha chiuso 31° un Tour molto regolare
Che cosa è successo?

Io volevo il risultato di tappa, ma dal secondo giorno di riposo ho cominciato ad avere bronchite e raffreddore e me li sono portati dietro per tutto il Tour. Comincio a stare meglio ora, dopo qualche giorno di mare e aria aperta.

Per te è stato il primo Tour?

Non solo, è stato il primo grande Giro… E’ stata un’esperienza enorme, il Tour è più che stressante: mai tranquillo, devi stare sul pezzo ogni singolo metro, con il caldo che ti soffoca e l’asfalto che si scioglie sotto le ruote. Ma è bellissimo, quando passi in mezzo alla gente. Sentire quel tifo enorme è un’emozione indimenticabile.

Velasco tifosi
Simone è rimasto sorpreso dal calore del pubblico lungo le salite. Un’esperienza unica…
Velasco tifosi
Simone è rimasto sorpreso dal calore del pubblico lungo le salite. Un’esperienza unica…
Pur dando a quel piazzamento il giusto valore, è anche la conferma che comunque sei un corridore da corse a tappe come si diceva da tempo…

Le caratteristiche sono quelle e sono contento che anche una corsa così particolare, affrontata in questo modo, le abbia confermate. Io penso che nelle brevi corse a tappe posso dire la mia perché in salita mi difendo e a cronometro non sono certo fermo. Ma per emergere serve essere sempre al massimo. La differenza fra chi vince e chi arriva dietro è quella: i primi non hanno mai cedimenti.

Che cosa ti aspetta adesso?

L’emozione più grande della mia vita! Sto per diventare papà di una bella bimba, dovrebbe arrivare intorno al periodo del Lombardia. Il programma della stagione prevede una bella serie di classiche, di gare d’un giorno. In squadra sanno però che appena arrivano le avvisaglie stacco tutto e raggiungo mia moglie per vivere quel momento insieme.

Velasco Caruso 2022
Velasco al fianco di Damiano Caruso, costretto al ritiro per Covid quand’era ancora il miglior italiano
Velasco Caruso 2022
Velasco al fianco di Damiano Caruso, costretto al ritiro per Covid quand’era ancora il miglior italiano
Dopo l’Elba che cosa farai?

Un paio di settimane di altura, in Val di Fassa. Poi riprenderò con le due classiche del WorldTour in Canada. A seguire il Pantani e per il resto si vedrà.

Torniamo al Tour, com’è stato giudicato in squadra?

Abbastanza positivamente. Dovevamo portare Lutsenko nella Top 10 e lo abbiamo fatto in una corsa decisamente non facile. Ci è mancato forse qualche risultato di tappa in più, ma va bene così.

Lutsenko Tour 2022
Per l’Astana l’obiettivo di portare Lutsenko nella top 10 è stato centrato: 9° a 22’56” da Vingegaard
Lutsenko Tour 2022
Per l’Astana l’obiettivo di portare Lutsenko nella top 10 è stato centrato: 9° a 22’56” da Vingegaard
Il fatto che il tuo risultato abbia avuto un tale clamore fa anche capire qual è lo stato del ciclismo italiano nei grandi giri, decisamente non positivo.

Io penso che molto sia casuale. Caruso era partito con grandi ambizioni, ma se non sei al top c’è poco da fare contro simili campioni. Altri che avrebbero potuto far bene avevano un altro calendario. E’ difficile essere competitivi, ma penso che presto torneremo a farci vedere. Il movimento c’è, in questo momento sembra che vada tutto male ma gli aspetti positivi ci sono. A volte basta anche un pizzico di fortuna in più e quest’anno obiettivamente al nostro ciclismo è andato tutto male…

Tu che vivi una realtà come l’Astana, che ha sì uno zoccolo duro italiano ma che resta una squadra straniera come tutte le altre del WorldTour, che cosa ne pensi dell’assenza di un team di vertice tutto italiano?

Che ci penalizza e molto. Devo però dire che nell’Astana non ci sono preclusioni né preferenze in base alla nazionalità e così credo avvenga anche negli altri team. Alla squadra interessa che si facciano risultati, che si vinca: i corridori vengono valutati in base a gambe e condizione atletica, certamente non per il passaporto.

Scaroni: testa all’Astana e… cuore alla Gazprom

02.08.2022
6 min
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Sulle strade del Giro Polonia tra volate e maglie gialle che passano di consegna c’è una storia che ci sta particolarmente a cuore: quella di Christian Scaroni. Lo avevamo lasciato sulle strade dell’Adriatica Ionica Race dopo due vittorie che gli avevano donato un po’ di speranza. A quella si è aggrappato il corridore ex Gazprom, che da una settimana è passato all’Astana Qazaqstan, dove ha ritrovato la certezza di poter fare il corridore a tutti gli effetti, non dovendosi più preoccupare del futuro, anche se ormai, suo malgrado, più di qualche lezione l’ha imparata.

Scaroni è passato dall’azzurro della nazionale ad un azzurro diverso, quello dell’Astana, vederlo alle corse è bello ed emozionante. Il bresciano classe 1997 riparte dalla Polonia per finire una stagione che era partita con grandi speranze, ma che poi è naufragata nel silenzio di chi lo circondava.

Il foglio firma, una pratica semplice ma che per tanti mesi è mancata nella routine di Christian
Il foglio firma, una pratica semplice ma che per tanti mesi è mancata nella routine di Christian
Ora hai una nuova casa, potremmo dire…

Ora sono all’Astana – ci dice alla partenza della terza tappa – una squadra WorldTour, ancora meglio, ora cercherò di lavorare bene per farmi trovare pronto nelle gare di fine agosto.

Che sensazioni provi nel tornare a correre?

Mancava tutto questo, andare alle corse senza una certezza era duro per la testa. Ora si hanno più motivazioni anche perché conosco il calendario ed è una cosa che quest’anno non avevo ancora provato, sarà più facile allenarsi e rimanere concentrati.

Ti avevamo lasciato con due vittorie all’Adriatica Ionica Race, che periodo è stato quello passato?

Sicuramente lasciare l’ultima corsa con una vittoria ha dato una grande soddisfazione e un po’ più di morale. Dopo il campionato italiano, corso bene anche quello, ho staccato qualche giorno, non mi aspettavo di tornare in corsa così presto. Questa trattativa è stata molto veloce, ha sorpreso anche me il fatto di essere già qui al Polonia. Ringrazierò per sempre il cittì Bennati per avermi dato la possibilità di correre con la nazionale, se sono qui in Astana è soprattutto grazie al suo impegno.

Com’è stato passare dalle vittorie all’incertezza del giorno dopo?

Non so spiegarmelo nemmeno io, perché ero un corridore pronto a fare un salto di qualità, a correre. Aver vinto due tappe all’Adriatica ed il giorno dopo essere a casa, non era facile di testa. Sapevo, però, che se avessi tenuto duro sarebbe arrivata una squadra che mi avrebbe dato una possibilità.

Scaroni riparte dal Polonia e dal numero 26, il primo indossato con la maglia Astana
Scaroni riparte dal Polonia e dal numero 26, il primo indossato con la maglia Astana
I tuoi ex compagni li senti ancora?

Sì, soprattutto i reduci della nazionale: Carboni, Malucelli e Canola. Spero vivamente che riescano a trovare una sistemazione adeguata, se lo meritano. Se non avessi trovato dei compagni come loro non sarei mai arrivato preparato agli impegni con la nazionale. Abbiamo fatto squadra anche se ormai una squadra non c’era più, sono stati dei grandi compagni di viaggio.

E’ un viaggio che è finito o finirà quando anche l’ultimo avrà trovato il suo posto?

La seconda, sono sempre in contatto con loro, mi auguro che tutti e tre trovino una situazione adeguata alle loro potenzialità. Considererò il discorso chiuso quando anche loro avranno una squadra, se lo meritano come me lo sono meritato io.

Cosa ti è rimasto di questa esperienza?

Il fatto di non avere certezze nel futuro, il tempo passava e non si sapeva cosa sarebbe successo, nonostante ciò continuavo ad allenarmi. Nessuna squadra sembrava volerci dare la possibilità di correre, passavano i mesi e non succedeva nulla. L’unico modo per muovere qualcosa era rispondere sul campo facendo risultati. Anche per questo ringrazio la nazionale, senza di loro non avrei avuto modo di rispondere con i fatti.

Adriatica Ionica Race, vittoria di Scaroni nell’ultima tappa: qui in mezzo tra Carboni e Malucelli, i tre sono unitissimi (photors.it)
Adriatica Ionica Race, vittoria di Scaroni nell’ultima tappa: qui in mezzo tra Carboni e Malucelli, i tre sono unitissimi (photors.it)
Quelle dell’AIR erano vittorie di rabbia e di cuore, adesso che emozioni provi?

Mi sento soddisfatto, so di essermi meritato quello che ho, sono state vittorie davvero raccolte con il cuore e con tanti sacrifici. Adesso rimango concentrato, ci sono due mesi davanti ancora, anzi quasi tre per fare bene e voglio dare tutto per dimostrare che non sono qua a caso.

Com’è entrare in una squadra a stagione in corso?

Non è facile di solito, non conosci l’ambiente, è tutto un po’ nuovo però ho avuto la fortuna di trovare tanti connazionali, soprattutto due bresciani: Martinelli e Gazzoli. Anche Battistella lo conoscevo bene, abbiamo corso tanto insieme con la nazionale tra gli under 23. E’ stato un inserimento più facile, devo imparare tante cose su come lavorano ma sono sicuro che con il tempo ci riuscirò.

Canola ha 33 anni, era alla Gazprom dal 2020, anche lui ha sofferto tanto in questi mesi per la chiusura della squadra
Canola ha 33 anni, era alla Gazprom dal 2020, anche lui ha sofferto tanto in questi mesi per la chiusura della squadra
La firma è arrivata solamente 7 giorni fa e sei già in corsa, un battesimo di fuoco…

Esatto, non me lo aspettavo minimamente di venire subito qui, ma la squadra non aveva moltissimi uomini a disposizione. La preparazione non è ancora al top ma sono qui anche come allenamento e per dare una mano a Battistella e per cercare una gamba che mi permetta di fare risultato nelle prossime gare.

Ti hanno scritto i tuoi ex compagni della Gazprom?

Sì, prima che uscissero i primi articoli ci ho tenuto particolarmente ad avvisarli di persona della firma in Astana. Ritenevo giusto avvertirli prima che lo venissero a sapere dai giornali, visto quel che abbiamo passato insieme.

Per Scaroni l’ambientamento nella nuova squadra è stato più facile viste le conoscenze fra corridori e tecnici
Per Scaroni l’ambientamento nella nuova squadra è stato più facile viste le conoscenze fra corridori e tecnici
Che effetto ti fa essere così vicino alla guerra che ha scatenato il domino che vi ha travolto?

Ci ho pensato ieri, quando siamo passati a 10 chilometri dal confine, anche se questo non mi ha fatto pensare all’effetto domino che ci ha coinvolti. Ho pensato a tutto quello che ho passato in questi mesi: da quando la squadra ha chiuso, alle corse con la nazionale, fino ad oggi che sono qui con una nuova maglia.

Bennati lo hai sentito?

Mi ha fatto i complimenti per il passaggio qui all’Astana, è contento per me, ne abbiamo fatti di giorni insieme. C’è un rapporto speciale tra me, lui e tutti i miei compagni di nazionale.

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E Nibali? A Livigno lavora spianato in direzione della Vuelta

18.07.2022
4 min
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Non solo Tour de France. Sono molti i grandi campioni che si stanno preparando per affrontare al meglio la seconda parte di stagione. Tra questi spicca senza dubbio Vincenzo Nibali. Lo Squalo si trova in altura a Livigno.

Il lavoro da fare è tanto e il corridore dell’Astana Qazaqstan vuol chiudere in bellezza questo scorcio di carriera. E da quel che si vede dai social sembra affrontare con grande voglia questo (presumibile) ultimo stage in quota.

Nibali, al campionato italiano in Puglia, intervistato dallo speaker Ivan Cecchini
Nibali, al campionato italiano in Puglia, intervistato dallo speaker Ivan Cecchini

Santo Giro

Nibali ha avuto una primavera molto difficile. Anche per lui il Covid si è fatto sentire. La condizione stentava ad arrivare e per un momento il Giro d’Italia è quasi stato a rischio. Poi per fortuna non solo Vincenzo è volato a Budapest, ma ha anche disputato un’ottima corsa rosa tanto da essere quarto a Verona.

Aver corso il Giro è stato fondamentale per quel che riguarda la sua preparazione. Il lavoro fatto in quelle tre settimane gli è servito per rimettersi in linea con la tabella di marcia e iniziare l’estate con una condizione più che buona.

Adesso sì che la base è quella giusta per allenarsi potendo pensare ai risultati.

«In quel periodo prima del Giro – dice il suo coach, Maurizio Mazzoleni – abbiamo valutato molto attentamente con Martinelli il suo rientro post Covid. Ancora non si sapeva bene come avrebbe reagito il fisico. 

«E’ stato centrale il ritiro fatto sul Teide. Lassù abbiamo lavorato bene. Da lì Vincenzo è andato al Giro di Sicilia, che non era previsto, proprio per cercare di fare bene nelle Ardenne e al Giro stesso. E la cosa bella è che è andato in crescendo. Dal penultimo sabato di Torino a quello della Marmolada ha fatto delle prestazioni importanti.

«E infatti – continua Mazzoleni – al campionato italiano, nonostante lo stacco per il recupero post Giro non è andato male».

Nibali in azione sulla Marmolada. Nella settimana finale del Giro ha espresso ottime prestazioni… che danno fiducia
Nibali in azione sulla Marmolada. Nella settimana finale del Giro ha espresso ottime prestazioni… che danno fiducia

Dal Teide a Livigno

Da altura ad altura, dunque. Dalla primavera all’estate. Ancora una volta la quota potrebbe essere il momento chiave per dare una svolta alla stagione.

«Dopo il campionato italiano – spiega il preparatore lombardo – Nibali ha iniziato subito a lavorare per portare la condizione in crescita in vista del ritiro di Livigno, così da poter affrontare la quota subito in un certo modo, per la Vuelta… E per il Giro di Lombardia. La Vuelta è stata inserita soprattutto pensando al Lombardia».

E quando dovrebbe tornare in gara? Nibali, che ha recentemente aperto il suo canale “Squalo Tv”, vuol comunicare da quella fonte il suo calendario ufficiale.

Tuttavia dando una sbirciata alle starting list provvisorie delle gare, si può affermare con una certa sicurezza che lo Squalo ripartirà dalla Spagna.

Un giovane Vincenzo “a tutta” nella Vuelta 2010, il primo grande Giro messo nel sacco
Un giovane Vincenzo “a tutta” nella Vuelta 2010, il primo grande Giro messo nel sacco

A tutta Spagna?

L’opzione Giro di Polonia (30 luglio-5 agosto) sembra essere scartata dunque. Ma visto il caldo che imperversa su quella parte di Europa, le cose potrebbero anche cambiare all’ultimo minuto. Non tanto per preservare Nibali, che alla soglia dei 38 anni sa bene come gestirsi, ma per eventuali tagli o annullamenti delle corse in virtù del protocollo sugli eventi climatici estremi a tutela dei corridori.

E in tal senso un caso c’è stato nel Sud della Francia qualche settimana fa. La seconda tappa della Route dell’Occitanie è stata ridotta ad appena 33,6 chilometri.

Al termine del Tour infatti torna prepotente il calendario iberico. Si inizia con la Prueba Villafranca – Ordiziako Klasika (25 luglio), per proseguire poi con il Giro di Castiglia e León (27-28 luglio) e La Vuelta Burgos (2-6 agosto), per arrivare quindi alla Vuelta (19 agosto-11 settembre). Tra queste la più accreditata per il rientro dello Squalo sembra essere la Vuelta Burgos.

Ma come ci si va a questa Vuelta? La corsa spagnola è stata il suo primo grande Giro messo nel sacco. Era il 2010, da allora ne è passata di acqua sotto i ponti.

«E chiudere lì – spiega Mazzoleni – crediamo abbia anche un certo valore simbolico, crediamo sia un bel modo di concludere con i grandi Giri».

Ma conoscendo Nibali non sarà una passerella. 

«Per la classifica ci sarà Miguel Angel Lopez – spiega Mazzoleni – e Nibali potrà essere al suo supporto. Al supporto, ma senza dimenticare che lui e gli altri ragazzi avranno la libertà di puntare a qualche tappa. E questo sarebbe molto importante per noi, ma anche per i ragazzi stessi».