Fisico scavato, naso aquilino, schiena piegata sulla bici…. e pedalare. Questa è l’immagine di Alexandre Shefer ex corridore. Un’immagine che non si discosta troppo dal suo essere direttore sportivo. Un lavoratore spesso dietro alle quinte, ma sempre presente per i suoi corridori e la sua squadra.
Shefer è stato per moltissimi anni una delle colonne portanti dell’Astana, ma da quest’anno non ne fa più parte. Un benservito arrivato all’improvviso.
Alex, ma cosa è successo?
Sinceramente non lo so. Mi hanno detto che non avrei più fatto parte dell’Astana subito dopo il Giro d’Italia. E’ arrivato il secondo sponsor canadese (PremierTech, ndr) e sono state introdotte nuove persone kazake. Ero in questo gruppo sin dal 2007.
Ma Vinokourov, tuo amico e team manager, non ha potuto far nulla?
Non è una decisione sua, ma di Abacanto la società di azionisti che controlla il team.
Quando è iniziata la tua storia con il ciclismo?
Avevo 11 anni e pedalavo in Kazakistan. Lì ho fatto tutte le categorie fino al 1992. Poi sono passato professionista nell’allora Navigare di Bruno Reverberi.
Come sei arrivato in Italia?
Facevo parte della nazionale russa, juniores prima e dilettanti poi. Ero venuto per fare il Giro d’Italia U23 e il Giro delle Regioni. Poi all’epoca c’era l’Alfa Lum. Uno dei ds era russo e lui propose me e Davidenko a Bruno.
E hai pedalato fino a quando?
Fino al 2003 e poi nel 2005 ho iniziato a fare il direttore sportivo nella nazionale kazaka e nel 2007 quando è nata l’Astana sono andato con loro.
E poi è arrivata questa bordata inaspettata… Ma i vari colleghi cosa ti hanno detto?
Eh, nella vita succede anche questo. Cosa mi hanno detto? Martinelli, Cenghialta, Vinokourov… sono tutti dispiaciuti ma come ripeto non potevano far nulla.
Adesso cosa farai? Ti vedi ancora ds?
Adesso sono a casa a Reggio Emilia. Vorrei continuare a fare il direttore sportivo e restare nel mio ambiente. Sì, mi vedo ancora direttore sportivo. E mi vedo nell’Astana. Mi sento ancora lì. Conosco tutto personale. Tosello, Borselli, Rachel… lavoravo con loro da quasi 20 anni.
Parli dell’Astana con sentimento, qual è stato il periodo per te più bello?
Gli anni con Nibali. Abbiamo vinto il Giro, il Tour e tante altre corse. Era un gruppo forte ed affiatato. E abbiamo avuto il miglior Nibali. Dopo di noi è andato forte, ha colto risultati, ma non ha più ottenuto vittorie di quel calibro.
Ti sei guardato intorno? Non so, hai pensato anche ad una Bardiani? In fin dei conti sei a Reggio Emilia e con Reverberi sei passato professionista…
Sì, ho provato a guardarmi intorno ma ormai era novembre ed era difficile trovare spazio. Le squadre erano già definite. Con Reverberi perché no? Con lui c’è un bel rapporto, spesso andiamo anche a mangiare insieme, ma anche loro avevano chiuso la squadra e avevano preso altri direttori sportivi.
Ti piacerebbe lavorare con i giovani?
Le più grandi soddisfazioni me le hanno date proprio i ragazzi. Avevo la nazionale juniores del Kazakistan. Avevo otto corridori e sono riuscito a farli passare tutti dilettanti. Li seguivo ogni giorno in allenamento e fuori. E’ bello perché ti ascoltano, ti guardano con la voglia d’imparare. Quando li portai in Italia furono colpiti dall’organizzazione. Ottenemmo subito i mezzi, le bici, il vestiario… tutto quello che non avevano in Kazakistan. Erano in un altro mondo.
E a come tutti gli stranieri che arrivano in Italia gli dicevi di non mangiare la pizza!
Ah, ah, ah… sì e no. A quell’età non devi stargli troppo sopra e pensare che siano grassi. Io credo che se il talento c’è esce fuori… E deve farlo da solo.